Nel quadro di una valorizzazione e semplificazione dei contratti a termine, l’articolo 21 del D.L. 112/2008 è intervenuto in primo luogo sui presupposti, precisando che l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato, consentita unicamente a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, è ammessa anche se tali ragioni giustificative sono riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
Quanto alla possibilità di prevedere rinnovi dei contratti a termine con lo stesso lavoratore, già circoscritta entro il limite massimo complessivo di 36 mesi (pena la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato a decorrere dalla stipula del contratto) dall'articolo 1, comma 40, della L. 247/2007 (di attuazione del Protocollo del Welfare del 23 luglio 2007), il decreto ha aperto nuovi spazi alla fonte contrattuale, introducendo la possibilità di derogare ai limiti di legge da parte dei contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ai medesimi contratti collettivi è consentito, altresì, di derogare alla disciplina sulla precedenza nelle assunzioni (in base alla quale i lavoratori a termine hanno diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato fatte dal datore di lavoro entro 12 mesi).
L’articolo 21 del D.L. 112/2008 aveva introdotto, inoltre, una disciplina transitoria, valevole nei soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, in base alla quale nei casi di violazione delle norme sui presupposti e sulle modalità relative alla stipulazione del contratto a termine o alla sua proroga, il datore di lavoro era tenuto unicamente a liquidare un indennizzo al lavoratore compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione (non trovava applicazione, pertanto, la sanzione della trasformazione ex lege del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato: la norma era volta, essenzialmente, a trovare uno sbocco legislativo all'annoso contenzioso che vedeva coinvolti numerosi dipendenti a termine di Poste italiane S.p.a.). Tale disciplina transitoria è stata tuttavia dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 214/2009, in quanto configurante una indebita disparità di trattamento tra lavoratori.
Successivamente è intervenuto l’articolo 32 della L. 183/2010 (cd. collegato lavoro), che ha introdotto disposizioni sui criteri di determinazione della misura del risarcimento nei casi in cui è prevista la conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.
La materia è stata quindi ampiamente rivista dalla L. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (articolo 1, commi 9-13), che ha, in particolare, previsto:
Da ultimo, a fronte di talune rigidità emerse in fase applicativa applicativa in relazione all'incremento dell'intervallo di tempo oltre il quale la stipula di un nuovo contratto a termine dopo la scadenza del precedente si considera come assunzione a tempo indeterminato, il legislatore è nuovamente tornato sulla materia con l'articolo 46-bis del D.L. 83/2012, stabilendo che i termini ridotti possono essere sempre applicati alle attività stagionali e in ogni altro caso previsto dalla contrattazione collettiva.