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Temi dell'attività Parlamentare

La recente evoluzione del quadro politico in Afghanistan

2008: un ulteriore deterioramento della sicurezza interna

La situazione interna afghana si è caratterizzata nel 2008 per un ulteriore deterioramento della cornice di sicurezza evidenziato chiaramente da alcuni dati, relativi al numero degli episodi terroristici, che secondo alcuni calcoli sarebbero aumentati di oltre il 30%o sull’anno precedente, e delle vittime.

Nel 2008 sono morti in Afghanistan 294 militari facenti capo all’ISAF ed all’Enduring Freedom, rispetto a 232 nel 2007 e a 191 nel 2006. Ugualmente pesante è risultato il bilancio delle perdite tra le forze afghane: sarebbero stati uccisi 1.100 agenti dell’Afghan National Police (ANP) e 530 militari dell’Afghan National Army (ANA). Per contro, nello scorso anno i caduti tra i militanti sarebbero stati circa 5.000.

L’aumento degli attentati e degli scontri ha provocato anche un incremento del numero delle vittime civili, che secondo la Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani sono state 2.118; di esse, 1.160 uccise dai militanti, 522 nei raid aerei di ISAF/Enduring Freedom e il resto nelle operazioni terrestri delle forze straniere e di quelle afghane.

Secondo i comandi della NATO e degli Stati Uniti le cifre sono più ridotte: le vittime civili sarebbero state in tutto circa 1.000 mentre quelle morte nel corso di operazioni di militari occidentali intorno a 200.

Il deterioramento delle condizioni di sicurezza ha avuto conseguenze pesanti anche sul piano economico e sociale, soprattutto nella regione meridionale. In particolare, sono stati bloccati, o procedono con grande ritardo, numerosi progetti di ricostruzione e di sviluppo ed è diventato rischioso il transito su gran parte delle strade.

E’ anche da rilevare lo stretto legame che esiste tra insicurezza e coltivazione del papavero. Infatti, i taliban ostacolano lo sviluppo di colture alternative e impediscono l’uscita dall’economia della droga, da cui traggono una parte considerevole delle risorse necessarie per finanziare le loro attività.

"More for More": verso una nuova strategia USA in Afghanistan

Un ripensamento della strategia della presenza statunitense in Afghanistan è iniziato nel periodo finale dell’Amministrazione Bush e si sta tuttora precisando in questi primi mesi dell’Amministrazione Obama. Quest’ultimo, che durante la campagna elettorale aveva ribadito che Afghanistan e Pakistan devono essere il fronte centrale della guerra al terrorismo, ha dichiarato già all’indomani del suo insediamento che sarà avviato un completo riesame della situazione in Afghanistan allo scopo di sviluppare una comprehensive policy per l’intera regione.

I nuovi decision makers statunitensi ritengono infatti che un eventuale nuovo attacco al territorio USA, analogo a quello dell’11 settembre 2001, potrebbe essere organizzato verosimilmente solo dalle basi poste al confine tra Afghanistan e Pakistan ed intendono concentrare i loro sforzi nella lotta contro i vertici di al Qaida che hanno trovato rifugio nella regione ed i gruppi eversivi associati alla rete di Osama bin Laden.

Conseguentemente, il 10 febbraio scorso il presidente Obama ha nominato Bruce Riedel (già alto funzionario della CIA), a capo di un gruppo di studio incaricato della revisione della strategia per il Pakistan e l’Afghanistan. A co-presiedere il gruppo saranno Holbrooke (v. più avanti) e Michele Flournoy, sottosegretario della Difesa per la politica. Si pensa che tale revisione non sarà completata prima di alcuni mesi, secondo alcuni non prima del vertice della NATO che si terrà il 3 e 4 aprile 2009 in Francia.

Nel revirement delle scelte da adottare nello scenario dell’Asia meridionale, avranno un peso l'opinione di Robert Gates, segretario alla Difesa, dello Stato Maggiore della Difesa, del generale Petraeus, e di Karl Eikenberry, ex generale nominato ambasciatore a Kabul.

Il Pentagono ha preparato i piani per l’invio in Afghanistan di rinforzi per circa 30.000 uomini, comprendenti quattro brigade combat teams, una combat aviation brigade e reparti di supporto, specialmente del genio. Inoltre verrebbe accelerata l’acquisizione e la distribuzione di mine resistant armor proteced vehicles.

La nuova dirigenza USA ha già espresso alcune valutazioni molto nette sulla crisi afgana e sulle cause che hanno concorso a determinarla. Il Presidente Obama ha dichiarato in più occasioni che il governo afghano è stato incapace di deliver basic services.

Il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha affermato al Senato che l’Afghanistan è un narco-Stato, il cui governo è afflitto da una capacità limitata e da una corruzione diffusa. Ha aggiunto che Washington userà tutti gli strumenti a disposizione, di carattere diplomatico, economico e militare, per lavorare con coloro che in Afghanistan e in Pakistan vogliono la sconfitta di al-Qaida, dei taliban e degli altri gruppi.

Riassuntivamente, lo staff del Presidente americano ha ilustrato i concetti-chiavi che guideranno la nuova strategia statunitense in Afghanistan con la locuzione “more for more”.

Washington si aspetta di più dal governo afghano e dagli alleati ed è disposta a fare di più sia sul piano militare che su quello non militare. Kabul deve impegnarsi più concretamente per rafforzare ed estendere l’autorità dello Stato e lottare contro la corruzione; agli altri Paesi NATO si chiede di potenziare i loro contingenti, di aumentare il contributo tecnico e finanziario per la ricostruzione delle strutture dello Stato sia a livello centrale che periferico e per lo sviluppo economico e sociale.

La nuova Amministrazione USA di fronte al presidente Karzai

Diversi segnali – ora confermati dalla missione Holbrooke a Kabul – inducono a ritenere che l'Amministrazione Obama stia rivedendo la politica di sostegno al presidente afghano Hamid Karzai, ritenuto non più affidabile. Quest’ultimo, durante un discorso tenuto il 20 gennaio al Parlamento di Kabul ha criticato il modo in cui Washington e i suoi alleati stanno conducendo le operazioni militari in Afghanistan.

In particolare, Karzai ha sostenuto che gli occidentali negano l'autorità del suo governo estromettendolo quando prendono le decisioni, appoggiano i signori della guerra locali a scapito del potere centrale, e tollerano il traffico di stupefacenti. Il Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha parlato del bisogno di “afghanizzazione”, di trasferimento al popolo afgano del dominio sul proprio destino.

Diversi osservatori hanno notato che gli Stati Uniti da una parte sembrano intenzionati ad abbandonare Karzai al suo destino e dall'altra puntano a raggiungere accordi con i potentati locali. Il problema fondamentale resta la scelta di chi appoggiare come successore di Karzai.

Non sembra esistere infatti al momento un'alternativa credibile, in primo luogo per l'elettorato afgano. In secondo luogo c'è chi, come Nuova Delhi, ha fatto capire di essere contrario a un avvicendamento forzato al vertice a Kabul, vista la situazione attuale dell’Afghanistan.

Il ruolo degli alleati europei

L'Amministrazione Obama si aspetta una maggiore cooperazione da parte degli alleati europei per quanto riguarda l'Afghanistan. Da una parte c'è chi chiede che costoro forniscano un numero maggiore di truppe, ma si sa già che nelle principali capitali europee si è ritrosi su questo punto. In particolare pesa il sostanziale no della Germania.

Per quanto riguarda l’Italia, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non ha escluso un rafforzamento del nostro contingente in Afghanistan in vista delle prossime elezioni presidenziali afghane in programma ad agosto. Il 17 febbraio, nel corso della recente visita dalla Speaker della Camera dei rappresentanti americana, Nancy Pelosi, il ministro La Russa ha osservato: “Vedremo nel secondo semestre dell'anno quali saranno le effettive necessità, ma riteniamo che l'Italia sia già sufficientemente impegnata e auspichiamo che altri aumentino il loro impegno al nostro stesso livello…Purtuttavia - ha continuato il ministro - non abbiamo escluso una possibilità di chiedere al Parlamento, qualora fosse necessario nel periodo delle elezioni afghane, un eventuale e temporaneo incremento per quella specifica finalità ”.

Questa soluzione è sostenuta dal ministro Frattini che peraltro ha precisato che “l'Afghanistan ha bisogno di grande sostegno alla stabilizzazione e questo non si realizza soltanto con più truppe”.

Gli ultimissimi sviluppi: la missione del rappresentante speciale Holbrooke

Nominato il 21 gennaio scorso dal Segretario di Stato, l’ex diplomatico Richard Holbrooke, negoziatore degli accordi di Dayton nel 1995, è ora Rappresentante Speciale per l'Afghanistan e il Pakistan (Afpak): la qualifica di rappresentante speciale – e non di mero “inviato” – comporta che egli avrà ampia facoltà di manovra e opererà non soltanto per il Dipartimento di Stato, ma anche in nome del Presidente, del Consiglio di Sicurezza Nazionale e, per certi aspetti, anche per il Dipartimento della Difesa.

Nei giorni scorsi egli ha svolto una “missione di ascolto” in Pakistan, Afghanistan e India, che segna un primo contatto ufficiale con le autorità pakistane e per comprendere quali sono le prospettive future.

Il 10 febbraio Holbrooke si è recato ad Islamabad, dove il suo arrivo è stato saluto dal ministro degli Esteri pachistano, Shah Mahmood Qureshi come un "nuovo inizio" nelle relazioni tra i due paesi. E’ stato altresì annunciato l'avvio di una sorta di task force congiunta per discutere le opzioni politiche per ridurre le attività di guerriglia nella regione.

Quello che abbiamo deciso di fare oggi - ha detto Qureshi – è allestire un team, una inter-agenzia, che sarà guidata dall'ambasciatore Holbrooke da parte americana e da me per la parte pachistana, che si siederà e rivedrà tutte le azioni adottate fino ad ora, disegnando nuove strategie che saranno adottate in Pakistan”. La commissione comincerà a lavorare a marzo e la nuova politica diplomatica tra i due paesi dovrebbe essere definita a maggio.

Holbrooke ha discusso con il presidente pachistano Asif ALi Zardari della situazione in Afghanistan e sul confine col Pakistan, delle tensioni indo-pachistane e delle relazioni bilaterali tra Usa ed il Pakistan. Contestualmente i dirigenti pakistani hanno sollecitato gli USA ad avviare un dialogo con le correnti più moderate dei taliban: ciò è emerso in particolare nei colloqui con il Presidente, Afis Ali Zardari, il Premier, Yousaf Raza Gilani ed il capo di stato maggiore, il generale Ashfaq Kayani.

L’11 febbraio il Rappresentate speciale ha visitato le regioni tribali pachistane ai confini con l'Afghanistan, incontrando i responsabili del Comando delle operazioni militari nella regione di Mohmand, dove vive una delle sette tribù pashtun del Pakistan. Obbiettivo delle operazioni militari guidate dal Comando strategico sono i taleban, molti dei quali legati ad al- Qaeda, impegnati in due diverse battaglie: imporre la sharia, la legge islamica, e combattere il governo pachistano

Il 13 febbraio Holbrooke è arrivato a Kabul, 48 ore dopo gli attacchi-kamikaze contro alcuni sedi istituzionali afgane: nello stesso giorno ha incontrato i
i ministri della Difesa e dell'Interno e il capo dell'intelligence.

Il giorno successivo il Rappresentante speciale è stato ricevuto dal Presidente afgano: nessuna dichiarazione pubblica è stata rilasciata a termine di quello che è stato il primo incontro diretto tra Karzai e la nuova amministrazione USA In questa assenza d’informazione molti analisti hanno letto l’ennesima riconferma di un rapporto ormai deteriorato: per l’esponente afghano, orientato a ricandidarsi alle elezioni presidenziali del 20 agosto prossimo, costituiscono forti motivi di tensione le vittime civili causate dalle operazioni della NATO e degli americani e “gli arresti degli afghani”. Mentre da parte americana si stigmatizza sempre più fortemente la debolezza e la corruzione del Governo di Kabul.

Frattanto, nella giornata del 14 febbraio uno o più drones americani – aerei telecomandati e privi di equipaggio a bordo – hanno compiuto un bombardamento nell’area tribale pakistana del Waziristan meridionale, provocando circa trenta vittime. Sono stati lanciati due missili aria-terra contro una casa, presunto covo di Baitullah Mehsud, leader di Tehreek-i-Taliban, i Talebani del Pakistan, e stretto fiancheggiatore delle milizie di al-Qaeda. Mehsud è ritenuto tra l'altro implicato nell'omicidio dell'ex premier Benazir Bhutto, assassinata con un attentato alla fine del 2007. Gli ordigni hanno colpito in una remota porzione di montagna del distretto di Zangari, una settantina di chilometri a nord del capoluogo sud-waziro.

Arrivato a Nuova Delhi (terza tappa della sua missione esplorativa), il 16 febbraio, il diplomatico statunitense ha osservato che India e Pakistan "per la prima volta in 60 anni sono di fronte alla stessa minaccia", aggiungendo che il rischio estremismo islamico è lo stesso per i due Paesi, come per gli Usa e tutta l'Asia del sud.

Tali dichiarazioni fanno seguito al clamore destato nell’opinione pubblica pakistana ed internazionale dall'introduzione della Sharia, la legge islamica, nella valle dello Swat e nei dintorni di essa (nel nord-ovest del Pakistan): l'intesa è stata siglata dal governo della Provincia frontaliera di nord-ovest e dal Tahrik-e-Nifaz Shariat Muhammadi, l'organismo che riunisce i capi tribali.

E’ inoltre da segnalare che in quegli stessi giorni, il ministro degli Esteri tedesco, Frank Walter Steinmeier, ha nominato un inviato speciale per il Pakistan e l'Afghanistan nel tentativo di rafforzare l'impegno della Germania nella regione. Bernd Muetzelburg, attuale ambiasciatore tedesco in India, confermando le indiscrezioni del settimanale tedesco Der Spiegel che aveva rivelato, nei giorni precedenti, come la designazione del diplomatico sia stata sollecitata dagli stessi Stati Uniti in vista della creazione di un “gruppo internazionale di contatto” per la regione.