Il periodo corrispondente all'inizio della XVI Legislatura vedeva nella situazione libanese un grave stallo istituzionale, con un blocco di oltre sei mesi dell'elezione del nuovo capo dello Stato, che poteva finalmente avvenire il 25 maggio 2008 in Parlamento grazie a un precedente decisivo intervento della Lega Araba sulle fazioni libanesi in contrasto. Nel luglio 2008 veniva poi formato il nuovo governo, guidato ancora da Fuad Siniora, ma nel quale l'opposizione filosiriana manteneva un significativo peso, tale da poter bloccare le decisioni dell'Esecutivo non gradite. Le intese di Doha mediate dalla Lega Araba nel complesso facevano dunque registrare un arretramento nella forza della coalizione antisiriana al potere. Tutto ciò emergeva soprattutto in un immediato miglioramento dei rapporti tra Beirut e Damasco, sottolineato dalla visita ufficiale del nuovo capo dello Stato libanese Suleiman nella capitale siriana alla metà di agosto del 2008.
Le elezioni politiche del 2009 registravano tuttavia una nuova affermazione della “Lista 14 marzo”, coalizione filoccidentale e antisiriana, mentre Hezbollah, e soprattutto il suo fondamentale alleato maronita Michel Aoun, registravano un insuccesso. Cionondimeno, nel contesto di una ripresa dell’influenza siriana sul Libano Saad Hariri incontrava gravi difficoltà nella formazione del nuovo governo, che vedeva finalmente la luce in novembre, dopo che il 7 ottobre il Re saudita e il presidente siriano avevano auspicato, incontrandosi a Damasco, la formazione di un governo di unità nazionale a Beirut. Intanto il riavvicinamento alla Siria - notevole proprio perché avveniva da parte del figlio di Rafik Hariri, che era stato assassinato in un attentato nel 2005 – proseguiva, con la clamorosa visita del sovrano saudita e del presidente siriano Assad a Beirut (fine luglio 2010).
A fronte di questi sviluppi, sul piano internazionale il Libano vedeva già dall’inizio del 2010 riaffacciarsi forti tensioni con Israele, sempre legate ai processi di riarmo del movimento sciita libanese e filoiraniano Hezbollah, che destavano anche preoccupazione negli USA, come palesato a Saad Hariri nella visita di maggio 2010. Circa un mese prima il premier libanese si era recato in visita anche in Italia. In agosto le tensioni israelo-libanesi culminavano in gravi scontri sulla frontiera meridionale del Libano.
Il 2011 segnava l'inizio della fine del governo di Saad Hariri: infatti Hezbollah - che già nell'estate precedente aveva minacciato gravi conseguenze in caso di messa in stato di accusa di propri esponenti da parte del Tribunale internazionale dell'ONU sull'assassinio di Rafik Hariri - a seguito del deposito di un atto d'accusa preliminare che incolpava proprio esponenti del movimento sciita libanese, accusava il governo di non aver difeso l'autonomia nazionale contro il Tribunale e gli ritirava la fiducia, provocandone pertanto la caduta. Senza nuove elezioni, emergeva subito dopo l’embrione di una nuova maggioranza la quale propriamente rappresentava la vittoria politica di Hezbollah, sulla quale fare perno per un rovesciamento nella leadership di governo. Non a caso Saad Hariri ufficializzava il passaggio del suo movimento all'opposizione, anche se il nuovo governo tardava a formarsi.
Intanto il Libano doveva far fronte alle prime fasi della gravissima crisi siriana e più generale agli effetti della cosiddetta Primavera araba: in una prima fase il paese si manteneva ben isolato dalle contestazioni e dagli scontri che ormai divampavano nella vicina Siria.
Il 14 giugno 2011 veniva presentato il nuovo governo libanese, con un ruolo centrale di Hezbollah e del suo alleato maronita Michel Aoun: il nuovo Esecutivo dovuto subito confrontarsi con la pubblicazione dell'atto d'accusa contro quattro esponenti di Hezbollah per l'omicidio di Rafik Hariri da parte del Tribunale delle Nazioni Unite. Le diverse anime del nuovo governo libanese sono state concordi nello sminuire le accuse con diverse argomentazioni, confermando una loro forte coesione. Inoltre, la matrice del nuovo esecutivo non poteva non avere riflessi nell'atteggiamento libanese verso la crisi siriana, rispetto alla quale si cercava da parte libanese di attenuare le misure adottate a livello internazionale, attribuendo la rivolta siriana – come ha fatto il presidente Assad - a un complotto di forze straniere.
Con il 2012 il coinvolgimento indiretto del Libano nella tragica crisi siriana aumentava, soprattutto a partire dal mese di aprile, e segnatamente con combattimenti nella regione settentrionale di Tripoli, ove si sono più volte affrontate comunità alawite (filosiriane) e sunnite. Va però riconosciuto l'atteggiamento di equilibrio di Hezbollah, pur fortemente alleato con la Siria, nell'impedire lo slittamente del Libano in una logica di guerra civile che, per il carattere estremamente articolato del panorama politico e confessionale libanese, assumerebbe nuovamente caratteri catastrofici come nel tragico periodo 1975-1990. Il Libano veniva comunque poi investito anche da numerose ondate di profughi siriani in fuga. Su questo problema, e più in generale sulla necessità di una soluzione praticabile e concordata per la pacificazione della Siria si soffermava papa Benedetto XVI nella sua visita di metà settembre in Libano.
L'ultimo episodio di grande tensione si verificava il 19 ottobre 2012 in occasione dell'attentato che uccideva il capo dell'intelligence della polizia libanese, generale Hassan. Nonostante scontri anche gravi in tutto il paese e in alcuni luoghi istituzionali, come il palazzo del primo ministro, di cui i manifestanti chiedevano le dimissioni, il paese è sembrato mantenere il proprio equilibrio, con il presidente Suleiman che ha impedito la fine dell'esecutivo in carica rifiutando le dimissioni pur vagheggiate dal premier Miqati, in ciò confortato dagli orientamenti prevalenti della Comunità internazionale. Inoltre, la sostanziale tenuta dello scenario politico ha consentito un forte intervento dell'esercito per impedire il dilagare degli scontri tra diverse fazioni armate.
Se il movimento Hezbollah è uscito rafforzato dalla nuova crisi interna libanese, evidenziando dosi di equilibrio e di realismo politico, la corrente sciita potrebbe tuttavia incontrare le più grandi difficoltà sul piano internazionale, per il rischio, che allarma soprattutto Israele e gli Stati Uniti, che riceva massicce forniture di armamenti anche letali che il regime siriano potrebbe decidere di spostare in previsione di un crollo interno. In tal senso, un nuovo scenario “caldo” sarebbe il confine siro-libanese, sul quale sarebbero già in corso attività di contrasto da parte di Israele. Proprio Israele, inoltre, dopo il tragico attentato contro alcuni turisti israeliani che si trovavano in Bulgaria (luglio 2012), aveva indicato Hezbollah quale mandante dell'azione suicida: il 5 febbraio 2013 il Ministro dell'interno della Bulgaria ha riferito che in effetti due delle tre persone identificate come autori dell’attentato sarebbero appartenenti a Hezbollah. Tutto ciò ha sollevato una nuova ondata internazionale contro il movimento sciita libanese, mentre anche il premier Miqati si è mantenuto su un atteggiamento prudente e disposto a collaborare per l'accertamento dei fatti.
Con riferimento all’attività legislativa, si segnala che il Parlamento ha esaminato a più riprese, nella corrente Legislatura, provvedimenti per la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, tra le quali alcune riguardano l’area mediorientale: si segnala da ultimo il decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227 – convertito con modificazioni dalla legge 1° febbraio 2013, n. 12 -, che estende l'impegno italiano nelle missioni internazionali al 30 settembre 2013.
I richiamati provvedimenti hanno provveduto, tra l'altro, a rifinanziare la presenza del contingente militare italiano nell’ambito della missione delle Nazioni Unite UNIFIL in Libano. Con riferimento al Libano, inoltre, i provvedimenti hanno previsto interventi per venire incontro a esigenze di prima necessità della popolazione, anche mediante il ripristino dei servizi essenziali. Il territorio libanese, in quanto limitrofo all’area di crisi politica e umanitaria siriana, può essere inoltre interessato dagli interventi di cooperazione cui al comma 2, articolo 5 del citato D.L. 227/2012, in particolare da quelli rivolti ai profughi nei Paesi confinanti.
Il teatro libanese è stato più volte al centro dell’attività non legislativa delle Camere: ad esempio, ciò è avvenuto in occasione delle periodiche comunicazioni del Governo - sulle missioni militari internazionali cui l’Italia partecipa, in ragione della presenza del nostro contingente in territorio libanese nell’ambito della missione delle Nazioni Unite UNIFIL 2, che nell’estate 2006 contribuì a porre fine al breve ma aspro conflitto israelo-libanese. L’ultima occasione è stata quella del 16 gennaio 2013, quando i Ministri degli Esteri e della Difesa hanno riferito alle omologhe Commissioni riunite dei due rami del Parlamento.
Del resto, il Libano è stato sin dall’inizio della XVI Legislatura argomento rilevante: basti pensare alla seduta del 27 maggio 2008 dell’Assemblea del Senato, ove si è svolta un’informativa del Ministro degli Affari esteri sui recenti sviluppi della situazione in Libano; nonché alla seduta del 17 settembre 2008, quando il Libano è stato considerato, sempre nell’Assemblea di Palazzo Madama, tra i principali temi di politica internazionale oggetto di un’altra informativa del Capo della nostra diplomazia.
Vanno altresì ricordate le comunicazioni rese il 1° ottobre 2008 dal presidente della Commissione Difesa, on. Cirielli, sulla visita effettuata da una delegazione della Commissione IV il 28 e 29 luglio 2008 al contingente militare italiano operante in Libano nell’ambito della missione UNIFIL.
Il contesto libanese si è poi affacciato anche nel corso dell'approfondimento della situazione dei profughi, assistiti da un'apposita Agenzia delle Nazioni Unite, l'UNRWA, il cui Commissario generale Filippo Grandi è stato ascoltato nell'ambito dell' indagine conoscitiva condotta dal Comitato permanente sui diritti umani della Commissione Affari esteri (seduta del 13 aprile 2010).
Dello scenario libanese la Camera tornava ad occuparsi nella seduta del 4 agosto 2010 dell’Assemblea, con un’informativa urgente del Governo sugli scontri armati del 3 agosto al confine tra Libano e Israele: nel corso del suo intervento il Ministro degli Affari esteri Frattini sottolineava una volta di più il ruolo chiave della missione UNIFIL 2 (cui l’Italia partecipa con 1.900 militari) per prevenire un’ulteriore escalation, pur nel contesto di gravi preoccupazioni per la fragilità degli equilibri nell’intera regione mediorientale, rispetto ai quali rimane fondamentale la prosecuzione di ogni sforzo per la ripresa dei negoziati di pace.
Proprio in riferimento alla missione UNIFIL, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 31 maggio 2011 il Ministro della Difesa, On. La Russa, riferiva in ordine agli attentati in Libano e Afghanistan che avevano coinvolto militari italiani; analogo intervento si svolgeva l’8 giugno 2011 a Palazzo Madama.
Da ultimo, il Ministro degli Affari esteri Terzi, presso le Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato, si è soffermato sui profili della situazione libanese, nel quadro della sua audizione sui recenti sviluppi della situazione mediterranea (seduta del 6 giugno 2012).