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Temi dell'attività Parlamentare

Il sistema delle entrate delle regioni e degli enti locali
Il sistema delle entrate degli enti territoriali appare a tutt'oggi un quadro complesso e ancora non stabilizzato, in ragione dei ripetuti interventi che sulla materia si sono susseguiti nel corso della legislatura. L'assetto normativo presenta pertanto al momento alcuni elementi di transitorietà, con specifico riferimento agli enti locali.
La fiscalità municipale

Allo scadere della XVI legislatura il sistema delle entrate comunali presenta un quadro complesso ed ancora non stabilizzato, a causa del sovrapporsi, nel biennio 2011-2012, di numerosi interventi legislativi, costituiti principalmente dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, dal decreto-legge di manovra intervenuto alla fine del medesimo anno (D.L. n. 201 del 2011) e dalla legge di stabilità 2013 (L. n. 228 del 2012), che, modificando ogni volta la normativa vigente nella materia, hanno concorso a determinare un assetto normativo nel quale al momento sono presenti alcuni elementi di transitorietà.

L'assetto previsto dal decreto legislativo sul federalismo municipale

Il sistema della fiscalita' municipale delineato dal decreto legislativo n. 23 del 2011 prevedeva, in origine una fase transitoria per il biennio 2011-2013 nella quale, in aggiunta alle tradizionali entrate dell’ente (costituite dall’addizionale Irpef, dall’Ici, dalla tassa e dal canone per l’ occupazione spazi ed aree pubbliche - Tosap e Cosap - , dall’imposta di scopo - Iscop, dalla Tarsu/Tia, dall’imposta sulla pubblicità e pubbliche affissioni e dal canone installazione mezzi pubblicitari), venivano istituite nuove forme di entrata: compartecipazione al gettito dell’IVA proveniente dai rispettivi territori, in misura finanziariamente equivalente ad una compartecipazione Irpef del 2 per cento; imposta di soggiorno o di sbarco; cosiddetta “fiscalità immobiliare”, vale a dire l’Irpef sui redditi fondiari, le imposte ipotecarie e catastali e la cedolare secca sugli affitti, da far confluire previamente in un Fondo sperimentale di riequilibrio per essere e successivamente ridistribuire ai comuni in forma territorialmente equilibrata.

In particolare tale fondo, alla cui determinazione si è finora proceduto per gli anni 2011 e 2012 (con decreto del Ministro dell’interno, rispettivamente D.M. 21 giugno 2011 e D.M. 4 maggio 2012), era istituito in sostituzione dei trasferimenti da parte dello Stato, contestualmente soppressi, ad eccezione di una quota degli stessi che, in ragione delle peculiari caratteristiche, non risultavano “fiscalizzabili” e dovevano continuare ad essere erogati.

A regime, dal 2014, il decreto legislativo prevedeva l’attribuzione diretta dei cespiti derivanti dalla fiscalità immobiliare, con la sostituzione del Fondo di riequilibrio con un (più ridotto) Fondo perequativo, l’istituzione dell’Imposta municipale propria (IMU) progettata per assorbire l’Ici e l’Irpef sui redditi fondiari, e dell’Imposta municipale secondaria, sostitutiva dell’imposta comunale sulla pubblicità/affissioni e la Tosap/Cosap.

Nel disegno del legislatore, delle imposte storiche sarebbero rimaste pertanto solo l’addizionale Irpef, l’imposta di scopo e la Tarsu/Tia (oltre ai trasferimenti non fiscalizzabili ed a parte, ovviamente, le entrate extratributarie).

 

L'attuale assetto della fiscalità municipale

Tale assetto è stato poi consistentemente modificato dall’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che, nell’ambito di un intervento volto al consolidamento dei conti pubblici nell’emergenza finanziaria determinatasi negli ultimi due mesi dell’anno, ha anticipato “in via sperimentale” la decorrenza dell’ IMU al 2012 (e fino al 2014, disponendo espressamente, all’articolo 13, comma 1 che “l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è fissata al 2015”) estendendola anche all’abitazione principale e destinandone il gettito per circa la metà (con esclusione di quello derivante dall’abitazione principale e da altre specifiche categorie di immobili) direttamente allo Stato. Il provvedimento ha inoltre istituito, dal 2013, il tributo comunale sui tributi e servizi (Tares), in sostituzione di tutti gli altri proventi attinenti al servizio rifiuti urbani.

Da ultimo, l’articolo 1, commi da 380 a 384 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), oltre a modificare in molti aspetti la Tares, ha innovato l’assetto della destinazione del gettito proveniente dall’IMU ed ha ridefinito i rapporti finanziari tra Stato e comuni, come delineati dal D.Lgs. n. 23 del 2011.

In particolare si attribuisce interamente ai comuni il gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo (che rimane destinato allo Stato) e contestualmente si sopprime il Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto legislativo n. 23: quest’ultimo viene sostituito da un Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell’IMU di spettanza dei comuni. In ragione di tale soppressine, nonché della circostanza che la modifica all’IMU è per gli anni 2013 e 2014, viene sospesa per i medesimi anni la devoluzione ai comuni del gettito della fiscalità immobiliare prevista nel medesimo decreto n. 23, nonché della compartecipazione comunale al gettito IVA.

Alla luce di quanto sinteticamente illustrato, pertanto, il sistema della fiscalità comunale poggia al momento, con riferimento al biennio 2013-2014, su tre principali imposte, costituite dall’IMU, dalla Tares e dall’addizionale comunale all’Irpef. A queste si aggiungono, oltre ai trasferimenti non fiscalizzabili prima segnalati ed alle entrate extratributarie (quali il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, la Cosap, che costituisce un cespite anche provinciale, e l’addizionale comunale sui diritti di imbarco), le tradizionali entrate locali, vale a dire l’imposta di soggiorno, l’Iscop, la Tosap, l’imposta comunale sulla pubblicità /diritto sulle pubbliche affissioni, il canone installazione mezzi pubblicitari.

Ulteriori entrate, che hanno però carattere eventuale, sono infine ravvisabili nei proventi derivanti dalla partecipazione dei comuni all’azione di contrasto all’evasione fiscale, incrementati dal decreto legislativo n.23 del 2011, a seguito del quale viene devoluto all’ente locale che partecipa all’accertamento il 50% del gettito (il 100% nel triennio 2012-2014) e l’intero gettito nel caso di accatastamento di immobili non dichiarati in catasto (c.d. case fantasma).

La fiscalità provinciale

Una maggiore stabilità presenta invece il sistema delle entrate delle province, il cui assetto è stato peraltro modificato in misura meno incisiva di quello comunale dalla normativa attuativa della delega recata dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, che è intervenuta sulla fiscalita' provinciale con gli articoli da 16 a 21 del decreto legislativo n. 68 del 2011, recante norme in materia di autonomia di entrata delle regioni e delle province

 In considerazione della intervenuta soppressione dell’ addizionale provinciale sull’energia elettrica, disposta dal tale provvedimento, il sistema delle entrate delle provinciali è costituito dai seguenti cespiti:

  • compartecipazione provinciale all’Irpef che, introdotta nel 2003, è stata modificata dal decreto legislativo n.68 sopradetto, nel quale viene stabilito che a decorrere dal 2012 l’aliquota di tale compartecipazione andrò determinata in misura tale da assicurare entrate corrispondenti ai trasferimenti statali nei confronti delle province, contestualmente soppressi, nonché ai proventi della soppressa addizionale sull’energia elettrica. La compartecipazione è stata fissata in misura pari all’ 0,60 dell’Irpef (D.P.C.M. 10 luglio 2012);
  • imposta provinciale di trascrizione (IPT), iscrizione ed annotazione dei veicoli iscritti al pubblico registro automobilistico che, vigente dal 1999, è stata poi modificata, da ultimo, con il D.Lgs. n.68 del 2011 in commento, che ne ha disposto l’equiparazione della misura sugli atti soggetti ad Iva rispetto agli atti non soggetti all’Iva medesima;
  • imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto, in vigore dal 1999 e anche essa modificata dal medesimo decreto legislativo n.68/2011, che nello stabilirne l’aliquota nella misura del 12,5% ha altresì attribuito alle province – ivi incluse quelle situate nelle regioni a statuto speciale – la facoltà di variarla in aumento o in diminuzione di 3,5 punti percentuali.

Va inoltre segnalato che il medesimo provvedimento prevede, all’articolo 19, l’istituzione di una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale, a compensazione, dal 2013, della soppressione dei trasferimenti regionali diretti al finanziamento delle spese delle province. Al momento, tuttavia, benché l’articolo 19 suddetto prevedesse il termine del 20 novembre 2012 per la fissazione di tale compartecipazione, la stessa non risulta ancora stabilita.

 Si ricorda, infine, che l’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012 ripristina il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; questo potere era stato sospeso dall’articolo 1, comma 123, della legge n.220/2010 (legge di stabilità 2011) “fino all'attuazione del federalismo fiscale”.

La fiscalità regionale: le Regioni a statuto ordinario

In via generale un esame delle fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario espone come questi siano individuabili nei tributi propri, nelle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibile al territorio dell’ente, nelle entrate proprie (quelle derivanti da beni, attività economiche della regione e rendite patrimoniali), nei trasferimenti perequativi, per i territori con minore capacità fiscale per abitante e, infine, nelle entrate da indebitamento, che sono però riservate a spese di investimento (art. 119, Cost.).

Le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono costituite principalmente dal gettito di IRAP, addizionale IRPEF, cosiddetta tassa automobilistica e della compartecipazione al gettito dell’accisa sulla benzina. Gli altri tributi minori, compresa l’addizionale regionale all'accisa sul gas naturale (ARISGAM) e il tributo speciale il deposito in discarica dei rifiuti costituiscono una piccola parte dell’intero gettito tributario.

La compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, invece, istituita dal D.Lgs. 56/2000 e determinata con DPCM, entra nel meccanismo di perequazione previsto dallo stesso decreto 56. Ciascuna regione riceve la quota di compartecipazione all’IVA a seguito delle operazioni di perequazione, e quindi in aumento o in diminuzione rispetto al conteggio iniziale. Su di essa le regioni non hanno alcun potere di manovra, analogamente a quanto accade con la compartecipazione al gettito dell’accisa sulla benzina.

Per quanto riguarda i tributi, le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte regionale sono limitate. Ciascuna regione può determinare l’aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato e – in alcuni casi – differenziare i soggetti passivi (per scaglioni di reddito per l’addizionale IRPEF, per categorie economiche per l’IRAP). Ciascuna regione, inoltre, provvede alla disciplina ed alla gestione degli aspetti amministrativi: riscossione, rimborsi, recupero della tassa e l'applicazione delle sanzioni, sempre entro limiti e principi fissati dalla legge dello Stato.

Tale quadro non risulta ancora mutato dalla disciplina attuativa della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, che per quanto concerne la fiscalità regionale è stata dettata dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, benché talune disposizioni di tale provvedimento avrebbero dovuto trovare attuazione già dal 2013. A decorrere da tale anno le fonti di finanziamento delle regioni per l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materie della sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per la spesa di parte capitale) dovevano infatti essere costituite: - dalla compartecipazione all’Iva,e quote dell’addizionale regionale all’Irpef, come entrambe rideterminate ai sensi del decreto legislativo medesimo; - dall’ Irap; - da quote di un Fondo perequativo, appositamente istituito; - dalle entrate proprie.

Il nuovo assetto non ha tuttavia al momento ancora avuto seguito, in quanto: a) la determinazione con legge dei LEP nelle materie sopradette non è finora intervenuta, tranne che per la sanità (dove peraltro risale al 2001 ed è in via di ridefinizione); b) l’addizionale Irpef avrebbe dovuto essere rideterminata (in modo tale da assicurare risorse equivalenti a quelle derivanti dai trasferimenti erariali di parte corrente, da sopprimere dal 2013, con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef statali, per lasciare inalterato l’onere per i contribuenti), con riferimento all’anno di imposta 2012, mediante un apposito DPCM da emanarsi entro il 27 maggio 2012, non ancora intervenuto; c) la compartecipazione Iva doveva anche essa venir rideterminata a decorrere dal 2013 secondo il nuovo principio di territorialità stabilito dal decreto legislativo ed, inoltre, in misura tale da garantire in ogni regione il finanziamento delle spese per i LEP, ad opera di un DPCM per il quale non è stabilito un termine di adozione, e che allo stato non è stato ancora emanato; d) di conseguenza, poiché tale compartecipazione è destinata ad alimentare il Fondo perequativo prima citato, da istituire dall’anno 2013, neanche tale Fondo risulta al momento istituito.

Pertanto le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario sono attualmente quelle già operanti precedentemente alla legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, costituite dai tributi propri e dalle compartecipazioni ai tributi erariali seguenti,:

  • IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive (D.Lgs. 446/1997 e D.Lgs. 68/2011);
  • Addizionale regionale all’IRPEF (D.Lgs. 446/1997 e D.Lgs. 68/2011);
  • Tassa automobilistica regionale (D.Lgs. 504/1992, artt. 23-27);
  • ARISGAM - Addizionale regionale all'accisa sul gas naturale (D.Lgs. 398/1990, artt. 9-16,);
  • Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (L. 549/1995, art. 3, commi 24-35);
  • Tassa regionale per il diritto allo studio universitario (L. 549/1995, art. 3, commi artt. 20-23);
  • Compartecipazione regionale all’accisa sulle benzine per autotrazione (L.549/1995, art. 3, comma 12);
  • Compartecipazione regionale all’IVA versata dai consumatori finali nel proprio territorio (D.Lgs. 56/2000 e D.Lgs. 68/2011).

Con la sola eccezione dell’IVA, tributi e compartecipazioni sono – con riferimento al gettito – “tributi” regionali secondo due principali caratteristiche: le somme che affluiscono al bilancio della regione provengono interamente ed esclusivamente dal gettito riferito al rispettivo territorio; quale che sia la disciplina del tributo (aliquota, base imponibile, soggetti obbligati, eccetera) e la quota di gettito assegnata alla regione, inoltre, le entrate della regione seguono la dinamica di quel gettito nel rispettivo territorio.

Il gettito della compartecipazione regionale all’IVA è invece assegnato a ciascuna regione in base a parametri che dipendono dalla disciplina del finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni a statuto ordinario secondo i seguenti criteri:

  • la percentuale di compartecipazione al gettito IVA varia annualmente in ragione del fabbisogno necessa-rio a ‘coprire’ la quota di spesa sanitaria corrente non ‘coperta’ dal gettito IRAP, Addizionale IRPEF, accisa e tickets sanitari;
  • la territorializzazione del gettito IVA è determinata in proporzione all’ammontare dei consumi registrati dall’ISTAT per ciascuna regione (c.d. IVA su base consumi);
  • le regioni a cui la territorializzazione assegna somme maggiori del rispettivo fabbisogno sanitario (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio) ‘cedono’ le somme eccedentarie al Fondo perequativo interregionale. Al bilancio di queste regioni affluisce soltanto una quo-ta- parte dell’IVA territorializzata come propria;
  • le regioni a cui la territorializzazione assegna somme minori del rispettivo fabbisogno sanitario (Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) ricevono integralmente la propria quota IVA territorializzata e, in aggiunta, una quota parte del Fondo perequativo interregionale, questa in misura corri-spondente al completamento della ‘copertura’ del rispettivo fabbisogno.

Nelle regioni eccedentarie le entrate da compartecipazione IVA sono riferite integralmente al proprio territorio, sebbene siano soltanto una quota parte della rispettiva IVA territorializzata. Nelle regioni deficitarie le entrate IVA riferite al territorio sono costituite dall’intera quota territorializzata; a questa si aggiunge il trasferimento perequativo non riferibile ad uno specifico territorio.

La fiscalità regionale: le Regioni a statuto speciale e le province autonome

L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Gli statuti – che hanno forma di legge costituzionale – stabiliscono ambiti e limiti della potestà impositiva, tributaria, finanziaria e contabile di ciascuna regione, riconoscono la titolarità del demanio e del patrimonio regionali, elencano i tributi erariali il cui gettito è devoluto, interamente o in parte, alla regione, attribuiscono ad essa la potestà legislativa e amministrativa sull’ordinamento finanziario degli enti locali del rispettivo territorio. Le «norme di attuazione» sono emanate dal Governo con decreto legislativo (in precedenza con decreto del Presidente della Repubblica) in forza della competenza loro riservata in via esclusiva dagli statuti speciali e secondo una procedura che ne prevede l’istruttoria ed il parere, o l’intesa, da parte di Commissioni paritetiche, i cui membri sono designati dal Governo e dalla rispettiva regione. A differenza di quanto solitamente avviene per gli atti di legislazione delegata, le norme di attuazione non sono sottoposte al parere parlamentare.

Nel corso della XVI legislatura sono intervenute modifiche 'concordate' all'ordinamento finanziario di queste regioni, che hanno riguardato l'attuazione dei principi del federalismo fiscale nelle regioni a statuto speciale, secondo le procedure appositamente stabilite dall’art. 27 della legge n. 42/2009. Questo prevede in particolare l’istituzione presso la Conferenza Stato-regioni di un apposito tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma (poi istituito con D.P.C.M. 6 agosto 2009) con il compito di individuare le linee guida per il concorso delle autonomie speciali, secondo le norme attuative dei rispettivi statuti, agli obiettivi della legge delega sul federalismo fiscale.

Per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, la legge finanziaria 2010 (Legge 191/2009 art. 2 commi 106-125) reca modifiche concernenti: la disciplina dei tributi propri e delle compartecipazioni ai tributi erariali di questi enti; la nuova disciplina di tesoreria; il riconoscimento e regolazione di somme spettanti alle province autonome, il Patto di stabilità e il concorso delle province autonome al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà del federalismo fiscale.

Per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (art. 1, commi 151-159) e la Regione autonoma Valle d'Aosta (art. 1, commi 160-164) è la legge di stabilità 2011 (Legge 220/2010) che, in recepimento del rispettivo accordo con la regione, reca disposizioni concernenti la quantificazione del contributo di ciascun ente per l'attuazione dei principi di perequazione e solidarietà del federalismo fiscale, la disciplina del patto di stabilità e norme generali per il coordinamento delle norme che provvederanno ad attuare il federalismo fiscale (i decreti legislativi attuativi della legge 42 del 2009) e l'ordinamento finanziario della regione.

Ciò precisato, ad una sintetica ricognizione di carattere generale sulla fiscalità delle autonomie speciali emerge come il connotato più forte dell'autonomia finanziaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome sia rappresentato dalle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Ogni statuto elenca le imposte erariali delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione, le aliquote eventualmente differenziate per ciascun tipo di imposta, la base di computo, le modalità di attribuzione. Talune specificazioni di dettaglio sono rimesse poi alle norme di attuazione. Le compartecipazioni possono essere considerate tributi regionali solo ai fini della destinazione del gettito (in tal senso sono “tributi propri”). Non sono regionali, però, per alcun punto della loro disciplina: istituzione, soggetti passivi e base imponibile, sanzioni, contenzioso, eccetera.

Nella regione Sicilia tutti i tributi erariali sono riscossi direttamente dalla regione stessa; in questo caso la riscossione è disciplinata anche da norme della regione. A decorrere dal 1° gennaio 2008, anche la regione Friuli-Venezia Giulia provvede direttamente alla riscossione delle imposte secondo quanto stabilito dalle norme di attuazione dello statuto emanate con D.Lgs. 137/2007. Nelle altre regioni a statuto speciale e nelle province autonome i tributi erariali sono invece riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante.

Tutte le regioni a statuto speciale e le province autonome collaborano - secondo le specificazioni dei propri Statuti - all'accertamento delle imposte erariali riscosse o prodotte sul proprio territorio. In sintesi, è attribuito alle regioni:

  • Sicilia: il gettito di tutti i tributi erariali, ad eccezione delle imposte di produzione (ora, accise) e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto;
  • Sardegna: i 7/10 dell’IRPEF e dell’IRPEG, i 9/10 delle imposte ipotecarie, bollo e registro, concessioni, energia elettrica, fabbricazione (accise) e, con la finanziaria 2007 (ma in vigore dal 2010), i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre entrate erariali;
  • Valle d’Aosta: a decorrere dal 2011 l'intero gettito delle imposte erariali sul reddito e sul patrimonio (IRPEF, imposta sul reddito delle società, imposta sulle successioni), dell'IVA, dell'accisa sulla benzina e sugli altri prodotti energetici, sui tabacchi, sull'energia elettrica; i 9/10 delle imposte erariali sugli affari (registro, bollo, ipotecarie), nonché dei proventi del lotto;
  • Friuli-Venezia Giulia: i 6/10 dell’IRPEF, i 4,5/10 dell’IRPEG, 9,1/10 dell’IVA (in vigore dal 2008) i 9/10 di altre poche imposte e, con la finanziaria 2008 il 29,75 % del gettito dell’accisa sulle benzine e il 30,34 % del gettito dell’accisa sul gasolio consumati nella regione;
  • Trentino-Alto Adige: le imposte ipotecarie, 9/10 delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto, i 2/10 dell’IVA generale;
  • Province autonome di Trento e di Bolzano: i 9/10 di quasi tutte le imposte erariali (fanno eccezione le imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige).

Disposizioni “residuali” contenute negli statuti, inoltre, attribuiscono alla regione Sicilia, alle Province autonome di Trento e di Bolzano ed ora anche alla Sardegna (nella misura di 7/10) e alla Valle d'Aosta (nella misura di 9/10), la compartecipazione su tutte le altre imposte e tasse non elencate dallo statuto.

La legge dello Stato può riservare all’erario il gettito di nuovi tributi ed il gettito proveniente da modificazioni alla disciplina dei tributi compartecipati dalle regioni soltanto se quelle somme sono destinate a scopi specifici, sono limitati nel tempo e determinabili nella misura. Nell'ultima parte della legislatura il Governo ha fatto ricorso alla riserva all'erario diverse volte con misure che in questa sede non si dettagliano, in ragione della temporaneità delle stesse.