Cerca nel sito

dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

Vai alla Legislatura corrente >>

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Fine contenuto

MENU DI NAVIGAZIONE DEL DOMINIO PARLAMENTO

INIZIO CONTENUTO

MENU DI NAVIGAZIONE DELLA SEZIONE

Salta il menu

Strumento di esplorazione della sezione Documenti Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Temi dell'attività Parlamentare

Arabia Saudita: scheda politico-parlamentare

Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo, l’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, retta dalla dinastia saudita. Non esiste infatti una Costituzione scritta e la legge islamica (Sharia) è la fonte legislativa principale, mentre tre decreti reali del 1° marzo 1992 hanno stabilito una legge fondamentale dell’ordinamento del Regno, definendo gli organi di governo locale e centrale. A livello centrale è presente un consiglio consultivo (Majlis Al Shura) attualmente composto (a seguito dell’ultima riforma del 2005) da centocinquanta membri maschi di nomina reale, scelti tra “uomini di scienza ed esperienza”, più il presidente. Il Consiglio è però privo di poteri legislativi, nelle mani del monarca e lde governo. Il potere esecutivo è esercitato dal consiglio dei ministri. Le funzioni di primo ministro sono esercitate dal re, assistito da uno o più vice-primi ministri. Il re ha potere di veto sulle decisioni del consiglio dei ministri entro 30 giorni. I decreti del 1° marzo 1992 hanno stabilito anche gli organi di governo municipali. Nell’ottobre 2003 il governo ha annunciato che elezioni a livello locale si sarebbero svolte per la prima volta nel 2004, con l’impegno a far seguire le elezioni nelle città maggiori e quelle di parte del consiglio consultivo. Le elezioni locali, a suffragio solo maschile, si sono poi svolte nel 2005. Le successive elezioni locali, previste per il 2009, sono state posticipate di due anni.

Secondo Freedom House, l’Arabia Saudita è uno “Stato non libero”, non in possesso del requisito di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 la indica come “regime autoritario”.

Per quel che concerne l’esercizio concreto delle libertà politiche e civili, fonti internazionali indicano come la costituzione di partiti politici di associazioni in Arabia Saudita risulti proibita (movimenti di opposizione sono presenti solo in esilio all’estero, in particolare a Londra, mentre agli inizi del 2004 sono stati arrestati i promotori di un’associazione indipendente per la tutela dei diritti umani).  Anche la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero risulterebbe limitata dallo stretto controllo governativo di tutti gli organi di stampa, la cui proprietà sarebbe riconducibile in larga parte ad esponenti della famiglia reale.

Secondo Human Rights Watch, susciterebbe particolare preoccupazione la condizione dei diritti delle donne in Arabia Saudita. Il sistema giuridico saudita prevede infatti una sorta di tutela legale dei familiari maschi sulle donne, in base al quale queste non possono lavorare, studiare, sposarsi, viaggiare o sottoporsi a determinati trattamenti medici senza l’autorizzazione del familiare maschio.

L’Islam sunnita è religione di Stato e la legge richiede che tutti i cittadini sauditi siano musulmani; il culto pubblico delle altre religioni è proibito ed anche quello dell’islam sciita e dei riti sufi è soggetto a restrizioni; nell’ottobre 2009 è stata proibita la costruzione di moschee sciite. Per quanto la legislazione saudita consenta ai non musulmani il culto privato, questo risulta soggetto in concreto a restrizioni.

La situazione politica

Re dell’Arabia Saudita, dalla morte nel 2005 di Re Fahd, è Abdullah Ibn Abdulaziz Al-Saud (n. 1924); principe ereditario è Sultan Ibn Abdulaziz Al Saud (n. 1926), che è anche primo vice-primo ministro e ministro della difesa e dell’aviazione; secondo vice-primo ministro e ministro dell’interno è il principe Nayef Ibn Abdulaziz Al Saud. La famiglia reale saudita è composta da circa 8.000 membri.

Con riferimento agli indicatori economici e sociali assunti come possibile chiave interpretativa dei recenti avvenimenti in Medio Oriente e Nord Africa si segnala che in Arabia Saudita il PIL pro capite nel 2009 risulta di 14.871 dollari; il tasso di incremento demografico è risultato nel periodo 2000-2005 di circa il 2,1 per cento mentre quello di urbanizzazione di circa il 2,9 per cento. La percentuale di popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni risulta del 19 per cento, mentre quella compresa tra i 15 e i 29 anni del 28 per cento; il tasso di scolarizzazione secondaria è del 73 per cento, mentre la disoccupazione giovanile è del 16,3 per cento (12,2 maschile e 32,4 femminile). Secondo OpenNet Initiative, ad utilizzare Internet in Arabia Saudita è circa il 38 per cento della popolazione (e due terzi degli utenti sarebbero donne, come reazione alle numerose restrizione da queste incontrate nella vita pubblica).  

Fin qui l’Arabia Saudita è stata toccata solo marginalmente dalle proteste in Nord Africa e Medio Oriente. Si riporta di seguito una sintetica cronologia degli ultimi eventi:

10 febbraio: nove militanti sauditi annunciano su Internet la costituzione del primo partito politico saudita, “partito della nazione islamica”; viene lanciato su Facebook l’appello per manifestazioni di protesta nella giornata dell’11 marzo.

23 febbraio: dopo un periodo di cure in Marocco e USA, re Abdallah rientra in Arabia Saudita e annuncia un programma di sussidi e incentivi per circa 37 milioni di dollari, nonché la trasformazione in contratti a tempo indeterminato di tutti i contratti dell’amministrazione pubblica a tempo determinato

9 marzo: mentre professionisti, accademici e attivisti per i diritti umani firmano tre diverse petizioni per richiedere riforme nella costituzione del regno, si registrano proteste di appartenenti alla minoranza sciita (circa il 10 per cento della popolazione locale) nella regione petrolifera orientale di Qatif. Gli appartenenti alla minoranza sciita chiedono maggiore libertà religiosa e di essere rappresentati nel consiglio consultivo, negli apparati di sicurezza e nelle istituzioni

11 marzo: l’imponente spiegamento di forze di polizia fa sostanzialmente fallire le manifestazioni di protesta convocate tramite un appello su Facebook.

14 marzo:  in attuazione di una decisione del consiglio di cooperazione del Golfo (organizzazione internazionale di cooperazione economica e politica composta da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Oman, Bahrain), truppe dell’Arabia Saudita entrano in Bahrain d’accordo con il governo dell’isola per contribuire al “ristabilimento della sicurezza e della tutela delle infrastrutture energetiche”. Anche forze di polizia degli Emirati Arabi Uniti affluiscono in Bahrain.

 

 

 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: “Stato non libero” (Freedom House); “regime autoritario” (Economist)

Indice della libertà di stampa: 157 su 178

Libertà religiosa: gravi violazioni e violenza da parte delle istituzioni (ACS); mancanza di riconoscimento e protezione nella legislazione e gravi restrizioni nella pratica (USA)

Corruzione percepita: 50 su 178

Variazione PIL 2009: + 0.6 per cento



[1] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).