Le cellule staminali sono cellule non specializzate (immature), diverse da tutti i tipi di cellule esistenti nell’organismo; sono ad alto potenziale proliferativo e sono in grado di rinnovarsi, attraverso la divisione cellulare, per periodi indefiniti, generando tipi cellulari specializzati che costituiscono i vari tessuti e organi. Le cellule staminali possono essere divise in due grandi famiglie: le cellule staminali embrionali provenienti da un organismo in formazione come l’embrione – precisamente il pre-embrione, o blastocisti – in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellule o tessuti e di proliferare a grandissima velocità, e le cellule staminali provenienti da un tessuto adulto che controllano l’integrità del corpo, dedicandosi alla riparazione dei guasti dovuti al logoramento naturale dei tessuti o a una malattia. Le cellule staminali adulte/somatiche sono state identificate a livello di vari organi e tessuti – quali midollo osseo, pancreas, ossa, cartilagine, fegato, cute, sistema nervoso e tessuto adiposo – ma la maggiore conoscenza dei loro meccanismi rigenerativi deriva dallo studio del sistema emopoietico, vale a dire il sistema corporeo deputato a generare le cellule del sangue.
A seconda dello stadio di sviluppo e della potenzialità differenziativa si distinguono diversi tipi di cellule staminali:
§ Cellule staminali embrionali, in grado di differenziarsi, sotto l’influenza di determinati stimoli, in tutti i tipi cellulari del nostro organismo. Le cellule staminali embrionali sono derivate dalla massa cellulare interna della blastocisti, ovvero dell’embrione nella fase dello sviluppo compreso tra il 5° ed il 7° giorno circa dal momento della fecondazione dell’uovo. Le cellule staminali embrionali sono pluripotenti in quanto sono in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari che compongono l’organismo. Possono essere cresciute in laboratorio in mezzi di coltura definiti. Le cellule staminali embrionali umane sono state isolate per la prima volta nel 1998.
§ Cellule staminali adulte/somatiche, cellule staminali unipotenti (capaci di produrre solo un tipo di cellula) o multipotenti (capaci di generare più tipologie di cellule come accade nel caso del sangue, le cui staminali adulte dette emopoietiche possono produrre fino a nove diversi tipi di cellule del sangue) presenti nei tessuti degli individui adulti e deputate al mantenimento della struttura e funzionalità del tessuto in cui sono localizzate. Sono in grado di differenziare dando origine a cellule specializzate che saranno dello stesso tipo di quelle del tessuto da cui sono state prelevate. Sono in corso applicazioni sperimentali con cellule staminali della pelle, del cervello e del midollo (per la cura del morbo di Alzheimer e Parkinson, Corea di Huntington, epilessia, SLA, e danni da traumi), e altri gruppi di ricercatori sono impegnati a indagare le proprietà staminali per le ossa, le strutture dell’occhio e dell’orecchio e sui vasi danneggiati dall’ipertensione.
Le cellule staminali possono essere distinte anche per fonte di raccolta in :
§ Cellule staminali embrionali;
§ Cellule staminali adulte provenienti da un tessuto. In alcuni caso si possono prelevare da una persona vivente. Sono abbondanti nei tessuti che si rinnovano durante la vita degli individui (come la pelle). Le proprietà individuali e sperimentali , vale a dire la possibilità d isolarle ed espanderle in laboratorio o di dare origine a cellule specializzate di un dato tessuto, possono essere più o meno efficaci in funzione della cellula staminale;
§ Cellule staminali adulte emopoietiche]]: contenute in prevalenza nell'interno del midollo osseo, ma presenti anche nel sangue periferico e nel sangue placentare prelevato dal cordone ombelicale al momento della nascita. Le cellule staminali emopoietiche sono in grado di dare origine agli elementi corpuscolati del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e di rigenerare il midollo osseo.
La legislazione italiana prevede che il Servizio Sanitario Nazionale assicuri, attraverso risorse finanziare pubbliche, la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini e le pari opportunità di accesso alle prestazioni assistenziali. Tali attività sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale e non comportano alcuna spesa da parte del cittadino, dal momento che si configurano come livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè prestazioni e servizi che sono erogati a carico del servizio pubblico in quanto sostenute dall’evidenza scientifica di un significativo beneficio in termini di salute a livello individuale e collettivo. Il D.P.C.M 21 novembre 2001 di definizione dei Livelli essenziali di assistenza, grazie ad una integrazione del 2007, ha incluso nel livello riferibile all’assistenza ospedaliera, la raccolta, lavorazione, controllo e distribuzione degli emocomponenti e servizi trasfusionali nonché l’attività di ricerca e reperimento di cellule staminali presso Registri e banche nazionali ed estere. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta una terapia salvavita consolidata e di grande successo per la cura di numerose e gravi malattie del sangue. L’osservazione che il sangue placentare contiene cellule staminali emopoietiche ha indotto una serie di studi e sperimentazioni che hanno confermato la possibilità di utilizzare il sangue prelevato dal cordone ombelicale come fonte alternativa di staminali emopoietiche a scopo trapiantologico. Il Ministero della salute
La possibilità di effettuare trapianti con sangue da cordone ombelicale ha portato alla istituzione di apposite banche. Il decreto del Ministero della salute 18 novembre 2009 ha istituito la Rete nazionale italiana di banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale, attualmente composta da 18 banche, distribuite su tutto il territorio nazionale, e coordinata, a livello centrale, dal Centro Nazionale Sangue in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti. Le unità di sangue cordonale conservate presso le banche italiane sono circa 20.000 e di queste, al 31 dicembre 2008, circa 800 sono state utilizzate per trapianto, sia in Italia che all’estero. In queste strutture vengono conservate le unità di sangue cordonale donate a scopo allogenico, a disposizione della collettività. La materia è disciplinata dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219 recante la disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati. Sinteticamente la norma dispone che il prelievo di cellule staminali emopoietiche periferiche e da cordone ombelicale possa avvenire esclusivamente all'interno di strutture trasfusionali a tal fine autorizzate dalle regioni. Analogamente, la legge stabilisce la volontarietà e la gratuità della donazione della placenta e del sangue da cordone ombelicale alla quale ogni donna può dare il proprio assenso informato al momento del parto.
Il decreto ministeriale 18 novembre 2009 recante disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato, ribadisce la conservazione per uso allogenico, cioè in favore di persone diverse da quelle da cui le cellule sono prelevate, a fini solidaristici, in strutture pubbliche a ciò dedicate. Il decreto ribadisce il divieto della conservazione per uso unicamente autologo, cioè personale, del sangue del cordone ombelicale, tranne nei casi in cui sia presente, nel nascituro o tra i suoi consanguinei, una patologia per la quale sia riconosciuto clinicamente valido ed appropriato l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali del sangue da cordone ombelicale. In tal caso si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione del soggetto al quale sono state dedicate in ragione della sua patologia. In particolare, le disposizioni vigenti nel nostro Paese consentono la conservazione delle cellule staminali da sangue cordonale per uso autologo-dedicato al neonato o ad un consanguineo presso le banche di sangue placentare esistenti sul territorio nazionale, qualora ricorrano determinate condizioni quali: patologie in atto presenti nel neonato o evidenziate in epoca prenatale o in un consanguineo al momento della raccolta e trattabili con le cellule staminali; famiglie a rischio di avere figli affetti da malattie geneticamente determinate per le quali risulti appropriato l’utilizzo di cellule staminali da sangue cordonale. La norma consente inoltre la conservazione del sangue da cordone ombelicale ad uso autologo dedicato anche in caso di particolari patologie, non ancora presenti nell’elenco allegato al decreto ministeriale 18 novembre 2009, per le quali sussistono comprovate evidenze scientifiche di un possibile impiego di cellule staminali da sangue cordonale anche nell’ambito di sperimentazioni cliniche approvate secondo la normativa vigente, previa presentazione di una documentazione rilasciata da un medico specialista nel relativo ambito clinico. Tale conservazione viene autorizzata dal responsabile della banca, sentito il parere di un gruppo tecnico multidisciplinare coordinato dal Centro Nazionale Trapianti. La conservazione del sangue cordonale per un uso personale collegato a eventuali esigenze terapeutiche future è ancora oggi gravata da incertezze. L'ordinanza ministeriale del 1 marzo 2010 ha prorogato le disposizioni, per l'autorizzazione alla esportazione di campioni di sangue cordonale per uso autologo, stabilite dalla precedente ordinanza del 26 febbraio 2009. La norma consente di esportare, presso una struttura estera e a proprie spese, il sangue di cordone ombelicale prelevato al momento della nascita del proprio figlio e conservarlo per un uso strettamente personale. Sul punto è poi intervenuto l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sull’esportazione di campioni di sangue da cordone ombelicale per uso autologo del 29 aprile 2010 che ha stabilito le modalità per il rilascio dell'autorizzazione alla esportazione di campioni di sangue da cordone ombelicale, da parte della Regione o della Provincia autonoma di competenza. Nell'accordo è anche previsto che la Regione o Provincia autonoma, nella piena autonomia gestionale, possa stabilire il pagamento di una adeguata tariffa in base ai costi sostenuti per le operazioni svolte per il rilascio dell'autorizzazione e la raccolta del campione di sangue da cordone ombelicale.
Si ricorda infine l'Accordo Stato-Regioni del 20 aprile 2011, sulle Linee guida per l’accreditamento delle Banche di sangue da cordone ombelicale, con il quale vengono ulteriormente definiti, nel rispetto di standard nazionali e internazionali, gli aspetti organizzativi tecnici ed operativi che caratterizzano le attività delle Banche di sangue da cordone ombelicale.
Attualmente la rete trapiantologica di cellule staminali emopoietiche vede impegnati circa 100 Centri Trapianti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, che effettuano ogni anno oltre 1400 trapianti. Nel 2009 sono stati realizzati 1474 trapianti di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare o da donatore volontario iscritto all’apposito Registro; il 17% di questi sono stati effettuati utilizzando cellule staminali cordonali provenienti da banche italiane ed estere. La rete italiana delle banche (ITCBN – Italian Cord Blood Bank) è, come detto, costituita da 18 strutture, per lo più allocate all’interno di Servizi Trasfusionali, che condividono tra loro strategie e protocolli relativi al bancaggio e alla modalità di ricerca, gestita dal Registro Nazionale Donatori di Midollo Osseo (IBMDR), che ha sede presso l’Ospedale Galliera di Genova e che con oltre 380.000 donatori iscritti costituisce uno dei Registri più importanti a livello internazionale. Ad oggi, in tutto il mondo, oltre 20.000 trapianti sono stati effettuati con cellule staminali emopoietiche da sangue cordonale. Il Registro Nazionale Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) è stato istituito nel 1989 e riconosciuto formalmente con la legge n. 52 del 2001. Dal 2007 ha ottenuto il massimo riconoscimento a livello internazionale attraverso il raggiungimento dell’accreditamento WMDA (World Marrow Donor Association) e ha coordinato oltre 2000 ricerche di donatori per pazienti stranieri e oltre 1400 per pazienti italiani, nel solo 2009. In questo sistema organizzativo si inseriscono, con funzioni di coordinamento, due Centri Nazionali: il Centro Nazionale Trapianti ed il Centro Nazionale Sangue, che svolgono il loro compito in stretta collaborazione con le autorità regionali competenti, attraverso dei Centri di Coordinamento Trapianti e Sangue regionali, e direttamente con i professionisti, in un’ottica di cooperazione tecnico-scientifica interdisciplinare mirata all’affermazione di standard assistenziali di elevata qualità e sicurezza.
Nel corso delle XVI Legislatura sono state esaminate, in sede referente, dalla XII Commissione Affari sociali della Camera alcune proposte di legge (A.C. 361 ed abb.) disciplinanti la donazione e l’utilizzo, a fini terapeutici e di ricerca, di cellule staminali fetali, di cellule staminali da cordone ombelicale e di cellule staminali adulte. La Commissione ha deliberato l'istituzione di un comitato ristretto per la predisposizione di un testo unificato, alla cui stesura non si è mai giunti. Molte delle proposte intendevano autorizzare anche in Italia la conservazione del sangue cordonale per uso autologo non dedicato sia presso le strutture pubbliche che private autorizzate.
Le cellule staminali embrionali, presenti transitoriamente nella blastocisti (v. supra), possono essere ricavate esclusivamente prelevandole da blastocisti coltivate in vitro e risultanti in eccesso da una precedente fertilizzazione avente scopi riproduttivi, oppure da blastocisti coltivate appositamente mediante fecondazione in vitro per motivo di ricerca. Le linee cellulari embrionali oggi disponibili derivano da blastocisti soprannumerarie. Le cellule staminali embrionali, presenti nella massa cellulare interna della blastocisti, vengono prelevate e stabilizzate per poi essere trattate in laboratorio in terreni di coltura idonei. Finora l’estrazione delle staminali embrionali dalla massa cellulare interna ha comportato la distruzione della blastocisti.
Nel 2000, il Rapporto Donaldson, il primo studio organico sulle potenzialità terapeutiche delle cellule staminali, adottato dalla Gran Bretagna, stimola il dibattito in materia. Nel settembre dello stesso anno, l’allora Ministro della salute italiano, Umberto Veronesi, istituisce la Commissione di studio per l’uso di cellule staminali per finalità terapeutiche, presieduta dal Prof. Renato Dulbecco. In particolare, il Ministro Veronesi pone ai 25 componenti la Commissione alcune questioni di ordine scientifico ed etico.
Nel rapporto finale, la Commissione, oltre ad elaborare le risposte ai quesiti posti dal Ministro Veronesi, esprime alcune raccomandazioni. Il gruppo di esperti sottolinea come sia un dovere della società favorire e sostenere la ricerca su tutte le fonti di cellule staminali, fermo restando il quesito etico relativo alle modalità per ottenere cellule staminali embrionali umane. Non impone pertanto vincoli di scelta ai ricercatori per le indagini verso la fonte che ritengono più consona alle proprie valutazioni scientifiche ed etiche. Per quanto riguarda le cellule staminali ricavate da embrioni, la maggioranza della Commissione suggerisce che sia consentito esclusivamente il ricorso a embrioni soprannumerari. A tal proposito viene inoltre raccomandata la necessità di un’indagine, nel più breve tempo possibile, che permetta di stabilirne il numero e la localizzazione. La Commissione inoltre rinvia alla necessità di elaborare una procedura per ottenere il consenso informato dalle coppie che, avendo acconsentito alla crioconservazione, non intendono più utilizzare quegli embrioni. Tali procedure devono prevedere l’esplicita esclusione di ogni forma di compenso o di riserva per la donazione. Viene infine proposto di elaborare un "Progetto nazionale di ricerca sulle cellule staminali" che si occupi di individuare apposite Linee guida per la redazione dei protocolli di ricerca, di monitorare l’andamento della ricerca - al fine di stabilire tempi e modalità di passaggio alla fase sperimentale clinica - e di indicare le opportune forme di coordinamento per la valutazione dei protocolli operativi. All’interno della Commissione si profilano poi le diverse posizioni sulla liceità morale della sperimentazione sugli embrioni umani, La Commissione pertanto preso atto dell’ampiezza e della radicalità di tale controversia, non abbraccia nessuna delle posizioni emerse, non ritenendo possibile dirimere un disaccordo che ha la sua radice in posizioni antropologiche filosoficamente e/o religiosamente fondate.
In relazione all'avvio del VI Programma Quadro di Ricerca dell'U.E., nel 2003, l’allora Ministro della Pubblica istruzione, Letizia Moratti, chiede il Parere del Comitato nazionale per la bioetica sulle ricerche utilizzanti embrioni umani e cellule staminali. Nel documento, la maggioranza dei componenti esprime parere negativo nei confronti di qualsiasi forma di sperimentazione che comporti o abbia comportato la distruzione di embrioni umani, richiamandosi fra l’altro al dettato della Convenzione di Oviedo. In particolare, nel parere si afferma che gli embrioni umani sono vite umane a pieno titolo che pertanto esiste il dovere morale di sempre rispettarli e sempre proteggerli nel loro diritto alla vita, indipendentemente dalle modalità con cui siano stati procreati e indipendentemente dal fatto che alcuni di essi possano essere qualificati soprannumerari, vale a dire embrioni che, non essendo stati utilizzati perché in eccedenza nella fecondazione medicalmente assistita, vengono congelati. Nel parere la sperimentazione sulle cellule staminali embrionali è pertanto giustificata unicamente se praticata nel loro specifico interesse e nel seppur rilevante interesse generale della società e della scienza. Il 6° Programma quadro UE per la ricerca è lo strumento per l’attuazione della politica comunitaria di ricerca e sviluppo tecnologico nella programmazione 2002-2006. Il PQ è proposto dalla Commissione europea e adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione. Il 6° PQ mira a contribuire alla creazione di un vero "Spazio europeo della ricerca", con la creazione di consorzi di ricerca europei ai quali partecipino gruppi di nazioni diverse. Per quanto riguarda le cellule staminali embrionali, diverse sono le posizioni legislative ed etiche degli Stati membri, per cui nell’aprile 2003, la Commissione presenta un rapporto sulle questioni etiche, scientifiche, legali e socio-economiche collegate alla ricerca sulle cellule staminali umane, in cui si evidenzia la necessità di definire linee guida per il finanziamento. Il documento esclude i finanziamenti per la clonazione umana, le modifiche trasmissive del patrimonio genetico umano e la creazione di embrioni ad hoc per fini di ricerca. A dimostrazione della delicatezza dell’argomento, contestualmente viene decisa una moratoria relativamente alla questione della liceità della ricerca su cellule staminali provenienti da embrioni esistenti ovvero eccedenti. Nel 2004 vengono infine ammessi i finanziamenti sulle cellule staminali embrionali soprannumerarie se aderiscono ai requisiti etici e legali stabiliti dal programma, a prescindere dalla data di derivazione delle linee di cellule staminali embrionali.
Il dibattito sulla liceità dell’uso delle cellule staminali embrionali per fini di sperimentazione e ricerca si collega ai quesiti e alle questioni sin qui esposti e trova una parziale sistematizzazione nella legge 19 febbraio 2004, n. 40, che regola la procreazione medicalmente assistita e l’utilizzo di embrioni umani ai fini di ricerca e sperimentazione. La disciplina recata dalla legge 40/2004 riguarda la sperimentazione sull’embrione intero e il suo trattamento per la produzione di linee cellulari. Non è presente alcun divieto esplicito per la ricerca su linee cellulari embrionali d’origine umana. D’altra parte, la legge nulla prevede circa l’utilizzo di cellule embrionali non prodotte in Italia. Il divieto dell’uso di cellule staminali embrionali ai fini di ricerca e sperimentazione è pertanto rinvenibile, seppur indirettamente, all’articolo 13, ove vieta qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano nonché la produzione di embrioni, utilizzabili per l’estrazione di linee cellulari embrionali. La ricerca clinica e sperimentale è infatti consentita soltanto per il perseguimento di finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative. L’articolo 13 della L. 40/2004 specifica inoltre che sono, comunque, vietate le attività dirette alla produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti diretta ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne le caratteristiche genetiche, interventi di clonazione sia a fini procreativi sia di ricerca nonché la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere. Per quanto riguarda gli embrioni crioconservati, l’articolo 14 Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni, vieta la crioconservazione e la soppressione di embrioni, ponendo come unica eccezione quella che potrebbe rendersi necessaria con l’applicazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza. In particolare, il comma 2 dell’articolo 14, non consente la creazione di un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 1 aprile-8 maggio 2009, n. 151 ha dichiarato, l'illegittimità della disposizione limitatamente alle parole “ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre”, sottolineando che la tutela dell’embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione. Dalla sentenza è pertanto derivato, seppur indirettamente, l’obbligo giuridico di crioconservare gli embrioni vitali generati in provetta e non più destinabili all’impianto in utero.
Il decreto del Ministro della salute del 4 agosto 2004 Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, ha in parte regolamentato la materia, senza tuttavia fornire indicazioni univoche circa la durata della crioconservazione, il costo per il mantenimento degli embrioni e la responsabilità in ordine alla loro conservazione. La Commissione di studio sugli embrioni crioconservati nei centri di P.m.a. (nominata con Decreto del Ministro del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali il 25 giugno 2009), è stata pertanto incaricata di indicare le soluzioni praticabili. La Relazione Finale della Commissione affronta le questioni di carattere giuridico, etico e scientifico relative alla conservazione degli embrioni nei centri di procreazione medicalmente assistita e alla formulazione del consenso informato da parte delle coppie sottolineando la necessità di modificare le attuali disposizioni normative relative all’istituzione della banca degli embrioni cosiddetti “abbandonati” e al loro trasferimento.
Infine, il 19 luglio 2006 al Senato viene approvata la Risoluzione (6-00004) n. 4 in relazione dell’esame, da parte del Consiglio dell’Unione europea del VII Programma quadro di attività comunitarie di ricerca e sviluppo tecnologico (2007-2013). La risoluzione impegna il Governo a sostenere sotto il profilo finanziario, in sede di Consiglio Europeo competitività, le ricerche che non implichino la distruzione di embrioni, valorizzando quindi la ricerca sulle cellule staminali adulte, comprese le cordonali, promuovendo al contempo la ricerca scientifica tesa ad individuare la possibile produzione di cellule staminali totipotenti non derivate da embrioni e a verificare la possibilità di ricerca sugli embrioni crioconservati non impiantabili. Viene inoltre ribadita la volontà di sostenere le ricerche e le iniziative comunitarie che, innalzando il livello di educazione scientifica della popolazione, contribuiscano a costruire una più completa cittadinanza attiva, anche sotto il profilo scientifico, promuovendo modalità innovative di coinvolgimento attivo dei cittadini nelle scelte di carattere scientifico e tecnologico che hanno effetti rilevanti per la loro vita e per quella delle generazioni future. All’interno del VII Programma quadro viene consentito il finanziamento della ricerca sull’utilizzazione delle cellule staminali umane, sia allo stato adulto che embrionale, a patto che siano tenuti in considerazione sia i contenuti della proposta scientifica che il contesto giuridico esistente nello Stato membro o negli Stati membri interessati. Resta vietato il finanziamento di attività di ricerca volte alla clonazione umana a fini riproduttivi, di quelle volte a modificare il patrimonio genetico degli esseri umani nonché delle attività indirizzate alla creazione di embrioni umani esclusivamente a fini di ricerca o per l’approvvigionamento di cellule staminali, anche mediante il trasferimento di cellule somatiche.
La legge finanziaria 2001 (L. 388/2000) all’articolo 92, comma 6, istituisce un fondo dell'ammontare 5 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003 per l'attuazione di un programma nazionale di ricerche sperimentali e cliniche sulle cellule staminali umane post-natali.
Il Programma viene gestito dalla Commissione Nazionale sulle Cellule Staminali, nominata dal Ministro della Salute, presieduta dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e composta da Membri selezionati tra i maggiori esperti italiani nel settore specifico. A seguito del Bando pubblico per i Progetti di Ricerca biennali (2003-05), vengono finanziati 82 Progetti, su un totale di 137 Progetti presentati. Al primo Bando ne segue un secondo concernente lo «Sviluppo di uno o più prototipi strutturali, organizzativi e gestionali di banche di cellule staminali umane», vinto nel 2003 dal centro-prototipo dell'Ospedale Maggiore di Milano. Il terzo bando non viene effettuato, poiché i fondi a disposizione sono esauriti. Fra i progetti vincitori del primo bando si ricordano quelli mirati all’identificazione delle cellule staminali primitive del cancro al colon e la messa a punto di un protocollo terapeutico per la distrofia muscolare basato sull’impiego di cellule staminali.
Come risulta dalla consultazione degli atti di indirizzo e controllo presentati nel corso della XV Legislatura, la procedura di assegnazione dei fondi fu ritenuta da più parti poco efficace, sia per la scarsa trasparenza collegata alla reale entità dei fondi assegnati, sia per il fatto che 7 dei progetti vincitori erano presentati da membri della stessa Commissione nazionale sulle cellule staminali. Lo stesso rappresentane del Governo nella risposta all’Interrogazione n. 5-00014 (on. Poretti) Procedure per l'aggiudicazione da parte della «Commissione sulle cellule staminali», istituita presso l'Istituto superiore di sanità presentata il 19 ottobre 2006 in Commissione Affari sociali della Camera nel corso della XV Legislatura, dichiarava che “a nostro avviso la disciplina della procedura seguita non garantisce adeguatamente la trasparenza. A tal proposito ci preme ribadire che è preciso intendimento del Ministro giungere, nel campo della ricerca medico-scientifica, a garantire l'adozione di procedure di valutazione per l'attribuzione dei finanziamenti che, similmente a quanto accade negli ambienti scientifici internazionali più qualificati, siano condotte nel rigoroso rispetto dei principi della trasparenza e dell'indipendenza”.
Successivamente, la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), all'articolo 1, comma 813, dispone, per gli anni 2007, 2008 e 2009, nell'utilizzazione delle risorse previste nella Tabella C allegata alla legge e destinate al finanziamento di progetti di ricerca sanitaria di cui all'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, un importo pari a 3 milioni di euro ciascuno per il finanziamento di progetti per il miglioramento degli interventi di diagnosi e cura delle malattie rare, il finanziamento di progetti per l'utilizzazione di cellule staminali e il finanziamento di progetti per la qualificazione ed il potenziamento delle attività di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Il Bando relativo al Programma di ricerca sanitaria 2008: attività di ricerca sulle cellule staminali, presentato nel maggio 2009 si è concluso nel 2010. I soggetti ammessi al finanziamento sono esclusivamente i destinatari istituzionali, ovvero: Regioni e Province autonome, Istituto superiore di sanità, Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati, Istituti zoo profilattici sperimentali. In ogni progetto inoltre deve essere garantita la presenza di almeno una unità operativa appartenente al SSN. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere università, CNR, altri enti di ricerca pubblici o privati, nonché le imprese pubbliche e private sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni da stipularsi con l’istituzione proponente, con particolare riferimento alle regioni. Al Programma sono destinate risorse pari a 8 milioni di euro (di cui 6 milioni di euro ai sensi della finanziaria 2007 e 2 milioni di euro provenienti da fondi dell’Istituto superiore di sanità). Un quarto dell’intera cifra è destinato a progetti eseguiti in collaborazione con laboratori di ricerca statunitense. Nell’agosto 2010 sono stati resi noti i progetti presentati ed i vincitori del bando attraverso pubblicazione sul sito web del Ministero della salute. Le aree tematiche indicate sono: la biologia delle cellule staminali come premessa per un impiego terapeutico e la cellula staminale come biomarcatore e bersaglio. Sono esplicitamente esclusi i progetti che prevedono l’utilizzo di cellule staminali embrionali di origine umana.
Sul punto si registrano numerosi interventi in Atti di indirizzo e controllo presentati nel corso della XVI Legislatura, fra le altre . Alcuni degli interpellanti chiedono infatti al Governo di chiarire la ragione dell’esclusione dei progetti contenenti la previsione dell’uso di staminali embrionali di origine umana: limitazione che si ritiene non giustificata dalla legge 40/2004, che vieta la distruzione di embrioni residui, ma non l’utilizzo in Italia di cellule staminali embrionali ottenibili dai laboratori internazionali.
Nel settembre del 2012 è stato avviato un Tavolo di lavoro sugli studi e l’utilizzo in Italia delle cellule staminali mesenchimali. Il Tavolo è stato istituito anche in seguito all'utilizzo della terapia a base di cellule staminali secondo il metodo Stamina presso gli Spedali Civili di Brescia. Il ricorso e la prosecuzione della terapia sono stati infatti oggetto di complessi e non omogenei interventi dei giudici ordinari e amministrativi.
Al tavolo partecipano tecnici del Ministero della Salute, dell’Aifa, dell’Istituto Superiore di sanità e del Centro Nazionale Trapianti allo scopo di raccogliere dati e informazioni relativi alle patologie trattate, le tipologie di tessuti e di cellule utilizzate, il numero di pazienti e gli effetti dei trattamenti. Contestualmente, come supporto scientifico al Tavolo di lavoro, è stato costituito un “board di saggi”. Il Ministro della salute Balduzzi ha sottolineato l'urgenza di completare il quadro normativo, anche con il coinvolgimento delle Regioni, e attivare strumenti che consentano al Ministero di comprendere l’eventuale efficacia delle terapie finora somministrate e la reale percentuale dei pazienti che ne hanno beneficiato. A tal fine è stato avviato un percorso per arrivare alla costituzione di un Registro sui trattamenti classificabili come “farmaceutici” e su quelli classificabili come “trapianti”, stabilendo al tempo stesso che sia reso disponibile un expertise per i professionisti.
Le cellule staminali mesenchimali sono cellule che hanno la capacità di differenziarsi, crescere e sono in grado di diventare osso, cartilagine o grasso. E' stato inoltre dimostrato che che sono in grado di interagire con il sistema immunitario. Per questo motivo vengono utilizzate all’interno di studi clinici sperimentali per il trattamento di alcune patologie che riguardano il sistema immunitario, come quelle che possono sorgere dopo un trapianto. In Italia esistono 13 Cell-Factory autorizzate da Aifa quali siti produttivi di medicinali per terapia cellulare da impiegarsi in protocolli clinici sperimentali.
La Corte di Giustizia dell'Unione europea, con la Sentenza nella causa C-34/10 Oliver Brüstle / Greenpeace eV ha disposto che non è brevettabile un procedimento che, ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, comporti la distruzione dell'embrione. L’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo può essere oggetto di brevetto ma la sua utilizzazione a fini di ricerca scientifica non è brevettabile.
Il sig. Oliver Brüstle è titolare di un brevetto, depositato il 19 dicembre 1997, relativo a cellule progenitrici neurali isolate e depurate, ricavate da cellule staminali embrionali umane utilizzate per curare le malattie neurologiche. Secondo le indicazioni fornite dal sig. Brüstle, ne esistono già applicazioni cliniche, segnatamente su pazienti affetti da morbo di Parkinson. Su domanda presentata da Greenpeace eV, il Bundespatentgericht (Tribunale federale in materia di brevetti) ha dichiarato la nullità del brevetto del sig. Brüstle, in quanto ha ad oggetto procedimenti che consentono di ottenere cellule progenitrici a partire da cellule staminali di embrioni umani. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), adito dal sig. Brüstle, ha deciso di interpellare la Corte di giustizia in merito all’interpretazione della nozione di embrione umano, non definita dalla direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Si tratta di sapere se l'esclusione della brevettabilità dell'embrione umano riguardi tutti gli stadi della vita a partire dalla fecondazione dell'ovulo o se debbano essere soddisfatte altre condizioni, ad esempio che sia raggiunto un determinato stadio di sviluppo.
In sede di esame della nozione di embrione umano, la Corte sottolinea innanzitutto che essa non è chiamata ad affrontare questioni di natura medica o etica, ma che deve limitarsi ad un’interpretazione giuridica delle pertinenti disposizioni della direttiva. Il contesto e la finalità di quest'ultima rivelano che il legislatore dell’Unione ha inteso escludere qualsiasi possibilità di ottenere un brevetto quando il rispetto dovuto alla dignità umana può esserne pregiudicato. Ne risulta, secondo la Corte, che la nozione di «embrione umano» deve essere intesa in senso ampio. Pertanto, la Corte considera che sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un «embrione umano», dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano. Deve essere riconosciuta questa qualificazione di «embrione umano» anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi. Anche se tali organismi non sono stati oggetto, in senso proprio, di una fecondazione, essi, per effetto della tecnica utilizzata per ottenerli, sono tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano come l’embrione creato mediante fecondazione di un ovulo.
Per quanto riguarda le cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti – alle quali si riferisce l'invenzione oggetto del brevetto – la Corte constata che spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione degli sviluppi della scienza, se esse siano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e, di conseguenza, rientrino nella nozione di embrione umano.
La Corte esamina poi se la nozione di utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, non brevettabili, includa anche l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica. Quanto a quest'ultima utilizzazione, la Corte osserva che il fatto di accordare a un’invenzione un brevetto implica, in linea di principio, lo sfruttamento industriale e commerciale della stessa. Orbene, anche se lo scopo di ricerca scientifica deve essere distinto dai fini industriali e commerciali, l’utilizzazione di embrioni umani a fini di ricerca che sia oggetto della domanda di brevetto non può essere scorporata dal brevetto medesimo e dai diritti da esso derivanti. A tale riguardo, l’utilizzazione, oggetto di una domanda di brevetto, di embrioni umani a fini di ricerca scientifica non può essere distinta da uno sfruttamento industriale e commerciale e, pertanto, sottrarsi all’esclusione dalla brevettabilità. Di conseguenza, la Corte conclude che la ricerca scientifica che implichi l’utilizzazione di embrioni umani non può ottenere la protezione del diritto dei brevetti. La Corte ricorda tuttavia che la brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali non è vietata, in forza della direttiva, ove riguardi l’utilizzazione a fini terapeutici o diagnostici che si applicano e che sono utili all’embrione umano – ad esempio per correggere una malformazione e migliorare le sue prospettive di vita.
Infine, la Corte risponde alla questione della brevettabilità di un’invenzione relativa alla produzione di cellule progenitrici neurali. Essa sottolinea, da un lato, che quest'ultima presuppone il prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, e, dall'altro, che il prelievo comporta la distruzione dell'embrione. In conclusione, la Corte reputa che un'invenzione non possa essere brevettata qualora l’attuazione del procedimento richieda, in via preliminare, la distruzione di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza, anche ove, in sede di domanda di brevetto, la descrizione di tale procedimento, come nel caso di specie, non menzioni l’utilizzazione di embrioni umani.