Gli interventi di sostegno diretti al superamento del dualismo economico e alla promozione dello sviluppo e dell'occupazione nelle aree sottoutilizzate del Paese vedono il concorso dei diversi livelli di governo - in particolare lo Stato e le regioni - nonché dell'Unione europea.
Nell’ambito europeo la riduzione dei divari di sviluppo territoriale degli Stati membri è affidata alla politica di coesione che indirizza le risorse derivanti da due fondi comunitari e da un fondo nazionale, costituiti rispettivamente dal Fondo sociale europeo, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (già Fondo per le aree sottoutilizzate) verso specifiche aree che richiedono interventi per la promozione dello sviluppo e per rimuovere gli squilibri economico-sociali. In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al periodo 2007-2013 - ossia il Quadro strategico nazionale - è stato approvato dalla Commissione europea nel luglio del 2007. Presso la Commissione medesima è in corso il negoziato sulla politica di coesione per il periodo 2014-2020, sulla cui base, una volta concluso, si procederà poi alla definizione del nuovo Quadro strategico nazionale per il medesimo periodo.
Nel corso della XVI legislatura la politica di coesione si è articolata secondo due linee direttrici: la ricognizione e gestione delle risorse finanziarie, volta ad ottimizzarne l’impiego ed a recuperare quelle ancora non utilizzate o di cui comunque era possibile il recupero; l’accelerazione dei programmi di spesa, in presenza dei consistenti ritardi che si erano determinati soprattutto nella prima metà della legislatura, ed, al contempo, il rafforzamento dell’efficacia degli interventi, mediante una nuova articolazione dei Fondi di utilizzo delle risorse e l’introduzione di nuovi strumenti operativi. Nella medesima finalità di rimozione dei divari territoriali vanno altresì considerate alcune specifiche misure approvate nel corso della legislatura, ad esempio in tema di crediti di imposta e di istituzioni finanziarie, volte alla promozione dello sviluppo territoriale nelle aree sottoutilizzate.
La politica di coesione 2007-2013
In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013 - approvato in via definitiva dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Tale Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro Nord, secondo un sistema teso all’ unificazione della politica regionale comunitaria e di quella nazionale. Elemento centrale di tale sistema è il principio di addizionalità dei Fondi comunitari: questo prevede infatti che in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri debbano stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale. L’ unitarietà del sistema comporta inoltre che in caso di ritardi nell’attuazione dei programmi e di conseguente definanziamento delle risorse comunitarie, si determini una corrispondente riduzione del cofinanziamento nazionale.
Una ulteriore tipologia di risorse è infine costituita dalle risorse proprie nazionali (di natura aggiuntiva), stanziate nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), ora ridenominato come Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC).
L’insieme di questi tre differenti canali di finanziamento ha determinato un importo complessivo di risorse per il periodo 2007-2013 in Italia pari ad oltre 124 miliardi di euro (parte dei quali sono state peraltro destinati nel corso della legislatura ad altre finalità), cosi articolato:
Le misure per accelerare l’utilizzo delle risorse
Come già avvenuto nelle legislature precedenti, anche nel corso della XVI legislatura si sono determinate rilevanti difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali nell’ utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse, atteso che le regole europee prevedono il definanziamento (che comporta altresì la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale) delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento.
Dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, al 31 dicembre 2010, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era in forte ritardo, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili pari al 22 per cento e dei pagamenti intorno al 12 per cento.
Si è proceduto pertanto all’adozione di alcune misure, ad iniziare, alla fine del 2010, con il Piano nazionale per il Sud. Questo aveva in particolare indicato, soprattutto attraverso la delibera del CIPE n. 1 del 2011, le linee operative per un maggiore ed efficiente utilizzo delle risorse destinate alle aree sottoutilizzate, vale a dire sia quelle di carattere aggiuntivo previste dal FAS, sia quelle definite dai fondi strutturali dell’Unione europea. Il Piano prevedeva una concentrazione della strategia, della programmazione e delle risorse su pochi obiettivi prioritari (infrastrutture e beni pubblici, ricerca e innovazione, istruzione e competenze) rilevanti per lo sviluppo del Mezzogiorno. Successivamente, con il decreto legislativo n. 88 del 2011 sono stati introdotti nuovi strumenti per favorire l’utilizzo delle risorse finanziarie per la rimozione degli squilibri economici e sociali , quali ad esempio il Documento di indirizzo strategico ed il Contratto istituzionale di sviluppo che, tuttavia, non trovano immediata operatività.
Poiché il Piano per il sud non appariva conseguire risultati significativi, alla fine del 2011 viene adottato un nuovo strumento, il Piano di azione coesione con l’obiettivo di colmare i ritardi ancora rilevanti nell’utilizzo delle risorse, anche per ottemperare ad alcuni impegni assunti in sede europea sull’utilizzo delle stesse. Il Piano, nell’ impegnare le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, mira ad una concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), reperendo i necessari stanziamenti attraverso una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell’ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento delle azioni e degli interventi previsti nel PAC stesso nelle medesime regioni.
Alla fine del 2012 il nuovo strumento evidenzia risultati positivi: è stato evitato il disimpegno delle risorse comunitarie non utilizzate, che avrebbe generato un effetto doppio in quanto sarebbe andata persa anche la corrispettiva quota di cofinanziamento nazionale; è inoltre aumentata la percentuale di pagamenti effettuati, anche a seguito della riduzione dell’ammontare di ciascun programma interessato, che ha reso la quota impegnabile più vicina a quella effettivamente liquidabile; con l’introduzione del sistema degli obiettivi (target) si è infine definito l’ammontare della quota percentuale di realizzazione da raggiungere alle scadenze prefissate, in modo da fornire alle amministrazioni interessate una tabella di marcia maggiormente vincolante.
La politica di coesione per la futura programmazione 2014-2020
L’assetto della futura politica di coesione per il periodo 2014-2020 è all’attenzione di un complessivo negoziato presso le istituzione dell’Unione Europea, sulla base di alcune proposte di regolamento predisposte dalla Commissione europea.
Tali proposte prevedono: la conservazione degli obiettivi convergenza (riservato alle regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27) e competitività (che sarebbe aperto alle regioni con un PIL pro capite superiore al 90% della media dell'UE); l’introduzione di un nuovo obiettivo dei fondi strutturali che includerebbe le cosiddette "regioni in transizione”; la concentrazione dell’intervento dei fondi strutturali su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020; l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, da tradurre in priorità d'investimento, nonché la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro.
Esse inoltre prospettano la ridefinizione delle regole di condizionalità per l’erogazione dei fondi, che sarebbero articolate in tre tipologie: a) ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun Fondo, riportate nel contratto di partnership tra la Commissione e Stati membri e regioni; b) legate al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito delle proposta legislative relative alla governance economica; c) ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Inoltre il 5% degli stanziamenti sarebbe riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020.
Per quanto concerne l’ammontare delle risorse finanziarie, l’esame delle proposte in questione è strettamente connesso al negoziato complessivo sul Quadro finanziario pluriennale (QSP) 2007-2014, nel cui ambito sarà definita l’entità delle risorse disponibili e la loro ripartizione tra le varie politiche di spesa. Può al momento segnalarsi che, sulla base di un primo accordo raggiunto nell’ambito del Consiglio europeo sul QFP medesimo, si prevede che per la politica di coesione, il livello di impegni non superi i 325,14 miliardi di euro ripartiti nell’arco dei sette anni di programmazione finanziaria.