Con l'emanazione del c.d. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) è stato sancito il passaggio dal sistema della tassa a quello della tariffa. L’art. 49, comma 1, del citato decreto, istitutivo della “tariffa d’igiene ambientale” (anche indicata come TIA1), ha infatti soppresso la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), a decorrere dai termini indicati dal D.P.R. 158/1999 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini.
Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi. L’art. 11, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 134, della legge 266/2005 (finanziaria 2006) prevede, infatti, l’applicazione del sistema tariffario non prima del 2007.
In tale scenario si è innestato l'art. 238 del D.Lgs. 152/2006 che ha introdotto la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2). Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione della precedente "tariffa Ronchi". L'attuazione concreta della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, che non è mai stato emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata.
L'applicazione della disciplina precedente è perdurata negli anni successivi, in virtù della disposizione recata dal comma 184 dell'articolo 1 della L. 296/2006, la cui finalità era proprio quella di lasciare invariato il regime di prelievo (e quindi consentire, nei fatti, l’applicazione della TARSU), dapprima per l’anno 2007 e poi, sulla base di successive novelle, anche per gli anni 2008-2009. In tal modo, nei comuni in cui fino al 2006 si applicava la TARSU si è continuato ad applicarla, così come si è continuato ad applicare la cd. tariffa Ronchi nei comuni che, in virtù del comma 1-bis dell’art. 49 citato, avevano anticipato l’applicazione della tariffa in via sperimentale; tutto ciò nonostante lo spirare delle rispettive discipline legislative.
Sullo scenario normativo suesposto si è innestata la norma recata dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. 208/2008, poi modificata prima dall’art. 23, comma 21, del D.L. 78/2009 (convertito dalla legge 102/2009) e poi dall'art. 8, comma 3, del D.L. 194/2009 (convertito dalla L. 25/2010). Tale comma 2-quater, nel testo novellato, ha consentito ai comuni di adottare comunque la TIA2 sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (quindi del D.P.R. 158/1999), anche in mancanza dell’emanazione (entro il 30 giugno 2010) da parte del Ministero dell’ambiente del regolamento - previsto dall’art. 238, comma 6, del D.Lgs. 152/2006 - volto a disciplinare l’applicazione della stessa TIA2.
La qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti è stata oggetto, nel corso della XVI legislatura, di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, a cui si è fatto ricorso soprattutto per chiarire l'applicazione, o meno, dell’obbligo di assoggettare le somme all’imposta sul valore aggiunto (IVA).
La questione della natura tributaria piuttosto che "corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani" della TIA1 è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonchè di differenti interpretazioni dottrinali. Tra le varie pronunce, di indubbio rilievo è la sentenza n. 238 del 2009 della Corte costituzonale che le ha riconosciuto natura tributaria (e, quindi, la conseguente competenza della Commissioni tributarie a dirimere le relative controversie), non rilevando "né la formale denominazione di «tariffa», né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo". Tale sentenza ha determinato, di fatto, l’esclusione dalla imponibilità ai fini IVA delle somme dovute e la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell’IVA pagata.
La Corte costituzionale, nell'indicare i criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi, ha infatti affermato che essi sono indipendenti dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi stessi, e consistono piuttosto nella doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (ex plurimis: sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005).
Questa sentenza differisce da precedenti orientamenti assunti - tra l'altro - dalla Corte di Cassazione civile che aveva qualificato come non tributaria tale prestazione pecuniaria (S.U. ordinanza n. 3274/2006), anche se successive decisioni della Corte stessa, con varie motivazioni e differenze, avevano invece ricondotto detta prestazione nel novero dei tributi (S.U: ordinanza n. 3171 del 2008, sentenze n. 13902/2007 e n. 4895/2006; sezioni semplici: sentenze n. 5298 e n. 5297 del 2009, n. 17526/2007).
Quanto affermato dalla Corte Costituzionale è stato successivamente ribadito anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 8313 dell’8 aprile 2010) secondo la quale “il fatto generatore dell’obbligo di pagamento è legato non all’effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e alla effettiva fruizione del servizio di smaltimento, ma esclusivamente all’utilizzazione di superficie idonee a produrre rifiuti ed alla potenziale fruibilità del servizio (punto 7.2.3.1. della sentenza n. 238/2009). Ciò fa della TIA, come già della TARSU, un tributo, la cui natura non può essere mutata se non sganciando l’obbligazione dal presupposto impositivo, e non attribuendo ad un privato un impossibile potere impositivo”.
Con l’articolo 14, comma 33, del D.L. 78/2010 è stata successivamente introdotta una norma interpretativa diretta ad affermare la natura non tributaria della TIA2. La stessa norma, inoltre, affida le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. 78/2010) alla giurisdizione ordinaria.
La finalità di tale disposizione non è quella di dirimere le possibili controversie originanti dalla recente giurisprudenza (in primis la sentenza n. 238/2009 della Corte costituzionale), in quanto tale giurisprudenza investe la TIA1, ma quella di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale (TIA2).
Sul punto è successivamente intervenuta la circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) ha fornito chiarimenti in materia di applicabilità dei prelievi concernenti la gestione dei rifiuti solidi urbani (TARSU, TIA1 e TIA2), dando anche indicazioni circa la natura non tributaria della tariffa e conseguente assoggettabilità all'IVA. In particolare il MEF ha chiarito che si applicano sia alla TIA1 che alla TIA2 le disposizioni contenute nell'art. 14, comma 33, del D.L. 78/2010, secondo il quale «la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria».
Il comma 123 dell'art. 1 della L. 220/2010 (abrogato dal comma 4 dell'art. 4 del D.L. 16/2012) ha previsto, sino all'attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuiti agli enti territoriali, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU).
Successivamente è intervenuta la disposizione introdotta dalla legge di conversione n. 10/2011 nel testo dell'art. 2 del D.L. 225/2010 (cd. milleproroghe). Il comma 2-bis prevede che, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di carattere finanziario in materia di ciclo di gestione dei rifiuti (comprese quelle riguardanti anche la regione e gli enti locali della Campania recate dagli artt. 11-12 del D.L. 195/2009), la copertura integrale dei costi dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti può essere assicurata - anche in assenza di una dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di sospensione recate dal citato comma 123 - con le seguenti modalità:
- applicazione delle disposizioni di cui al comma 5-quater della legge n. 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), concernente il potere, attribuito al Presidente della Regione colpita da calamità naturali, di coprire gli oneri derivanti con aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché elevando la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita; viene raddoppiato, tuttavia, in tal caso, il limite di incremento di imposta previsto dal comma 5-quater;
- facoltà, per comuni e province, di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali.
Da ultimo è intervenuto il comma 7 (ora abrogato, vedi infra) dell'art. 14 del D.Lgs. 23/2011 (federalismo fiscale municipale) secondo cui, fino alla revisione della disciplina dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali in materia di TARSU e TIA1.
Lo stesso comma dispone altresì che resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la TIA2.
Con l'art. 14 del D.L. 201/2011 è stato istituito a decorrere dal 1° gennaio 2013 il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Il comma 47 del medesimo articolo ha disposto l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, del citato comma 7 dell'art. 14 del D.Lgs. 23/2011.