Misure di flessibilità nell'applicazione del patto di stabilita' interno sono state introdotte per gli enti locali nella XVI legislatura, a partire dall'esercizio 2009, con la previsione di due forme di flessibilità a livello regionale - la cosiddetta regionalizzazione orizzontale e verticale del patto di stabilità - che sono andate ad affiancare e ad integrare la disciplina nazionale del patto.
Ad esse si è aggiunta, più di recente, una forma di flessibilità a livello nazionale, limitata ai comuni: il patto orizzontale nazionale.
Con le suddette misure di flessibilità (i c.d. patti di solidarietà fra enti territoriali) si è cercato di definire meccanismi di compensazione regionale e nazionale in grado di rendere più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti locali soggetti ai vincoli del patto di stabilità e, al tempo stesso, di fornire risposta ad alcune criticità emerse nell’applicazione del patto, relative soprattutto alle spese di investimento degli enti locali, che, per il criterio di computo dei saldi obiettivo in termini di competenza mista - unitamente al blocco della leva fiscale delle amministrazioni territoriali disposto dal 2008 che ha, di fatto, annullato la possibilità di intervento sulle entrate, ripristinata solo di recente dal 2012 -, sono risultate fortemente compresse dai vincoli del patto di stabilità interno.
Attraverso le compensazioni orizzontali e verticali a livello regionale, definite normativamente nel 2009 ed attivate dal 2010, si consente alle regioni di intervenire a favore degli enti locali del proprio territorio, attraverso una rimodulazione degli obiettivi finanziari assegnati ai singoli enti e alla regione medesima – fermo restando il rispetto degli obiettivi complessivi posti dal legislatore ai singoli comparti - al fine di permettere agli enti locali di poter disporre di maggiori margini per l’effettuazione di spese, soprattutto in conto capitale, senza incorrere nella violazione del patto. L’applicazione di tali misure di flessibilità a livello regionale, è stata via via confermata negli anni successivi. Da ultimo è stata estesa all'esercizio 2013, ai sensi dell’articolo 1, comma 433, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).
Con il sistema di compensazioni orizzontali a livello nazionale, introdotto a partire dal 2012, il Ministero dell'economia e delle finanze consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni - fermo restando l’obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto – allo scopo di consentire lo smaltimento di residui passivi di parte capitale dei comuni che siano in tal senso impossibilitati dai vincoli del patto, garantendo ad essi maggiori spazi finanziari di patto messi a disposizione dagli altri comuni.
Come evidenziato dalla Corte dei Conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, il patto regionalizzato ha avuto innegabili effetti positivi sul raggiungimento complessivo degli obiettivi finanziari da parte degli enti locali, in particolare nell’esercizio 2011, anno in cui gli obiettivi di risparmio sono stati particolarmente difficili da sostenere per gli enti locali, sia per la modifica del meccanismo di calcolo dei saldi obiettivo di patto - che ha avuto un impatto notevole sui saldi triennali già programmati con il precedente metodo - sia per la restrizione delle risorse disponibili a seguito dei tagli operati a valere sui fondi sperimentali di riequilibrio.
Con il “patto regionale verticale”, disciplinato dall’articolo 1, commi 138-140, della legge n. 220/2010, le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, in termini di competenza finanziaria e di competenza euro compatibile, per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari.
La procedura prevede che gli enti locali devono comunicare all’ANCI, all’UPI e alle regioni e province autonome, entro il 15 settembre di ciascun anno, l’entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell’anno. Le regioni, entro il termine perentorio del 31 ottobre, comunicano i nuovi obiettivi agli enti locali interessati dalla compensazione verticale.
Si ricorda che la c.d. ‘regionalizzazione verticale’ del patto di stabilità è stata introdotta dall’articolo 7-quater del D.L. n. 5/2009, e confermata per il 2010 dall’articolo 4, comma 4-sexsies, del D.L. n. 2/2010, al fine di consentire agli enti locali ‘virtuosi’ di escludere dai vincoli del patto alcune particolari tipologie di spese in conto capitale (ad esempio, pagamenti in conto residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti, pagamenti per spese in conto capitale per impegni già assunti finanziate dal minor onere per interessi conseguente alla riduzione dei tassi di interesse sui mutui o alla rinegoziazione dei mutui stessi), considerate necessarie a fronteggiare la crisi economica.
Questa tipologia di flessibilità è stata utilizzata già nel 2009, in cui sei regioni hanno proceduto a ricalcolare i proprio obiettivi programmatici, per un importo complessivo di 259 milioni di euro. Nell'esercizio 2010 le regioni che hanno autorizzato pagamenti ai rispettivi enti locali, rideterminando i propri obiettivi di risparmio, sono state sette, per un totale di 403 milioni di euro. Nell'esercizio 2011, il patto regionale verticale ha avuto una applicazione molto diffusa. Le regioni che hanno attivato il patto regionale verticale sono salite a dodici per un importo complessivo di 1.128,5 milioni di euro. Per ciascuna regione coinvolta, l’entità della spesa, in milioni di euro, è stata dei seguenti importi: Basilicata 4,1, Emilia Romagna 84, Lazio 180,9, Liguria 62,6, Lombardia 70, Marche 91,4, Piemonte 370, Puglia 50, Sardegna 50, Toscana 55, Umbria 30,3 e Veneto 80 milioni. Secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, anche nel 2012 il patto verticale è stato molto utilizzato dalle regioni (12 regioni), che hanno ceduto spazi finanziari agli enti locali per circa 906,7 milioni di euro, così distribuiti sul territorio, in milioni di euro: Basilicata 24, Campania 120, Emilia Romagna 56,2, Lazio 242,3, Liguria 140, Lombardia 54,2, Marche 55, Piemonte 124,6, Sardegna 23,2, Toscana 36,9, Umbria 15 e Veneto 15 milioni.
Per favorire questa forma di flessibilità, si ricorda che, sia per il 2012 che per il 2013, è stata prevista l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana ed alla Regione Sardegna - vale a dire a tutte le regioni in cui i comuni ricevono risorse erariali – di un incentivo consistente in un contributo massimo di complessivi 800 milioni di euro per ciascun anno. A fronte dell’attribuzione alle regioni del contributo, queste si impegnano a cedere, ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio, spazi finanziari da attribuire mediante le procedure che disciplinano il patto regionale verticale. Poiché l'obiettivo complessivo del comparto regione-enti locali deve comunque rimanere invariato, il contributo assegnato alle regioni è destinato esclusivamente alla riduzione del debito.
Gli spazi finanziari ceduti agli enti locali devono essere utilizzati dagli stessi per consentire i pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori.
Si segnala che, con il patto regionale verticale, la regione potrà cedere ulteriori spazi ai singoli enti ovvero cedere spazi a nuovi enti richiedenti ma non ridurre gli spazi già ceduti con il patto verticale incentivato.
Con il patto regionale orizzontale, attualmente disciplinato dai commi 141 e 142 dell'articolo 1, della legge n. 220 del 2010, la regione può intervenire per consentire una rimodulazione “orizzontale” degli obiettivi finanziari tra gli enti locali del proprio territorio, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti sul territorio medesimo, purché venga garantito il rispetto dell’obiettivo complessivamente determinato per gli enti locali della regione. Il meccanismo si fonda sulla cessione di “spazi finanziari” da parte dei comuni e delle province che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all’obiettivo prefissato in favore di quelli che rischiano, invece, di conseguire un differenziale negativo rispetto all’obiettivo. Tali spazi finanziari non possono essere utilizzati dagli enti che li acquisiscono per spesa corrente discrezionale, ma soltanto per effettuare spese in conto capitale ovvero spese inderogabili ovvero spese capaci di incidere positivamente sul sistema economico.
Le amministrazioni che cedono o acquisiscono spazi finanziari di patto ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un aggravamento del proprio obiettivo.
La procedura prevede che ogni regione provveda, dunque, a ridefinire e a comunicare agli enti locali il nuovo obiettivo annuale del patto di stabilità interno, comunicando altresì al Ministero dell'economia e delle finanze tutti gli elementi informativi per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica per ciascun ente locale che partecipa al meccanismo di compensazione orizzontale, entro il termine del 31 ottobre di ciascun anno.
Anche questa tipologia di rimodulazione orizzontale delle regole per gli enti locali era presente nella disciplina del patto relativa al triennio 2009-2011 (articolo 77-ter, comma 11, del D.L. n. 112/2008) e consentiva alle regioni a statuto ordinario di ‘adattare’ – sulla base dei criteri stabiliti in sede di consiglio delle autonomie - le regole per gli enti locali compresi nel proprio territorio fermo restando l’obiettivo determinato complessivamente dalle regole del patto di stabilità.
Il Patto regionale orizzontale è stato attivato per la prima volta nel 2010 da tre sole regioni. Nell’esercizio 2011, le regioni in cui sono state effettuate 'compensazioni' tra gli enti locali sono salite a otto, per un totale complessivo di 70,2 milioni. Nel 2012, secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, sette regioni hanno attivato il patto orizzontale, per circa 58 milioni di euro complessivi, di cui 6,7 milioni in Abruzzo, 29,3 milioni in Emilia-Romagna, 6,7 milioni nel Lazio, 5,6 milioni Lombardia, 0,5 milioni in Piemonte e 8,9 milioni in Veneto.
Una ulteriore misura di flessibilità è stata introdotta più di recente in favore dei soli comuni a partire dall’anno 2012. Il c.d. "Patto orizzontale nazionale”, disciplinato dall'articolo 4-ter del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni non più a livello regionale ma a livello nazionale - fermo restando l’obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto –, al fine di consentire lo smaltimento di residui passivi di parte capitale degli enti che sono sottoposti al patto.
Il meccanismo si basa, come per il patto regionale orizzontale, sulla cessione di spazi finanziari da parte dei comuni che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all'obiettivo del patto previsto dalla normativa nazionale - la cui entità va comunicata al Ministero dell’economia entro il termine del 15 luglio - a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nel medesimo anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo prefissato. Lo scopo è quello di consentire a tali ultimi enti l’utilizzo di maggiori spazi finanziari per effettuare maggiori spese esclusivamente per il pagamento di residui passivi di parte capitale. Come per il patto orizzontale regionale, le amministrazioni che hanno ceduto o acquisito spazi finanziari di patto ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un aggravamento del proprio obiettivo, commisurato alla metà del valore dello spazio acquisito (nel caso di richiesta) o attribuito (nel caso di cessione) nel 2013. Qualora l'entità delle richieste pervenute dai comuni che necessitano di sostenere spese di conto capitale superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili dagli altri comuni, l'attribuzione è effettuata in misura proporzionale ai maggiori spazi finanziari richiesti.
Questo tipo di meccanismo di compensazione tra enti dello stesso livello di governo si sovrappone, sostanzialmente, per i comuni, a quello di tipo regionale orizzontale.
Al riguardo, la Corte dei Conti, nel suo Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, ha evidenziato il rischio di un depotenziamento del meccanismo dello scambio di quote a livello regionale - che in base alla tempistica indicata dall’art. 4-ter del D.L. n. 16/2012 diverrebbe residuale rispetto allo scambio sul piano nazionale- soprattutto in considerazione del fatto che il patto regionale orizzontale ha finora evidenziato una scarsità di risorse messe a disposizione rispetto ai fabbisogni finanziari espressi, scarsità che è stato possibile superare solo grazie all’integrazione con l’intervento verticale del patto.
Secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, nel 2012 441 comuni hanno richiesto di poter beneficiare di rimodulazioni orizzontali degli obiettivi finanziari, per un importo complessivo pari a 985 milioni di euro, a fronte di spazi finanziari ceduti per soli 128 milioni di euro.
Una evoluzione del patto regionalizzato è stata introdotta con l’articolo 20, comma 1, del D.L. n. 98/2011, che superando il meccanismo delle compensazioni verticali ed orizzontali apre la prospettiva ad un "patto regionale integrato", prevedendo la possibilità, per ciascuna regione di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali.
Tale patto regionalizzato è stato ulteriormente ridefinito dalla legge di stabilità per il 2012 (articolo 32, comma 17, legge n. 183/2011). Sono rinviate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le modalità di attuazione e le condizioni della eventuale esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario.
Il Patto c.d. integrato non ha finora ricevuto attuazione. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2013 ne ha posticipato l’applicazione al 2014.
Con le suddette misure di flessibilità introdotte nel corso della legislatura, si è cercato di definire meccanismi che fossero in grado di dare risposte ad alcune problematiche applicative della disciplina del patto, emerse con riferimento soprattutto alle spese di investimento degli enti locali, fortemente penalizzate dai vincoli del patto di stabilità interno.
Secondo quanto emerso nel corso di un’ampia indagine conoscitiva sulla finanza locale svolta nel corso del 2010 presso la V Commissione bilancio della Camera, l’ampio adempimento degli enti locali agli obiettivi imposti dal patto ha comportato, al contempo, alcune distorsioni delle tendenze strutturali della spesa, indotte dall’esigenza di rispettare i vincoli imposti dal patto di stabilità interno (si veda il documento conclusivo dell'indagine). In particolare, l'adozione della competenza mista, a partire dal 2008, quale criterio di calcolo dei saldi obiettivo per gli enti locali, che considera la spesa per investimenti secondo il criterio della cassa, ha di fatto comportato che molti enti si sono trovati nell’impossibilità di effettuare pagamenti riferiti ad impegni regolarmente assunti negli anni precedenti - per il finanziamento di opere già progettate o per il proseguimento di lavori già iniziati - nonostante avessero le disponibilità di cassa, rese inutilizzabili dai vincoli del patto.
Tali valutazioni hanno indotto il Governo ad apportare alcuni “aggiustamenti” alla disciplina del patto - prima con i vari decreti-legge c.d. anticrisi (D.L. n. 185/2008 e D.L. n. 5/2009), poi, con il D.L. n. 2/2010 recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni e, infine, con la manovra di finanza pubblica operata con D.L. n. 78/2010 - che hanno consentito l’esclusione di determinate tipologie di pagamenti in conto capitale dal computo delle spese sottoposte ai vincoli del patto di stabilità interno (in particolare spese, anche in conto residui, per la realizzazione di investimenti infrastrutturali, a fronte di impegni regolarmente assunti), finalizzate a correggere la compressione degli investimenti e il rallentamento dei pagamenti per le opere giunte in fase di liquidazione, senza compromettere gli obiettivi del patto.
L’attivazione dei meccanismi di compensazione regione del patto, sia a livello verticale che orizzontale, ha avuto innegabili effetti positivi anche su tale fronte.
La Corte dei Conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, evidenzia come i meccanismi di compensazione regionale applicati a partire dal 2010 oltre ad aver reso più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti locali ed aver contribuito a contenere i casi di inadempimento del patto, hanno avuto un effetto positivo sul livello dei pagamenti in conto capitale, ponendosi come soluzione idonea a favorire la flessibilizzazione degli investimenti, almeno laddove le necessità di flessibilità del patto erano effettivamente legate a disponibilità di cassa rese non utilizzabili dai vincoli del patto medesimo.
Gli enti che hanno ottenuto spazi aggiuntivi di saldo dal patto regionale hanno raggiunto, infatti, standard di pagamenti di spesa in conto capitale più elevati, riuscendo a contenere la caduta di tale comparto di spesa rispetto agli anni precedenti, pur nella generale flessione degli investimenti pubblici.
L’applicazione diffusa del Patto regionalizzato, che nel 2011 ha coinvolto oltre il 60 per cento degli enti locali monitorati, ha messo in evidenza, secondo la Corte, le potenzialità dello strumento del patto regionale in termini di tempestivo e massimo utilizzo delle capacità finanziarie.
Viene, tuttavia, sottolineata la necessità di affinare un sistema di garanzie tra livelli di governo, affinché tale strumento possa effettivamente costituire l’asse portante per consentire, anche in futuro, il finanziamento degli investimenti in disavanzo compatibilmente con il vincolo costituzionale dell’obiettivo generale di pareggio.