Il quadro istituzionale
Dal punto di vista della forma di Stato e di governo, l’Iran è, sulla base della Costituzione approvata con referendum nel 1979, una repubblica islamica. Una posizione preminente nell’ordinamento costituzionale iraniano è occupato dal leader spirituale (wali faqih). I poteri di designazione (e di revoca) del leader spirituale sono detenuti dall’Assemblea degli esperti, corpo di 86 membri eletti popolarmente con un mandato di otto anni. Le candidature per le elezioni devono essere approvate dal Consiglio dei guardiani, composto da dodici membri, sei nominati dal Leader spirituale e sei dal potere giudiziario.
Il potere legislativo è detenuto, nei fatti, dall’Assemblea consultiva islamica e dal Consiglio dei guardiani. Infatti le leggi approvate dall’Assemblea consultiva islamica, composta da 290 membri, eletti per quattro anni a suffragio universale maschile e femminile (partecipato al voto tutti i cittadini con più di 17 anni) con un sistema maggioritario uninominale a turno unico, devono essere sottoposte all’approvazione del Consiglio dei guardiani. I conflitti tra Assemblea consultiva e Consiglio dei guardiani, sono sottoposti ad un organo terzo, il Consiglio per il discernimento. Anche le candidature all’Assemblea consultiva islamica devono essere approvate dal Consiglio dei guardiani (per una sintesi dell’assetto istituzionale iraniano cfr. infra grafico 1).
Per Freedom House, l’Iran è uno “Stato non libero”, privo dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “regime autoritario” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul paese”).
Per quel che concerne il rispetto in concreto delle libertà politiche e civili, osservatori internazionali evidenziano come l’effettiva competizione politica risulti impedita dal controllo esercitato dal Consiglio dei guardiani sulle candidature. La libertà di associazione e di costituzione di partiti politici è riconosciuta dalla Costituzione, purché si rispettino i principi fondamentali di “libertà, sovranità e unità nazionale”; nella prassi, e contraddicendo il dettato normativo, il Ministero dell’interno richiede un’autorizzazione per la costituzione di associazioni. Ciononostante, e nonostante ondate periodiche di arresti, la società civile iraniana appare vivace. La libertà di manifestazione appare limitata dal divieto previsto dalla Costituzione di manifestazioni che “contraddicano i principi islamici”. Peraltro, previsioni normative di contrasto dei “comportamenti immorali” consentono alle forze dell’ordine di interrompere anche riunioni in abitazioni private. Anche la libertà di espressione appare significativamente limitata: lo Stato controlla direttamente tutte le trasmissioni radio e televisive. Le antenne paraboliche risultano proibite, anche se generalmente tollerate di fatto (per quanto si registrino periodicamente ondate di confisca di antenne). Le autorità emettono periodicamente ordinanze apposite per impedire la copertura da parte di media e giornalisti di determinati eventi. I giornalisti e gli operatori dei media appaiono facilmente perseguibili grazie alla genericità delle fattispecie penali per le quali possono essere incriminati, quali le “offese all’Islam” e il “danno ai fondamenti della repubblica islamica”, oltre che l’”uso di fonti sospette”. Anche la libertà religiosa appare limitata in Iran, dove risulta presente un’apposita corte per il clero con il compito di controllare le attività di religiosi islamici eterodossi. Anche le attività delle minoranze religiose riconosciute (musulmani sunniti; ba’hai; zoroastriani; ebrei; cristiani) appaiono sottoposte a limitazioni e controlli.
La presenza di Internet in Iran appare pervasiva e le moderne tecnologie informatiche rappresentano una delle poche fonti di informazione indipendenti per la cittadinanza. Al tempo stesso, il governo iraniano ha sviluppato un pervasivo sistema di censura e controllo di Internet. Nel rapporto Freedom of the Net 2011 di Freedom House, l’Iran, classificato “Stato non libero”, ha ottenuto il peggior punteggio tra i trentasette Stati monitorati. Anche OpenNet Initiative giudica il filtraggio dei siti Internet operato dal governo iraniano “pervasivo” in materia politica e sociale e “sostanziale” sui temi del conflitto e della sicurezza.
La situazione politica e sociale
Dalla morte del fondatore della Repubblica islamica, l’Ayatollah Khomeini, nel 1989, ricopre la carica di leader spirituale Seyed Ali Khamenei (n. 1939). Presidente della Repubblica, eletto per la prima volta nel 2005 e confermato nelle contestate elezioni del 2009, è Mahmoud Ahmadinejad (n. 1956).
L’ultima assemblea consultiva islamica è stata invece eletta nell’aprile 2008 (per gli orientamenti politici all’interno dell’Assemblea cfr. infra tabella 1); le prossime elezioni legislative sono previste per il 2012.
Le proteste che hanno interessato Nord Africa e Medio Oriente hanno fin qui coinvolto solo marginalmente l’Iran, il quale vive ancora in una situazione politica segnata dalla repressione nel 2009 dell’”onda verde”, il movimento di protesta contro la contestata rielezione di Ahmadinejad alla Presidenza della Repubblica. In occasione delle recenti rivolte peraltro, il regime ha espresso sostegno (1-2 febbraio) al movimento popolare egiziano che ha condotto alle dimissioni di Mubarak, auspicando l’instaurazione nella regione di un regime islamico. Al tempo stesso, i leader dell’Onda verde, i candidati sconfitti alle elezioni presidenziali del 2009 Mir Hussein Mussavi e Ahmed Karrubi hanno convocato una manifestazione il 14 febbraio di solidarietà con i manifestanti egiziani, che in realtà rappresentava una nuova sfida al regime. La manifestazione è stata repressa dalle forze dell’ordine; gli stessi Mussavi e Karrubi sono stati posti agli arresti domiciliari alla vigilia della stessa (11 febbraio) e il Parlamento iraniano il 15 febbraio ha chiesto l’impiccagione dei due leader. Altre manifestazioni, egualmente represse, si sono verificate il 20 febbraio e il 1° marzo e quindi, con minore intensità nei martedì successivi fino al capodanno persiano (il 21 marzo). Nel frattempo, all’interno del regime emergono crescenti differenziazioni: l’8 marzo l’ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani, che aveva assunto una posizione intermedia tra quella del regime e l’Onda verde, ha rassegnato le dimissioni dall’Assemblea degli esperti ed è stato sostituito da un esponente conservatore Mahdavi Khani. Ma anche all’interno dello schieramento conservatore stanno emergendo crescenti differenziazioni tra i sostenitori di Khamenei e quelli di Ahmadinejad. Fin dalla fine del 2010 è infatti emerso il tentativo di Ahmadinejad di rafforzare i poteri dell’esecutivo ai danni del Parlamento, guidato da Ali Larjani, più vicino a Khamenei. La contesa è esplosa con il rifiuto del governo di attuare alcuni stanziamenti di spesa decisi dal Parlamento, nonostante il sostegno al Parlamento espresso dal consiglio del discernimento e dalla guardia rivoluzionaria. Un nuovo scontro si è verificato a metà novembre 2010 quando il Parlamento ha rimosso Ahmadinejad dalla guida della banca centrale, mentre alcuni parlamentari hanno iniziato a richiedere la sua messa in stato di accusa. Da ultimo, il 17 aprile 2011 Khamenei non ha ratificato le dimissioni del ministro per i servizi segreti Moshlei richieste da Ahmadinejad. Agli inizi di maggio, inoltre, persone vicine al presidente sono state arrestate con l’accusa dell’esercizio di “poteri soprannaturali”. Tra queste vi sarebbe anche il capo dello staff del Presidente, ritenuto assai influente, Esfandiar Mashai. Sullo sfondo vi sarebbe l’adesione di Mashai, e forse dello stesso Ahmadinejad, a correnti millenaristiche che ritengono di essere in contatto con il dodicesimo imam nascosto, scomparso nell’874 e il cui ritorno è atteso dagli sciiti. Tali correnti annunciano il ritorno dell’imam come prossimo e, in virtù del loro contatto diretto, ritengono superflue l’intermediazione dei religiosi. Il 13 giugno il Consiglio dei guardiani ha giudicato incostituzionale la nomina da parte del presidente Ahmadinejad di un ministro delle infrastrutture.
La politica estera iraniana è invece ancora caratterizzata dallo stallo dei negoziati con la comunità internazionale sulla questione nucleare (anche i nuovi colloqui svoltisi a Istanbul il 21-22 gennaio si sono risolti in un nulla di fatto). Peraltro, a fine febbraio, il governo iraniano ha comunicato all’AIEA la decisione di bloccare l’attivazione della centrale per la produzione di energia nucleare civile di Busher, realizzata in cooperazione con la Russia. L’avvio dell’operatività della centrale è ora previsto per il prossimo giugno. Secondo alcune fonti, all’origine dei problemi della centrale vi potrebbero essere le conseguenze dell’attacco informatico subito dall’Iran nel settembre-ottobre 2010 ad opera del virus Stuxnet, che sarebbe stato ideato da esperti USA e israeliani per rallentare il programma nucleare iraniano; il medesimo virus avrebbe anche rallentato il programma per lo sviluppo di tecnologie militari nucleari, procrastinando la possibilità per l’Iran di realizzare armamenti nucleari al 2015. I cambiamenti in corso nella regione stanno poi influenzando la politica estera iraniana: il consiglio supremo militare egiziano, che ha assunto la guida dell’Egitto dopo le dimissioni di Mubarak, ha autorizzato, il 22 febbraio, il passaggio nel canale di Suez di navi militari iraniane dirette in Siria (per la priva volta dal 1979).; il 21 marzo l’Iran ha poi invitato al ritiro le truppe saudite penetrate in Bahrein per sostenere il governo dell’emiro sunnita contro le proteste popolari (in Bahrain la maggioranza della popolazione è sciita); il 3 aprile il Consiglio di cooperazione del Golfo ha accusato l’Iran di fomentare le proteste in Bahrein, mentre il 17 aprile gli USA hanno accusato l’Iran di partecipare alla repressione delle proteste in Siria.
Indicatori internazionali sul paese[1]
libertà politiche e civili: Stato “non libero” (Freedom House); “regime autoritario” (Economist)
libertà di stampa: 175 su 178
libertà religiosa: gravi limitazioni alla libertà religiosa e violenza da parte delle istituzioni (ACS); restrizioni severe alla libertà religiosa (USA)
libertà di Internet: “filtraggio” pervasivo in materia politica e sociale
Corruzione percepita: 146 su 178
variazione PIL: 2009: + 0,06 (stima); 2010: + 1,02 (stima)
Tabella 1: la composizione dell’Assemblea islamica iraniana (elezioni del 2008)[2]
Orientamento politico | Numero seggi |
Conservatori pro-Ahmadinejad | 117 |
Conservatori anti-Ahmadinejad | 53 |
Riformisti | 46 |
Indipendenti | 71 |
Seggi annullati | 3 |
Totale | 290 |
Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, Arab Reform Bulletin –Carnegie endowment for international peace, Brookings Institution, Economist Intelligence Unit, Agenzie di stampa
Tabella 2: Movimento, personalità e gruppi di interesse iraniani[3]
Conservatori | |
Ali Khamenei | Attuale Guida Suprema iraniana, Khamenei partecipò alla rivoluzione dello Ayatollah Khomeini nel 1979 e fu un organizzatore della Guardia Rivoluzionaria. Tra il 1981 e il 1989 fu eletto Presidente e successivamente indicato come il successore di Khomeini (solo dopo la designazione da parte di Khomeini il suo rango religioso venne elevato da “Hojjat ol-Islam” a “Ayatollah”). Generalmente non interferisce nelle questioni legate alla politica quotidiana, intervenendo solamente qualora sia necessario risolvere dispute faziose o ammansire le critiche popolari. Viene considerato un conservatore-moderato per quanto riguarda la politica interna, ma intransigente sulla politica estera, in particolare nei confronti di Israele e degli Stati Uniti. Relativamente alle questioni economiche, ha adottato una posizione contraria al controllo statale dell’economia. Il suo secondogenito, Mojtaba, viene spesso indicato come il suo probabile successore. |
Ali Akbar Hashemi-Rafsanjani | Ecclesiastico di medio livello, ed uno dei più ricchi uomini del Paese, fu presidente del Parlamento tra il 1981 e il 1989 e Presidente dal 1989 al 1997. E’ alla guida del Consiglio per il Discernimento, ma è stato costretto nel marzo 2011 alle dimissioni dall’altra carica ricoperta, quella di Presidente dell’Assemblea degli Esperti. I rapporti con Ahmadinejad si lacerarono quando il presidente iraniano accusò Rafsanjani di corruzione durante la campagna elettorale del 2009; in seguito a questo episodio, vari membri della sua famiglia vennero arrestati. |
Presidente Mahmoud Ahmadinejad | Presidente iraniano dal 2005, rieletto per il secondo mandato il 12 giugno 2009, ha assunto la carica il 5 agosto di quell’anno, ma non è ancora stato riconosciuto dalla maggior parte dei sostenitori del Movimento Verde. |
Ali Larijani | Dal 2008 è presidente del Parlamento, mentre dal 1994 al 2004 ha ricoperto la carica di Capo della televisione di Stato. Fu ministro della cultura e dell’orientamento islamico nel 1993, capo del Consiglio Nazionale Supremo di Sicurezza e Capo negoziatore sul nucleare dal 2005 al 2007. Da un punto di vista politico è vicino a Khamenei, ma ha denunciato i brogli nelle elezioni del 2009, pur sostenendo gli arresti degli esponenti dell’”Onda verde”; fratello del capo dell’ordine giudiziario potrebbe essere un candidato alla Presidenza nel 2013. |
Mohammad Baqer Qalibaf | Sindaco di Teheran, fu comandante delle forze aeree della Guardia Rivoluzionaria e capo della polizia; conservatore-moderato, alleato di Larijani e duro critico di Ahmadinejad, contro il quale corse per la carica di presidente nel 2005; potrebbe ricandidarsi nel 2013. |
Anziani esponenti del clero sciita | La maggior parte dei clericali anziani si trova nella città di Qom, e tra di essi figurano molti Grandi Ayatollah, per lo più “quietisti”, e cioè a favore di un’astensione dal diretto coinvolgimento in politica. Alcuni di essi, come Shirazi, Musavi-Ardabili e Sanei, hanno duramente criticato la rottura tra il regime e l’opposizione; altri, invece, tra cui l’ayatollah Yazdi, fondatore della scuola Haqqani e mentore spirituale di Ahmadinejad, sostengono l’interventismo politico e predicano l’instaurazione di uno “Stato islamico” in luogo dell’attuale “Repubblica islamica”. Un ulteriore religioso anziano sostenitore di un islam attivo politicamente è l’ayatollah Haeri. |
Ayatollah Sadeq Larijani | Capo della magistratura dall’agosto del 2009, è fratello di Ali Larijani. Entrambi sono vicini alla Guida Suprema ed oppositori di Ahmadinejad, ma allo stesso tempo sostenitori di una linea dura contro il Movimento Verde. |
Associazione dei clerici militanti | Organizzazione di clericali guidata dall’ayatollah Mohammad Mahdavi-Kani, che è divenuto capo dell’assemblea degli esperti nel marzo del 2011. |
Mercanti dei Bazaar | Esponenti del mondo produttivo. Non rappresentano un blocco monolitico, in quanto si suddividono a seconda delle varie categorie cui appartengono (a seconda che producano tappeti, oro, abiti o gioielli). Sono stati sostenitori del regime in quanto garanzia di stabilità politica ed economica; dal 1979, infatti, vi sono stati solo alcuni scioperi. Solo nel luglio del 2010 i mercanti di Teheran e di molte altre città iraniane hanno protestato contro un aumento del 70 per cento delle tasse. |
| |
Opposizione / Movimento Verde | |
Mohamamd Khatami | Fu un Presidente riformista dal 1997 al 2005; avrebbe dovuto competere nuovamente per la stessa carica nel 2009, ma si ritirò per lasciare il campo all’alleato Musavi. Fu un sostenitore dell’allentamento delle restrizioni sociali e politiche nei confronti degli studenti, degli intellettuali, i giovani e le donne (anche se nel corso della sua presidenza si registrò nel 1999 la repressione delle proteste studentesche). Ora guida il Centro Internazionale per il dialogo tra le civiltà ed è un sostenitore di una linea più morbida verso Israele, mentre sul piano interno supporta la concessione di maggiori libertà politiche e sociali. |
Mir Hossein Musavi | Musavi non è un religioso, ma fu discepolo dell’Ayatollah Khomeini, ministro degli esteri nel 1980 e primo ministro dal 1981 fino al 1989, allora fermo sostenitore del controllo statale sull’economia. La sua carica venne abolita con la revisione costituzionale del 1989. Successivamente ha adottato una visione più liberale per quanto riguarda i diritti sociali e politici e si è espresso a favore di una riduzione dell’isolazionismo iraniano. Nel febbraio del 2011 è stato posto agli arresti domiciliari. |
Mehdi Karrubi | Fondatore dell’Associazione di sinistra dei Clericali Combattenti, è stato presidente del Parlamento negli anni 1989-1992 e 2000-2004. Dopo la sconfitta alle elezioni del 2005 fondò una fazione riformista, la “Fede Nazionale”. Agli arresti domiciliari, così come Musavi, nel febbraio del 2011. |
Shirin Ebadi | Premio Nobel per la Pace 2003, dissidente di lunga data e attivista per i diritti umani, è un avvocato che guidava il Centro per i difensori dei diritti umani; attualmente vive in Europa. |
Akbar Ganji e altri dissidenti | Giornalista, più volte ha condotto scioperi della fame per protestare contro l’oppressione del regime. Condannato a sei anni di carcere nel 2001 per il coinvolgimento nelle proteste del 1999. Tra gli altri leader dissidenti si segnalano Abdol Karim Soroush e Moshen Kadivar |
Leader dell’opposizione studentesca / Confederazione degli studenti iraniani / Ufficio di Consolidamento dell’Unità | La gioventù urbana e colta dell’Iran si è trasformata nella sostenitrice di un passaggio dal regime alla democrazia secolare, a favore di media liberi e contatti con l’occidente. Molti di essi sono donne. Uno dei blocchi che compongono tale gruppo è la Confederazione degli Studenti Iraniani (CIS), a favore di un’opposizione non violenta e guidata da Amir Abbas Fakhravar, incarcerato per cinque anni dopo aver preso parte alle mobilitazioni studentesche del 1999. La CIS è in competizione per la leadership del movimento con l’Ufficio di consolidamento dell’Unità che guidò le proteste del 1999. |
Fronte di Partecipazione Islamico dell’Iran (IIPF) | Si tratta del gruppo pro-riforme più organizzato, che ha però ultimamente perso peso a favore del Movimento Verde. Tra i suoi membri vi sono il fratello di Khatemi, Mohammad Reza Khatami e Mohsen Mirdamadi; nel 2010 il regime ha messo il Fronte fuori legge. |
Mojahedin dell’Organizzazione della Rivoluzione Islamica (MIR) | E’ composta soprattutto da figure iraniane di sinistra che supportano il controllo statale dell’economia, ma anche un più ampio pluralismo politico e una distensione per quanto concerne i comportamenti sociali. Il suo leader è il precedente ministro dell’industria pesante Nabavi, che ha sostenuto Musavi nel 2009. Contemporaneamente alla messa fuori legge del Fronte di Partecipazione Islamico dell’Iran, anche l’Organizzazione della Rivoluzione Islamica patì tale sorte. |
Sindacati | Non si tratta di un elemento costitutivo del Movimento Verde, ma sicuramente i lavoratori sono sempre più a favore di un cambiamento politico; infatti, alcune proteste e scioperi avvenuti nel 2010 hanno condotto alcuni esperti ad asserire che i sindacati potrebbero gravitare attorno al Movimento Verde. |
Figlio dell’ultimo Shah dell’Iran - Reza Pahlavi | Alcuni esiliati e alcune elite ancora presenti in Iran, ipotizzano un possibile cambiamento di regime in favore di una monarchia costituzionale guidata da Reza Pahlavi, il figlio dell’ultimo Shah, ora pilota da combattimento negli Stati Uniti. In seguito alle violenze accadute nel 2009, egli ha condannato la reazione del regime e nel 2010 ha chiesto a vari governi internazionali di ritirare i loro rappresentati da Teheran. Dal marzo del 2011 sembra avere avuto rapporti con giovani esponenti del Movimento Verde. |
Altri attivisti stanziati negli Stati Uniti | Negli stati Uniti vi sono numerosi gruppi di iraniani che non necessariamente, però, trattano di tematiche relative alle questioni politiche interne all’Iran. Uno di essi è, ad esempio, il Consiglio Nazionale Iraniano Americano (NIAC), formato da iraniani-americani, che promuove discussioni sulle politiche americane; l’Alleanza di Iraniani-Americani per gli Affari Pubblici (PAAIA), invece, si occupa di discutere questioni che possono interessare la vita degli iraniani-americani negli U.S.A., ad esempio il problema della discriminazione nei loro confronti. Vi è inoltre la Campagna Internazionale per i diritti umani in Iran, con base negli USA, guidata da Hadi Ghaemi. La maggior parte degli iraniani che vivono oltre oceano si trovano in California e mostrano di essere oppositori della politica di Ahmadinejad ed a favore delle richieste di cambiamento del Movimento Verde. |
GRAFICO 1: STRUTTURA DEL GOVERNO IRANIANO
consiglia
ASSEMBLEA DEGLI ESPERTI (86 seggi, eletti) |
CONSIGLIO SUPREMO DI SICUREZZA NAZIONALE (Seyed Jallili) |
GUIDA SUPREMA Ali Khamene’i |
I
possono rimuovere,
scegliere il successore
Sovraintende, Comandante in capo
può rimuoverlo
su raccomandazione
del Parlamento
o della Corte Suprema
CONSIGLIO DEI GUARDIANI (12 membri -6 religiosi nominati dalla Guida Suprema, 6 studiosi di diritto nominati dalla Magistratura) |
PRESIDENTE Mahmoud Ahmadinejad (elezione diretta) |
COMANDI SUPREMI RIUNITI |
screma i
candidati
Guardia Rivoluzionaria |
Governo |
Rivede le leggi,
Esercito regolare |
screma i candidati nomina
propone legislazione
CONSIGLIO PER IL DISCERNIMENTO
(nominato) |
Basij |
QODS Force |
conferma propone legislazione
Majles (Parlamento) (290 seggi, eletti) Speaker Ali Larijani |
arbitrano le dispute legislative tra
il Parlamento e il Consiglio dei Guardiani
[1] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà di Internet secondo Open Net Iniziative; la condizione della libertà economica secondo l’Heritage Foundation il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo Monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).
[2] Fonte: Congressional Research Service, Iran: US concerns and policy responses (18 aprile 201
[3] Fonte: Congressional Research Service, Iran: US concerns and policy responses (18 aprile 2011)