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La questione del riconoscimento della Palestina come Stato membro dell'ONU: aspetti di diritto internazionale

La richiesta di ammissione come Stato membro

Il 15 agosto scorso, facendo seguito a precedenti prese di posizione del presidente Abu Mazen, il ministro degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese ha annunciato che l’Autorità presenterà la propria domanda per il riconoscimento come Stato membro dell’ONU all’apertura della sessantaseiesima sessione dell’Assemblea generale, il 20 settembre prossimo.

Perché venga accolta, la richiesta dell’Autorità palestinese, che già attualmente gode di uno status specifico nell’organizzazione della Nazioni Unite (vedi box 1), dovrà ottenere l’appoggio del Consiglio di sicurezza , con il voto positivo di almeno 9 dei 15 Stati componenti e senza il voto contrario di nessuno degli Stati con diritto di veto (USA, Regno Unito, Francia, Repubblica della Cina popolare e Federazione russa), e quindi il voto favorevole dei due terzi dell’Assemblea generale (per dettagli sulla procedura vedi box 2).

Lo status dell’Autorità nazionale palestinese all’ONU.

Già attualmente l’Autorità nazionale palestinese gode di uno status del tutto peculiare all’interno dell’ONU in quanto, pur non essendo riconosciuta come Stato membro, le sue prerogative risultano superiori a quelli di un semplice osservatore. Nell’ottobre 1974 l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) fu riconosciuta con risoluzione dell’Assemblea generale come rappresentante del popolo palestinese ed invitata a partecipare ai lavori dell’ONU aventi ad oggetto la questione palestinese. Il mese successivo ottenne lo status di osservatore all’Assemblea generale e successivamente lo status di osservatore in numerosi organi delle Nazioni Unite come il Consiglio economico e sociale, il programma per lo sviluppo e l’Organizzazione mondiale per la sanità. Dal 1975 anche il Consiglio di sicurezza riconobbe l’OLP, conferendo ai suoi rappresentanti il diritto a partecipare ai lavori del Consiglio aventi ad oggetto le tematiche mediorientali.

A seguito della dichiarazione di indipendenza dello Stato palestinese da parte dell’OLP nel 1988, l’Assemblea generale il 15 dicembre 1988 approvò una risoluzione che “riconobbe la proclamazione dello Stato di Palestina” e decise la sostituzione in ambito ONU della denominazione “Organizzazione per la liberazione della Palestina” con quella “Palestina”. Nel luglio 1998 una nuova risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU diede ai rappresentanti dell’Organizzazione diritti e prerogative ulteriori rispetto a quelli dello status di osservatore, quali ad esempio il diritto di sostenere progetti di risoluzione sulla questione palestinese. Nel 1998 una nota del Segretario generale ONU ha chiarito limiti e caratteristiche della partecipazione della “Palestina” ai lavori dell’ONU (Secretary-General Note on Palestine Partecipation, UN General Assembly A/52/1002, 4 agosto 1998).

Al riguardo si ricorda comunque che l’eventuale riconoscimento della Palestina come Stato membro dell’ONU non ne implicherebbe di per sé il riconoscimento come Stato sovrano ai fini del diritto internazionale, come verrà spiegato più in dettaglio infra.

 

La procedura per l’adesione all’ONU

L’articolo 4della Carta ONU stabilisce che l’Organizzazione “è aperta alla partecipazione di tutti gli Stati amanti della pace che accettano gli obblighi contenuti nella Carta e che, a giudizio dell’Organizzazione sono in grado di sostenerli e disposti a farlo. L’ammissione quale Membro delle Nazioni Unite di uno Stato che adempia a tali condizioni è effettuata con decisione dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza. “.In particolare la procedura prevede che:

1. il richiedente rivolga una formale domanda di ammissione al Segretario generale dell’ONU con una lettera nel quale si dichiara disposto ad accettare le obbligazioni derivanti dalla Carta ONU

2. la richiesta venga esaminata dal Consiglio di sicurezza e approvata con il voto favorevole di nove Stati membri su quindici e senza il voto contrario di nessuno degli Stati con diritto di veto (USA, Regno Unito, Francia, Repubblica della Cina popolare e Federazione russa)

3. la raccomandazione del Consiglio per l’accoglimento della richiesta venga approvata dall’Assemblea generale con il voto favorevole dei due terzi dei componenti dell’Assemblea.

Si ricorda che attualmente l’ONU ha 193 Stati membri. La soglia dei due terzi dell’Assemblea generale è quindi rappresentata da 129 voti. In base a notizie di stampa, schierati per un eventuale riconoscimento della Palestina risulterebbero circa 124 Stati[1]

Se la richiesta è accolta, il riconoscimento come Stato membro dell’ONU diviene effettivo a far data dall’approvazione della risoluzione.

Qualora l’esame da parte del Consiglio di sicurezza risultasse bloccato dall’esercizio del diritto di veto[2], il riconoscimento della Palestina come Stato membro potrebbe essere oggetto di:

-         una risoluzione dell’Assemblea generale che riconosca l’indipendenza dello Stato palestinese, da approvare sempre con i due terzi dei voti; la risoluzione tuttavia, ai sensi della Carta ONU non avrebbe valore vincolante (gli articoli da 10 a 17 della Carta fanno unicamente riferimento alla possibilità per l’Assemblea di approvare “raccomandazioni”);

Come già sopra ricordato, il raggiungimento della soglia di voti per far approvare una simile risoluzione (129 voti) appare vicino (al momento risulterebbero a favore circa 124 Stati)

-         una risoluzione dell’Assemblea generale di riconoscimento dell’indipendenza dello Stato palestinese, sempre da approvare con i due terzi dei voti, che, nonostante il dettato già richiamato della Carta ONU, potrebbe essere riconosciuta di carattere vincolante attraverso il richiamo del precedente della risoluzione Uniting for Peace del 3 novembre 1950. Tale precedente consentirebbe infatti all’Assemblea generale di assumere decisioni di carattere vincolante “qualora il Consiglio di sicurezza, a causa della mancanza di unanimità dei membri permanenti, fallisca nell’esercizio della sua primaria responsabilità per il mantenimento della pace internazionale e della sicurezza”[3].

  Si segnala tuttavia che, nella dottrina internazionalistica, la posizione favorevole a riconoscere valore vincolante ad una risoluzione dell’Assemblea generale la quale richiami il precedente della risoluzione Uniting for Peace risulta minoritaria. Per dettagli cfr. box sotto.

La risoluzione Uniting for Peace

La risoluzione Uniting for Peace fu adottata il 3 novembre 1950 nell’ambito della crisi coreana. Al momento dell’invasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord comunista, nel giugno 1950, l’URSS stava boicottando i lavori del Consiglio di sicurezza a causa del mancato riconoscimento della Cina popolare come rappresentante della Cina, in luogo della Cina nazionalista di Taiwan. L’assenza dell’URSS consentì l’adozione da parte del Consiglio di sicurezza di due risoluzioni: la prima, la n. 83 del 27 giugno 1950, raccomandò agli Stati membri di soccorrere la Corea del Sud per respingere l’attacco della Corea del Nord (nella storia ONU una risoluzione analoga è stata approvata solo nel novembre 1990, la n. 678, a seguito dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq); la seconda, la n. 84 del 7 luglio 1950, accettò che il comando delle forze operanti contro la Corea del Nord fosse assunto dagli USA ed autorizzò l’uso della bandiera ONU. Tuttavia, in vista di un possibile ritorno dell’URSS alla partecipazione dei lavori del Consiglio di sicurezza, che sarebbero così risultati bloccati in relazione alla crisi coreana, l’Assemblea generale approvò la risoluzione Uniting for Peace. Il dispositivo della risoluzione “stabilisce che, se il Consiglio di sicurezza, a causa della mancanza di unanimità dei membri permanenti, fallisce nell’esercizio della sua primaria responsabilità nel mantenimento della pace internazionale e della sicurezza, in ogni caso in cui appaia presente un rischio per la pace, una rottura della pace o un atto di aggressione, l’Assemblea generale considererà la materia immediatamente al fine di rivolgere le appropriate raccomandazioni ai membri per le misure di sicurezza collettiva, incluso, in caso di rottura della pace o di atti di aggressione, l’uso della forza armata quando necessario, per mantenere o ripristinare la pace internazionale e la sicurezza”. Il precedente della risoluzione Uniting fo Peace fu richiamato dagli USA quando effettivamente l’URSS rientrò nel Consiglio di sicurezza ed esercitò il proprio diritto di veto per impedire ulteriori delibere relative alla crisi coreana. A tale precedente, inoltre, gli USA e gli Stati occidentali si richiamarono in più occasioni nel corso degli anni Cinquanta, incontrando l’opposizione degli Stati socialisti. Successivamente, a seguito della decolonizzazione e dell’aumento degli Stati membri dell’ONU, anche gli Stati propugnatori della Uniting for Peace cessarono di farsene promotori e di richiamare la risoluzione.

Alla luce degli elementi sopra esposti, la parte prevalente della dottrina internazionalistica tende ad escludere la formazione di una norma consuetudinaria di diritto internazionale volta ad attribuire all’Assemblea generale dell’ONU  i poteri delineati dalla risoluzione Uniting for Peace. In tal senso, la risoluzione Uniting for Peace, al pari di tutte le risoluzioni dell’Assemblea generale, avrebbe per il diritto internazionale valore non vincolante. 

Merita infine rilevare che l’eventuale accoglimento della richiesta dell’Autorità nazionale palestinese di essere riconosciuta come Stato membro dell’ONU avrebbe effetto unicamente per quel che concerne l’organizzazione e non costituirebbe di per sé l’attribuzione all’Autorità palestinese della piena qualificazione come Stato indipendente e sovrano.

Si ricorda infatti che per il diritto internazionale, requisiti ampiamente condivisi della statualità risultano essere il territorio, la popolazione e l’esercizio effettivo di un’autorità indipendente e sovrana.

Conseguentemente, il riconoscimento diplomatico da parte di altri Stati non appare costituire un requisito né necessario né sufficiente per la qualificazione come Stato. Esso può semmai rappresentare un elemento di valutazione ai fini della qualificazione di un soggetto come Stato indipendente e sovrano. In tal senso, anche l’approvazione di una risoluzione non vincolante da parte dell’Assemblea generale potrebbe sicuramente rappresentare un elemento significativo in ordine agli orientamenti di un numero consistente di membri della comunità internazionale sulla questione palestinese.

 

Si ricorda che attualmente risultano 126 gli Stati che riconoscono lo Stato della Palestina; dal 2008 si sono registrati 22 nuovi riconoscimenti, mentre nel periodo tra il 1995 e il 2007 i riconoscimenti erano stati soltanto 5

 

La richiesta di ammissione come Stato non membro osservatore permanente

 

Secondo altre fonti[4], l’Autorità nazionale palestinese, di fronte alle difficoltà di ottenere un voto positivo in Consiglio di sicurezza per l’adesione all’ONU come Stato membro, starebbe invece meditando di promuovere in sede di Assemblea generale una risoluzione per richiedere lo status di Stato non membro osservatore permanente.

In altre parole fino ad oggi i rappresentanti palestinesi partecipano ai lavori ONU in quanto rappresentanti dell’OLP, ritenuta organizzazione di rappresentanza del popolo palestinese (cfr. supra box 1). Il nuovo status risulterebbe invece analogo a quello della Santa Sede.

Una simile modifica non necessiterebbe del passaggio dal Consiglio di sicurezza e potrebbe essere invece introdotta con una risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza con i due terzi dei voti.

 

Secondo alcuni osservatori il nuovo status agevolerebbe la possibilità per l’Autorità palestinese di adire a tribunali internazionali come la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale. In entrambi i casi, pero, tale possibilità, pure agevolata, non sarebbe automatica ma rimessa alle determinazioni delle due corti sui ricorsi che venissero presentati.



[1] Carnegie Endowment for International Peace, News from North Africa and Middle East

[2] Appare allo stato assai probabile che gli USA si orientino in tal senso. In base a fonti di stampa, peraltro, gli USA si starebbero impegnando per evitare che l’argomento giunga all’esame del Consiglio di sicurezza.

[3] UN General Assembly Resolution 377, 3 novembre 1950

[4] E. Milano, Palestina, la vera posta in gioco per l’Osservatore permanente, in www.ispionline.it (13 settembre 2011)