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Temi dell'attività Parlamentare

La cooperazione internazionale dell'Italia

La politica italiana di cooperazione allo sviluppo ha assunto un assetto sistematico a partire dal 1979, data dalla quale la crescita qualitativa e quantitativa degli interventi in diverse aree geografiche ha reso necessario un riordino complessivo (legge 49/1987 vigente) della materia, tale da rendere la cooperazione allo sviluppo un aspetto essenziale della politica estera del nostro Paese.

La cooperazione bilaterale italiana agisce in base a criteri di priorità geografica e di concentrazione degli aiuti, realizzando piani di intervento integrati. Questi a loro volta possono limitarsi ad assistenza tecnica, ovvero estendersi alla messa in atto di progetti più complessi.

 Uno degli aspetti più importanti della cooperazione italiana risiede nel trasferimento di conoscenze scientifiche e tecniche disponibili nel sistema produttivo nazionale e nella rete delle istituzioni di ricerca. Non va inoltre trascurato il ruolo delle Regioni e degli Enti locali (cosiddetta “cooperazione decentrata”), le cui iniziative sono coordinate al livello centrale in un’apposita struttura presso la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari Esteri.

Un’altra parte importante della politica di cooperazione allo sviluppo è attuata mediante collaborazione con organismi multilaterali internazionali. La partecipazione italiana alla dimensione multilaterale allo sviluppo si attua anzitutto mediante il cofinanziamento del capitale di varie banche e fondi di sviluppo; inoltre rileva particolarmente il sostegno al bilancio e alle attività di vari organismi internazionali, tra i quali fanno spicco gli Istituti specializzati dell’ONU. Non va poi dimenticato che l’Italia compartecipa agli stanziamenti per l’aiuto allo sviluppo determinati in sede di Unione Europea. Quasi un terzo dell’APS italiano è canalizzato tramite la Commissione Europea, per due distinte finalità: 1) quale quota-parte nazionale dovuta al Fondo Europeo di Sviluppo (FES/FED), per finanziare le attività previste dal nuovo accordo ACP-UE, firmato a Cotonou nel giugno 2000, e modificato da un successivo accordo del 2005. l’Italia si colloca, per il periodo 2008-2013 al quarto posto tra i paesi contributori (dopo Germania, Francia e Regno Unito) fornendo un contributo di 2,916 miliardi di Euro, pari al 12,86% dell’intero X FES.

Ulteriore aspetto fondamentale della cooperazione allo sviluppo è nel ruolo del settore privato delle economie dei PVS. Va infatti notato che i flussi finanziari originati dall’APS a livello internazionale verso i PVS rappresentano soltanto un quinto del totale dei movimenti di capitali privati e degli investimenti diretti (IDE) verso i PVS.

Quadro normativo

La più recente regolamentazione organica in Italia in materia di cooperazione allo sviluppo, come sopra già ricordato, è rappresentata dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo", la cui adozione fu sostenuta da un vasto consenso politico. La legge pone come fine della cooperazione allo sviluppo sia gli interventi di medio-lungo periodo, sia gli interventi straordinari.

Essa introduce inoltre una notevole innovazione definendo la cooperazione come "parte integrante della politica estera dell'Italia", differenziando così lo strumento della cooperazione dal ruolo di promozione dell'economia italiana sul mercato internazionale. A questo principio si affianca quello in base a cui la politica di cooperazione dell'Italia deve ispirarsi ai criteri sanciti dalle Nazioni Unite e dalla Comunità europea, riconoscendo così l'importanza della interrelazione tra i diversi strumenti di aiuto internazionale.

La legge disegna un complesso sistema di organi, procedure e strumenti caratterizzati da una forte autonomia e specialità rispetto alle norme generali. Essa traccia le linee portanti dell'intervento di cooperazione, rinviando la disciplina di dettaglio non solo ad atti normativi secondari del Governo (regolamento di esecuzione, adottato con DPR 12 aprile 1988, n. 177, e decreti ministeriali) ma anche alle delibere degli organi istituiti dalla legge stessa, ossia il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), organo ad hoc subentrato nelle funzioni già assegnate al CIPE prima e al CIPES poi, ed il Comitato direzionale.

I principali strumenti d'intervento per realizzare le iniziative di cooperazione bilaterale sono il dono e il credito d'aiuto. La scelta dello strumento da utilizzare nei singoli casi dipende essenzialmente dalle condizioni economiche del paese beneficiario e dal tipo e dimensione dell'intervento, secondo criteri stabiliti dal CICS con proprie delibere.

Da un punto di vista finanziario, i mezzi per provvedere rispettivamente ai doni ed ai crediti vengono destinati su base annuale, con legge finanziaria, a due diversi fondi: il Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo ed il Fondo rotativo presso il Mediocredito centrale. Entrambi i fondi sono dotati di una speciale autonomia che li sottrae alle procedure di contabilità ordinaria.

Ai sensi della legge n. 49 del 1987, l'attività di cooperazione si svolge attraverso due canali: quello degli accordi bilaterali tra l'Italia e i singoli paesi in via di sviluppo, di cui si è detto, e quello degli accordi multilaterali. Questo secondo canale raccorda la politica di cooperazione dell'Italia con quella svolta a livello internazionale dall’Unione europea e da organizzazioni internazionali (per lo più agenzie specializzate dell'ONU). Le singole nazioni partecipano alla politica internazionale degli aiuti ai paesi in via di sviluppo attraverso la contribuzione a banche o fondi internazionali oppure il versamento di contributi volontari o obbligatori agli organismi delle Nazioni Unite.

Anche la materia della partecipazione dell'Italia a banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale è disciplinata dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49 "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo". In particolare, l'articolo 4 della legge n. 49, attribuisce al Ministro dell’economia, in conformità con i criteri stabiliti dal Comitato interministeriale e d'intesa con i Ministri degli esteri e dell’economia, la cura delle relazioni con tali banche e fondi di sviluppo, nonché il compito di assicurare la partecipazione finanziaria dell'Italia alle risorse di detti organismi e la concessione dei contributi obbligatori agli altri organismi multilaterali di aiuto ai paesi in via di sviluppo. La concessione di contributi volontari ad organismi multilaterali rientra invece tra le finalità proprie della cooperazione a dono ed è gestita dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri.

Pur senza giungere ad una riforma organica della disciplina della cooperazione allo sviluppo, a partire dalla fine del 1991 sono intervenute una serie di modifiche legislative, alcune delle quali fortemente incisive; la ratio che unifica molti degli interventi in questione è quella di ricondurre all'ordinario molte delle norme che caratterizzavano la specialità, ormai entrata in crisi, dell'intervento di cooperazione.

Si ricorda, infine, il tema della riduzione del debito estero dei Paesi in via di sviluppo, e in particolare la recente legge 25 luglio 2000, n. 209, recante “Misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati”.

Tale normativa ha dato seguito alle misure concordate al G-7 di Colonia del 1999, promuovendo una serie di iniziative di annullamento parziale o totale dei crediti vantati dall’Italia nei confronti dei cosiddetti Paesi HIPC (Paesi poveri altamente indebitati).

Il provvedimento citato è diretto a rendere operative le intese raggiunte dai Paesi creditori in ambito multilaterale in tema di trattamento del debito estero, nonché a favorire e promuovere misure destinate alla riduzione della povertà delle loro popolazioni. Per i soli Paesi aderenti all’Iniziativa HIPC, tale annullamento può essere concesso a condizioni diverse da quelle concordate in ambito multilaterale.

I Paesi beneficiari devono rispettare una serie di criteri minimi in materia di rispetto dei diritti dell’uomo, ripudio della guerra e perseguimento di obiettivi di sviluppo della persona. Per i Paesi diversi da quelli individuati, si applicano le condizioni concordate fra Paesi creditori a livello multilaterale.

I crediti annullabili rientrano in due categorie:

a)              crediti di aiuto concessi ai sensi delle leggi 9 febbraio 1979, n. 38, 3 gennaio 1981, n. 7, e 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni;

b)              crediti commerciali assicurati ai sensi delle leggi n. 955/1953, n. 635/1961, n. 131/1967 e n. 227/1977, nella cui titolarità la SACE è succeduta per effetto del relativo pagamento dell'indennizzo, e assistiti da “controgaranzia sovrana”.

L’annullamento dei soli crediti commerciali, per i quali è previsto l'obbligo di “controgaranzia sovrana” (ossia che i crediti siano stati garantiti dagli Stati beneficiari), può avvenire anche mediante formule innovative, quali la riduzione o rinegoziazione dei crediti con accordi diretti bilaterali, la loro conversione in investimenti, da realizzare in loco a cura di soggetti non governativi che si impegnino in specifiche campagne per la riduzione del debito, la conversione dei crediti, mediante accordi diretti con i Paesi beneficiari, in spese sociali e per la riduzione della povertà.

La dimensione quantitativa e le priorità di indirizzo

Le leve di cui dispone ogni paese per contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri o colpiti da emergenze sociali o di sicurezza sono numerose.

La più nota è la cooperazione internazionale.

Per comprendere le dimensioni del contributo italiano occorre fare un chiarimento preliminare.

I fondi che ciascun paese destina alla cooperazione internazionale (con stanziamenti su una specifica voce del proprio bilancio) costituiscono solo una parte del più ampio aggregato denominato APS (Aiuto pubblico allo sviluppo), stimato dall’OCSE e che rappresenta il più significativo e il più noto indicatore in materia. Questo aggregato supera ad esempio notevolmente gli stanziamenti di bilancio italiani per la cooperazione allo sviluppo (gestiti dal Ministero degli Affari Esteri), in quanto include anche tutta una serie di operazioni finanziarie, come ad esempio la riduzione o cancellazione del debito – tanto a livello di iniziative multilaterali, quanto nei rapporti bilaterali dell’Italia con i PVS.

Ciò premesso, i fondi dell’APS italiano[1] nel 2007, secondo dati preliminari dell’OCSE, assommavano a 3,92 miliardi di dollari USA con un incremento nominale, rispetto al 2006, pari a 0,28 miliardi di dollari (0,19% del PIL); tuttavia, riferendosi ai prezzi e ai tassi di cambio del 2006 si evidenzia invece un decremento del 3,6%, pari a 132 milioni di dollari, confermato dal fatto che nel 2006 l’APS italiano costituiva lo 0,20% del PIL.   

Va ricordato che già da 15 anni è stato fissato a livello internazionale l’obiettivo, per i Paesi sviluppati, di stanziamenti per l’APS pari al rapporto di 0,7% sul PIL. Per quanto riguarda l’Unione europea, il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 ha stabilito un’impegnativa tabella di marcia in tale direzione - l’obiettivo è stato peraltro nel già raggiunto e superato dalla Svezia (0,92% nel 2005), dal Lussemburgo (0,87%), dai Paesi Bassi (0,82%) e dalla Danimarca (0,81%) - che prevedeva entro il 2006 una media di 0,39% degli Stati membri, con un risultato minimo di 0,33% per ciascuno di essi.

Nell’ultima sessione di bilancio vi è stato poi un decremento significativo della voce che riguarda direttamente i fondi per la cooperazione allo sviluppo propriamente detta, quali risultanti dalla Tabella C/Esteri della legge finanziaria 2007.

Tali fondi ammontano per il 2009 a 321,7 milioni di euro, cifra che sconta soprattutto gli effetti delle riduzioni apportate a seguito del D.L. 112/2008.

Serie storiche
Cooperazione italiana allo sviluppo
 dati di bilancio 2005-2010

(in milioni di euro)

 

 

L. di bilancio 2005L. di bilancio 2006L. di bilancio 2007L. di bilancio 2008L. di bilancio 2009DDL finanz. 2010

Ex Rubrica 8 Esteri

(cooperazione a dono)

588,2

391,9

646,6

732,8

321,7

326,9

Cap. 7415 Economia e finanze

[2]

(fondo rotativo per i crediti di aiuto)

20,1

-

-

-

-

Soppresso il cap. 7415 per mancanza di residui

Totale

608,3

391,9

646,6

732,8

321,7

326,9

 

Aiuto pubblico allo Sviluppo dell’Italia
serie storica 2003-2008

 

Fonte: OCSE – Comitato di assistenza allo sviluppo (DAC)

 

(in milioni di dollari USA e in percentuale sul PIL)             

 

200320042005

 

200620072008

[3]

2.433

2.462

5.091

3.641

3.971

4.444

0,17%

 

0,15%

0,29%

0,20%

0,19%

0,20%

 


  • [1] L’APS italiano si suddivide per un terzo nella componente bilaterale, e per la restante parte in quella multilaterale: quest’ultima tuttavia include la quota italiana dell’APS europeo, che rappresenta la metà dell’APS multilaterale italiano
  • [2] Ex capitolo 8140/tesoro
  • [3] Dati preliminari