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Temi dell'attività Parlamentare

Il terzo correttivo al Codice ambientale

Il decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 (cd. terzo correttivo) apporta numerose modifiche ed integrazioni al cd. Codice ambientale (D.Lgs. 152/2006, emanato sulla base della delega contenuta nella L. 308/2004) in attuazione dell’art. 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che aveva previsto una nuova delega al Governo - da esercitare entro il 30 giugno 2010 - in materia ambientale, da attuarsi nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla stessa legge 308/2004.
Il decreto legislativo, entrato in vigore il 26 agosto 2010, contiene innovazioni di notevole importanza in diverse materie, quali:

  •  i principi generali (parte prima del Codice);
  •  la valutazione di impatto ambientale (VIA), la valutazione ambientale strategica (VAS) e l’autorizzazione ambientale integrata (AIA o IPPC), nella parte seconda del Codice;
  •  le emissioni in atmosfera (parte quinta del Codice).
Le principali modifiche alla parte prima del Codice
I principi generali

Vengono innanzitutto modificate alcune disposizioni della parte prima del Codice ambientale e, in particolare, viene introdotta la “tutela dell’ambiente” quale finalità di tutta l’azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo.

Vengono poi apportate alcune modifiche ai principi sulla produzione del diritto ambientale richiamando il rispetto degli obblighi internazionali quale limite alla produzione normativa (anche) in materia ambientale.

Infine, in attuazione del principio di sussidiarietà, il decreto correttivo attribuisce alle regioni, in linea con la precedente giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 249 del 2009), la facoltà di esercitare un potere sostitutivo nei confronti degli enti locali, allorché ricorrano congiuntamente due condizioni:

  • sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale;
  • inclusione della materia nella sfera di competenza regionale.

In relazione all’attribuzione di poteri sostitutivi alle regioni, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 199, comma 9, del d.lgs. n. 152/2006, nella parte in cui attribuiva al Ministro dell’ambiente il potere sostitutivo qualora «le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale» di gestione dei rifiuti «nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all’attuazione del piano medesimo». Tali poteri sostitutivi, secondo la Corte, avrebbero dovuto essere riconosciuti in via preliminare alle regioni sulla base del principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

 

Le principali modifiche alla parte seconda del Codice
I principi generali per le procedure di VIA, di VAS e l'autorizzazione integrata ambientale (AIA)

E’ stata introdotta, per  la prima volta in modo organico, all’interno della parte seconda del Codice, la disciplina in materia di AIA che non era stata inserita all’interno del Codice (ad eccezione di alcune norme di coordinamento introdotte dal precedente correttivo n. 4/2008), malgrado prevista dalla legge di delega n. 308/2004 (art. 1, comma 1, lett. f).

Si ricorda che la disciplina dell’AIA (autorizzazione integrata relativa a tutti i possibili impatti di un’opera prevista dalla direttiva 96/61/CE meglio nota con l’acronimo in lingua inglese, IPPC, Integrated Pollution Prevention and Control), prima di essere inglobata all'interno del Codice, era contenuta compiutamente nel D.Lgs. 59/2005 con il quale si era provveduto a recepire integralmente la citata direttiva 96/61/CE, relativa appunto alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (cd. direttiva IPPC).

Il D.Lgs. 128/2010 apporta anche alcune modifiche alla disciplina sulla VAS e sulla VIA sulla base dell’esperienza biennale maturata a partire dal D.Lgs. 4/2008 (c.d. secondo correttivo) e coordina tali procedure con quelle dell’AIA.

E’ innanzitutto modificata la definizione di VIA e sono inserite le definizioni previste dal D.Lgs. 59/2005 in materia di AIA con alcune modifiche dovute in particolare alla necessità di coordinare talune definizioni con la normativa in materia di VIA e di VAS (articolo 5 del Codice).

Per quanto riguarda la definizione della VIA, essa viene completamente riscritta passando dalla precedente – dal carattere tipicamente procedurale – a una definizione fondata su aspetti di natura sostanziale. Infatti, mentre la prima definizione individuava la VIA come l’insieme delle fasi procedimentali in cui si articolava il processo di valutazione dell’impatto ambientale, la nuova si sofferma sullo scopo della procedura di VIA: ossia a) individuare gli effetti sull’ambiente di un determinato progetto e b) raggiungere le soluzioni migliori per garantire la compatibilità dell’intervento progettato con l’ambiente (articolo 5 del Codice).

Vengono quindi specificati il campo di applicazione e le competenze relative all’AIA, sia statale che regionale (articolo 7 del Codice):

  • sono sottoposti ad AIA, secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali, tutti gli impianti industriali indicati nell’allegato VIII nonché le loro modifiche sostanziali.
  • sono soggetti ad AIA statale gli impianti contenuti nell’allegato XII (si tratta sostanzialmente delle attività industriali di maggiore dimensione e rilievo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente, quali le attività energetiche, l’industria dei metalli, quella dei prodotti minerali, l’industria chimica, le attività di gestione dei rifiuti ecc.)  e le loro modifiche sostanziali.

L’autorità competente al rilascio dell’AIA rimane il Ministro dell’Ambiente; tuttavia è previsto che lo stesso debba previamente sentire il Ministro dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dello sviluppo economico e quello delle politiche agricole.

Gli impianti IPPC non compresi nell’elenco di cui all’Allegato XII sono, invece, sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali.

Si chiarisce, infine, che le amministrazioni regionali mantengono una propria potestà legislativa in materia di procedure VAS, VIA ed AIA.

Sempre in relazione all’AIA, viene effettuata una ricognizione delle competenze della Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC  (articolo 8-bis del Codice).

Non vengono riproposte le disposizioni del D.Lgs. n. 59/2005, istitutive, tra l’altro, di un osservatorio che avrebbe dovuto esercitare funzioni di coordinamento tra le autorità competenti, in particolare per la conservazione e la gestione dei dati ambientali. Tali funzioni vengono attribuite all’ISPRA nell’ambito dei propri fini istituzionali.

Vengono quindi introdotte disposizioni di coordinamento tra le procedura di VIA e quella di AIA che, nella prassi, tendevano a sovrapporsi creando duplicazioni istruttorie e ritardi procedimentali (articolo 10 del Codice):

  • per le opere soggette ad AIA statale, ovvero i progetti relativi alle attività di cui all’allegato XII e le loro modifiche sostanziali, è previsto per legge l’accorpamento delle due procedure, con assorbimento della procedura di AIA da parte della procedura VIA;
  • per le opere soggette ad AIA regionale, ovvero i progetti di cui all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell’allegato XII e le loro modifiche sostanziali, il predetto assorbimento è previsto solo ove l'autorità competente in materia di VIA coincida con quella competente in materia di AIA.

Un caso particolare di integrazione tra le procedure di VAS e di VIA riguarda i Piani regolatori portuali che presentino contenuti sia progettuali che di pianificazione. Qualora i progetti relativi a tali opere siano già sottoposti a VAS e rientrino tra le categorie per le quali è prevista la VIA, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal piano regolatore portuale. La VIA, in tali casi, è effettuata secondo le regole previste dal Codice ma si prevede il coordinamento con le risultanze della VAS in caso di interferenza con gli eventuali contenuti di pianificazione del piano. La procedura di valutazione si conclude con un unico provvedimento (comma 3-ter dell’articolo 6 del Codice).

Viene quindi prevista una norma relativa alla pianificazione territoriale in relazione alla VAS: nel caso di modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la VAS non è necessaria per la localizzazione delle singole opere (comma 12 dell’articolo 6 del Codice).

Per quanto riguarda la VIA essa è, invece, obbligatoria per le attività di ricerca, prospezione nonché coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli artt. 4, 6 e 9 della legge n. 9/1991, unicamente se svolte al di fuori del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette, ove, invece, sono vietate (comma 17 dell’art. 6 del Codice).

La disciplina sulla VAS, al contrario di quelle sulla VIA (vedi infra), prevede che alcuni piani e programmi sono obbligatoriamente sottoposti a VAS solo se hanno impatti significativi sull’ambiente (e non anche negativi come per la VIA). In alcuni casi si deve però tenere in considerazione il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate (articolo 6, comma 3 del Codice).

La valutazione ambientale strategica

Viene previsto uno snellimento procedurale della VAS attraverso l’esclusione dalla procedura di VAS delle revisioni di piani e programmi per i quali le novità introdotte non comportino effetti significativi sull’ambiente e non siano state precedentemente già considerate. In tal caso la verifica è limitata ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati (comma 6 dell’articolo 12 del Codice).

Si chiarisce che la VAS deve essere effettuata durante la fase di predisposizione del piano e comunque prima dell’approvazione dello stesso (comma 3 dell’articolo 11 del Codice).

Vengono precisati i termini della fase di consultazione e coordinate le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione del pubblico al fine di evitare duplicazioni (articoli 13-15 del Codice).

Un ruolo centrale nella procedura di VAS è, infatti, rappresentato dalle consultazioni con il pubblico, ossia la fase in cui chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni. L’autorità competente è tenuta a valutare le osservazioni presentate e, sulla base delle stesse e delle attività tecnico-istruttorie, esprime il proprio parere motivato, ossia – secondo la nuova lettera m-ter dell’articolo 5 del Codice – il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall’autorità competente sulla base dell’istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni.

Come indicato dal decreto correttivo, il parere motivato rappresenta il parametro sul quale l’autorità procedente deve rivedere il piano o il programma alla luce delle risultanze emerse dalle attività consultive (e delle consultazioni transfrontaliere, ove necessarie).

Si prevede, in via generale, l'esperibilità del rimedio avverso il silenzio dell'amministrazione disciplinato dalle disposizioni generali del processo amministrativo (articolo 15 del Codice).

La valutazione d'impatto ambientale

Per quanto concerne la VIA, la maggiore novità riguarda il campo di applicazione: la VIA interessa unicamente i progetti che determinano un impatto sull’ambiente che sia al tempo stesso significativo e negativo. La normativa precedente prevedeva invece solo il requisito della significatività (articolo 6, comma 5, del Codice).

Analoga modifica viene introdotta per la verifica di assoggettabilità (cd. screening, articolo 5, lett. m) del Codice) ove la valutazione sull’assoggettabilità del progetto alla procedura di VIA deve rispondere al doppio requisito della significatività e della negatività dell’impatto sull’ambiente circostante. Sono pertanto sottoposti alla successiva procedura di VIA unicamente quei progetti che, all’esito della verifica di assoggettabilità, possono avere possibili impatti sia negativi che significativi sull’ambiente (articolo 20 del Codice).

Le ulteriori modifiche al procedimento di VIA riguardano l’introduzione di un termine certo, 60 giorni, entro cui deve concludersi la fase di consultazione(articolo 21 del Codice)  che il proponente può richiedere all’autorità competente al fine di definire i contenuti dello studio di impatto ambientale (SIA).

Vengono inoltre integrate alcune fasi del procedimento di VIA, prevedendo nella fase iniziale del procedimento la possibilità, per il proponente, di presentare una documentazione integrativa qualora l’istanza depositata risulti incompleta, entro un termine non superiore a 30 giorni e comunque correlato alla complessità delle integrazioni richieste. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l’istanza si intende ritirata (articolo 23 del Codice).

Precedentemente se la documentazione risultava incompleta veniva restituita al proponente ed il progetto si intendeva non presentato.

Il secondo momento in cui l’autorità competente può chiedere al proponente integrazioni è collocato nella fase della decisione. Nell’ambito dell’attività valutativa del progetto l’autorità può chiedere informazioni aggiuntive alle quali il proponente è tenuto a rispondere. In questo caso la modifica riguarda l’abbreviazione dei tempi che passano dai 60 giorni (prorogabili di altri 60) agli attuali 45 giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori 45 giorni.

Nell’ottica di dare certezza dei tempi per la conclusione dell’iter della VIA, viene previsto che l'autorità competente esprima il provvedimento di VIA entro 90 giorni dalla presentazione degli elaborati modificati (comma 3-bis dell’articolo 26 del Codice)

E’ attribuito un maggior rilievo alla partecipazione del pubblico qualora le modifiche apportate dal proponente siano sostanziali e rilevanti per il pubblico: chiunque può presentare ulteriori osservazioni entro 60 giorni dalla pubblicazione del progetto che devono essere poi valutate dall'autorità competente per l'adozione del provvedimento di VIA, che deve avvenire entro 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni (comma 9-bis dell’articolo 24 del Codice).

Nell’ambito delle attività di valutazione discrezionale della documentazione prodotta a corredo dell’istanza di VIA, il legislatore ha allungato, nel caso di provvedimenti dello Stato, il termine entro il quale le Regioni possano presentare il proprio parere: da 60 giorni a 90 giorni. Inoltre, alle Regioni è garantito un termine di ulteriori 60 giorni per esprimere un ulteriore parere nel caso di modifiche sostanziali.

Viene inoltre introdotta la Conferenza dei servizi istruttoria ove le amministrazioni possono rendere le proprie determinazioni, mentre il testo previgente contemplava quale mera eventualità la convocazione della Conferenza dei servizi e vengono ampliati i termini per esprimere i pareri delle amministrazioni interessate (articolo 25 del Codice), allo scadere dei quali l’autorità competente procede comunque con il provvedimento di VIA da rendere secondo le modalità ed i tempi stabiliti dall’articolo 26.

L’articolo 26 del Codice ribadisce, infatti, i termini di conclusione del procedimento già stabiliti dalla normativa vigente: entro 150 giorni successivi alla presentazione dell'istanza, prolungabile di ulteriori 60 giorni per accertamenti ed indagini di particolare complessità.

Nel contempo provvede anche ad un coordinamento dei termini di conclusione del procedimento qualora siano intervenute modifiche progettuali su proposta dal proponente o su richiesta dell'amministrazione: in tali casi i tempi complessivi per la conclusione del procedimento potrebbero arrivare a 270 giorni.

Sia per lo screening che per il provvedimento di VIA, sempre al fine di assicurare tempi certi allo svolgimento della procedura e una sua conclusione spedita, è stata introdotta, inoltre, la possibilità di ricorrere anche avverso il silenzio dell’amministrazione competente (articolo 20, comma 4, e articolo 26, comma 2-bis del Codice).

Viene, infine, rafforzata l’attività di monitoraggio volta ad assicurare il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente, provocati dalla realizzazione dei progetti. Qualora l’attività di monitoraggio dimostri che dalle attività risultano impatti negativi ulteriori e diversi da quelli analizzati nel provvedimento di VIA, l’autorità competente può modificare il provvedimento e apporvi condizioni ulteriori e diverse, mentre nei casi di maggiore gravità può essere anche ordinata la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate, nelle more delle determinazioni correttive da adottare (comma 1-bis dell’articolo 28 del Codice).

L'autorizzazione integrata ambientale

Il decreto correttivo ha trasposto e sistematizzato, con un nuovo Titolo III-bis, la normativa in materia di AIA contenuta nel d.lgs. 59/2005 (cd. decreto IPPC) nel corpo dello stesso Codice ambientale, apportandovi comunque anche alcune innovazioni che riguardano, tra l’altro, alcuni aspetti della procedura autorizzativa e l’elenco di autorizzazioni settoriali sostituite dall’AIA.

Dal punto di vista dei contenuti la principale innovazione riguarda la figura del gestore che viene allargata anche a soggetti che dispongono di «un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto» (articolo 5, lettera r-bis del Codice). Conseguentemente non è necessario gestire o detenere direttamente impianti per esserne gestori.

Viene introdotta, analogamente alla VIA, una verifica di procedibilità delle domande, nonché la previsione di un termine (non inferiore a 30 giorni come per la VIA) entro il quale presentare le integrazioni richieste dall'autorità competente, in mancanza delle quali l'istanza si considera ritirata. È fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa per casi particolarmente complessi (articolo 29-ter del Codice);

Numerose sono le novità rispetto alla previgente normativa del d.lgs. 59/2005, relative alla procedura autorizzativa (articoli 29-ter e 29-quater del Codice):

  • al fine di accelerare le tempistiche necessarie per la conclusione del procedimento, viene previsto che entro 30 giorni dalla presentazione della domanda l’autorità competente debba verificare la completezza della stessa e della documentazione allegata (si tratta di un primo esame analogo alla verifica di procedibilità delle domande di VIA, prevista dall’articolo 23);
  • la possibilità, per il proponente, di presentare una documentazione integrativa qualora l’istanza depositata risulti incompleta, entro un termine non inferiore a 30 giorni e comunque correlato alla complessità delle integrazioni richieste (per la VIA il termine non può, invece, essere superiore ai 30 giorni);
  • un altro elemento innovativo è rappresentato dal fatto che, qualora, entro il termine indicato, il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l’istanza si intende ritirata. Tuttavia, nel caso le integrazioni richieste siano particolarmente complesse, è fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa;
  • una maggiore pubblicità delle informazioni anche a carico dell’autorità competente. Per assicurare la pubblicità delle informazioni riguardanti la procedura autorizzativa, accanto alle modalità di pubblicazione già previste, viene infatti disposta la pubblicazione delle informazioni sul sito web dell’autorità competente;
  •  l’obbligatorietà della Conferenza dei servizi quale modulo procedimentale per addivenire alla decisione finale del procedimento di AIA alla quale invitare le amministrazioni competenti in materia ambientale (in precedenza, la conferenza di servizi era stata resa facoltativa dal d.lgs. n. 4/2008). E’ nell’ambito della Conferenza che devono essere acquisite obbligatoriamentele le prescrizioni del sindaco per le lavorazioni insalubri, nonché il parere dell’ISPRA per gli impianti di competenza statale o delle Arpa per quanto riguarda il monitoraggio e il controllo degli impianti e delle emissioni nell’ambiente. La Conferenza dei servizi deve concludersi entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni. E’ unicamente nell’ambito della Conferenza che l’autorità competente può richiedere eventuali integrazioni alla documentazione (che devono essere presentate entro un termine massimo non superiore a 90 giorni). In tal caso il termine per la conclusione della Conferenza resta sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa;
  • il procedimento autorizzativo deve concludersi, comunque, entro 150 giorni dalla presentazione della domanda, oppure entro 180 giorni nel caso di sospensione dovuta a richieste integrative;
  • decorsi i predetti termini senza che l’autorità competente si sia pronunciata, può essere proposto ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione;
  • viene eliminata la previsione relativa all’applicazione del potere sostitutivo del Governo in caso di inerzia dell’amministrazione procedente (in precedenza contenuta nell’art. 5, comma 17, del d.lgs. 59/2005);
  • è aggiunta una norma che prevede che ogni AIA debba includere non sole le modalità previste dal decreto in commento per la protezione dell’ambiente, ma anche indicare le autorizzazioni sostituite;
  • per impianti con particolare e rilevante impatto ambientale i termini per la conclusione del procedimento sono raddoppiati, ovvero diventano 300 giorni per il procedimento ordinario e 360 nel casi di integrazioni, mentre il testo vigente del d.lsg. 59 prevedeva un unico termine di 300 giorni.

Rimangono immutate le disposizioni sul rinnovo ordinario dell’AIA (articolo 29-octies del Codice) previsto ogni cinque anni (otto per gli impianti Emas e sei per i certificati Iso), fatta eccezione per il rinnovo decennale per gli impianti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII (impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini).

Nessuna modifica, invece, per quanto riguarda le disposizioni in materia di modifica degli impianti, di variazione del gestore, di rispetto delle condizioni contenute nell’AIA nonché in relazione alla disciplina sanzionatoria (articoli 29-nonies e decies e quattordecies).

Vengono, quindi, coordinate le norme riguardanti gli impatti ambientali interregionali relativi alla VIA ed alla VAS con le norme in materia di AIA, inserendo l’obbligo, per il proponente, di inviare gli elaborati progettuali alle Regioni nonché agli enti locali territoriali interessati dagli impatti (articolo 30 del Codice).

In merito, invece, agli impatti ambientali transfrontalieri, sono introdotti termini da hoc per le relative consultazioni transfrontaliere da concordare, comunque, con gli Stati membri interessati e, in ogni caso, da concludersi entro termini ragionevoli (articolo 32 del Codice).

Per quanto riguarda gli oneri istruttori, compresi i successivi controlli, essi sono posti a carico del gestore dell’impianto, secondo modalità disciplinate da un decreto interministeriale.

Le spese necessarie per l’istruttoria della domanda dell’AIA e per i successivi controlli sono posti a carico del gestore dell’impianto, secondo modalità disciplinate da un decreto interministeriale. Un ulteriore decreto dovrà aggiornare le tariffe almeno ogni due anni.

Nelle more dell’emanazione di tali decreti si applica il D.M. 24 aprile 2008 recante le modalità e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dal d.lgs. 59/2005 (articolo 33 del Codice).

Vengono, quindi, inseriti cinque nuovi allegati alla parte seconda, sostanzialmente corrispondenti agli allegati I-V del decreto 59/2005 che viene abrogato dal successivo articolo 4.

Infine, viene ribadito che fino all’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA da parte del gestore trovano applicazione le disposizioni relative alle autorizzazioni di settore. La sanzione prevista per il caso dell’esercizio di attività IPPC in assenza dell’AIA non si applica ai gestori di impianti, esistenti o nuovi, già dotati di altre autorizzazioni ambientali alla data di entrata in vigore del d.lgs. 59/2005, che abbiano presentato la domanda nei termini stabiliti dai diversi provvedimenti di proroga, fino alla conclusione del relativo procedimento amministrativo (articolo 35, commi 2-quater e 2-quinquies del Codice)



Le principali modifiche alla parte quinta del Codice

Vengono apportate correzioni ed integrazioni anche alla parte quinta del Codice in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera. La revisione interessa, in via prioritaria, il Titolo I relativo alla prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività.

Campo di applicazione e definizioni

Vengono innanzitutto inclusi nel campo di applicazione anche gli impianti di incenerimento e coincenerimento disciplinati dal d.lgs. n. 133/2005, esclusi dalla disciplina previgente. Per tali impianti viene previsto che i valori limite di emissione e altre prescrizioni siano stabiliti nell’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti prevista dall’art. 208.
Si ricorda che l’art. 208, comma 11, disciplina il contenuto minimo dell’autorizzazione, che deve contenere, tra l’altro, le condizioni e le prescrizioni necessarie per l’esercizio dell’impianto nonché “i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico”.

Per gli impianti sottoposti ad AIA, l’AIA sostituisce l'autorizzazione unica alle emissioni di cui all’art. 269, ai fini sia della costruzione che dell'esercizio (articolo 267 del Codice).

Si introducono alcune correzioni e integrazioni alle definizioni (articolo 268 del Codice), tra le quali si segnala la distinzione tra nozione di impianto e nozione di stabilimento, indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione.

Da più parti era stato sottolineato che in assenza di una norma volta a distinguere impianti e stabilimenti si sono determinate una serie di criticità, non comprendendosi, ad esempio, se fosse necessario autorizzare singolarmente tutti gli specifici impianti di un complesso produttivo o autorizzare l’intero complesso fissando appositi valori e prescrizioni per i singoli impianti.

Al riguardo il decreto intende fornire un quadro certo, definendo l'impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o attività.

Le ulteriori modifiche alle definizioni, in parte dovute alla necessità di coordinare talune definizioni con la normativa in materia di VIA e VAS, riguardano, tra l’altro:

  • la definizione di inquinamento;
  • la definizione di emissione;
  • la definizione di valori limite di emissione, limitatamente al punto di determinazione degli stessi;
  • la definizione di modifica sostanziale;
  • la definizione di gestore.
L’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti

Viene precisato che l’autorizzazione alle emissioni riguarda lo stabilimento e che i singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni.

L’obbligo di indire una conferenza di servizi per istruire le domande di autorizzazione alle emissioni è limitato ai soli stabilimenti nuovi, mentre per rinnovare le autorizzazioni degli stabilimenti esistenti è previsto un autonomo procedimento amministrativo dell’autorità competente, con il parere delle altre autorità locali.

In caso di modifica di impianti o attività, l’autorità ha il potere di rinnovare l’autorizzazione con un’istruttoria estesa a tutto lo stabilimento.

Viene, inoltre, integrato il contenuto dell’autorizzazione prevedendo che essa possa stabilire, per ciascun inquinante, speciali valori limite di emissione da riferire al complesso delle emissioni di tutti gli impianti e le attività di uno stabilimento, che si aggiungono a quelli fissati per ciascun impianto e sono finalizzati a garantire un controllo sull’impatto complessivo che lo stabilimento può determinare nella zona in cui è situato.

Ulteriori novità riguardano:

  • l’introduzione del potere, attribuito all’autorità competente, di imporre il rinnovo dell’autorizzazione prima dei termini stabiliti;
  • due diverse casistiche autorizzative per le modifiche sostanziali relative allo stabilimento;
  • l’aggiornamento dell’autorizzazione dello stabilimento con un’istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica;
  • il rinnovo dell’autorizzazione dello stabilimento, con un’istruttoria estesa all’intero stabilimento.

Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all’installazione di uno stabilimento nuovo e quindi, di conseguenza, si rende necessaria una nuova autorizzazione (articolo 269 del Codice).

L’individuazione degli impianti, i valori limite di emissione ed i grandi impianti 

Vengono introdotte alcune precisazioni sul potere dell’amministrazione di considerare, in determinate situazioni, più impianti come un unico impianto (articolo 270 del Codice), nonché sui valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti; questi ultimi debbono essere stabiliti sulla base delle migliori tecniche disponibili e dei valori e delle prescrizioni fissati nelle normative regionali, per le quali vengono fissati i principi generali cui esse devono attenersi nella fissazione di tali valori e prescrizioni, ma consentendo loro di stabilire limiti di emissione e prescrizioni più restrittivi. Viene, infine, estesa l’applicabilità delle disposizioni per i casi di guasto dell’impianto, anche alle anomalie di funzionamento, prevedendo espressamente l’obbligo, per il gestore, di sospendere l'esercizio dell'impianto se l'anomalia o il guasto può determinare un pericolo per la salute umana (articolo 271 del Codice).

Si elencano, quindi, gli impianti e le attività in deroga (articolo 272 del Codice), mentre per i grandi impianti di combustione (impianti aventi una potenza termica complessiva maggiore o uguale a 50 MW e considerati come un unico impianto) viene introdotto un criterio per l’applicazione dei limiti di emissione a più impianti le cui emissioni siano convogliate ad un unico punto di emissione: i valori limite da applicare sono quelli che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente (articoli da 273 a 277 del Codice).

Le sanzioni ed il regime transitorio

Viene precisato che la sospensione temporanea e/o la revoca dell’autorizzazione non hanno portata generale ma riguardano, all’interno dello stabilimento, solamente gli impianti e le attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative (articolo 278 del Codice);

Per quanto riguarda le disposizioni inerenti le sanzioni, si segnala la modifica della pena dell’arresto prevista per le modifiche sostanziali non autorizzate, il cui massimo viene elevato da 6 mesi a 2 anni (articolo 279 del Codice).

Viene, infine, introdotto un regime transitorio per gli stabilimenti in esercizio, prevedendo - per gli stabilimenti che non ricadevano nel campo di applicazione del D.P.R. n. 203 del 1988 e che ricadono nell’attuale titolo I - che il termine per la presentazione della domanda di autorizzazione sia differito al 31 dicembre 2011 e il termine di adeguamento al 1° settembre 2013 (e la relativa domanda deve essere presentata entro il 31 luglio 2012).

Per gli stabilimenti anteriori al 2006 e autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000, la domanda deve essere presentata tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, anticipando di un anno la data finale (che nel regime previgente era il 31 dicembre 2014), mentre per quelli anteriori al 2006 e autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999, la domanda deve essere presentata tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, anticipando in questo caso di tre anni la data finale (prevista al 31 dicembre 2018).

Viene anche introdotto un termine di 8 mesi (elevati a 10 mesi in caso di integrazione della domanda stessa) per il pronunciamento dell’autorità competente sulla domanda di autorizzazione (articolo 281 del Codice).

Gli impianti termici civili

Le modifiche al Titolo II della parte quinta in materia di impianti termici civili prevedono che la disciplina speciale si applichi soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW, mentre sono sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore, in quanto non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole (articolo 282 del Codice).

Viene specificato che gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono non solo rispettare le caratteristiche tecniche ed i valori di emissione previsti dall’allegato IX (parti II e III), ma anche le ulteriori caratteristiche e i limiti di emissione più restrittivi previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria. Inoltre, si attribuisce ai piani regionali di qualità dell’aria il potere di imporre nuovi requisiti tecnico-costruttivi e valori limite di emissione più severi di quelli statali al fine anche di conformare le caratteristiche degli impianti termici civili alle esigenze ambientali di ciascun territorio (articoli 285-286 del Codice).

Viene recepita la sentenza della Corte costituzionale n. 250 del 2009 in materia di competenza regionale in tema di formazione professionale. La disciplina statale viene pertanto sostituita da un rinvio alla legislazione regionale.

Con la citata sentenza n. 250 del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 287, comma 1, del Codice, che attribuisce all’ispettorato provinciale del lavoro la competenza per il rilascio dell’abilitazione alla conduzione di impianti termici al termine dell’apposito corso di formazione, in quanto lesivo della competenza residuale delle regioni in materia di formazione professionale.

Conseguentemente l’autorità individuata dalla legge regionale disciplina anche le modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici  (articolo 287 del Codice).

I combustibili consentiti negli impianti

Da ultimo, le modifiche al titolo III della parte quinta, in materia di combustibili, riguardano i combustibili consentiti negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte V, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia. Vengono esclusi quindi i materiali e le sostanze elencati nell'allegato X se costituiscono rifiuti ai sensi dalla parte quarta del Codice e  la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi dalla parte quarta del Codice (articolo 293 del Codice).

Vengono, infine, introdotte alcune modifiche in materia di prescrizioni per il rendimento di combustione e la previsione dell’istituzione – con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico  - di una Commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte V del Codice, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato (articoli 294 e 298 del Codice).

Le disposizioni transitorie e finali

Il decreto correttivo 128/2010 reca, da ultimo, le conseguenti abrogazioni (d.lgs. 59/2005 e D.M. ambiente 19 aprile 2006), facendo salva la vigente disciplina in materia di sicurezza antincendio.