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Temi dell'attività Parlamentare

Kosovo: scheda-paese politico-parlamentare

Il quadro istituzionale

L’indipendenza della Repubblica del Kosovo, proclamata nel febbraio 2008, è stata riconosciuta come non incompatibile con il diritto internazionale dalla Corte internazionale di giustizia il 22 luglio 2010.

In base alla costituzione approvata nel 2008, la repubblica del Kosovo è uno Stato indipendente, sovrano, democratico e indivisibile. La forma di governo è quella parlamentare.

In particolare il parlamento monocamerale, l’Assemblea nazionale, è composto da 120 deputati eletti per quattro anni con un sistema elettorale proporzionale in un collegio unico nazionale con uno sbarramento del 5 per cento. Dei 120 seggi dell’Assemblea nazionale 20 sono riservati alle minoranze etniche (10 dei quali alla minoranza serba).

Il presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea nazionale; per l’elezione è necessaria una maggioranza dei due terzi dei deputati nei primi due scrutini, dopo i quali si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati nel secondo scrutinio; nel ballottaggio risulta eletto il candidato che ottiene più voti. Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità dello Stato ed è garante della Costituzione; promulga le leggi e può rinviarle all’Assemblea nazionale per una nuova deliberazione (tale diritto può essere esercitato però solo una volta per legge), dirige la politica estera del paese.

Il governo è composto dal primo ministro, dai vice primo ministro e dai ministri. Il primo ministro è nominato dal Presidente della Repubblica dopo aver consultato il partito o la coalizione di partiti che detiene la maggioranza dell’Assemblea nazionale. La nomina del governo deve essere confermata dal voto della maggioranza dei deputati dell’Assemblea nazionale. La mozione di sfiducia può essere presentata da un terzo dei componenti dell’Assemblea nazionale e deve essere approvata dalla maggioranza dei deputati dell’Assemblea nazionale.

Significative per l’assetto istituzionale del Kosovo risultano poi la presenza della missione ONU Unmik e della missione dell’Unione europea EULEX. La prima, istituita al termine delle operazioni militari NATO del 1999, con la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1244/1999 ha abbandonato, con lo sviluppo delle istituzioni di autogoverno del Kosovo, il suo ruolo direttamente esecutivo per assumere un ruolo di monitoraggio e di supporto delle istituzioni kosovare. La seconda, istituita nel 2008, ha compiti di assistenza delle autorità kosovare per l’edificazione dello stato di diritto, in particolare nei settori della polizia, giudiziario e delle dogane. Eulex ha altresì ereditato in questi settori da Unmik alcuni compiti esecutivi (in particolare la possibilità di annullare decisione delle autorità kosovare). In Kosovo è anche presente la missione militare internazionale a guida NATO KFOR (con circa 650 militari italiani).

Per Freedom House, il Kosovo è uno Stato “parzialmente libero”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit non classifica il Kosovo, alla luce del suo status internazionale ancora controverso (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”). La Costituzione riconosce le libertà fondamentali di religione, di riunione, di associazione, di manifestazione del pensiero e di stampa, prevedendo limitazioni delle stesse, da esplicitare per legge, solo al fine di evitare l’incoraggiamento dell’odio e della violenza a sfondo etnico, razziale o religioso. La Costituzione prevede altresì la diretta applicabilità in Kosovo dei principali accordi in materia di diritti umani quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, i patti internazionali per i diritti umani dell’ONU. Secondo alcuni osservatori, l’esercizio concreto di tali libertà risulta in molteplici occasioni ostacolato dalla mancanza di sicurezza, in particolare per le minoranze serba e rom e, in alcuni casi, per rappresentanti dei media indipendenti. Al riguardo, merita però segnalare che le elezioni municipali del 2009 appaiono aver rappresentato un progresso nell’integrazione delle minoranze del nuovo Stato, come testimoniato dalla partecipazione della minoranza serba (24 per cento), significativa se paragonata al boicottaggio precedente (soprattutto se si tiene anche conto del fatto che, rispetto al valore medio, ancora più alta è risultata la partecipazione nelle enclaves serbe nel Sud del Kosovo, mentre nella zona a predominanza serba di Mitrovica, nel Nord, la partecipazione è risultata più bassa). Questa tendenza è stata confermata dalle recenti elezioni politiche anticipate del dicembre 2010. Il rapporto del segretario generale dell’ONU dell’ottobre 2010 sulla situazione in Kosovo evidenzia comunque, e nonostante i progressi nel processo di decentramento, l’”assenza di significativi processi di riconciliazione” tra le comunità (per dettagli cfr. infra) L’assetto istituzionale del Kosovo appare poi influenzato dalla pervasività della corruzione: secondo l’indice della corruzione percepita redatto dall’organizzazione internazionale Transparency International il Kosovo risulta 110° su un totale di 178 paesi.

 

La situazione politica interna

Presidente della Repubblica, è, dal 7 aprile 2011, Atifefe Jahjaga (n. 1975), già vice-capo della polizia locale. Successivamente alle elezioni politiche anticipate del 12 dicembre 2010, primo ministro è stato confermato, nel febbraio 2010, Hashim Thaci (n. 1968), alla guida di una coalizione tra il suo Partito democratico del Kosovo (PDK), l’alleanza per il nuovo Kosovo (AKR) guidata dal miliardario Pacolli e altri piccoli partiti rappresentanti della minoranza serba.

Le elezioni politiche anticipate erano state la conseguenza delle dimissioni, il 27 settembre 2010, dell’allora presidente del Kosovo Sedju. Il presidente Sedju, leader della Lega democratica del Kosovo (LDK fondata dal leader storico kosovaro Ibrahim Rugova) si era dimesso a seguito della decisione della Corte costituzionale kosovara che ha sancito l’incompatibilità tra la funzione di Capo dello Stato e quella di leader del partito. Conseguentemente, il partito di Sedju ha abbandonato la coalizione di governo, determinando le elezioni anticipate. Partner di governo della lega democratica del Kosovo e partito di maggioranza relativa risultava essere il partito democratico del Kosovo, PDK, guidato dal primo ministro Thaci, già leader del movimento UCK, che nel 1998, in alternativa alla strategia non-violenta di Rugova, intraprese la lotta armata contro  la presenza serba nella regione.

Il partito di Thaci si è confermato partito di maggioranza relativa nelle elezioni del 12 dicembre con il 33,5 per cento dei voti. La lega democratica del Kosovo ha ottenuto il 23,6 per cento dei voti. A sorpresa ha ottenuto il 12,2 per cento dei voti anche il partito Vetevendosje (Autodeterminazione) guidato da Albin Kurti e sostenitore dell’unificazione tra Kosovo e Albania nella “Grande Albania”. Presenti in parlamento sono anche l’Alleanza per il futuro del Kosovo dell’ex premier Ramush Haradinaj, sotto processo al Tribunale internazionale dell’Aja per crimini di guerra, con il 10,8 per cento dei voti e l’Alleanza per il nuovo Kosovo guidata dal miliardario Behgjet Pacolli con il 7,1 per cento dei voti.

Secondo osservatori internazionali (tra cui l’ENECO, L’European Network of Election Monitoring Organization) durante il voto si sarebbe verificato un numero significativo di irregolarità. Il 9 e il 23 gennaio si è proceduto ad una ripetizione delle operazioni di voto in sei località. I risultati definitivi sono stati resi noti il 31 gennaio e confermano con lievi modifiche quelli di dicembre, pur facendo registrare un diminuzione di oltre un punto percentuale dei voti del PDK e un aumento di un punto percentuale dei risultati della LDK.

La crisi politica ha trovato un primo sbocco con l’accordo tra Thaci e Pacolli dello scorso febbraio che ha consentito la conferma del primo alla carica di primo ministro e l’elezione del secondo alla carica di Presidente della Repubblica. Tuttavia, il 28 marzo, la Corte costituzionale kosovara ha annullato l’elezione di Pacolli alla Presidenza della Repubblica in quanto non sarebbe stato rispettato il quorum richiesto di due terzi dei voti per l’elezione. A seguito delle dimissioni di Pacolli, il 30 marzo, un accordo tra PDK, AKR e il principale partito di opposizione, LDK ha consentito, il 7 aprile, l’elezione a Presidente della Repubblica della Jahjaga, prima donna e primo esponente non appartenente a nessun partito a ricoprire tale incarico. Inoltre, i principali partiti kosovari hanno raggiunto un accordo per modificare la Costituzione al fine di consentire l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e per procedere ad elezioni presidenziali entro diciotto mesi.

La situazione politica kosovara successiva alle elezioni è stata poi agitata dalle accuse rivolte dal relatore del Consiglio d’Europa sulla situazione in Kosovo Dick Marty che a metà dicembre ha denunciato in un suo rapporto il coinvolgimento del primo ministro kosovaro Thaci e di altri ex-comandanti dell’UCK in un traffico di organi durante il conflitto del 1998-1999.

Nel frattempo hanno preso avvio, l’8-9 marzo, i negoziati diretti tra Serbia e Kosovo mediati dall’Unione europea. I negoziati fanno seguito alla risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU del 9 settembre 2010, proposta dalla Serbia e sostenuta dagli Stati dell’Unione europea a sostegno del negoziato. Si sono fin qui svolti tre round negoziali: l’8-9 marzo, il 28 marzo e a metà aprile. I negoziati si sono soffermati principalmente su questioni tecniche e progressi si sono fin qui registrati sulle questioni energetiche e sui diritti di proprietà terriera.

Come già sopra si è accennato, il segretario generale dell’ONU nel suo rapporto sulla situazione in Kosovo dell’ottobre 2010 ha evidenziato le persistenti tensioni nei rapporti con le minoranze e, in particolare, l’instabilità nella regione settentrionale di Mitrovica, dove è concentrata la minoranza serba. Tale situazione, secondo l’ONU, rischia di essere ulteriormente deteriorata dagli accordi recentemente stipulati dal governo kosovaro con governi europei per il rientro di appartenenti a minoranze etniche di origine kosovara, quali quella Rom e quella serba. A questo proposito merita ricordare che, ancora nel mese di aprile, le operazioni di censimento della popolazione sono state boicottate nel Nord del Paese.

Lo scorso giugno l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha sottolineato la necessità di una maggiore cooperazione delle autorità kosovare nelle indagini per crimini di guerra, così come un loro maggiore impegno nella tutela delle minoranze e nel ritorno sicuro dei profughi.

Nel novembre 2010 nel suo rapporto annuale la Commissione europea ha evidenziato la persistente debolezza del sistema giudiziario kosovaro.

Il Fondo monetario internazionale ha stimato, per il 2010, un incremento del PIL del Kosovo del 4 per cento.

 

Indicatori internazionali sul paese[i]:

Libertà politiche e civili: “Stato parzialmente libero” (Freedom House);

Indice della libertà di stampa: 92 su 178

Libertà religiosa: (ACS); generale rispetto nella pratica, tendenza alla diminuzione negli scontri interreligiosi (USA)

Libertà di Internet: -

Corruzione percepita: 110  su 178

Variazione PIL: 2009 + 2,86 per cento; 2010: + 4,01 per cento (stima)

Libertà economica: -




[i]   Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la condizione della libertà economica come riportata dall’Heritage Foundation; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).