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Temi dell'attività Parlamentare

Sintesi dell'attivita' parlamentare

Nella seduta del 26 maggio 2010 della Commissione Affari esteri della Camera è stata tra l’altro svolta l’ interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02859 dell’On. Nirenstein, sull'inserimento dei Guardiani della rivoluzione iraniana nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'UE. L’interrogazione, sulla base di iniziative di parlamentari di alcuni Stati membri dell’Unione europea, e constatando altresì che il corpo dei pasdaran costituisce sin dall'inizio della rivoluzione del 1979 uno dei più importanti strumenti di repressione del regime, con importanti interessi nel campo economico, militare e nucleare, e con notevole attivismo nel sostegno a movimenti coinvolti nel terrorismo internazionale come Hamas e Hezbollah; chiede lumi al Governo italiano sulla sua posizione rispetto alla possibilità di includere il Corpo delle guardie della rivoluzione iraniana nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea, anche in vista di una possibile iniziativa a ciò finalizzata.
Il sen. Alfredo Mantica, che in qualità di sottosegretario agli Affari esteri ha fornito la risposta per conto del Governo, ha evidenziato come numerosi esponenti del corpo dei pasdaran siano già oggetto di restrizioni importanti in base alle risoluzioni delle Nazioni Unite contro il processo di proliferazione nucleare dell'Iran, puntualmente recepite in Regolamenti dell'Unione europea. Il sen. Mantica ha tuttavia richiamato anche l'attenzione sul fatto che il Corpo delle guardie islamiche rivoluzionarie è organo di rilievo costituzionale per l'Iran, il che pone oggettivamente come assai difficile l'ipotesi di inserire l'intero Corpo nella lista degli enti con finalità di terrorismo. Tra l'altro, l'inserimento nell'elenco europeo delle organizzazioni terroristiche è subordinato a severi criteri fissati dalla Corte di Giustizia Europea, in base ai quali è indispensabile che almeno in uno degli Stati membri siano stati adottati provvedimenti giudiziari, o almeno iniziate indagini o procedure, per reati collegati al terrorismo internazionale, il che, per quanto concerne il Corpo dei pasdaran nel suo insieme, non si è tuttora verificato.

Nella seduta del 20 aprile 2010 della Commissione Affari esteri della Camera è stata svolta tra l’altro l’interrogazione n. 5-02731 dell’On. Nirenstein, in ordine alla candidatura dell'Iran al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Constatando l'imminente elezione dei nuovi membri del Consiglio, che dovrebbe tenersi il 13 maggio 2010, l'On. interrogante chiede conto al Governo degli intendimenti del nostro Paese sulla scia della presa di posizione del Ministro degli Esteri tedesco Westerwelle, che ha chiesto una iniziativa a livello europeo contro la possibilità - tutt'altro che remota, viste le maggioranza precostituite che spesso si sono formate  prima nella Commissione, e successivamente nellattuale Consiglio dei diritti umani in senso antioccidentale – di un’elezione dell’Iran in un Organismo la cui missione contrasta completamente con le continue violazioni dei diritti umani che si verificano in quel Paese.

Nella risposta il Governo, rappresentato dal Sottosegretario agli Affari esteri Vincenzo Scotti, dopo aver premesso che la probabilità di un'effettiva elezione dell'Iran non è molto elevata, anche considerando l'approvazione da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU, nella sessione in corso, di una risoluzione proprio sulla situazione dei diritti umani in Iran; ha affermato di condividere le preoccupazioni dell'On. Nirenstein, e di avere a tale scopo proprio in ambito europeo proposto di ripetere quanto già avvenuto nel 2007 in occasione della candidatura di un altro Paese scarsamente rispettoso dei diritti umani, la Bielorussia, quando l'Unione Europea inviò, tramite la Presidenza di turno, un'apposita lettera a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite: la proposta italiana ha incontrato il consenso dei partner europei, al punto che un'analoga missiva sarà inviata quanto prima dall'Alto Rappresentante PESC, Lady Catherine Ashton.

Nella seduta del 18 marzo 2010 della Commissione Affari esteri della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, si è svolta l’audizione di Caspian Makan, attivista per i diritti umani in Iran, regista e compagno di una delle vittime più conosciute della repressione successiva alle elezioni presidenziali, Neda Soltan, uccisa in strada il 20 giugno 2009.

Caspian Makan, dopo aver ricordato alcune delle posizioni di Neda Soltan nei confronti della mancanza di libertà e diritti umani in Iran, ha rammentato l’ansia di intervento che la animava, e la prontezza con la quale si era unita alle proteste della prima ora dopo le elezioni presidenziali di giugno 2009. Neda Soltan, secondo Makan, non aveva partecipato al voto, non rilevando alcuna vera differenza tra i quattro candidati.

Il tragico destino di Neda Soltan, ha ricordato Makan, è stato condiviso da migliaia di persone da quando è stata fondata la Repubblica islamica nel 1979, e soprattutto nel primo decennio di vita di essa, quando il governo dell’Iran era guidato proprio dal candidato alle presidenziali Mussavi, che oggi si oppone al governo di Ahmadinejad. Complessivamente, dopo l’inizio delle proteste successive alle elezioni presidenziali, vi sono state secondo Makan circa cento persone assassinate, non meno di cinquemila ferite e altre ventimila imprigionate: si conterrebbero anche una cinquantina di persone scomparse. Makan ha anche ricordato come sei giorni dopo la morte di Neda Soltan egli sia stato prelevato da agenti governativi e condotto in prigione, e che gli sono state sequestrati tutti i film e documentari girati in un decennio di attività.

Makan ha poi fornito cenni sulla situazione politica iraniana, evidenziando l’illegalità, in base al diritto internazionale, di un governo fondato sulla religione: non a caso, in Iran la religione è imposta, e non vi è libertà di professare altre confessioni religiose. Ciò cui secondo Makan si assiste attualmente è un progressivo scollamento del movimento di contestazione anche dai dirigenti riformisti: in fondo, alla maggioranza del popolo iraniano, secondo Makan, non interessa molto se il voto che ha riconfermato Ahmadinejad sia stato veramente falsato, poiché vorrebbe semplicemente la fine del regime islamico. Quanto ai dirigenti riformisti, essi vengono sempre più percepiti come interni alla logica del potere religioso, e quindi da essi non si aspetta nessun cambiamento di rilievo.

Makan si è soffermato infine sulla condizione di inferiorità in cui sono tenute le donne iraniane e sulla violazione sistematica della libertà di pensiero, come hanno dimostrato le repressioni che hanno colpito siti web, giornalisti, fotoreporter e artisti.

Il 9 febbraio 2010 le Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato hanno svolto l’audizione del ministro degli affari esteri, Franco Frattini, sull'Iran. Il Ministro ha esordito ricordando la profonda delusione della Comunità internazionale nei confronti di Teheran, che sempre più dà segni di aver perduto l’occasione di esercitare un ruolo regionale positivo, ad esempio nei riguardi della situazione in Iraq e in Afghanistan. Oltre alle reiterate minacce del presidente Ahmadinejad – e più recentemente della Guida Suprema Khamenei – contro Israele, alle quali l’Italia ha sempre reagito con una ferma condanna; la maggiore criticità nei rapporti con la Comunità internazionale rimane quella dell’escalation nucleare di Teheran. Al proposito il ministro, riallacciandosi a quanto espresso pochi giorni prima nel corso della Conferenza annuale sulla sicurezza tenutasi a Monaco di Baviera, ha sostenuto che è ormai tempo che il Consiglio di sicurezza dell’ONU adotti nuove sanzioni, in quanto risulta chiara l’indisponibilità iraniana ad accettare la proposta formulata a Ginevra all’inizio di ottobre 2009. Sulla prospettiva delle sanzioni cresce la convergenza anche della Russia, desiderosa del resto di scongiurare l’eventualità di un intervento armato contro l’Iran. Diverso è l’atteggiamento cinese, in ragione di varie considerazioni, non ultima quella geopolitica, per la quale Pechino non vuole trovarsi intrappolata in cattive relazioni con due Stati che la circondano, e che entrambi perseguono ambizioni nucleari, come l’Iran e la Corea del Nord. Le sanzioni dovrebbero essere mirate contro i responsabili della politica iraniana – cominciando dai pasdaran e dalle loro attività finanziarie ed economiche, salvaguardando invece la popolazione. La pressione sanzionatoria dovrebbe tra l’altro attenuare le capacità iraniane di influenzare altri scenari mediorientali, come quello israelo-palestinese, per il quale sembrano affiorare timidi segnali di ripresa di prospettive negoziali. Infine il Ministro ha escluso miglioramenti sul piano interno, ove invece l’approssimarsi del trentunesimo anniversario della rivoluzione islamica vedrà certamente un riaccendersi delle tensioni di piazza, con le connesse già sperimentate violazioni dei diritti umani e democratici della popolazione.

Nella seduta del 3 febbraio 2010 la Commissione Esteri della Camera ha discusso alcune interrogazioni, tra le quali la n. 5-02304 dell’On. Mecacci sulla repressione delle manifestazioni di opposizione in Iran. L’interrogazione muove dai gravi incidenti verificatisi il 27 e 28 dicembre a Teheran e in altre città dell’Iran, durante le commemorazioni sciite dell’Ashura, e che hanno visto l’uccisione di numerosi manifestanti da parte delle forze di sicurezza governative, oltre all’arresto di esponenti di rilievo dell’opposizione. Conseguentemente al Governo viene richiesto di informare la Camera sulle iniziative previste “al fine di garantire il rispetto della libertà di comunicazione attraverso Internet e telefoni cellulari in Iran e dall'Iran verso l'esterno”, nonché se non intenda adottare sanzioni “nei confronti dei membri del Governo iraniano e dei responsabili degli apparati di sicurezza che hanno provocato le violenze e le repressioni in corso”, inclusa l’interdizione dei rapporti commerciali con tali soggetti.

Il rappresentante del Governo, sottosegretario agli Affari esteri Vincenzo Scotti, ha sottolineato nella risposta la costante preoccupazione con cui viene seguita la critica situazione interna dell’Iran: in riferimento agli episodi più recenti citati nell’interrogazione, il sottosegretario ha ricordato la condanna prontamente espressa per le violenze, unitamente all’appello del Ministro Frattini alle autorità di Teheran per un ripristino di accettabili condizioni di sicurezza e di garanzia delle libertà fondamentali. Analoghe pressioni sono state poste in essere dalla Presidenza svedese della UE. Inoltre il 29 dicembre 2009 è stato convocato alla Farnesina l’incaricato d’affari iraniano a Roma. Infine, il sottosegretario ha ricordato come un' ulteriore “occasione di operare opportune pressioni sulle autorità iraniane si presenterà prossimamente ... nell'ambito del processo di revisione periodica universale del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, cui l'Iran sarà sottoposto il 15 febbraio 2010”

Nella seduta del 16 dicembre 2009 delle Commissioni congiunte Esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, nell’ambito delle comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009, il Ministro degli Affari esteri, On. Franco Frattini, si è brevemente soffermato sulla dichiarazione politica sull'Iran adottata dal Consiglio europeo, attestando la crescente preoccupazione europea nei confronti di Teheran, all’emergere progressivo di nuovi elementi sull'arricchimento dell'uranio e su test su componenti dell'arma nucleare e relativi vettori. Il Ministro ha sostenuto la necessità che l'Iran raccolga urgentemente l’appello della Comunità internazionale a collaborare con le competenti istituzioni dell’ONU – il Ministro si è riferito alla  proposta rinnovata di arricchire l'uranio iraniano fuori dal territorio del Paese, sotto il monitoraggio dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica delle Nazioni Unite -, senza di che sarà inevitabile considerare altre misure per aumentare la pressione internazionale.

L’Assemblea della Camera, nella seduta del 30 luglio 2009, ha svolto tra l’altro un’interpellanza urgente (2-00427) a prima firma dell’On. Ciccioli, riguardante iniziative per la difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche in Iran.

L’interpellanza muove dalla difficile situazione in Iran dopo le elezioni presidenziali e la dura repressione delle proteste parte della polizia e della milizia filogovernativa, ponendo in dubbio le stime più contenute sui morti e sul numero degli arrestati. Inoltre, l’interpellanza evidenzia il profilo più generale della situazione dei diritti umani in Iran, paese ai primi posti nel mondo per il numero di esecuzioni capitali, per di più comminate anche nei confronti di minori. Se però la comunità internazionale si è mostrata preoccupata nei confronti del pericolo di un Iran dotato di armamenti nucleari, non altrettanto è avvenuto per quanto concerne la quotidiana minaccia costituita per il popolo iraniano medesimo dal regime di Teheran. Ciò premesso, l’interpellanza chiede al Governo se in qual modo intenda sostenere i gruppi di opposizione che combattono per la democrazia e lo stato di diritto in Iran, e inoltre se non ritenga, in concorso con altri governi dell’Unione europea, di favorire una più ampia diffusione delle informazioni e delle idee in Iran anche mediante trasmissioni radiotelevisive e traduzioni di libri. Infine, il Governo viene interpellato sulla possibilità di adottare e sostenere una linea di rigore della comunità internazionale che sfoci della richiesta di nuove elezioni a Teheran, sotto monitoraggio internazionale.

La risposta all’interpellanza è stata fornita dal sottosegretario agli Affari esteri Vincenzo Scotti, il quale ha puntualmente ribadito le considerazioni svolte dal ministro degli esteri Frattini tre settimane prima, durante l’audizione presso le Commissioni riunite Esteri dei due rami del Parlamento. In particolare, il sottosegretario ha nuovamente puntualizzato come non vi sia alcuna contraddizione tra il pieno rispetto del principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati e il richiamo alla tutela dei diritti fondamentali, che sono anch’essi contenuti ein strumenti internazionali universalmente sottoscritti, come il Patto dell’ONU sui diritti civili e politici. Inoltre, il sottosegretario ha richiamato il contributo italiano alla definizione di una posizione dei capi di Stato e di Governo del G8 nei confronti della situazione in Iran, nel recente vertice de L’Aquila. Peraltro, il sottosegretario non ha mancato di ricordare alcuni segnali incoraggianti, come la decisione di chiudere un centro di detenzione a sud di Teheran per l’inadeguatezza della struttura, nonché di rilasciare 140 detenuti, che erano stati arrestati per la partecipazione alle manifestazioni postelettorali di protesta.

Nella seduta del 1° luglio 2009 le Commissioni riunite Esteri del Senato e della Camera hanno svolto l'audizione del Ministro degli affari esteri Franco Frattini sui recenti sviluppi della situazione in Iran.

L'esposizione del Ministro è partita dalla constatazione dell'apparente iniziale disponibilità delle autorità di Teheran a prendere in considerazione le crescenti proteste per il risultato delle elezioni presidenziali, accompagnata tuttavia da una repressione violenta delle manifestazioni di piazza, prolungata anche con rastrellamenti nelle case e con il tentativo di soffocamento delle fonti di informazione. Dopo la decisione del Consiglio dei guardiani di considerare acquisito il risultato delle elezioni presidenziali, rigettata dalla leadership riformista, la reazione internazionale ha visto il consenso su due principi di fondo, ovvero anzitutto la condanna della violenza contro le persone e della repressione della libertà di stampa e di comunicazione - ispirata a principi e valori di diritto internazionale generale che fanno premio sul principio di non interferenza negli affari interni degli Stati. D’altro canto, l'atteggiamento della comunità internazionale ha inteso rispettare sostanzialmente la sovranità iraniana e mantenere aperta una possibilità di dialogo. In sintesi, la comunità internazionale ha formulato la richiesta del rispetto dell'effettiva volontà popolare, naturalmente in base alle procedure della legislazione dell’Iran, alle quali tuttavia devono poter partecipare anche tutti i dissenzienti.

Sul ruolo dell'Italia il Ministro Frattini ha ricordato l'importante contributo del nostro paese nel definire la posizione del Consiglio europeo di giugno, come anche un’intesa tra i ministri degli esteri del G8, che pure partivano da posizioni assai divergenti. Inoltre, il Ministro ha ricordato che l'ambasciata italiana a Teheran è stata l'unica a impegnarsi nel rilascio di visti ai cittadini iraniani, in deroga alla normativa Schengen, ponendo nel contempo all'Unione europea il problema di un allargamento di tale iniziativa agli altri paesi membri. Gli sforzi dell'Italia hanno incontrato il consenso dei paesi del G8 a Trieste, come anche di tutti quelli invitati alla riunione dei ministri degli esteri, sul fatto che l'Iran debba essere coinvolto in modo decisivo sul tema della stabilizzazione dell'Afghanistan e sul contrasto al traffico di droga. Se è poi vero che la non partecipazione dell'Iran al G8 di Trieste è stata un'occasione perduta, il Ministro Frattini ha tuttavia evidenziato l'impegno di Teheran per l'insediamento nella capitale di un ufficio permanente dell'Agenzia dell'ONU per il contrasto alla droga.

Sulle prospettive future delle relazioni con Teheran è stato osservato che la difficile situazione dell'Iran dopo le elezioni presidenziali diminuisce le possibilità di un accoglimento delle proposte di dialogo americane e internazionali, e tuttavia il Ministro si è detto convinto della necessità di impegnarsi a lavorare sia sul terreno del nucleare iraniano che su quello non meno rilevante del ruolo di Teheran nel Medio Oriente allargato, e dunque in Afghanistan, in Libano e nel conflitto israelo-palestinese. Il mantenimento dell'apertura al dialogo è importante anche perché impedisce all'ala più conservatrice iraniana di rafforzarsi sotto il pretesto della violazione della sovranità e del complotto internazionale contro il paese. Inoltre, la disponibilità al dialogo è stata senz'altro un elemento che ha contribuito a far esplodere le contraddizioni politiche interne, in quanto ad essa si è agganciata l’ala più moderna e progressista dello schieramento politico iraniano.

Al riguardo della questione nucleare, il Ministro Frattini ha espresso serie preoccupazioni, soprattutto considerando il rapporto di fine mandato del Direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), nel quale emerge con chiarezza la preoccupazione per la possibile dimensione militare del programma nucleare di Teheran.

La disponibilità al dialogo è tuttavia subordinata da un lato a un limite di tempo - e al proposito il Ministro Frattini ha annunciato di aver convocato una riunione dei ministri degli esteri del G8 in concomitanza con i lavori dell'Assemblea generale dell'ONU per il prossimo mese di settembre -, nonché alla evidente necessità negoziale che sia ora l'Iran a rispondere in qualche modo alle aperture della comunità internazionale.

Dopo aver accennato alla possibilità che iniziative di dialogo interparlamentare con Teheran possano contribuire a sbloccare la difficile situazione, il Ministro Frattini ha conclusivamente evidenziato l'importanza del ruolo della Russia della Cina - senza le quali è pressoché impossibile abbozzare una strategia comune di forte pressione verso l'Iran -, nonché della Lega araba, che, se in occasione delle proteste e delle repressioni in Iran non ha assunto una propria posizione, tuttavia potrebbe essere sollecitata dall'Unione europea a un confronto sulle relazioni con l’Iran per quanto concerne la questione mediorientale, quella nucleare e la soluzione del rebus afghano.

La Commissione Esteri della Camera, nella seduta del 24 giugno 2009, ha svolto un’interrogazione a risposta immediata (n. 5-01536) dell’On. Mecacci sul tema delle elezioni presidenziali iraniane del 12 giugno, nella quale viene ricordato che il risultato delle elezioni, che hanno confermato nella carica il Presidente Ahmadinejad con un ampio margine sul candidato riformista Moussavi, non è stato da questi riconosciuto, poiché imputato a massiccio ricorso a brogli. Vi sono quindi state grandi manifestazioni di protesta, represse in modo sempre più deciso con il passare dei giorni, mentre le autorità iraniane procedevano a imporre il divieto di manifestare, al blocco dei mezzi di comunicazione di ogni tipo e all’espulsione dei giornalisti stranieri. Alla luce anche della preoccupazione espressa il 15 giugno dall’Unione europea, con richiesta all’iran del rispetto delle leggi elettorali, nonché di analoghe posizioni di Francia e Germania espresse ai rispettivi ambasciatori iraniani; l’interrogazione chiede di conoscere le valutazioni del Governo italiano sulle relazioni tra Roma e Teheran, con particolare riguardo all’invito rivolto dall’Italia all’Iran per una partecipazione al G8/Esteri di Trieste di fine giugno e alle due precedenti cancellazioni di incontri previsti tra il Ministro degli esteri On. Frattini e il Presidente Ahmadinejad. Al Governo è stato infine chiesto se non valuti di dover conocare con urgenza l’incaricato d’affari iraniano a Roma per chiedere la fine delle repressioni contro i manifestanti e un’indagine internazionale sulla correttezza dello svolgimento e dei risultati delle presidenziali in Iran.

La risposta del Governo, nella persona del sottosegretario agli affari esteri, Sen. Alfredo Mantica, ha messo in luce la grande preoccupazione che gli sviluppi in Iran destano anche nel nostro Paese. Se le elezioni rientrano in punto di diritto internazionale negli affari interni di ciascun Paese, nei quali l’Italia non intende inferferire, è altrettanto chiara l’inaccettabilità di repressioni violente contro pacifiche manifestazioni di protesta, che secondo l’Italia devono cessare immediatamente. La complessiva valutazione della situazione ha condotto, d’accordo con le autorità iraniane, a cancellare la partecipazione di teheran al G8/Esteri di Trieste, pur nella convizione perdurante dell’importanza dell’Iran nell’ambito di una soluzione regionale del conflitto afghano.

La situazione dei profughi iraniani nel campo di Ashraf è stata al centro dell'attenzione parlamentare quando il 19 marzo 2009 l'Assemblea della Camera ha svolto l'interpellanza urgente n. 2-00334 dell'On. Zamparutti. Nell'interpellanza si faceva presente che dopo il trasferimento della responsabilità della protezione per il campo di Ashraf dagli Stati Uniti alle forze irachene, il Commissario di Baghdad per la sicurezza nazionale, asseritamente noto per essere vicino al regime di Teheran, ha dichiarato di voler porre termine all'esistenza stessa del campo, iniziando a ridurre le possibilità di accesso di cibo, medicinali, e combustibile per i residenti nel campo. Successivamente lo stesso premier iracheno al Maliki ha escluso la possibilità per i membri dell’Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano (OMPI) di rimanere ancora a lungo in Iraq, mentre il Commissario per la sicurezza nazionale si è pronunciato per l'estradizione in Iran di una parte dei residenti nel campo, ordinando alle forze armate irachene di impedire ogni ingresso nel campo stesso dei familiari dei residenti. L'interpellanza, richiamato il dispositivo della risoluzione conclusiva approvata dalla Commissione Esteri della Camera il 3 dicembre 2008, domandava al Governo se fosse stato informato dalle autorità di Baghdad sugli sviluppi della situazione del campo di Ashraf e se avesse ricevuto eventualmente richieste per accogliere in Italia alcuni dei suoi residenti; nonché se il Governo avesse mai sollevato in sede internazionale e con lo stesso governo iracheno la questione dell'indispensabilità della protezione dei residenti di Ashraf nel quadro del diritto internazionale umanitario, scongiurando così ogni ipotesi di loro espulsione.

La risposta del sottosegretario agli Esteri Scotti ha confermato la costante informazione del Governo italiano da parte delle autorità irachene circa gli sviluppi della situazione del campo di Ashraf, che ospita attualmente 3.400 persone. Le autorità irachene avrebbero dato assicurazioni sul fatto che la chiusura del campo, ritenuta necessaria in tempi brevi, avverrà nel rispetto dei risvolti umanitari, politici e di sicurezza implicati, soprattutto in collaborazione con l'ONU e con il Comitato internazionale della Croce Rossa, per il tramite del quale si procederà allo smistamento dei rifugiati in altri paesi in base alla loro volontà. Risulterebbe inoltre esservi stata in Iran un'amnistia per i profughi di Ashraf, con l'eccezione di 54 persone cui vengono attribuiti reati di sangue, e che dovrebbero essere comunque processate in Iraq. L'Italia, che al momento non aveva ricevuto alcuna richiesta di accoglienza di residenti del campo, è impegnata a monitorare la questione per mezzo dell'Ambasciata di Baghdad.

Ancora con riguardo alle questioni concernenti l’Organizzazione dei mujahidin del popolo iraniano, il 22 gennaio 2009 l'Assemblea della Camera ha svolto un'interpellanza urgente (n. 2-00279) presentata dall'On. Zamparutti, nella quale si dava conto dell’emergere in vari paesi europei di orientamenti favorevoli a uniformarsi alle sentenze del Tribunale di prima istanza dell'Unione europea, mentre nel Regno Unito il governo annunciava alla Camera dei Lord di voler dar seguito alle decisioni delle corti nazionali sulla materia. A tutto ciò faceva da sfondo per la terza volta consecutiva, nel dicembre 2008, la decisione del Tribunale di prima istanza di annullare nuovamente l'inclusione dell'OMPI nella lista di gruppi terroristici da parte del Consiglio dei ministri della UE. L'On. interrogante domandava al Governo se fosse conoscenza di tali recenti sviluppi giuridici e se già in previsione della riunione di fine gennaio 2009 del Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne della UE l'Italia non volesse dar vita a uno schieramento di Stati membri favorevole al rispetto delle numerose delibere degli organi europei di giustizia in ordine alla cancellazione dell’OMPI dall'elenco delle organizzazioni terroristiche.

Nella risposta del sottosegretario agli Affari esteri Scotti veniva posto in rilievo l'intendimento del Governo di prendere in adeguata considerazione l'orientamento della giurisprudenza comunitaria, unitamente a tutti gli altri partner europei, allo scopo di contemperare le esigenze della sicurezza con il pieno rispetto della legalità internazionale e dei diritti fondamentali. In quest'ottica l'Italia, come presidente di turno del G8 nel 2009, si impegnerà affinché il G8 agisca da elemento di collegamento fra la dimensione delle Nazioni Unite quella dell'Unione europea: la necessità di tale mediazione, secondo il sottosegretario Scotti, emergeva dalla considerazione di una certa difformità tra i regimi sanzionatori della UE e quelli delle Nazioni Unite - al proposito veniva riferito che, prescindendo dagli orientamenti dell'Unione europea, l’OMPI rimarrà probabilmente incluso nelle liste dei gruppi terroristici vigenti nel Canada e negli Stati Uniti.

Le questioni concernenti l’Organizzazione dei mujahidin del popolo iraniano hanno occupato buona parte dell’attività della Camera nei confronti dell'Iran nell’attuale scorcio di Legislatura: il 21 gennaio 2009 la Commissione Esteri ha svolto due interrogazioni, rispettivamente dell'On. Mecacci (n. 5-00764) e dell'On. Evangelisti (n. 5-00790), le quali nella sostanza hanno chiesto conto al Governo di quanto dichiarato il 3 dicembre 2008 nel corso della discussione che aveva condotto all'approvazione della risoluzione conclusiva n. 8-00019.

In particolare, al sottosegretario Mantica veniva in entrambe le interrogazioni richiesto di spiegare per quale motivo avesse in quell’intervento negato di essere a conoscenza di atti parlamentari britannici favorevoli all’OMPI, nonché di portare a conoscenza del Parlamento tutte le informazioni sulla questione in possesso del Governo - omettendo le quali nella discussione del 3 dicembre 2008 il Governo avrebbe in qualche modo falsato la discussione sulla risoluzione dell'On. Guzzanti. L'interrogazione dell'On. Evangelisti, infine, domandava nuovamente al Governo quale posizione intendesse tenere in vista della prossima revisione semestrale dell'elenco europeo delle organizzazioni terroristiche, in ordine alla posizione dell'OMPI.

La risposta del sottosegretario Mantica ha evidenziato come l'intervento parlamentare del 23 giugno 2008 nel Regno Unito sia stato un mero atto procedurale per completare l'iter di esecutività dell'atto, squisitamente governativo, con cui veniva recepita la decisione in precedenza citata della Commissione d'appello per le organizzazioni proscritte. Nel dibattito parlamentare il Segretario di Stato britannico Mc Nulty ribadiva tutte le proprie perplessità sul carattere effettivamente pacifico e meramente politico dell'OMPI, della quale infatti il governo britannico, nella successiva riunione del Consiglio della UE del 15 luglio, sosteneva il mantenimento nell'elenco comunitario delle organizzazioni terroristiche.

Per quanto riguarda la posizione del Governo italiano, il sottosegretario Mantica ha sostenuto che le decisioni del Consiglio UE nella prossima revisione dell'elenco dovranno tener conto della sentenza del Tribunale di prima istanza della UE, e del resto il Governo si sarebbe adoperato per favorire in seno all'Unione europea procedure di lotta al terrorismo capaci di garantire il rispetto dei diritti fondamentali degli accusati, nei limiti di un efficace ed effettivo contrasto delle organizzazioni terroristiche. Poiché poi anche le decisioni che il Consiglio UE adotterà in futuro in materia richiederanno l'unanimità, il Governo italiano si è espresso per una condotta favorevole a un ampio accordo tra i partner comunitari, senza farsi portavoce di posizioni unilaterali e isolate.

Nelle sedute del 26 novembre e del 3 dicembre 2008 la Commissione Esteri della Camera ha discusso la risoluzione n. 7-00047 dell’On. Guzzanti, relativa alla presenza dell'Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano (OMPI) nella lista dell'Unione europea delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo.

La risoluzione conclusiva n. 8-00019, approvata al termine della discussione, fornisce un’articolata spiegazione del contesto nel quale si inquadra l’inclusione dell'OMPI nell'elenco europeo delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo. In particolare, la risoluzione illustra dettagliatamente la procedura, tanto nazionale quanto comunitaria, che conduce all'inclusione e al mantenimento di un’organizzazione o di un gruppo di persone nell'elenco suddetto. Vengono successivamente ricordate le vicende del dicembre 2006, quando il Tribunale di prima istanza della Corte di giustizia delle Comunità europee ha annullato l'ultima conferma dell’inclusione dell'OMPI nell'elenco, constatando la non motivazione della decisione e il suo esser stata adottata in un procedimento nel quale non sono stati rispettati i diritti di difesa dell’OMPI stessa.

Persistendo il Consiglio dell'Unione europea nella propria determinazione di non cancellare l'OMPI dall'elenco, nel frattempo nel Regno Unito la Commissione d'appello per le organizzazioni proscritte ha ordinato al Ministro dell'interno britannico l'immediata rimozione dell'OMPI dall’elenco nazionale delle organizzazioni vietate. Sei mesi più tardi, nel giugno 2008, entrambe le Camere del Parlamento britannico hanno all'unanimità approvato una risoluzione di annullamento della definizione di gruppo terrorista assegnata all’OMPI, causando la cancellazione di tale entità, il giorno successivo, dalla lista delle organizzazioni terroristiche del Regno Unito.

Per quanto riguarda l'Italia, la risoluzione ricorda che sin dall'inizio degli Anni Ottanta è stato nel nostro paese riconosciuto lo status di rifugiati politici a molti appartenenti all’OMPI e più in generale alla resistenza iraniana, mentre nella XV Legislatura una risoluzione della Commissione Esteri della Camera impegnava il Governo a sostenere nel Consiglio dell'Unione europea il rispetto della sentenza del dicembre 2006 del Tribunale di prima istanza e a farsi parte diligente nelle revisioni semestrali dell'elenco da parte del Consiglio UE, accertando la fondatezza dell’inclusione e del mantenimento delle varie organizzazioni. L'ampia sezione di motivazioni della risoluzione si conclude ricordando il pericolo che gli appartenenti all'opposizione iraniana, raggruppati e protetti nel nord dell'Iraq (nel campo di Ashraf) da forze multinazionali guidate dagli Stati Uniti, potrebbero subire, qualora espulsi o rimpatriati forzosamente in Iran, gravi persecuzioni, fino alla pena capitale.

Sulla base di tutto ciò la risoluzione n. 8-00019 ha impegnato nuovamente il Governo a un'attiva partecipazione alla revisione semestrale dell'elenco da parte del Consiglio UE, con particolare riguardo alla necessaria condizione preliminare di una decisione da parte di una autorità nazionale competente, nonché agli obblighi di comunicazione e motivazione e ai diritti di difesa. Il Governo viene inoltre impegnato a richiedere alle autorità irachene e statunitensi di adottare particolare rigore nei procedimenti riguardanti i membri dell'OMPI protetti in Iraq, nei cui confronti siano avanzate accuse, che dovranno essere accuratamente verificate a livello individuale e garantendo adeguatamente il diritto alla difesa, evitando rimpatri forzosi e affrettati verso l'Iran di membri della opposizione o di profughi iraniani, e operando in collaborazione con l'Alto commissario ONU per i rifugiati e con le altre Agenzie specializzate per una soluzione duratura a favore delle persone ospitate presso il campo di Ashraf.

La Commissione Affari Esteri della Camera il 15 ottobre 2008 ha discusso e approvato all’unanimità la risoluzione n. 7-00055 dell’On.le Nirenstein sulla candidatura iraniana al Consiglio di sicurezza dell’ONU, in base alla quale al Governo è stato indicato l’impegno a scongiurare, di concerto con i partner europei, la presenza nel Consiglio di un paese sottoposto a sanzioni dal medesimo organismo, proprio in ragione della preoccupante escalation nucleare degli ultimi anni.

La risoluzione è correlata alla circostanza che il 16 ottobre successivo l'Assemblea Generale dell'ONU avrebbe eletto cinque paesi come membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza per il periodo 2009-2010; e risultava, per la regione asiatica, la candidatura del Giappone e dell'Iran. Quest'ultimo paese non appare secondo la risoluzione compatibile con l'ingresso nel Consiglio di Sicurezza, in quanto ripetute prese di posizione dei vertici di Teheran hanno fatto appello negli ultimi tempi addirittura alla distruzione di uno Stato sovrano come quello di Israele, oltre alla riluttanza iraniana a chiarire gli scopi del proprio programma nucleare ed eventualmente a porre fine ad esso. Ai sensi della risoluzione, inoltre, l'incompatibilità dell'Iran con la posizione di membro del Consiglio di sicurezza non risiede poi solamente nel contrasto della sua politica con gli scopi generali del Consiglio di Sicurezza, ma anche nell'essere stato sottoposto negli ultimi anni a sanzioni in relazione al mancato adempimento di quanto richiesto dall'Agenzia internazionale dell'energia nucleare in tema di non proliferazione nucleare. La risoluzione constata tuttavia il concreto pericolo dell’elezione dell’Iran, già forte del sostegno alla propria candidatura da parte di 57 Stati membri dell'Organizzazione della Conferenza islamica e suscettibile di ricevere ulteriori consensi nell'ambito dei paesi non allineati.

Nella seduta della Commissione Esteri della Camera dell’11 giugno 2008 è stata discussa l’interrogazione n. 5-00091 degli Onn. La Malfa e Nirenstein, concernente recenti dichiarazioni del presidente della Repubblica islamica dell’Iran. Gli interroganti, in particolare, riferendosi alle ripetute minacce rivolte dal presidente iraniano Ahmadinejad ad Israele, hanno posto un quadruplice quesito in relazione: alle valutazioni del Governo italiano circa la pericolosità del regime iraniano per la pace nel mondo e in particolare nel Medio Oriente; allo stato di avanzamento del programma nucleare iraniano e alle possibilità per la Comunità Internazionale di ottenere l'effettivo suo arresto; allo stato del rispetto dei diritti umani nella Repubblica iraniana; alle relazioni economiche e commerciali dell'Italia con l’Iran e a quale eventuale condizionamento esse possano esercitare sulle nostre scelte politiche.

La risposta del Governo, fornita dal sottosegretario agli Esteri Sen. Alfredo Mantica, ha evidenziato il quadro sanzionatorio sino a quel momento adottato dalle Nazioni Unite, rilevando peraltro come l’Iran, lungi dall’ottemperare alle quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, avesse invece accelerato il ritmo delle attività di arricchimento dell’uranio, attraverso la moltiplicazione del numero e della qualità delle centrifughe e la prosecuzione della costruzione di un reattore nucleare ad acqua pesante. Inoltre l’Iran – ha rilevato il rappresentante del Governo - non ha consentito all’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia nucleare) di effettuare ispezioni approfondite, specialmente in merito agli studi iraniani nei settori degli esplosivi ad alto potenziale e delle testate missilistiche. Nel ribadire il giudizio negativo dell’Italia sul ruolo destabilizzante che l’Iran sta esercitando in tutta l’area del Golfo e del Medio Oriente, il Governo non ha mancato di riconoscere alcuni effetti negativi che le sanzioni contro Teheran hanno provocato nel livello delle relazioni economiche e commerciali bilaterali. Nel campo dei diritti umani la situazione dell’Iran non si presenta, a giudizio del Governo italiano, granché migliore, poiché il paese tuttora non è Parte di alcuni fondamentali strumenti internazionali – quali le Convenzioni ONU contro la tortura e contro la discriminazione nei riguardi delle donne. Ciò che più conta negativamente, tuttavia, sono le pratiche adottate nella Repubblica islamica, come la frequenza del ricorso alla pena capitale anche nei confronti di minorenni.