Nel tentativo di uscire dalla cronica situazione emergenziale relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, perdurante dal 1994 nel territorio della regione Campania, il Governo è più volte intervenuto, fin dall’inizio della legislatura, attraverso la decretazione d’urgenza.
Ai sensi del D.L. 90/2008, alla soluzione dell'emergenza è stato preposto un Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'incarico, è stato, quindi, attribuito all'allora Capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, con il compito di coordinare la gestione dei rifiuti nella regione Campania per tutta la durata del periodo emergenziale (fino al 31 dicembre 2009).
Successivamente, il D.L. 172/2008 ha introdotto ulteriori misure per la soluzione dell'emergenza, mediante l'individuazione, tra l'altro, di forme di vigilanza nei confronti degli enti locali finalizzate a garantire l'osservanza della normativa ambientale.
Disposizioni per la cessazione dello stato di emergenza sono state dettate dal D.L. 195/2009. Ai Presidenti delle province sono state attribuite le funzioni ed i compiti di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da organizzarsi anche per ambiti territoriali nel contesto provinciale e per distinti segmenti delle fasi del ciclo di gestione dei rifiuti (art. 11, comma 1). Il medesimo decreto, ha attribuito alle amministrazioni provinciali, anche per il tramite di specifiche società provinciali, le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento ovvero di recupero dei rifiuti (art. 11, comma 2).
Il decreto ha, inoltre, disciplinato una fase transitoria durante la quale le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite dai comuni della regione Campania in luogo del subentro in tali funzioni da parte delle province (art. 11, comma 2-ter). La durata di tale fase transitoria è stata prorogata in successivi decreti e, da ultimo, dall'art. 1, comma 1, del D.L 1/2013, al 30 giugno 2013, che prevede che, a partire dalla scadenza del predetto termine, si applicheranno, anche sul territorio della Regione Campania, le disposizioni di cui all’art. 14, comma 27, lettera f), del decreto legge n. 78/2010, che attribuisce ai comuni l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi. Il tema della reintegrazione delle competenze dei comuni campani è stato dibattuto nel corso della legislatura in più occasioni, anche nell'esame di una proposta di legge di iniziativa parlamentare (C. 4661) che non si è concluso.
Il D.L. 196/2010 ha, poi, definito una serie di misure per accelerare la realizzazione di impianti di termovalorizzazione dei rifiuti, incrementare i livelli della raccolta differenziata e favorire il subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti.
In considerazione della perdurante situazione di criticità nella gestione dei rifiuti in Campania è stato dapprima emanato il D.L. 94/2011, che non è stato convertito in legge, e successivamente il D.L. 2/2012.
In particolare, i commi da 1 a 3 dell’articolo 1 del D.L. 2/2012 hanno riguardato la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR (Stabilimenti di trattamento, tritovagliatura ed imballaggio dei rifiuti) o in altre aree confinanti; il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche e il prolungamento della durata del loro mandato; la proroga al 31 dicembre 2013 del termine entro il quale, nelle more del completamento degli impianti di compostaggio nella regione Campania, e per le esigenze della regione stessa, gli impianti di compostaggio in esercizio sul territorio nazionale possono aumentare la propria autorizzata capacità ricettiva e di trattamento sino all'8 per cento.
Il comma 2-bis dell'art. 1 del medesimo decreto legge, nel novellare il comma 7 dell’art. 1 del D.L. 196/2010 in merito alle procedure da seguire ai fini dello smaltimento in altre regioni dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, nel caso in cui si verifichi la non autosufficienza del sistema tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa regione, ha previsto che lo smaltimento in altre regioni avvenga, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata.
Per quanto riguarda la realizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, l'art.1-bis del D.L. 2/2012 ha dettato, tra l'altro, disposizioni riguardanti la realizzazione dell'impianto di recupero e smaltimento dei rifiuti nel territorio di Giugliano.
E' stata trasferita la proprietà del termovalorizzatore di Acerra alla Regione Campania a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al Programma attuativo regionale. La disciplina per regolare il predetto trasferimento è stata oggetto di vari provvedimenti e, da ultimo, dell'art. 12, commi da 8 a 11-ter, del D.L. 16/2012, che ha dettato norme volte a quantificare le risorse da trasferire alla Regione, ad autorizzarne l’utilizzo e a disciplinarne ulteriori aspetti (trattamento a fini fiscali, assoggettamento ad esecuzione forzata, esclusione dal patto di stabilità), nonché a consentire il mantenimento del presidio militare dell’impianto. L'art. 3, comma 4, del D.L. 59/2012 ha, inoltre, disposto il trasferimento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, necessarie per l'acquisto del predetto termovalorizzatore, direttamente alla società creditrice già proprietaria dell'impianto.
La situazione di criticità nella gestione dei rifiuti ha interessato altre regioni del Sud, e precisamente la Calabria, la Sicilia e la Puglia. Nelle tre regioni, infatti, sono stati dichiarati gli stati di emergenza, mentre specifiche disposizioni volte a fronteggiare le situazioni emergenziali sono state adottate con ordinanze di protezione civile.
Per quanto riguarda la regione siciliana, lo stato di emergenza ha interessato dapprima la provincia di Palermo e successivamente l'intera regione. Al fine di fronteggiare l'emergenza sono state inoltre adottate specifiche disposizioni nel decreto legge 97/2008, che ha assegnato un contributo di 80 milioni di euro per i comuni delle aree individuate dall'obiettivo "Convergenza" del regolamento (CE) n. 1083/2006 con una popolazione superiore a 500.000 abitanti e con rilevanti passività nei confronti delle società a partecipazione totalitaria affidatarie del servizio di gestione rifiuti ed igiene ambientale nel territorio comunale (art. 4-bis, comma 8). Il D.L. 172/2008, all'articolo 9, ha previsto incentivi per la realizzazione di termovalorizzatori.
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiutiha approvato tre relazioni territoriali riferite proprio alla regione siciliana (Doc. XXIII, n. 2), alla regione Calabria (Doc. XXIII, n. 7) e alla regione Puglia (Doc. XXIII n. 12). In occasione dell'esame delle prime due relazioni, l'Assemblea della Camera ha approvato atti di indirizzo che hanno impegnato il Governo ad adottare specifiche iniziative nei differenti ambiti di inchiesta.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011 era stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza in relazione alla chiusura della discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti.
I commi da 358 a 361 dell'articolo unico della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), per il superamento della situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma, hanno previsto la nomina di un commissario che provveda in via sostitutiva degli enti competenti in via ordinaria.
Le predette disposizioni hanno autorizzato, tra l'altro, il Commissario alla realizzazione e alla gestione delle discariche per lo smaltimento dei rifiuti urbani nonché di impianti per il trattamento del rifiuto urbano indifferenziato e differenziato, nel rispetto della normativa europea tecnica di settore, e a un supporto alla Regione Lazio nelle iniziative necessarie al rientro nella gestione ordinaria.
L’area di Taranto, che rientra in uno dei siti di interesse nazionale (SIN) oggetto di interventi di bonifica, versa in una situazione di emergenza ambientale che è strettamente collegata alla vicenda dello stabilimento dell’ILVA.
L’emergenza ambientale è stata dapprima oggetto del D.L. 129/2012, che ha dettato norme per gli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione e che non è stato modificato nel corso dell'esame parlamentare.
Successivamente, con il decreto-legge 207/2012 è stata disciplinata - in via generale - l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi consentendo la prosecuzione dell'attività produttiva di tali stabilimenti per determinati periodi di tempo a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, "secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili".
Con specifico riferimento allo stabilimento ILVA di Taranto, l'articolo 3, comma 1, ha specificato che tale impianto costituisce stabilimento di interesse strategico nazionale, mentre il comma 2 ha stabilito che le prescrizioni volte a consentire la prosecuzione dell'attività produttiva dello stabilimento ILVA di Taranto sono quelle contenute nel provvedimento di riesame dell’AIA emanato con D.M. Ambiente 26 ottobre 2012, n. DVA/DEC/2012/0000547.
Sono state, infine, dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti, anche di quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge.
In relazione al verificarsi di ulteriori emergenze ambientali nel corso della legislatura il Parlamento ha svolto un'attività conoscitiva, di indirizzo e di controllo sull'operato del Governo.
Il 17 marzo 2010 la Commissione ambiente della Camera ha approvato la risoluzione 8-00062 sullo sversamento di sostanze inquinanti nel fiume Lambro, che ha impegnato il Governo, tra l'altro, ad adottare tutte le misure necessarie a ricondurre alle normali condizioni di vita i territori interessati, individuando un'unica autorità per la governance del bacino del fiume Po.
A seguito di tale incidente, la Commissione, nella seduta dell’8 aprile 2010 , ha approvato l’avvio di un' indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle politiche di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali. L'indagine, nel cui ambito è stato svolto un ciclo di audizioni, aveva l'obiettivo di acquisire elementi di informazione e di valutazione in ordine allo stato di attuazione della normativa in materia di vigilanza sull’attività delle industrie ad alto rischio, nonché sulle modalità di controllo e sulle politiche di informazione e consultazione della popolazione e sull’efficacia del sistema sanzionatorio.
Da ultimo, si segnala che l’articolo 2, comma 1, del D.L. 1/2013, in deroga al divieto di proroga o rinnovo di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, ha prorogato fino al 31 dicembre 2013 le gestioni commissariali per il superamento di alcune emergenze ambientali, relative rispettivamente: alla messa in sicurezza e alla bonifica delle aree di Giugliano (NA) e dei Laghetti di Castelvolturno (CE); alla situazione di inquinamento determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova; al naufragio della nave Concordia, presso l’Isola del Giglio; all’emergenza idrica nel territorio delle isole Eolie.
Sulla legge di stabilità 2013
Sulle proposte di legge