Cerca nel sito

dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

Vai alla Legislatura corrente >>

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Fine contenuto

MENU DI NAVIGAZIONE DEL DOMINIO PARLAMENTO

INIZIO CONTENUTO

MENU DI NAVIGAZIONE DELLA SEZIONE

Salta il menu

Strumento di esplorazione della sezione Documenti Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Temi dell'attività Parlamentare

La situazione di Camp Ashraf In Iraq

Camp Ashraf, situato in Iraq, nella provincia nord orientale di Diyala, a circa sessanta kilometri a nord della capitale Baghdad e ad ottanta dal confine iraniano, è la base dell’Organizzazione dei muijadin del Popolo iraniano (OMPI), movimento di opposizione al regime iraniano presente in Iraq sin dagli anni Ottanta del secolo scorso. L’OMPI, conosciuta anche come Mojahedin-e Khalq (MEK), fu accolto dall’allora presidente iracheno Saddam Hussein e da questi finanziato ed armato al fine di combattere al fianco delle truppe irachene nella guerra Iran-Iraq (1980-1988, Prima Guerra del Golfo).

Dal 1° gennaio 2009 il controllo di Camp Ashraf è formalmente passato dall’esercito Usa - che lo aveva acquisito nel giugno 2003 nel corso della Seconda Guerra del Golfo - al governo iracheno, impegnatosi ad assicurare il trattamento di tutti i residenti secondo le leggi nazionali. Sin dal 2003, infatti, la coalizione internazionale intervenuta in Iraq ha riconosciuto agli appartenenti a MEK - Mojahedin-e Khalq di Camp Ashraf, nel frattempo disarmati e controllati dall’esercito statunitense, lo status di protected persons ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra. E proprio alla garanzia diretta da parte irachena della conservazione dello status di protected ai residenti di Camp Ashraf il generale David Petraeus, allora vice comandante delle forze della coalizione alleata, aveva condizionato il passaggio di responsabilità sul campo al governo di Baghdad.

Tuttavia ripetutamente negli anni il governo iracheno ha minacciato di espellere i circa 3.400 esponenti del MEK da quella che un tempo era la loro base militare di Camp Ashraf, senza tuttavia mai articolare un piano concreto di dislocamento altrove degli esuli e limitandosi, invece, a sostenere di non avere la forza per rimuovere gli iraniani; i quali, dal canto loro, si rifiutano di abbandonare l’enclave dove si sono stabiliti da decenni. Le modalità dei ripetuti attacchi contro Camp Ashraf sembrano tuttavia smentire l’ipotesi del deficit di forza lamentato dalle autorità di Baghdad.

Da ultimo, la mattina dell’8 aprile 2011 l’enclave iraniana è stata teatro di un’operazione condotta dall’esercito iracheno che ha causato trentaquattro vittime alcune delle quali investite a morte da autoveicoli, oltre a moltissimi feriti (380 secondo il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana). La “letale operazione irachena” è stata condannata (15 aprile 2011) dall’Alto Commissario Onu per i diritti Umani, Navi Pillay, che nel sottolineare come l’esercito iracheno fosse consapevole dei rischi connessi al lancio di una simile operazione, ha stigmatizzato l’elevato numero di vittime e chiesto lo svolgimento di un’inchiesta indipendente per individuare e punire i responsabili di un tale uso eccessivo della forza.

Pillay ha inoltre invitato i governi a contribuire all’individuazione di una soluzione di lungo termine per i residenti, appartenenti al gruppo OMPI, in ordine al quale si è detta consapevole trattarsi di una formazione controversa e con una storia complessa; tuttavia, ha soggiunto Pillay, lasciare queste persone “marcire a Camp Ashraf non può essere mai una soluzione”. Non potendo rientrare in Iran e trovandosi in pericolo in Iraq - ha concluso l’Alto Commissario - la soluzione auspicabile sarebbe il reinsediamento degli iraniani in esilio in paesi terzi, ipotesi che i governi sono stati invitati a prendere in considerazione come questione urgente.[1]

Fonti militari statunitensi hanno riportato che, dopo l’attacco, è stato vietato l’accesso al campo per portare assistenza umanitaria come pure ristretto quello di giornalisti. Va rammentato che un altro attacco da parte dell’esercito iracheno si era verificato nel al luglio 2009, quando l’esercito iracheno invase il campo uccidendo residenti disarmati.

In entrambe le occasioni le autorità USA, pur lamentando la violenza delle operazioni, hanno affermato che la crisi e la perdita di vite umane “sono state avviate dal governo iracheno e dalle forze armate irachene”.

Va segnalato, inoltre, che la chiusura nei mesi scorsi della base operativa americana denominata FOB Grizzly, situata proprio accanto a Camp Ashraf, ha comportato anche il ritiro della missione di osservazione delle Nazioni Unite presente in loco. Del resto, come osservato da fonti di stampa[2], la posizione delle amministrazioni statunitensi su MEK, l’organizzazione politica più temuta del regime degli ayatollah iraniani, è risultata in più circostanze piegata alle esigenze connesse ai più generali equilibri o aspettative in quell’area.

Nel 1997, infatti, l’Amministrazione Clinton ha inserito il MEK, su pressione iraniana, nella lista delle organizzazioni terroristiche straniere FTO (Foreign Terroristic Organisation) redatta dal Dipartimento di Stato, con la prospettiva della normalizzazione, poi non conseguita, delle relazioni con l’allora presidente Mohammed Khatami, considerato un leader “moderato”.

L’Amministrazione Bush, per parte sua, non ha rimosso l’organizzazione dalla lista FTO anche per non provocare l’Iran nel momento in cui il contingente militare era impegnato in Iraq. Il mantenimento di MEK nella lista del Dipartimento di Stato Usa delle organizzazioni terroristiche, tuttora sussistente nonostante l’Unione Europea nel 2009[3] e il Regno Unito nel 2008 lo abbiano rimosso dalle rispettive liste delle organizzazioni proscritte, è denso di conseguenze. Tale classificazione è utilizzata innanzitutto dall'Iran come pretesto per torture ed esecuzioni sommarie di membri del MEK e da Iran e Iraq come giustificazione per le aggressioni ai residenti di Camp Ashraf.

Sempre secondo l’analisi del Time, il fautore del mantenimento dello stato FTO per il MEK - che nell’ultimo decennio ha cessato ogni attività militare e rinunciato alle armi con impegno sottoscritto da ciascuno dei suoi membri residenti a Camp Ashraf – è l’Iran, che non fa mistero dell’obiettivo di distruggere il campo ed i suoi abitanti. Nell’articolo del Time si fa cenno, in proposito, al fatto che nel febbraio 2009 il capo supremo dell'Iran, Ayatollah Ali Khamenei, nel divulgare un accordo con il premier iracheno Nuri al-Maliki per "eliminare Ashraf", abbia pubblicamente lamentato il fatto che l'Iraq si muovesse troppo lentamente.

Sul tema della rimozione di PMOI-MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche FTO va segnalata la recente iniziativa (19 maggio 2011) intrapresa nel corso di un incontro al Senato Usa da ex personalità di governo di primo piano degli Stati Uniti[4].

La rimozione, è stato sottolineato, rappresenta un assoluto prerequisito per essere coerenti con i fatti sul campo e le personalità, che hanno chiesto azioni urgenti da parte statunitense per proteggere i circa 3.500 dissidenti iraniani di Camp Ashraf, hanno respinto con forza la bozza di proposta del Dipartimento di Stato di trasferirli da Camp Ashraf in altri luoghi all’interno dell’Iraq. 

A livello comunitario, l’OMPI è stata depennata dalla lista delle organizzazioni terroristiche nel gennaio 2009, anche a seguito di alcuni pronunciamenti della Corte del Lussemburgo. L’inclusione della formazione nella black list dell’UE era stata richiesta dal Regno Unito nel 2002, dopo gli attentati in Usa dell’11 settembre. 

Il 25 giugno 2011 il presidente iracheno Jalal Talabani, intervenendo ad una conferenza sul terrorismo a Teheran, ha annunciato la costituzione di un comitato tripartito Iraq, Iran, Croce Rossa Internazionale per finalizzare la chiusura di Camp Ashraf.

''Il governo iracheno - ha affermato Talabani, citato dallatelevisione iraniana in inglese PressTv - farà tutto il possibile per prevenire il terrorismo. Dobbiamo cercare di chiudere il campo dei terroristi dell'Mko di Ashraf. Chi vorrà rientrerà in Iran. Gli altri andranno dove vorranno''. Lachiusura del campo è prevista entro la fine del 2011.

Si rammenta che su Camp Ashraf il Parlamento Europeo ha approvato una serie di risoluzioni:

§        con la risoluzione del 12 luglio 2007 (P6_TA(2007)0357) “[Il Parlamento Europeo]respinge fermamente le minacce di espulsione e di interruzione delle forniture di combustibile ed acqua potabile formulate da alcuni alti funzionari del governo iracheno nei confronti di 4.000 membri dell'opposizione iraniana che sono in Iraq da 20 anni come rifugiati politici e che hanno lo status giuridico di "persone protette ai sensi della quarta Convenzione di Ginevra" e invita il governo iracheno a rispettare i loro diritti ai sensi del diritto internazionale”(paragrafo 7);

§        nella risoluzione P6_TA(2008)0412 del 4 settembre 2008 (sulle esecuzioni capitali in Iran) nel presupposto che “vi è motivo di temere che i membri e gli associati dell'opposizione iraniana, che sono raggruppati e protetti a Camp Ashraf nel Nord dell'Irak da forze multinazionali guidate dagli Stati Uniti in base all'articolo 27 dalla quarta Convenzione di Ginevra, potrebbero rischiare di essere espulsi o rimpatriati in modo forzato in Iran, dove potrebbero subire gravi persecuzioni ed eventualmente essere persino condannati a morte” si legge che “[Il Parlamento Europeo]chiede alle autorità irachene e statunitensi di non rimpatriare in modo forzato verso l'Iran qualsiasi membro dell'opposizione, profugo o richiedente asilo iraniano, i quali correrebbero il grave rischio di subire persecuzioni (paragrafo 9);

§        la risoluzione P6_TA(2009)0311 del 24 aprile 2009 specificamente incentrata sulla situazione umanitaria dei residenti di Camp Ashraf vedeilParlamento Europeo, tra il resto, esortare il primo ministro iracheno ad assicurare che le autorità irachene non adottino alcuna azione in violazione dei diritti umani dei residenti di Camp Ashraf e a chiarire le intenzioni del governo iracheno nei loro confronti; il Parlamento invita altresì le autorità di Baghdad a proteggere la vita e l'integrità fisica e morale dei residenti di Camp Ashraf e a trattarli conformemente agli obblighi nel quadro delle Convenzioni di Ginevra, in particolare a non dislocarli, deportarli, espellerli o rimpatriarli con la forza in violazione del principio di non respingimento; il Parlamento esplicita di ritenere che i residenti di Camp Ashraf potrebbero essere a rischio di gravi violazioni dei diritti umani se rimpatriati contro la loro volontà in Iran e invita il governo iracheno a porre fine al blocco del campo e a rispettare lo status giuridico dei residenti di Camp Ashraf quali "persone protette" ai sensi delle Convenzioni di Ginevra; le autorità irachene sono invitate, inoltre, ad astenersi da azioni che potrebbe mettere a rischio la vita o la sicurezza di tali soggetti e pertanto invitate ad accordare pieno accesso al cibo, all'acqua, all'assistenza e alle forniture mediche, al carburante, ai familiari e alle organizzazioni umanitarie internazionali.

Il 25 novembre 2010, infine, il Parlamento europeo ha approvato una Dichiarazione su Camp Ashraf (P7_TA-PROV(2010)0452) nella quale invita l'Alto Rappresentante dell'UE per gli affari esteri a sollecitare gli Stati Uniti a seguire l'esempio dell'UE eliminando l’OMPI dalla loro “lista nera” e ad invitare le Nazioni Unite a fornire urgentemente una protezione ad Ashraf.

Una delegazione del Parlamento Europeo in visita in Iraq (26-29 aprile 2011), dove il governo iracheno ha negato l’accesso ad Ashraf, ha formulato una propostadi soluzione che, in estrema sintesi prevede:

§        il possibile trasferimento dei residenti di Asraf in altri Paesi (USA, Canada, gli Stati membri dell’UE, la Svizzera, la Norvegia e l’Australia), come soluzione di lungo termine;

§        l’apertura di un negoziato per dirimere la questione delle proprietà e dei beni dei residenti di Ashraf e dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell’Iran all’interno dell’Iraq;

§        l’instaurazione di un regime transitorio per tutta la durata delle operazioni di chiusura del campo che assicuri protezione ai residenti, garantita da Onu e Stati Uniti;

§        l’istituzione di un Comitato di coordinamento ed attuazione della soluzione integrale, inclusivo dell’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e di rappresentanti di Usa, Onu, Parlamento Ue,  governo iracheno, Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell’Iran e Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran.

Nel corso della XVI legislatura la Camera dei deputati è a più riprese intervenuta con propri atti d’indirizzo sulla questione di Camp Ashraf.

In particolare si tratta della risoluzione conclusiva di dibattito in Commissione Affari esteri 8-00019 d’iniziativa dell’on. Paolo Guzzanti,che impegna il Governo, tra il resto a “chiedere alle autorità irachene e statunitensi che, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite del '51 sul Diritto dei Rifugiati e del suo Protocollo aggiuntivo del '67, procedimenti nei riguardi di membri del PMOI prendano le mosse da un rigoroso accertamento delle responsabilità individuali e assicurino una adeguata garanzia dei diritti di difesa, evitando di rimpatriare in modo forzato verso l'Iran i membri dell'opposizione, profughi o richiedenti asilo iraniani che corrano il rischio di subire persecuzioni e collaborando con l'Alto Commissariato per le Nazione Unite per i Rifugiati e con le altre Agenzie specializzate ONU per trovare una soluzione duratura e soddisfacente alla situazione delle persone attualmente ospitate presso il Campo di Ashraf”

Si segnala altresì l’interpellanza urgente 2-00334, d’iniziativa dell’on. Elisabetta Zamparutti, svolta nella seduta dell’Assemblea del 19 marzo 2009 che chiedeva, tra il resto, se il Governo italiano fosse stato informato dal Governo iracheno circa gli sviluppi della situazione di Camp Ashraf e se avesse sollevato “in sede bilaterale con il Governo iracheno e con gli altri Governi interessati, la questione della necessità di assicurare un'effettiva protezione dei residenti di Ashraf nel quadro del diritto internazionale umanitario e in particolare della IV Convenzione di Ginevra e di smentire l'ipotesi di una loro espulsione”.

Nella replica il sottosegretario agli Affari esteri, Enzo Scotti, ha fatto riferimento alle problematiche connesse alla chiusura del campo che le autorità irachene hanno affermato di voler affrontare tenendo in dovuta considerazione tutti gli aspetti umanitari, politici e di sicurezza, nonché nel rispetto dei diritti fondamentali; le modalità operative – ha precisato il sottosegretario – prevedono che i rifugiati del campo siano trasferiti in altri Paesi secondo la volontà dei singoli residenti, garantita da interviste individuali effettuate dal Comitato internazionale della Croce rossa.



[1] Il comunicato stampa è rinvenibile all’indirizzo web http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=10943&LangID=E

[2] Protect Iran’s Freedom Fighters in Camp Ashraf, 18 aprile 2011 rinvenibile all’indirizzo web:

http://www.time.com/time/world/article/0,8599,2065844,00.html

[3] Sentenza del Tribunale di primo grado nella causa T-284/08 People's Mojahedin Organization of Iran / Consiglio Politica estera e sicurezza comune.

[4] Tra le quali il generale Hugh Shelton (ex presidente degli Stati Maggiori Riuniti 1997-2001), Howard Dean (ex presidente del Comitato Nazionale Democratico), Tom Ridge (ex segretario per la Sicurezza interna 2003-2005) Dell Dailey (ex coordinatore del Dipartimento di Stato per l’Antiterrorismo 2007-2009) e Raymond Tanter (ex componente del Consiglio per la Sicurezza Nazionale).