Gli interventi di sostegno diretti al superamento del dualismo economico e alla promozione dello sviluppo e dell'occupazione nel Mezzogiorno e nelle altre aree sottoutilizzate del Paese – il cui fondamento è rinvenibile nell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione – vedono il concorso dei diversi livelli di governo - in particolare lo Stato e le regioni - nonché dell'Unione europea, ai sensi dell’articolo 174 del Trattato dell’Unione europea.
Nell’ambito dell’Unione europea la riduzione dei divari di sviluppo territoriale degli Stati membri è affidata alla politica di coesione, che prevede l'attuazione di un quadro di programmazione pluriennale dei fondi strutturali comunitari al fine di perseguire specifici obiettivi di sviluppo in determinate aree.
Il quadro normativo comunitario che definisce gli obiettivi per il ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati è definito dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006.
Gli interventi strutturali della politica di coesione sono stati programmati in modo da concentrare le risorse complessive messe a disposizione dell’UE (pari a 308 miliardi di euro) su tre obiettivi: obiettivo convergenza, volto ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo, obiettivo competitività e occupazione regionale, destinato al rafforzamento della competitività e dell’occupazione delle regioni diverse da quelle in ritardo di sviluppo, ed obiettivo cooperazione territoriale.
In Italia, il quadro di riferimento per la programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 è costituito dal Quadro strategico nazionale 2007-2013 - approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007. Il Quadro espone, in un progetto unitario, la programmazione dei fondi strutturali e delle risorse aggiuntive nazionali per le aree del Mezzogiorno e del Centro Nord, in un sistema di unificazione della politica regionale comunitaria e nazionale, sulla base del principio di addizionalità.
Il principio di addizionalità dei Fondi comunitari, previsto dai regolamenti dell’Unione Europea, prevede infatti che, in corrispondenza delle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche di coesione, i singoli Stati membri debbano stanziare un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale.
Tale principio reca la regola generale della complementarietà dell'intervento comunitario rispetto alle azioni condotte dagli Stati membri, al fine di evitare che le risorse dei Fondi strutturali comunitari vadano semplicemente a sostituirsi agli incentivi nazionali; l'aiuto dell’Unione esercita in tal modo un effetto trainante nei confronti dello sforzo finanziario nazionale. Le azioni ammesse al cofinanziamento non devono quindi coprire spese che lo Stato membro avrebbe effettuato in ogni caso nelle regioni interessate e lo Stato membro è impegnato a mantenere la spesa pubblica per finalità strutturali almeno allo stesso livello raggiunto durante il periodo di programmazione precedente.
Ai sensi dell’articolo 53 e del relativo Allegato III del regolamento CE n. 1083/2006, i massimali applicabili ai tassi di cofinanziamento comunitario sono del 75% per i programmi dell’obiettivo Convergenza e del 50% per i programmi dell’obiettivo Competitività.
In aggiunta, il Quadro strategico nazionale 2007-2013 espone anche la programmazione degli stanziamenti aggiuntivi derivanti dal Fondo per aree sottoutilizzate (FAS), che rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale.
All’inizio della XVI legislatura, la Commissione bilancio ha avviato una indagine conoscitiva sulle politiche di sostegno per le aree sottoutilizzate, anche al fine di individuare una posizione dell’Italia per eventuali modifiche alla politica di coesione.
Nell’ambito delle risorse finanziarie UE complessivamente stanziate per il periodo di programmazione 2007-2013 (circa 308 miliardi di euro), la quota assegnata all’Italia ammonta a 28,8 miliardi a valere su due fondi comunitari (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo - FSE).
Le risorse comunitarie assegnate all’Italia sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013, i cui interventi sono attuati attraverso 52 Programmi Operativi nazionali, regionali e interregionali, che definiscono le priorità strategiche per settori e territori.
Nel QSN 2007-2013, la gran parte di tali risorse, all’incirca il 75%, risultano destinate all’Obiettivo “Convergenza”, che interessa le regioni Calabria Campania, Puglia, Sicilia, per un importo pari a 21,2 miliardi di euro, cui si aggiungono 430 milioni alla Basilicata (considerata in regime di phasing-out dall’obiettivo Convergenza).
All’obiettivo “Competitività”, che interessa tutto il Centro-Nord, l’Abruzzo e il Molise, sono assegnati 5,4 miliardi di euro, pari al 22% delle risorse complessivamente destinate all’Italia, cui si aggiunge 1 miliardo destinato alla Sardegna (in regime di phasing-in).
La quota residua (oltre 800 milioni) interessa i programmi dell’Obiettivo “Cooperazione territoriale”.
Per il principio di addizionalità, in corrispondenza alle quote di risorse comunitarie che transitano dai fondi strutturali, il QSN 2007-2013 prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale (circa 31,6 miliardi di euro per il periodo di programmazione, corrispondente ad un tasso del 50%), che transita dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.
A tali risorse vanno aggiunti 64,4 miliardi del Fondo per le aree sottoutilizzate, a tal fine stanziate dalla legge finanziaria del 2007 (art. 1, comma 863-866, legge n. 296 del 2006). Il Fondo per aree sottoutilizzate rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale, il cui utilizzo è stabilito in base agli indirizzi di politica regionale. Dal 2011, il Fondo ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, emanato in attuazione della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale.
L’importo complessivo delle risorse destinate alle politiche di coesione e regionali per il periodo 2007-2013 in Italia è stato pari, pertanto, a oltre 124 miliardi di euro, di cui 101,6 miliardi destinati specificamente alle aree del Mezzogiorno, come si evince dalla programmazione delle risorse del QSN 2007-2013.
Per quanto riguarda le risorse aggiuntive del FAS, nel corso della XVI legislatura gli interventi normativi si sono concentrati su due linee direttrici principali: 1) la ricognizione delle risorse stanziate a legislazione vigente ancora non utilizzate o di cui comunque era possibile il recupero; 2) una nuova articolazione dei Fondi di utilizzo delle risorse medesime, ai fini di una maggiore efficacia della spesa.
In particolare, nel 2008, con il decreto-legge n 185 del 2008 è stato indicato un nuovo percorso di intervento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate attraverso la costituzione, nell’ambito del FAS medesimo, di tre fondi settoriali: il Fondo per le infrastrutture, presso il Ministero dello sviluppo economico, le cui risorse sono ripartite dal CIPE con apposita delibera ed assegnate alle amministrazioni competenti; il Fondo sociale per l’occupazione e formazione, gestito autonomamente dal Ministro del lavoro; il Fondo strategico a sostegno dell’economia reale, gestito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Nell’originario Fondo per le aree sottoutilizzate permangono le risorse relative agli interventi di competenza delle amministrazioni regionali. La ripartizione di tali risorse tra le regioni è effettuata con apposita delibera CIPE.
Va segnalato che le risorse che all’inizio della legislatura risultavano stanziate per gli interventi del FAS nell’ambito del nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 (come detto precedentemente, oltre 64 miliardi del FAS sino all’anno 2015, che si affiancano, per l'attuazione della politica di coesione, ai 28,5 miliardi di fondi comunitari e 31,6 miliardi di cofinanziamento nazionale) sono state via via utilizzate anche per finalità differenti rispetto a quelle indicate, in particolare per la copertura delle manovre di finanza pubblica, ovvero per la copertura di oneri recati dai altri provvedimenti legislativi, non tutti strettamente correlati agli interventi nelle aree sottoutilizzate. Si tratta in totale di riduzioni per 31,8 miliardi.
Si ricorda, tuttavia, che gli stanziamenti del FAS – ora denominato il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 88/2011 - sono stati, da ultimo, integrati in attuazione delle delibere CIPE di assegnazione delle risorse nel periodo 2008-2012, per un totale di circa 10 miliardi.
Pertanto, le autorizzazioni complessive di spesa del Fondo per lo sviluppo e la coesione nel bilancio dello stato per il triennio 2013-2015 (legge n. 229 del 2012) risultano pari a 22,3 miliardi, di cui 8 miliardi per il 2013, 5,8 miliardi per il 2014 e 8,5 miliardi per il 2015.
La politica di coesione è stata condizionata nel corso delle XVI legislatura dalla difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali di utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse. Infatti, la c.d. "regola dell'n+2" prevede - per ciascun fondo (FSE, FESR) e per ogni Programma Operativo (PO) - il definanziamento delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento.
Il definanziamento delle risorse comunitarie comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
Dopo 4 anni di operatività dei fondi strutturali 2007-2013, al 31 dicembre 2010, lo stato di utilizzo dei fondi comunitari era preoccupante, con una percentuale di impegni sulle risorse complessivamente disponibili pari al 22 per cento e dei pagamenti intorno al 12 per cento.
Come ricordato dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, nella sua relazione alle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato (seduta del 6 dicembre 2011), l’Italia risultava essere penultima tra gli Stati membri, con una percentuale di pagamenti eseguiti al 31 dicembre 2010 superiore solo alla sola Romania, e con un valore percentuale di realizzazione inferiore di 9 punti percentuali rispetto allo stesso stadio del periodo di programmazione 2000-2006.
Per recuperare il ritardo nell’utilizzo delle risorse comunitarie, un primo intervento era stato delineato dal Governo alla fine del 2010, con l’adozione il 26 novembre 2010 del Piano nazionale per il Sud, finalizzato allo sviluppo e al rilancio del Sud attraverso 8 priorità strategiche, di cui 3 priorità strategiche di sviluppo e 5 priorità strategiche di carattere orizzontale.
Una prima fase di attuazione del Piano è individuabile nel D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, recante interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, emanato in attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, volto a definire una nuova disciplina e nuove modalità di utilizzo dei fondi destinati alla coesione territoriale, e nell’adozione del decreto del Ministro economia e finanze 26 novembre 2010 sulla perequazione infrastrutturale, finalizzato a dettare, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 42/2009, regole e principi per la determinazione del ritardo infrastrutturale dei territori e per gli interventi destinati al suo recupero. Il decreto legislativo ha introdotto significativi strumenti (dal Documento di indirizzo strategico al Contratto istituzionale di programma) volti a consentire di superare le criticità che hanno ostacolato il raggiungimento di risultati soddisfacenti nell’utilizzo delle risorse destinate alle aree del Mezzogiorno del Paese, ed individuando nuovi strumenti procedurali per rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Viene, inoltre, previsto il nuovo strumento del “contratto istituzionale di sviluppo” che il Ministro delegato stipula con le regioni e le altre amministrazioni competenti, con la finalità di accelerare la realizzazione degli interventi ed assicurare la qualità della spesa pubblica. Con il contratto istituzionale di sviluppo, cui possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici (quali ad esempio Anas, Ferrovie dello Stato, ecc.) sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE e individuati i tempi, le responsabilità e le modalità di attuazione degli interventi, prevedendo anche le condizioni di definanziamento degli stessi e l’attribuzione delle relative risorse ad altri livelli di governo.
Con la delibera CIPE n. 1 del 2011, che ha definito le linee operative del Piano per il Sud, per superare le forti criticità registrate nell'avanzamento dei Programmi Operativi fino al 2010, in accordo con le Regioni, le Amministrazioni centrali interessate e il partenariato economico e sociale, sono state adottate misure volte ad accelerare la realizzazione dei programmi cofinanziati, in particolare attraverso la fissazione di target di impegno alle date del 31 maggio e 31 dicembre 2011, e di target di spesa certificata alla Commissione europea al 31 ottobre 2011, prevedendo una sanzione finanziaria (rimodulazione delle risorse in favore di altri programmi), in caso di mancato raggiungimento degli stessi, graduata in funzione della distanza dai traguardi individuati.
Contestualmente, nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, l’azione per accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, sulla base di quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 1 e puntualmente concordato nel Comitato Nazionale del Quadro Strategico Nazionale (riunione del 30 marzo 2011) da tutte le Regioni, dalle Amministrazioni centrali interessate e dal partenariato economico e sociale.
I dati di monitoraggio alla fine dei 2011, pur evidenziando ancora ritardi rilevanti rispetto agli analoghi dati del precedente periodo di programmazione 2000-2006, evidenziano gli effetti positivi delle misure di accelerazione poste in essere nel 2010. In particolare, gli impegni sono passati, in un anno, complessivamente dal 20 a oltre il 42% sul totale delle risorse programmate, mentre la spesa è aumentata dal 10 al 18%.
Allo scopo di consolidare e completare questo percorso, alla fine del 2011 il Governo Monti ha adottato il Piano di Azione Coesione, inviato il 15 novembre 2011 al Commissario Europeo per la Politica Regionale, quale risposta del Governo italiano ai ritardi nell’attuazione dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013 – specie nelle Regioni dell’Obiettivo Convergenza – e alle richieste di intervento dell’Unione Europea.
Il Piano prevede un’azione strategica di rilancio del Sud, che punta alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi che si rendono disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo), che, dato il forte ritardo di attuazione, rischiano il disimpegno automatico delle risorse. In sostanza, il documento propone una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, che verrebbe portato dal 50 al 25 per cento, in modo da rendere disponibili risorse da programmare prioritariamente su interventi nel settore delle infrastrutture, in particolare finalizzati al potenziamento delle Ferrovie/Reti meridionali.
Il 3 novembre 2011 è stato siglato l'accordo tra il Governo italiano e le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia sulla rimodulazione dei programmi operativi regionali cofinanziati dai Fondi strutturali, che vincola il riutilizzo delle risultanti risorse nazionali secondo il principio di territorialità.
Il Piano, articolato in più fasi di riprogrammazione e aggiornamento dei programmi cofinanziati ha determinato, nel suo complesso, una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi.
In particolare, il Piano di Azione Coesione ha operato attraverso le seguenti tre fasi di riprogrammazione:
Per una analisi dell'utilizzo dei fondi strutturali al 21 dicembre 2012, si rinvia alla scheda di approfondimento Lo stato di attuazione dei fondi 2007-2013.
Si richiama, infine, per completezza espositiva, la Relazione annuale 2012 della Corte dei Conti sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari.