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Temi dell'attività Parlamentare

Le banche popolari
In linea con le risultanze dell'istruttoria parlamentare, il decreto legge n. 179 del 2012 ha modificato la governance e la struttura delle banche popolari e delle società cooperative quotate, al fine di affidare all'autonomia statutaria la determinazione delle quote di capitale rilevanti, ai fini dell'esercizio di specifici diritti azionari (relativi all'ordine del giorno in assemblea e all'elezione con voto di lista del CdA).

Le banche popolari, sono istituti di credito, di norma costituiti come società cooperative, che operano sostanzialmente nel mercato nazionale, lasciando agli Istituti di credito classici le opportunità di investimenti in mercati esteri. Si distinguono dagli enti aventi natura giuridica di S.p.A., per alcune peculiarità, tra cui: il limite di possesso di capitale sociale di ogni socio; la mutualità non prevalente, che prevede la detenzione della maggioranza delle quote da clienti dell'istituto; il voto capitario, con cui ogni socio è titolare di un singolo voto e la clausola di gradimento che prevede la subordinazione del trasferimento dei titoli al preventivo consenso del Cda.

Il dibattito parlamentare

Nel corso della XVI legislatura, l’attenzione del legislatore si è concentrata a lungo su progetti di riforma delle banche popolari (con i progetti di legge nn. 437, 709, 799, 926, 940 e 1084 esaminati dalla Commissione Finanze del Senato).

Le Autorità di vigilanza, Banca d’Italia e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, avevano più volte rilevato la necessità di una riforma relativamente alla disciplina delle banche popolari, in relazione alle caratteristiche di tali enti e al loro impatto sul territorio.

Tra le questioni emerse nel corso dell’esame parlamentare si ricorda, in particolare, che nel corso dell’Audizione tenutasi presso la Commissione 6° del Senato il 22 giugno 2011, il Vice Direttore Generale della Banca d’Italia ha evidenziato alcuni punti rilevanti da tenere in considerazione nel realizzare una riforma, ovvero: l’opportunità di innalzare i limiti al possesso azionario, specialmente per le popolari quotate, con maggiori possibilità di possesso azionario in capo agli investitori istituzionali; il riconoscimento per questi ultimi di strumenti atti a proteggere il valore del capitale da essi apportato; infine la libera trasferibilità delle azioni e una semplificazione dell’iter procedurale di ammissione a socio.

E’ stata presa in considerazione la proposta che permette la trasformazione volontaria da banca popolare a società per azioni, soprattutto nel caso di banche popolari quotate e di grandi dimensioni.

Inoltre data la scarsa partecipazione dei soci in assemblea, è stata ventilata una estensione della possibilità per un socio di farsi rappresentare tramite delega, oppure l’introduzione di mezzi di telecomunicazione, in modo tale che si possa tenere l’assemblea contestualmente in luoghi diversi.

La Banca d’Italia ha inoltre rilevato che, in sede di recepimento della direttiva sui diritti degli azionisti, le banche popolari quotate sono state escluse dalle novità introdotte per le S.p.A., volte a rimuovere i vincoli alla partecipazione dei soci all’assemblea e ad accrescere il loro livello di tutela; tale scelta ha comportato l’inopportuna coesistenza di regole differenziate tra S.p.A. e cooperative quotate.

Analogamente, nella segnalazione inviata al Parlamento dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Marcato, l’Antitrust segnalava i profili problematici attinenti alla governance e alla struttura delle banche popolari, in particolare quelle quotate.

Da un lato, l’Antitrust rileva che le banche popolari quotate stanno diventando complessi gruppi societari, di dimensione nazionale, con al vertice la banca popolare/holding finanziaria, che controlla numerose società per azioni e beneficia degli utili delle controllate. Il perseguimento dello scopo degli utili, appare quindi, prevalente rispetto allo spirito mutualistico. Inoltre, la disciplina legale agevola assetti societari gestiti da un ristretto numero di soci, che controllano la holding popolare, senza però rappresentare la maggioranza del capitale sociale. Non c’è pertanto coincidenza tra potere di controllo di una società e rischio assunto mediante investimento del capitale.

L’Antitrust suggerisce quindi che il loro status giuridico sia funzionale ad assicurare lo scopo mutualistico, che la banca “rimanga in mano ai soci”, con un forte legame di appartenenza con il territorio di riferimento.

Per le banche popolari quotate, l’Antitrust ipotizza una riforma che le renda sempre più assimilabili alle S.p.A., attraverso l’eliminazione della clausola di gradimento, l’abolizione del limite all’uso delle deleghe e un ripensamento sul voto per testa e i limiti alla partecipazione azionaria.

La riforma della governance

In linea con le risultanze dell’istruttoria parlamentare, larticolo 23-quater,del decreto legge n. 179 del 2012 ha modificato le disposizioni concernenti la governance e la struttura delle banche popolari e delle società cooperative quotate, al fine di affidare all’autonomia statutaria la determinazione delle quote di capitale rilevanti, ai fini dell’esercizio di specifici diritti azionari (relativi all’ordine del giorno in assemblea e all’elezione con voto di lista del CdA).

Si modifica in più punti il Testo Unico Bancario, elevando in primo luogo il limite del possesso azionario, diretto o indiretto, nelle banche popolari dallo 0,5 all’1 per cento del capitale sociale. E’ fatta salva la facoltà di prevedere nello statuto limiti più contenuti, comunque non inferiori allo 0,5 per cento.

In deroga ai limiti così previsti, gli statuti possono fissare al 3 per cento la partecipazione delle fondazioni di origine bancaria, ciò a condizione che il superamento del limite sia dovuto ad operazioni di aggregazione.

E’ anche consentito allo statuto delle Banche Popolari di subordinare l’ammissione a socio, oltre che a requisiti soggettivi, al possesso di un numero minimo di azioni, il cui venir meno comporta la decadenza dalle qualità assunte, ciò al fine di favorire la patrimonializzazione della società.

Si affida agli statuti delle Banche Popolari la determinazione del numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio, fermo restando il limite di 10 deleghe previsto dal codice civile.

In materia di integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea e di presentazione di nuove proposte di delibera delle società quotate, i soci che rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possono chiedere, entro dieci giorni dalla pubblicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea (ovvero entro cinque giorni nei casi specificamente previsti dalla legge), l'integrazione dell'elenco delle materie da trattare. Le domande, unitamente alla certificazione attestante la titolarità della partecipazione, sono presentate per iscritto, anche per corrispondenza, ovvero in via elettronica.

Per effetto della nuova disciplina, si dispone che, per le società cooperative quotate, la misura rilevante del capitale venga determinata dagli statuti, anche in deroga alle disposizioni (articolo 135 del TUF) che impongono che le percentuali di capitale siano rapportate al numero complessivo dei soci.

In tema di elezione e composizione del Cda, lo statuto dovrà prevedere sia che i componenti del consiglio di amministrazione vengano eletti sulla base di liste di candidati, sia la quota minima di partecipazione richiesta per la loro presentazione. Queste non devono superare un quarantesimo del capitale sociale o la diversa misura stabilita dalla Consob. Ove la società abbia forma di cooperativa, la misura è stabilita dagli statuti anche in deroga alle richiamate disposizioni del TUF.