Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

Resoconti delle Giunte e Commissioni

Vai all'elenco delle sedute >>

CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 luglio 2011
518.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO
Pag. 249

ALLEGATO 1

Comunicazione della Commissione e dell'Alto Rappresentante «Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale». (COM(2011)200).

PARERE APROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione,
esaminata la comunicazione della Commissione e dell'Alto Rappresentante «Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale» (COM(2011)200);
considerato che il 25 maggio 2011, nell'ambito nell'annuale pacchetto sulla politica di vicinato, l'Alto Rappresentante e la Commissione hanno presentato la comunicazione «Una nuova risposta ad un vicinato in mutamento», che sviluppa in parte il contenuto della comunicazione in esame;
considerato altresì che il Consiglio affari esteri del 20 giugno 2011 ha accolto favorevolmente la revisione della politica europea di vicinato presentata dall'Alto rappresentate e dalla Commissione europea, e ha inoltre incoraggiato l'Alto Rappresentante e la Commissione a cogliere le opportunità offerte dal Trattato di Lisbona per aumentare il coinvolgimento dell'UE nella risoluzione di conflitti prolungati e nel rafforzamento della sicurezza regionale, utilizzando la politica estera e di sicurezza comune e gli altri strumenti comunitari;
premesso che:
il documento esprime la sostanziale buona volontà della Commissione europea di dare un segnale di interesse per un'area così strategicamente importante per l'Europa, ma rimane un segnale debole, soprattutto in considerazione della pressoché totale mancanza d'iniziativa che le Istituzioni dell'Unione hanno dimostrato verso la sponda Sud del Mediterraneo;
la crisi esplosa in alcuni Paesi dell'Africa settentrionale e in Medio Oriente rappresenta, infatti, un'ennesima conferma del fatto che l'Europa non riesce a condurre una politica estera e di sicurezza condivisa, quando invece la presenza forte dell'Europa sugli scenari internazionali potrebbe essere decisiva per gestire le situazioni di crisi, specie quando si tratta di aree geografiche particolarmente vicine al nostro continente;
la costruzione di una politica estera e di sicurezza comune e in modo più ampio, di una più efficace azione esterna dell'UE costituisce la tappa più importante e impegnativa del processo di consolidamento dell'integrazione europea, ed è una sfida ineludibile per l'Europa, se non intende vedersi relegata ad un ruolo marginale nelle vicende internazionali, soprattutto anche nelle zone di vitale interesse come il Mediterraneo;
alla sostanziale inesistenza di una politica estera e di sicurezza comune concorre l'inefficienza dell'azione dell'Alto Rappresentante, il cui intervento anche nelle crisi recenti è stato assente o tardivo;
alla luce delle considerazioni precedenti è condivisibile la valutazione contenuta nella Comunicazione, secondo la quale è ora dunque «il momento di far compiere un salto di qualità alle relazioni tra l'Unione europea e i suoi vicini meridionali»,

Pag. 250

e che questa «nuova impostazione deve essere inequivocabilmente imperniata su impegno comune e valori condivisi»;
l'analisi proposta dal documento appare, tuttavia, incentrata sulle questioni politiche, sul deficit democratico che ha segnato l'esperienza dei regimi della sponda Sud del Mediterraneo e sul mancato rafforzamento dei rapporti con la società civile, mentre occorrerebbe anche un'adeguata considerazione delle debolezze strutturali delle economie di quei Paesi, e in particolare della povertà e della sicurezza nei settori dell'alimentazione, dell'acqua, dell'energia e dell'ambiente;
sotto questo aspetto la comunicazione resta insoddisfacente quanto a capacità incisiva, anche perché improntata su un'analogia tra la situazione nei Paesi arabi e quanto avvenne nei Paesi dell'Est europeo a seguito del crollo dell'Unione Sovietica. Va tuttavia notato che nel primo caso il motore del processo fu la prospettiva di adesione, mentre continua erroneamente a mancare del tutto qualsiasi prospettiva di avvicinamento e integrazione nel caso dei Paesi mediterranei;
la risposta degli Unione europea alle rivoluzioni nei Paesi arabi dovrebbe sottolineare che, alla fine della seconda guerra mondiale, quel che ha marcato la differenza con altre aree del mondo nel condurre progressivamente l'Europa ad una pace stabile ed alla prosperità è stata la fondazione di istituzioni comuni sovranazionali dotate del potere di iniziativa (l'Alta Autorità della CECA prima e la Commissione europea poi), di decisione (il Consiglio prima e il Consiglio ed il Parlamento europeo) e di garanzia del diritto e di protezione dei cittadini (la Corte di Giustizia a Lussemburgo e la Corte dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo);
l'approccio proposto nella Comunicazione della Commissione e dell'Alto Rappresentante, quando sarà approvato dalle istituzioni europee, dovrà rappresentare una tappa verso una nuova «Comunità fra Unione europea e Mediterraneo meridionale», impegnata per la pace, i diritti fondamentali e lo sviluppo sostenibile ed aperta ad estendersi verso il Mar Caspio e il Mar Nero;
secondo quanto auspicato in una dichiarazione del Consiglio Italiano per il Movimento europeo (CIME) del 7 aprile scorso, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovrebbero proporre ai Paesi del Mediterraneo meridionale questa Comunità basata su istituzioni che si ispirino a quelle della CECA, essendo condizione indispensabile che a queste istituzioni partecipino come partner su un piede di eguaglianza l'Unione europea da una parte ed un'organizzazione integrata regionale dei paesi del Mediterraneo meridionale dall'altra;
la nuova Comunità dovrebbe avere un'Alta Autorità, un Comitato di Ministri, un'Assemblea interparlamentare e dei Mediatori nei settori dei conflitti armati, dell'acqua, dei diritti fondamentali e della libertà di associazione e di espressione;
questa Comunità dovrebbe evolvere ispirandosi ai quattro «canestri» del processo Helsinki aggiornati e cioè: pace e diritti fondamentali,con particolare riferimento all'accesso all'informazione, alla libertà di espressione, alla partecipazione ed alla giustizia; economia verde come proposto nell'agenda Rio+20, acqua, energia, cibo e cooperazione fra le autorità locali e regionali;una regione integrata mediterranea; educazione, formazione e gioventù; estensione del mercato interno all'insieme della nuova Comunità; la nuova Comunità dovrebbe avere un'Alta Autorità, un Comitato di Ministri, un'Assemblea interparlamentare e dei Mediatori nei settori dei conflitti armati, dell'acqua, dei diritti fondamentali e della libertà di associazione e di espressione;
la nuova Comunità non dovrebbe sostituire il processo di allargamento nei confronti dei Balcani occidentali e della Turchia, ma introdurre una nuova dinamica nelle relazioni fra l'Unione europea e i Paesi del Mediterraneo meridionale a

Pag. 251

seguito delle rivoluzioni nei paesi arabi, sfruttando e rafforzando quel che è stato realizzato con il Partenariato euro-mediterraneo del 1995 e l'Unione per il Mediterraneo del 2008;
il documento in esame attesta dunque l'ambizione dell'Unione europea di rivedere la politica euro mediterranea, a fronte però di una mancanza di reali innovazioni politico-istituzionali e di misure limitate al livello economico e sociale. Il rischio è quindi che la comunicazione preluda ad un ennesimo emergere della debolezza politica dell'Unione europea;
rilevata altresì l'esigenza che il presente parere sia trasmesso, unitamente al documento finale approvato dalla Commissione di merito, al Parlamento europeo e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
provveda la Commissione di merito nel documento finale a chiedere al Governo:
1) di adoperarsi affinché siano destinate ai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo risorse della politica di vicinato adeguate al perseguimento degli obiettivi esposti nel documento per la realizzazione del «partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa»;
2) di operare, a tal fine, affinché nel prossimo quadro finanziario dell'Unione i fondi stanziati per la politica di vicinato siano destinati nella misura di almeno 2/3 al partenariato euro-mediterraneo;
3) di adoperarsi affinché l'azione dell'Unione europea verso i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, oltre che al rafforzamento delle istituzioni, sia mirata a un forte sostegno all'economia locale e allo sviluppo di infrastrutture;
4) di agire affinché negli accordi, sia multilaterali sia bilaterali, conclusi tra l'Unione europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo siano inserite clausole di condizionalità che subordinino l'erogazione di aiuti o assistenza tecnica da parte dell'UE al rispetto di impegni precisi e verificabili in materia di prevenzione e lotta all'immigrazione irregolare, al terrorismo e alla criminalità organizzata;
5) di svolgere un'azione efficace per un'Unione europea rinnovata e rafforzata in particolare nella sua politica estera, di sicurezza esterna e di difesa anche al fine di consentirle di partecipare in quanto tale al dialogo con i paesi del Mediterraneo meridionale;
6) di sostenere, anche nella dimensione del partenariato euro-mediterraneo, l'esigenza che siano valorizzate pienamente le potenzialità del Servizio diplomatico europeo;
7) di promuovere, a breve termine, una cooperazione strutturata nel settore della difesa;

e con le seguenti osservazioni:
a) sia proposto al Consiglio europeo di invitare i Paesi confinanti del Mediterraneo meridionale ad una Conferenza internazionale che dovrebbe aver luogo a conclusione del semestre danese della presidenza del Consiglio UE, per avviare il processo di designazione delle nuove istituzioni della costituenda nuova Comunità;la Conferenza dovrebbe essere preparata da un Congresso della società civile euro-mediterranea che s'ispiri a quello dell'Aja, la cui organizzazione dovrebbe essere affidata al Consiglio d'Europa e al Movimento Europeo Internazionale, con il compito di indicare gli orientamenti essenziali per ogni «canestro», e da una Conferenza finanziaria come quella promossa dal Primo Ministro greco Papandreou

Pag. 252

e dalla BEI sul cambiamento climatico;
b) vengano inscritte nel bilancio le risorse per assicurare i mezzi necessari alla politica europea di peace-keeping e peace-building;
c) si compia ogni sforzo affinché, oltre alla politica estera e alla sicurezza esterna, sia completato e rafforzato lo spazio di libertà, di sicurezza interna e di giustizia, con particolare riferimento alla politica di immigrazione e di asilo.

Pag. 253

ALLEGATO 2

Sulla riunione della XLV COSAC svolta a Budapest dal 29 al 31 maggio 2011.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

La XLV COSAC si è svolta a Budapest dal 29 al 31 maggio 2011. Per la Commissione politiche dell'Unione europea della Camera hanno partecipato gli onorevoli Formichella, Gozi e Consiglio. Per il Senato erano presenti la presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, sen. Rossana Boldi e i due Vicepresidenti della medesima Commissione, senatori Santini e Di Giovan Paolo.
Dopo le allocuzioni di benvenuto del Presidente del Parlamento ungherese, László Kövár e del Presidente della Commissione affari europei, Richard Hörcsik, si è svolta la prima sessione dedicata allo stato della Presidenza ungherese del Consiglio dell'UE.
Il tema è stato introdotto dal Primo ministro magiaro, Viktor Orbán, che ha illustrato le principali priorità ed attività svolte nel corso della Presidenza ungherese, con particolare riferimento alla governance economica, all'allargamento e alla politica di vicinato, allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e alla politica energetica, alla strategia per il Danubio.
Nel trattare gran parte di questi temi Orban si è peraltro concentrato sul ruolo che i Paesi dell'Europa centrale e, in particolare l'Ungheria possono giocare e sulle prospettive del partenariato orientale.
Orban ha anzitutto sottolineato che la crisi ha cambiato definitivamente il modello di economia europea, segnando la fine del welfare State tradizionale e ponendo l'esigenza di costruire una «workfare society», basata sull'occupazione. A suo avviso, nei prossimi 15-20 anni avranno successo i paesi con una guida politica forte e con una solida identità culturale ed autostima, capaci di creare strutture economiche stabili, identificando con chiarezza problemi e capisaldi del sistema produttivo nazionale. L'Ungheria approverà una legge costituzionale al riguardo.
Il Primo Ministro ungherese ha sottolineato, quindi, l'importanza, per rispondere alla perdita di competitività globale dell'UE, dei rapporti con la Russia, in quanto fonte di garanzia di sicurezza economica, energetica, politica, e soprattutto dell'Europa centrale, area strategica per impedire la delocalizzazione, mantenendo l'industria nei confini dell'Unione europea.
Nel corso del dibattito numerose delegazioni hanno riconosciuto i risultati positivi della Presidenza ungherese con riferimento soprattutto alla riforma della governance economica, ai rapporti con l'Europa orientale, all'adesione della Croazia, alla strategia del Danubio. Alcune delegazioni hanno posto quesiti in merito soprattutto alla riforma del bilancio UE e all'adesione di Romania e Bulgaria all'area Schengen.
Sono intervenuti per la delegazione italiana il senatore Santini e l'onorevole Formichella.
Il senatore Santini ha ribadito il principio per cui l'Unione deve farsi carico dei problemi comuni, come i flussi migratori dal Nordafrica. L'onorevole Formichella, pur dando atto alla Presidenza ungherese di aver raggiunto risultati positivi su alcune questioni importanti, ha

Pag. 254

richiamato due aspetti sui quali sarebbe stata necessaria un'azione più concreta dell'Unione.
Il primo attiene all'immigrazione, settore in cui le carenze dell'azione europea sono divenute gravi ed evidenti e rischiano di minare la fiducia stessa dei cittadini nell'Unione. Al riguardo l'on. Formichella ha chiesto se il Governo ungherese intendesse promuovere la costruzione di una reale politica comune dell'immigrazione, a partire dalla creazione, ai sensi dell'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'UE, di un meccanismo di solidarietà tra i diversi Stati obbligatorio ed irrevocabile.
Con una seconda domanda l'on. Formichella ha chiesto le ragioni per cui la Presidenza ungherese ha avallato il ricorso alla cooperazione rafforzata in materia di brevetto europeo, avviata tra 25 Stati membri, tutti meno Spagna ed Italia, Paesi di forte perso economico e demografico.
Rispondendo all'n. Formichella ed altri interventi Orban ha considerato non necessari in questa fase ulteriori interventi normativi dell'UE in materia di immigrazione, ritenendo che l'Accordo di Schengen già contenga regole adeguate. A suo avvio per superare la crisi nell'Africa del Nord e negli altri Paesi del Mediterraneo meridionale è necessario offrire un'alternativa politica ed economica reale ed immediata, tenendo conto anche dell'esperienza dell'Europa centro-orientale dopo la caduta del comunismo.
Con riferimento al brevetto, Orban ha ricordato gli sforzi della Presidenza ungherese per raggiungere una soluzione condivisa, giustificando il ricorso alla cooperazione rafforzata con l'esigenza di assicurare in tempi brevi una tutela unitaria della proprietà industriale nell'Unione europea, in coerenza con l'Atto per il mercato interno.
In risposta ad alcune richieste di chiarimento in merito alla sua presentazione, Orban ha inoltre ribadito che il futuro dell'Ue presuppone una seria discussione sull'identità culturale e quindi sui valori comuni, esprimendo preoccupazione per il fatto che alcuni capisaldi della civiltà europea, come la famiglia, siano oggi messi in discussione.
La seconda sessione della Conferenza, relativa alla governance economica e alla Strategia 2020 è stata introdotta dal Vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic.
Sefcovic ha passato in rassegna il complesso delle misure anti-crisi adottate dall'UE al fine di prevenire o gestire crisi future, articolandole in quattro pilastri: mercati finanziari; Strategia 2020 e semestre europeo; nuovo sistema di governance economica configurato dalle sei proposte legislative della Commissione del settembre 2010; mercato interno, fondamentale per la ripresa dell'economia europea.
Il Vicepresidente ha inoltre svolto alcune considerazioni sulla predisposizione del Quadro finanziario dell'UE post-2013, affermando che la Commissione europea, consapevole dell'austerità di bilancio in gran parte degli Stati membri, non ritiene praticabile un aumento delle dimensioni del bilancio UE, peraltro ridottissime, ma considero prioritario migliorare la qualità e il valore aggiunto della spesa europea.
Infine Sefcovic - facendo seguito ad una richiesta avanzata dalla Presidenza ungherese qualche giorno prima della riunione della COSAC - ha riservato una specifica attenzione al controllo di sussidiarietà svolto dai parlamenti nazionali sulla proposta di direttiva relativa alla base consolidata comune dell'imposta sulle società. Dopo aver ricordato che, nel periodo di 8 settimane previsto dal Protocollo n. 2, sono stati espressi sulla proposta 9 pareri motivati per un totale di 11 voti, mentre sono pervenuti quattro pareri favorevoli alla proposta (tra cui quello della Camera), Sefcovic ha sottolineato il carattere minimalista dell'intervento perseguito dalla medesima proposta, che non armonizza le aliquote di imposta ed ha anzi riconosciuto che, ad avviso della Commissione, la concorrenza fiscale tra Stati membri, purché non sleale, è positiva.

Pag. 255

Nel corso del successivo dibattito, molti interventi hanno sottolineato l'importanza di un rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nel nuovo sistema di governante economica, anche attraverso la individuazione delle opportune sedi di cooperazione interparlamentare.
Diverse delegazioni (in particolare le due Camere britanniche e dei Paesi bassi, il Parlamento danese, la Camera irlandese, il Senato ceco, il Parlamento maltese) hanno richiamato gli argomenti da esse adotti per l'adozione di pareri motivati sulla non conformità con il principio di sussidiarietà della proposta di direttive sulla base consolidata comune dell'imposta sulle società.
Per la delegazione italiana sono intervenuti l'onorevole Gozi ed il senatore Di Giovanpaolo.
Quest'ultimo ha rilevato che, nell'attuazione della Strategia 2020 e nella nuova governance economica, occorre dare priorità alle misure per la crescita e l'occupazione, non limitandosi a salvaguardare la sola stabilità delle finanze pubbliche nazionali.
L'onorevole Gozi ha posto anzitutto l'accento sulla necessità che, nell'attuazione della nuova governance economica, la Commissione eserciti con rigore e chiarezza i propri poteri di intervento, a partire dalle raccomandazioni sui programmi di stabilità e sui programmi nazionali di riforma.
In secondo luogo, ha rilevato la debolezza degli strumenti previsti dalla nuova governance in materia di crescita, occupazione, politiche sociali e armonizzazione fiscale, sottolineando l'esigenza di promuovere, soprattutto, un programma di investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture, dei trasporti, dell'energia, dell'istruzione e della ricerca, A questo scopo l'on. Gozi ha ribadito la necessità di un significativo contributo finanziario europeo, sia attraverso stanziamenti consistenti del bilancio europeo sia mediante strumenti innovativi, quali l'emissione di obbligazioni per progetti europei.
In terzo luogo, l'on. Gozi ha sostenuto la correttezza della base giuridica della proposta di direttiva sulla base consolidata dell'imposta sulle società e la piena conformità della proposta stessa con il principio di sussidiarietà. Richiamando il documento approvato al riguardo dalla Commissione politiche Ue della Camera, ha formulato invece diversi rilievi sulla idoneità della proposta ad assicurare un corretto funzionamento del mercato interno concernendo essa esclusivamente il calcolo della base imponibile tra imprese consociate e avendo in natura opzionale.
Nella sua replica Sefcovic ha espresso anzitutto apprezzamento per le proposte di rafforzare la cooperazione interparlamentare in relazione alla governante economica e, in particolare nell'ambito del semestre europeo, augurandosi che in tal modo si assicuri anche una maggiore coerenza tra le posizioni, spesso differenti, parlamentari europei e nazionali appartenenti alle stesse famiglie politiche.
Il Vicepresidente della Commissione ha poi ribadito la priorità, nell'ambito della nuova governance economica, dell'obiettivo di stabilizzare le finanze pubbliche, essendo propedeutico ridurre la spesa per interessi sul debito e prevenire manovre speculative al fine di liberare risorse per la crescita.
In merito al prossimo quadro finanziario pluriennale Sefcovic ha ribadito che la Commissione non proporrà un aumento dei tetti complessivi di spesa e proporrà, nel contempo, il ricorso più intenso a strumenti innovativi, come i project bonds, per promuovere investimenti pubblici e privati in settori chiave come le infrastrutture e la ricerca.
Infine, il Vicepresidente ha ribadito la piena conformità della proposta di direttiva sulla base consolidata al principio di sussidiarietà, tenuto conto della sua applicazione a gruppi di società con attività transfrontaliera.
La terza sessione della Conferenza, dedicata ai risultati della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'UE svoltasi a Bruxelles il 5 e 6 aprile 2011, è stata introdotta dal Presidente della Commissione

Pag. 256

affari europei del Parlamento ungherese, Hörcsik, anziché dal Presidente della Camera belga Flahaut, come inizialmente previsto.
Hörcsik ha, in particolare, richiamato l'accordo raggiunto dalla Conferenza su alcuni principi generali per l'articolazione della cooperazione interparlamentare in materia di controllo sulla politica estera e di sicurezza comune dell'UE; per la definizione di alcuni punti di dettaglio, su cui la Conferenza non ha potuto raggiungere l'accordo, la Presidenza polacca entrante della Conferenza dei Presidenti è stata invitata a definire soluzioni.
Nel corso della discussione sono state riproposte dalle varie delegazioni diverse opzioni in merito all'individuazione delle sedi di cooperazione competenti in materia e alla composizione numerica delle delegazioni del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali.
Alcune delegazioni hanno invitato la Presidenza polacca a convocare direttamente una Conferenza interparlamentare per il controllo sulla PESC/PESD; altre hanno richiamato il ruolo che la COSAC potrebbe giocare al riguardo in virtù dell'articolo 10 del Protocollo n. 1 allegato al Trattato di Lisbona.
Sono intervenuti nel dibattito anche il senatore Santini - il quale ha messo l'accento sull'opportunità che, anche in materia di controllo parlamentare sulla PESC/PESD, il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali instaurino rapporti non conflittuali ma improntat all'obiettivo del rilancio della costruzione europea - e l'onorevole Consiglio.
Quest'ultimo ha sottolineato come, pur non avendo raggiunto un accordo completo sul punto, la Conferenza dei Presidenti di Bruxelles ha concordato alcuni princìpi, che la Camera dei deputati ritiene acquisiti nel dibattito sull'argomento. Ha espresso quindi l'auspicio che, sulla base di questi primi risultati raggiunti a Bruxelles, la successiva Presidenza polacca continui l'opera sin qui condotta dalla Conferenza dei Presidenti, che per altro ha pienamente tenuto conto del contributo adottato sul tema dalla XLIV COSAC di Bruxelles.
L'on. Consiglio ha quindi rilevato come la crisi esplosa in molti Paesi dell'Africa settentrionale e in Medio Oriente confermi che l'Europa ha bisogno di una politica estera e di sicurezza condivisa e che un'azione più decisa della figura dell'Alto Rappresentante - sinora rimasta inspiegabilmente ai margini - potrebbe segnare un decisivo punto di svolta.
La giornata del 31 maggio è stata aperta dalla sessione dedicata allo Stato dell'Unione, introdotta dal professor György Schöpflin, europarlamentare europeo e titolare di una cattedra Jean Monnet.
Schöpflin ha posto al centro della sua analisi il paradosso che affligge il processo di integrazione: per un verso, il Trattato di Lisbona ha rafforzato competenze e strumenti di azione dell'UE; per altro verso, crescono lo scetticismo nell'Unione e si rafforzano gli interessi nazionali e la dimensione intergovernativa.
In questo contesto si è sviluppata una sterile polemica antiburiocratica, favorita anche dai media che interpretano le politiche UE come conflitto tra Stati membri e Istituzioni dell'UE, tra burocrati di Bruxelles e burocrati nazionali.
Le polemiche connesse all'apertura dell'Europa alla dimensione globale, all'immigrazione e agli interventi per la stabilità dell'area euro rispondono alla stessa tendenza dei media a ricorrere a stereotipi.
Ad avviso di Schöpflin il trasferimento di competenze all'UE non è stato accompagnato da un contestuale trasferimento di legittimazione: i cittadini identificano ancora nello Stato il soggetto responsabile delle politiche pubbliche europee; l'Europa esiste come entità politica fuori da Bruxelles solo in pochi circoli ristretti. Manca, in altri termini una identità politica e culturale europea e la stessa consapevolezza, da parte dei cittadini europei, del senso e dei contenuti della cittadinanza europea.

Pag. 257

A fronte di queste pericolose tendenze, occorre invece ribadire l'importanza e i risultati del processo di integrazione europea e dotare l'UE dei mezzi per bilanciare l'approccio intergovernativo.
Nel corso del dibattito, numerosi interventi hanno sottolineato l'esigenza di accrescere la solidarietà in seno all'UE, individuando, peraltro, vari settori prioritari di intervento.
Per la delegazione italiana hanno preso la parola l'onorevole Formichella e la presidente Boldi, la quale ha osservato che l'Europa attraversa una evidente crisi di identità, in quanto non appare in grado di dare risposte ai propri cittadini: in particolare ha richiamato la questione dell'afflusso di migranti dal nord Africa che è stata nella sostanza considerata un problema relativo soltanto ad Italia o Malta, mentre invece inerisce alla tutela dei confini esterni dell'intera Unione.
L'onorevole Formichella ha condiviso l'analisi del Prof. Schöpflin, ravvisando le ragioni della forte crisi di fiducia dei cittadini verso la costruzione europea, anzitutto nella riemersione di egoismi nazionali: alcuni Stati membri sembrano di ritenere, per le loro migliori performance economiche, di essere in diritto di imporre all'intera Unione la linea da seguire in base alle esigenze di politica interna e agli interessi nazionali.
Una seconda ragione della crisi del processo di integrazione risiederebbe, ad avviso dell'on. Formichella, nella debolezza manifestata dalle stesse Istituzioni europee, resa evidente dalla perdurante assenza di una politica estera europea e, dallo scarso coraggio della stessa Commissione europea - a fronte della posizione di alcuni Stati membri - nelle iniziative relativa alle politiche interne dell'Unione, quali l'immigrazione, il brevetto europeo e la riforma del bilancio.
La sessione più delicata della Conferenza ha riguardato la discussione sulla modifiche tecniche al regolamento della COSAC, che è stata fortemente influenzata dalle posizioni divergenti in merito alle competenze della COSAC in relazione al controllo parlamentare sulla PESC/PESD.
La difficoltà di raggiungere un accordo unanime, necessario per l'approvazione delle modifiche, ha richiesto due fasi di discussione, una nella giornata di lunedì 30 ed una nella giornata di martedì 31, nonché numerosi incontri informali a latere.
La Presidenza ungherese aveva espresso prima della Conferenza la volontà di limitare la discussione esclusivamente a poche modifiche di carattere tecnico, volte ad adeguare il regolamento al Trattato di Lisbona.
L'ultima bozza di modifica predisposta dalla Presidenza ungherese prima della Conferenza, anche accogliendo proposte emendative di alcune delegazioni, avevaincluso tuttavia due punti di rilievo politico.
Il primo concerneva la composizione della COSAC: accogliendo una proposta del Parlamento danese, la bozza della Presidenza prevedeva la partecipazione alla Conferenza non più delle sole Commissioni specializzate per gli affari europei dei parlamenti nazionali ma, più genericamente, di tutte le Commissioni competenti in materia di Unione europea. Tale formulazione era intesa a consentire la composizione delle delegazioni dei parlamenti nazionali con rappresentanti delle Commissioni di settore di volta in volta competenti in base all'ordine del giorno della COSAC, oltre che delle Commissioni degli affari europei. Tale modifica è apparsa strettamente legata all'idea di attribuire alla COSAC un ruolo diretto nel controllo parlamentare sulla PESC ed eventualmente in altri settori.
La delegazione della Camera ha espresso, prima ancora dell'avvio della discussione formale delle modifiche regolamentari, la propria ferma contrarietà per questa soluzione e, con il sostegno di alcune altre delegazioni, tra cui quella del Bundestag, ha ottenuto la soppressione del punto dal progetto di modifica regolamentare.
Un secondo e più complesso punto di conflitto riguardava invece il richiamo all'articolo 10 del Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali allegato al Trattato

Pag. 258

di Lisbona, con particolare riferimento al secondo periodo in base al quale la COSAC può organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, in particolare per discutere su argomenti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune.
Numerosi parlamenti nazionali, in particolare Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Spagna e Repubblica ceca hanno sostenuto l'esigenza di richiamare integralmente ed espressamente l'articolo 10, con l'intenzione, emersa con evidenza nel corso del dibattito, di consentire alla COSAC di convocare conferenze in materia di controllo interparlamentare sulla PESC e la PESD.
Il Parlamento europeo ha affermato, invece, l'esigenza di richiamare nel regolamento, oltre all'articolo 10, anche l'articolo 9 del Protocollo, norma generale sulla cooperazione interparlamentare che affida allo stesso Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali il compito di definire insieme le modalità della cooperazione, subordinando così le iniziative della COSAC, di cui all'articolo 10, alle intese generali definite in sede di Conferenza di Presidenti o attraverso altri strumenti condivisi.
Per la Camera è intervenuto l'on. GOZI che, osservando preliminarmente come l'introduzione dell'articolo 10 del Protocollo nel regolamento COSAC non sarebbe una modifica tecnica, ma di merito, ha sostenuto l'impostazione del Parlamento europeo, rilevandone la maggiore coerenza con un'interpretazione sistematica del Trattato e riaffermando l'esigenza di un approccio cooperativo e non antagonistico tra Parlamento europeo e parlamenti nazionali. Quest'ultima argomentazione è stata ribadita anche dal senatore Di Giovan Paolo.
Su una proposta di compromesso della delegazioni belga e lussemburghese si è raggiunto un accordo unanime: il regolamento (nuovo testo del paragrafo 1.2.) riproduce il contenuto dell'articolo 10 del Protocollo, senza menzionare espressamente né il medesimo articolo 10 né l'articolo 9 del Protocollo stesso.
La discussione sul testo del Contributo e delle Conclusioni della XLV COSAC si è concentrata essenzialmente su un unico punto controverso.
Il Regno Unito, sostenuto da diversi parlamenti, tra cui quello danese, olandese e ceco, aveva proposto di includere nel contributo un capoverso che, preso atto della adozione di 9 pareri motivati (pari a 13 voti) in merito alla proposta di direttiva sulla base consolidata dell'imposta sulle società, invitava la Commissione europea a riconsiderare o ritirare la medesima proposta pur non essendo stata raggiunta la soglia per il «cartellino giallo».
La Camera, con il sostegno di alcune altre delegazioni, tra cui quella spagnola, belga e del Parlamento europeo, si è fermamente opposta a tale emendamento, che, oltre a forzare chiaramente la lettera del Protocollo n. 2, avrebbe attribuito alla COSAC un ruolo diretto nell'esame di una specifica proposta legislativa sotto il profilo di sussidiarietà.
A fronte di tale opposizione, la delegazione britannica ha ritirato il proprio emendamento.

Pag. 259

ALLEGATO 3

Sugli esiti della riunione dei Presidenti COSAC, svolta a Varsavia il 10 e 11 luglio 2011.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Lo scorso 11 luglio il vice Pesidente della XIV Commissione, Enrico Farinone, ha partecipato, in rappresentanza del presidente Pescante, alla riunione dei presidenti della COSAC, che si è svolta a Varsavia. Per il Senato era presente la presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, sen. Rossana Boldi.
Dopo un'allocuzione di benvenuto del Presidente del Senato polacco, Bogdan Borusewicz, il presidente della Commissione affari europei del Senato polacco, Edmund Wittbrod, ha constatato l'approvazione dell'ordine del giorno della riunione, e ha dato conto della riunione della Troika, nel corso della quale si è definito l'ordine del giorno della prossima COSAC (2-4 ottobre), che è stato illustrato dal presidente della Commissione affari europei della Camera polacca, Stanislaw Rakoczy:
1. quadro finanziario pluriennale 2014-2020 sotto il profilo del bilancio UE;
2. quadro finanziario pluriennale 2014-2020 sotto il profilo della politica di coesione;
3. il Trattato di Lisbona a due anni dall'entrata in vigore, con particolare riguardo alla cooperazione tra parlamenti;

Il presidente Rakoczy ha quindi informato che, per la preparazione della relazione semestrale, il segretariato della COSAC invierà un questionario sul quadro finanziario pluriennale per la Strategia 2020 e sull'esperienza parlamentare a due anni dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Ha inoltre annunciato che, nel corso della prossima COSAC, si procederà alla nomina del nuovo membro permanente del segretariato.
Dopo breve discussione, l'ordine del giorno della prossima COSAC è stato approvato.
Il Segretario di Stato per gli affari europei polacco, Mikolaj Dowgielewicz, ha esposto le priorità della Presidenza polacca dell'UE, dopo aver sottolineato l'importanza di ribadire sempre l'impegno a comunicare l'Europa ai cittadini, per rafforzarne la fiducia.
Tra le priorità della Presidenza polacca figurano la governance economica e la crescita del mercato del lavoro, da conseguire innanzitutto attraverso un approfondimento del mercato unico. Grande attenzione sarà dedicata alla configurazione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, cercando di lasciare alla successiva Presidenza danese un terreno ampiamente preparato.
Altro tema cruciale è quello della sicurezza, sia dal punto di vista della gestione della governance e del sistema anti-crisi predisposto per i Paesi dell'Eurozona, sia sul piano degli approvvigionamenti energetici, sia soprattutto sul versante della gestione delle frontiere. A questo riguardo è importante non indebolire il sistema di Schengen, ma anzi rafforzarlo anche attraverso FRONTEX, per arrivare a un sistema di gestione comune.
Sulla politica estera e di sicurezza comune, si dovrà procedere a un migliore coordinamento tra le istituzioni europee e tra queste e gli Stati membri, anche a livello di interventi armati sul territorio. Dovranno essere pianificate con più efficacia

Pag. 260

le azioni civili e militari: anche in questa prospettiva si attendono proposte concrete dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Lady Catherine Ashton.
Il Segretario di Stato ha quindi sottolineato l'importanza di un'Europa sempre più aperta verso l'esterno, sia a Est sia a Sud. Si cercherà di arrivare entro l'anno all'adesione della Croazia, si accelereranno i negoziati con l'Islanda, e si cercherà di conferire lo status di Paesi candidati alla Serbia e al Montenegro. Ma se occorre incoraggiare tutta l'area balcanica a guardare verso l'UE (un Vertice sul partenariato orientale avrà luogo nel prossimo ottobre), uguale attenzione va prestata al vicinato con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: in tale direzione, la Presidenza polacca intraprenderà molteplici iniziative diplomatiche nei confronti dei Paesi arabi.
Ha, quindi, concluso annunciando che la Presidenza polacca si impegnerà per far evolvere la discussione sulla crisi dell'euro, per favorire la fiducia sia dei cittadini sia dei mercati.
Nella discussione che è seguita, molti degli intervenuti hanno apprezzato l'intenzione della Presidenza polacca a dare impulso alla politica di vicinato sia verso Est sia verso Sud, sottolineando tuttavia che la politica di sostegno ai Paesi arabi richiederebbe un impegno maggiore.
Altre questioni sollevate nel corso della discussione sono state: la necessità di rafforzare la dimensione comune del sistema di Schengen; il processo di allargamento; la migliore gestione della politica estera e di sicurezza comune; la configurazione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020; la governance economica (con particolare riguardo al «caso Grecia»), e il futuro della politica agricola comune.
Nella sua replica, il Segretario di Stato per gli affari europei ha innanzitutto sottolineato che la Grecia deve necessariamente varare un piano di crescita a lungo termine, per assicurare che le riforme abbiano effetti duraturi.
Quanto al quadro finanziario pluriennale, ha evidenziato che la discussione sarà lunga e difficile, e non terminerà certamente sotto Presidenza polacca. Un punto molto delicato sarà quello delle risorse proprie, in quanto c'è una larga divergenza di vedute tra gli Stati membri, e sarà quindi difficile che entri nel compromesso finale. Il Consiglio esaminerà inoltre con estrema attenzione la proposta di direttiva sulla base consolidata dell'imposta sulle società.
Su Schengen, ha sottolineato che la Presidenza polacca sostiene fortemente la libertà di movimento, anche se sarebbe poco realistico pensare che si possa pensare in tempi a un controllo comune sulle frontiere esterne.
Ha concluso, osservando che la questione di una politica di maggiore impegno verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo dovrebbe essere posta all"Alto rappresentante, cui spetta la competenza. Da parte sua, comunque, la Presidenza polacca organizzerà Vertici dedicati ai rapporti con i Paesi arabi, al fine di individuare strumenti di sostegno imperniati su criteri che favoriscano la democratizzazione in quei Paesi.
È seguita la relazione del Commissario europeo per gli affari interni, Cecilia Malmström, la quale ha in primo luogo sottolineato che l'emigrazione costituisce una grande risorsa per la crescita: pone certamente di fronte a importanti sfide, ma se ne possono ricavare enormi vantaggi, purché sia gestita con grande attenzione la dimensione esterna della politica di migrazione dell'Unione europea. Nonostante la crisi economica, l'Unione europea deve lavorare su misure che attirino risorse umane dall'esterno, in un quadro chiaro di regole e diritti per l'ammissione di lavoratori migranti.
Sulla politica di vicinato, il Commissario Malmström ha affermato che essa ha funzionato molto bene con i Paesi dell'Est, e che deve continuare a rimanere al centro degli interessi delle istituzioni dell'Unione europea. Naturalmente tale politica deve essere ispirata al principio del «case by case», considerando la disponibilità alla cooperazione da parte dei singoli Paesi; in questa prospettiva, si sta lavorando molto

Pag. 261

bene con la Moldova, la Georgia, l'Ucraina e l'Armenia per accordi sulla riammissione e la facilitazione dei visti.
Si è quindi detta convinta che una particolare attenzione debba essere mostrata verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo: l'Unione europea ha reso disponibili più di 100 milioni di euro per programmi di assistenza umanitaria. La Commissione ritiene essenziale una strategia di medio periodo, secondo quanto delineato nelle due comunicazioni recentemente presentate dalla Commissione e dall'alto rappresentante. Le misure proposte sosterranno la transizione democratica ed economica nella regione, e contribuiranno a prevenire l'emigrazione irregolare. Iniziando con l'Egitto, la Tunisia e il Marocco, l'azione si estenderà ad altri Paesi, promuovendo una cooperazione in materia di migrazione e mobilità.
Nella discussione che è seguita, tutti gli intervenuti hanno condiviso la necessità che l'Unione europea guardi al Sud del Mediterraneo con attenzione e partecipazione, stanziando somme adeguate per investimenti economici.
Il vice Presidente Farinoe ha sottolineato che il modo in cui l'Unione europea ha affrontato le crisi in Medio Oriente e nel Nord dell'Africa ha confermato tutte le difficoltà della politica estera e di sicurezza comune: il sistema istituzionale a questo riguardo delineato dal trattato di Lisbona è stato messo a dura prova, e ha mostrato tutte le sue debolezze.
L'architettura di Lisbona non ha funzionato, e soprattutto nella conduzione della politica estera comune si è manifestata mancanza di coordinamento e di coesione tra le istituzioni, e ciò ha favorito il prevalere degli interessi geopolitici dei singoli Stati membri.
In conclusione, ha sottolineato che la politica estera dell'UE, così come configurata attualmente, non è adeguata alle ambizioni e al ruolo nel mondo dell'Europa.
Nel dibattito è stato anche da più parti sottolineato che occorre una comune responsabilità nella protezione delle frontiere, e solidarietà verso i rifugiati: a questo riguardo, la presidente della Commissione per le Organizzazioni di cooperazione europea, Tineke Strik, ha stigmatizzato l'Accordo sul trattenimento dei rifugiati siglato tra Italia e Libia.
Nella replica, il Commissario Malmström ha ammesso che le istituzioni dell'Unione europea hanno prestato poca attenzione al Sud del Mediterraneo, e hanno mostrato disorientamento e poco coordinamento rispetto a una situazione che le ha colte di sorpresa. Ora stanno iniziando a rispondere, ma certamente c'è ancora molto da fare, e la speranza è che l'Alto rappresentante mostri finalmente spirito di iniziativa per un'azione comune. Il riemergere di egoismi nazionali è un dato preoccupante, al quale si deve rispondere prestando attenzione alle preoccupazioni dei popoli europei, senza cadere nella retorica del nazionalismo.
C'è una forte necessità di guardare al Sud del Mediterraneo, integrando gli interventi economici e sociali. Grande è la preoccupazione per il fenomeno migratorio, e ciò impone un potenziamento di FRONTEX: a questo riguardo il Commissario Malmström ha ricordato l'azione straordinaria condotta da FRONTEX-Italia, che ha salvato centinaia di vite umane.
Ha quindi osservato che l'approccio da seguire verso il Sud del Mediterraneo deve essere necessariamente diverso da quello seguito verso i Paesi dell'Est europeo, e che comunque la stella polare da seguire è sempre il sostegno alla democrazia.
Il Commissario Malmström ha poi ribadito la necessità di difendere il sistema Schengen, e di rafforzarne la governance comune: occorre arrivare a un meccanismo europeo di controllo dei confini, e non lasciare che siano i singoli Stati membri a prendere decisioni separate.
In conclusione, ha espresso la convinzione che occorra un grande sforzo comune, affinché nei Paesi del Nord Africa le guardie di frontiera cooperino non più con i regimi autoritari, ma con le forze che legittimamente vi si oppongono.
Il presidente della Commissione affari europei della Camera polacca, Stanislaw Rakoczy, ha quindi dichiarato conclusi i lavori della riunione.

Pag. 262

ALLEGATO 4

Relazione annuale 2010 sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali. (COM(2011)345 def.).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XIV Commissione,
esaminata la relazione annuale 2010 della Commissione sui rapporti con i parlamenti nazionali (COM(2011)345 def.);
premesso che:
la relazione annuale per il 2010 ed i dati disponibili per il 2011 confermano, al di là della mera attuazione delle disposizioni introdotte dal Trattato di Lisbona, il progressivo consolidamento dei rapporti tra la Commissione europea e i parlamenti nazionali che costituisce un fattore di miglioramento della qualità e della democraticità del processo decisionale europeo;
in questa prospettiva è significativo che, contestualmente alla prima attuazione del meccanismo di allerta precoce per il controllo di sussidiarietà, abbia mantenuto carattere prioritario il dialogo politico informale, strumento efficace e flessibile per la partecipazione dei parlamenti alla predisposizione e all'esame delle iniziative regolative della Commissione e modello per lo sviluppo di rapporti analoghi con le altre Istituzioni dell'Unione europea;
lo sviluppo del dialogo politico conferma la capacità delle singole assemblee di concorrere al buon funzionamento dell'Unione, in coerenza con l'articolo 12 del Trattato sull'Unione europea, intervenendo sul merito delle scelte regolative anziché limitarsi alla mera difesa delle competenze nazionali. Ciò è dimostrato dal fatto che soltanto 34 dei 211 pareri trasmessi alla Commissione dai parlamenti nazionali in merito a progetti legislativi rilevanti ai sensi del Protocollo n. 2, hanno natura di pareri motivati;
l'invio alla Commissione europea delle pronunce dei parlamenti nazionali recanti un giudizio positivo in merito alla conformità di progetti legislativi dell'UE al principio di sussidiarietà concorre a fornire argomenti di carattere giuridico e politico più articolati ai fini di una valutazione equilibrata dei medesimi progetti da parte della Commissione stessa e di altre Istituzioni dell'Unione;
va ribadita la ferma contrarietà ad ogni tentativo di stabilire in seno alla COSAC o in altre sedi di cooperazione interparlamentare meccanismi di coordinamento tra i parlamenti nazionali intesi a configurare un esercizio sostanzialmente collettivo del controllo di sussidiarietà, in contrasto con le disposizioni dei Trattati e del Protocollo n. 2;
i tempi per la trasmissione delle risposte della Commissione alle osservazioni dei parlamenti nazionali rimangono in media superiori ai due mesi e, pertanto, non sono sempre compatibili con la possibilità che i parlamenti nazionali si pronuncino nuovamente su uno stesso documento;
è condivisibile l'invito della Commissione europea ai parlamenti nazionali a privilegiare - accanto all'esame delle proposte legislative di maggiore ed effettiva rilevanza - l'esame dei documenti non legislativi in relazione ai quali l'impatto dell'intervento parlamentare, inserendosi in una fase precoce del processo decisionale europeo, è maggiore;

Pag. 263

la relazione per il 2010 appare rispetto a quelle degli anni precedenti carente sotto il profilo della valutazione degli effetti concreti del dialogo politico, non indicando se ed in quale misura i pareri dei parlamenti nazionali siano stati tenuti in considerazione dalla Commissione e dalle altre Istituzioni dell'Unione nel corso del processo decisionale;
assume particolare rilevanza il riconoscimento da parte della Commissione europea del ruolo cruciale dei parlamenti nazionali ai fini dell'attuazione del semestre europeo e dei nuovi meccanismi di governance economica, tenuto anche conto del carattere prevalentemente intergovernativo e poco trasparente delle decisioni sinora assunte in materia;
è altresì apprezzabile l'impegno della Commissione a tener conto delle priorità dei parlamenti nazionali nella propria programmazione strategica; anche al fine di creare un consenso reale in merito ai temi sui quali l'Unione dovrà concentrare le proprie politiche e risorse nei prossimi anni;
è auspicabile che anche il Parlamento europeo, cui sono trasmessi gli atti di indirizzo adottati da organi della Camera in relazioni a progetti legislativi e altri documenti dell'UE, dia espressamente conto del seguito dato ai medesimi atti;
è fondamentale per l'ulteriore sviluppo dei rapporti tra Commissione europea e parlamenti nazionali l'uso di tutte le lingue ufficiali dell'Unione o, quanto meno, del più ampio numero possibile di lingue, che oltre a rispondere a precisi obblighi imposti dal Trattato favorisce una interlocuzione articolata sul merito delle questioni;
sottolineato che:
in relazione ad alcuni atti o documenti dell'UE, ai pareri espressi dalla XIV Commissione non ha fatto seguito l'approvazione di documenti finali da parte delle commissioni di merito o l'approvazione è intervenuta con forte ritardo;
le Commissioni di merito dovrebbero procedere in modo più sistematico e tempestivo all'esame dei progetti di atti e documenti dell'Unione europea;
rilevata altresì l'esigenza che il presente documento finale sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico informale,
esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

con le seguenti condizioni:
1) occorre che la Commissione europea, in coerenza con il regime linguistico previsto dai Trattati, renda tempestivamente disponibili ai parlamenti nazionali, nelle rispettive lingue ufficiali, la più ampia tipologia possibile di documenti, con particolare riferimento alle valutazioni di impatto sulle proposte legislative;
2) è necessario che siano ridotti i tempi per la trasmissione delle risposte della Commissione ai pareri dei parlamenti nazionali ed assicurare che le risposte stesse diano conto in modo più puntuale del seguito dato ai rilievi formulati in tali pareri;
3) occorre che la Commissione europea e le altre Istituzioni competenti motivino in modo più analitico la conformità delle proprie proposte legislative sotto il profilo della sussidiarietà, fornendo, in coerenza con il Protocollo n. 2, indicatori qualitativi e quantitativi;
4) è necessario che la Commissione europea dia piena e tempestiva attuazione, per le parti di sua competenza, oltre che al controllo di sussidiarietà, anche a tutte le altre prerogative dei parlamenti nazionali introdotte dal Trattato di Lisbona. In particolare, la Commissione europea dovrebbe accelerare, assicurando il coinvolgimento dei parlamenti nazionali, la predisposizione dei regolamenti che definiranno, ai sensi degli articoli 85 e 88 del Trattato sul funzionamento dell'Unione, le modalità di associazione dei parlamenti

Pag. 264

stessi alla valutazione dell'attività di Eurojust ed al controllo delle attività di Europol;

e con le seguenti osservazioni:
a) è auspicabile che le prossime relazioni annuali sui rapporti tra la Commissione europea e i parlamenti nazionali indichino - anche sulla base di alcuni esempi concreti - come i pareri dei parlamenti nazionali sono stati tenuti in considerazione dalla Commissione stessa ed eventualmente dalle altre Istituzioni dell'Unione nell'ambito del processo decisionale nonché se, in linea generale, essi sostengono la posizione dei rispettivi governi o configurino posizioni autonome o addirittura alternative;
b) al fine di consentire ai parlamenti nazionali di intervenire adeguatamente, secondo le rispettive procedure e competenze, nell'ambito dei meccanismi di governance economica, sarebbe utile che la Commissione trasmettesse tempestivamente ai parlamenti stessi, oltre ai documenti ufficiali, ogni ulteriore elemento di informazione e valutazione utile;
c) sarebbe opportuno che, a partire dal programma di lavoro per il 2012, la Commissione desse conto in modo espresso delle indicazioni pervenute al riguardo dai parlamenti nazionali e del seguito dato ad esse.