La riforma del lavoro pubblico delineata dalla L. n. 15/2009, nel quadro della distinzione politica-amministrazione, ha potenziato gli strumenti relativi alla gestione del personale, individuando nel dirigente il soggetto che, operando in piena autonomia decisionale e responsabilità, esercita i poteri del datore di lavoro. Tra i criteri e principi direttivi contenuti nella legge spicca l’introduzione di misure atte a rendere più stringente il rapporto tra valutazione del dirigente e corresponsione del trattamento economico accessorio; la revisione del regime delle incompatibilità; il rafforzamento dell’autonomia dei dirigenti; la valorizzazione della mobilità. Spetta al dirigente selezionare i profili professionali indispensabili per il buon andamento del proprio ufficio, intervenire nella valutazione del personale e nel riconoscimento degli incentivi alla produttività. Rientrano nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici.
I criteri e principi direttivi contenuti nella legge, sono stati definiti e attuati dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo 150/2009, emanato in attuazione degli articoli da 2 a 7 della legge delega 15/2009. Tale decreto ha ampiamente novellato il D.Lgs. 165/2001 che stabilisce norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Per il profilo relativo alla valutazione della performance dirigenziale, una disciplina transitoria è stata disposta dall’articolo 5, commi da 11 a 11-sexies, del D.L. 95/2012, ai fini dell’attribuzione del trattamento accessorio collegato alla performance
L’art. 1, comma 3, del D.L. 138/2011 ha previsto, poi, che il Governo è tenuto ad adottare le misure volte a consentire che dall’attuazione della legge n. 15/2009 discendano effettivi risparmi di spesa per ogni anno del triennio 2013-2016.
Oltre che sulla dirigenza, la legge 15/2009 è intervenuta, con una disposizione di interpretazione autentica, sulla materia della vicedirigenza, disciplinata dall'art. 17-bis del D.Lgs. 165/2001, ma tale area è stata poi soppressa con l'art. 5 del D.L. 95/2012.
Limitatamente al settore scolastico, il D.L. 170/2009 e la L. 202/2010 sono intervenute in materia di concorsi per dirigenti scolastici
Il D.Lgs. n. 150/2009 ha integrato la disciplina dell’accesso alla dirigenza di cui all’art. 28 del D.Lgs. n. 165/2001 (T.U. pubblico impiego). L’accesso alla qualifica avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA). In coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale, le amministrazioni comunicano, entro il 30 giugno di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri ruoli dei dirigenti. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 luglio di ciascun anno, comunica alla SSPA i posti da coprire mediante corso-concorso che viene bandito entro il 31 dicembre di ciascun anno. I vincitori dei concorsi, prima del conferimento dell’incarico, sono tenuti a svolgere un ciclo di attività formative organizzate dalla SSPA.
Il D.Lgs. n. 150/2009 ha aggiunto l’art. 28-bis del D.Lgs. n. 165/2001 per la disciplina dell’accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici; l’accesso avviene, per il 50% dei posti, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri stabiliti con D.P.C.M., previo parere della SSPA, a cui sono ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso. I vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico, sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale.
L’art. 2, comma 10-bis, del decreto-legge n. 95/2012 ha espressamente stabilito che il numero degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale non può essere incrementato se non con disposizione legislativa di rango primario.
Lo stesso articolo, con il comma 2, ha ridotto gli uffici dirigenziali, di livello generale e di livello non generale e le relative dotazioni organiche, in misura non inferiore, per entrambe le tipologie di uffici e per ciascuna dotazione, del 20 per cento di quelli esistenti, con previsioni specifiche di attuazione automatica per gli incarichi presso la Presidenza del Consiglio; inoltre, lo stesso articolo, con il comma 15, ha sospeso, fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione di uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato, comunque non oltre il 31 dicembre 2015, le modalità di reclutamento previste dall’articolo 28-bis.
L’art. 5, comma 13, del D.L. n. 95/2012 ha poi soppresso l'area della vice dirigenza di cui all’art. 17-bis del D.Lgs. 165/2001.
Su tale assetto normativo è intervenuto l'art. 11 del D.L. 95/2012, che ha previsto una delegificazione del sistema di reclutamento e di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici.
In attuazione di tale articolo il Governo ha adottato due schemi di regolamento n. 544 e 545 e li ha trasmessi il 15 febbraio alle Camere per il parere delle competenti commissioni parlamentari, che, presso la Camera, si sono pronunciate il 20 e il 21 febbraio su entrambi i testi.
Essi modificano la vigente disciplina in materia prevedendo: un Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica, composto dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), ridenominata dal 1° gennaio 2013 Scuola nazionale dell’amministrazione, nonché dall’Istituto diplomatico “Mario Toscano”, dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze, dalla Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno – SSAI, dal Centro di formazione della difesa e dalla Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche; la concentrazione delle funzioni di reclutamento e formazione generica dei dirigenti e dei funzionari delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici.
Il D.Lgs. n. 150/2009 ridefinisce i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, compresi quelli affidati a soggetti esterni alla pubblica amministrazione, adeguando la relativa disciplina ai principi di trasparenza e pubblicità. La conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto viene legata al raggiungimento dei risultati indicati al momento del conferimento dell’incarico e vengono ridotti il numero e la durata dei contratti di diritto privato a tempo determinato conferiti ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli. In particolare, è introdotto un limite alla rinnovabilità dell’incarico e precisato il requisito della particolare esperienza professionale.
Il conferimento degli incarichi dirigenziali, disciplinato dall’art. 19 del D.Lgs. n. 165/2001, integrato dal D.Lgs. n. 150/2009 e modificato dal decreto-legge n. 78/2010, presenta le seguenti novità:
Sono modificate le disposizioni sull'applicazione dello spoils system, sulle quali nel corso della legislatura si è pronunciata più volte la Corte costituzionale, che, da ultimo, con sent. 124/2011, riferita al testo dell'art. 19 del D.Lgs. 165/2001, precedente alla riforma attuata con D.Lgs. 150/2009, ha dichiarato l'illegittimità della previsione di cessazione degli incarichi decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Secondo la Corte, infatti, lo spoil system può considerarsi legittimo solo in riferimento a posizioni apicali e non anche per incarichi dirigenziali che comportino l'esercizio di compiti di gestione e anche per i dirigenti esterni all'amministrazione che attribuisce l'incarico devono sussistere specifiche garanzie idonee ad assicurare la tendenziale continuità dell'azione amministrativa.
La legge 190/2012, di contrasto alla corruzione, ha stabilito specifiche norme per il conferimento di incarichi arbitrali ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni e divieti di partecipazioni a commissioni o di attribuzioni di incarichi per dipendenti condannati con sentenza passata in giudicato per reati di corruzione, nonchè divieti di attività nel triennio successivo al rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche.
Dal pieno riconoscimento dell’autonomia gestionale e organizzativa dei dirigenti pubblici viene fatta discendere l’integrale responsabilizzazione degli stessi in relazione ai risultati conseguiti complessivamente. Gli artt. 41 e 42 del D.Lgs. n. 150/2009 hanno riformulato la disciplina di cui agli artt. 21 e 22 del D.Lgs. 165/2001, precisando l’importanza della previa contestazione e del rispetto del principio del contraddittorio. Il mancato raggiungimento degli obiettivi o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità di rinnovo dell’incarico in corso.
Tra le principali novità vi è la responsabilità, nel caso di colpevole omessa vigilanza sull’effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della struttura dipendente dal dirigente: la sanzione consiste nella decurtazione della retribuzione di risultato. Il decreto legislativo, in attuazione del criterio di delega, ha modificato anche la disciplina del Comitato dei garanti, con compiti consultivi in materia di provvedimenti sanzionatori a carico dei dirigenti. Il Comitato viene riformato, modificandone la composizione, mentre i pareri espressi sulla applicazione delle sanzioni, in caso di responsabilità dirigenziale, non sono più vincolanti.
Tra gli altri interventi normativi che guardano la fattispecie, si segnalano:
Il D.Lgs. 150/2009 ha previsto che la retribuzione complessiva sia costituita per un minimo del 30% dal trattamento accessorio, collegato ai risultati (in caso di inerzia dell’amministrazione nella predisposizione del sistema di valutazione, si applica il divieto di corrispondere l’indennità di risultato).
Come tema di carattere generale, cioè non specificamente riferito alla retribuzione dei dirigenti, nel corso della legislatura, è stata particolarmente attuale la questione dell'introduzione di un tetto agli emolumenti erogati da soggetti pubblici per rapporti di lavoro dipendente o autonomo, anche nell'ambito di società a partecipazione pubblica.
La questione non è nuova per il dibattito parlamentare in quanto affrontata anche nelle precedenti legislature, tanto che nella XVI il primo atto esaminato dalle Camere in materia è stato uno schema di regolamento di attuazione della legge finanziaria 2008 (art. 3, comma 44, L. 244/2007) che pone un limite massimo agli emolumenti per i rapporti di lavoro subordinato o autonomo direttamente o indirettamente a carico della finanza pubblica (Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2009) . Tale schema è stato adottato con il D.P.R. 195/2010 che ha determinato i limiti massimi del trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le amministrazioni dello Stato (art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001), le agenzie, gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate.
L’art. 9, co. 1, del D.L. n. 78/2010 ha, poi, stabilito l’invarianza del trattamento economico dei dipendenti pubblici, compresi i dirigenti, per gli anni 2011, 2012 e 2013, mentre il co. 2 ha previsto la riduzione dei trattamenti economici di dipendenti pubblici, compresi i dirigenti, superiori a 90 e 150mila euro, per il medesimo triennio. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di quest’ultima disposizione perché in contrasto con il principio della universalità della imposizione con la sent. 223/2012.
L’art. 1 del D.L. n. 98/2011 ha, ancora, previsto che il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice di enti o istituzioni elencati in allegato al decreto, non può superare la media degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri Stati dell’Area Euro. Tale disposizione si applica anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti generali e ai titolari degli uffici a questi equiparati. A tal fine il decreto ha previsto la costituzione di una Commissione deputata alla ricognizione e all'individuazione “della media ponderata rispetto al PIL dei trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi nei sei principali Stati dell'Area Euro riferiti all'anno precedente e aggiornati all'anno in corso sulla base delle previsioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo contenute nel Documento di economia e finanza”; tale organo, noto come Commissione Giovannini, dal nome del presidente, ha presentato la propria relazione finale il 31 marzo 2012. Nelle conclusioni della relazione, la Commissione perviene a rassegnare le dimissioni dal mandato, prendendo atto delle eterogeneità delle situazioni riscontrate negli altri paesi e segnalando la difficoltà di applicazione della normativa adottata.
L’art. 1, co. 33, del D.L. n. 138/2011 ha, inoltre, specificato che, oltre che ai dirigenti di prima fascia, il tetto trova applicazione nei confronti dei direttori generali degli enti e dei titolari degli uffici equiparati delle amministrazioni centrali dello Stato.
L’art. 23-ter del D.L. 201/2011 successivamente ha prescritto l’emanazione di un DPCM per la definizione del trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato. Tale norma è stata attuata con il D.P.C.M. 23 marzo 2012 che definisce, in relazione alle diverse funzioni svolte, il trattamento economico erogabile, utilizzando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione, che si aggiunge all’ ulteriore limite circa le somme che possono essere corrisposte ai dipendenti delle amministrazioni che siano chiamati a svolgere funzioni direttive dirigenziali o equiparate presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti: questi soggetti - se conservano il trattamento economico riconosciuto dall’amministrazione di appartenenza - non possono ricevere a titolo di retribuzione, indennità, o anche solo per il rimborso spese, più del 25% dell’ammontare complessivo del trattamento economico già percepito (art. 23-ter, comma 2).
Si segnala, infine, l’art. 2, commi 20-quater e 20-quinquies del D.L. n. 95/2012 che ha introdotto il tetto agli stipendi dei manager pubblici, per il quale l'art. 23-bis del D.L. 201/2011 rinviava all'attuazione da parte di fonte regolamentare, prevedendo che i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche delle società non quotate direttamente e indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni, nonché i trattamenti economici annui onnicomprensivi dei dipendenti di tali società, non possano essere superiori al trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione.
La questione è stata anche oggetto di iniative legislative parlamentari (A.C. 4901 e A.C. 5035) il cui esame, avviato presso le Commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, non è giunto a conclusione.
La legge 69/2009 (A.C. 1441-bis), collegata alla manovra finanziaria triennale, disponendo in materia di sviluppo economico e semplificazione, prevede fra l’altro, con una norma di principio, che le amministrazioni pubbliche siano obbligate a pubblicare nei loro siti internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica nonché i numeri telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei segretari comunali e provinciali. Con gli stessi mezzi, le amministrazioni pubbliche devono inoltre rendere pubblici i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale, distinti per uffici di livello dirigenziale.
Il decreto legislativo 150/2009 dedica un capo alla trasparenza e alla rendicontazione della performance, in cui l'art. 11 stabilisce l'obbligo di ogni amministrazione di pubblicare sul proprio sito istituzionale in apposita sezione di facile accesso e consultazione, denominata "Trasparenza, valutazione e merito" numerosi dati tra cui le retribuzioni e i curricula dei dirigenti e dei titolari di posizioni organizzative.
Successivamente l’art. 5 del D.L. 95/2012, al comma 11-sexies, ha prescritto che le amministrazioni rendono nota l'entità del premio mediamente conseguibile sia dal personale dirigenziale che da quello non dirigenziale e pubblicano sui propri siti istituzionali i dati relativi alla distribuzione del trattamento accessorio, in forma aggregata, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi.
Reclutamento e formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici
Tetti agli emolumenti