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Temi dell'attività Parlamentare

I titoli abilitativi all'attività edilizia

I titoli abilitativi all’attività edilizia sono disciplinati dal Titolo II della Parte I - artt. 6-23 - del D.P.R. 380/2001 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e sono rappresentati dal permesso di costruire, dalla denuncia di inizio attività (DIA) e dalla c.d. superDIA, nonché dalla Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) introdotta nel corso della XVI legislatura.
Il T.U. edilizia prevede altresì alcune fattispecie di
attività edilizia libera.

L'attività edilizia libera

Con l’art. 5 del decreto-legge 40/2010, che ha interamente sostituito l’art. 6 del T.U. edilizia, sono state ampliate le tipologie di interventi rientranti nell’attività edilizia libera, ovvero realizzabili senza alcun titolo abilitativo anziché mediante denuncia di inizio attività (DIA).

Il nuovo art. 6 del D.P.P. 380/2001 conferma – analogamente al vecchio testo - che l’attività edilizia libera dovrà rispettare sia le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali che le altre normative di settore aventi incidenza sull'attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico e sanitarie, sull’efficienza energetica, nonchè le norme in materia di beni paesaggistici e culturali recate dal D.Lgs. 42/2004).

Le tipologie di intervento vengono differenziate in due categorie, a seconda che occorra o meno una previa comunicazione all’amministrazione comunale dell’inizio dei lavori - anche per via telematica - da parte dell’interessato (commi 1 e 2).

Gli interventi senza preventiva comunicazione sono:

  • le tre tipologie di interventi già contemplate dal vecchio testo dell'art. 6 del T.U., vale a dire manutenzione ordinaria, eliminazione di barriere architettoniche (se non comportano la realizzazione di rampe o ascensori esterni o di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio) e opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo (per quest’ultima viene precisata l’esclusione di attività di ricerca di idrocarburi);
  • i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;
  • le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola (altrimenti se l'intervento non è legato all'attività agricola è necessario il permesso di cotruire).

Le ulteriori tipologie necessitano di una previa comunicazione di inizio lavori, anche per via telematica, da parte dell’interessato all’amministrazione comunale:

  • interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), ivi comprese l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;
  • opere dirette a soddisfare obiettiveesigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni;
  • opere dipavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale;
  • installazione di pannelli solari, fotovoltaici senza serbatoio di accumulo esterno al di fuori dei centri storici;
  • aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
  • installazione di serbatoi interrati di Gpl fino ad una capacità di 13 mc (si tratta di una fattispecie non prevista dall'art. 6, ma dall'art. 17 del D.lgs. 128/2006) mentre sopra i 13 mc è necessaria la SCIA e sotto i 5 mc si applica la procedura semplificata del D.P.R. 214/2006 sulla normativa antincendi.

Per tutti gli interventi l'interessato provvede alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro trenta giorni dal momento della variazione, secondo quanto previsto dall'art. 34-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto legge 4/2006 (comma 5). La mancata comunicazione dell’inizio dei lavori o la mancata trasmissione della relazione tecnica comportano la sanzione pecuniaria di 258 euro che può essere ridotta a due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione (comma 7). Viene inoltre previsto che le regioni a statuto ordinario possano estendere la semplificazione a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti, individuare ulteriori interventi edilizi per i quali è necessario trasmettere al comune la relazione tecnica ovvero stabilire ulteriori contenuti per la medesima relazione tecnica (comma 6).
Il comma 8, che prevedeva semplificazioni in materia di rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) per gli interventi di edilizia libera, prevedendo che per essi il CPI, ove richiesto, venisse rilasciato in via ordinaria con l’esame a vista, è stato abrogato nell'ambito del riordino della materia operato dal D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 recante "Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi".

Le novelle recate dal D.L. 83/2012

Conl'art. 13-bis del decreto-legge 83/2012 sono state ulteriormente ampliate le tipologie rientranti nell'attività edilizia libera eseguibili previa comunicazione di inizio dei lavori al Comune, con l'inserimento della nuova lettera e-bis) al comma 2 dell'art. 6 del T.U. che contempla:

  • le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa.

Mentre le modifiche "interne" risultavano già coperte (a prescindere dalla destinazione d'uso dei locali) dalla previgente casistica, visto che la lettera a) - nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria - rende possibile in edilizia libera "l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici", l'innovazione di rilievo apportata dal D.L. 83/2012 consiste nella liberalizzazione dei mutamenti di destinazione d'uso delle attività produttive (prima soggetti a SCIA).


Il medesimo articolo ha abrogato il comma 3 del medesimo art. 6 del T.U. che prevedeva l'obbligo di allegare alla comunicazione di inizio lavori le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e, limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria, i dati identificativi dell'impresa affidataria dei lavori. Tale ultima disposizione, relativa ai dati dell'impresa, è stata reinserita mediante una riformulazione del comma 4. Tale riformulazione ha altresì inserito ulteriori condizioni per gli interventi contemplati dalla nuova lettera e-bis).

Il permesso di costruire

Il permesso di costruire è disciplinato dagli artt. 10-21 del D.P.R. 380/2001.

Sono subordinati a permesso di costruire (art. 10, comma 1) gli interventi che costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio:  

  1. di nuova costruzione;
  2. di ristrutturazione urbanistica;
  3. di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, ampliamenti volumetrici, modifiche della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (comma 1).

Sono considerate zone territoriali omogenee A ai sensi dell’art. 2 del D.M. 1444/1968 “le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a DIA (comma 2).

Le regioni hanno altresì la facoltà - a norma dell'art. 10, comma 3 - di ampliare l'ambito degli interventi soggetti a permesso di costruire, rispetto a quelli definiti dall'art. 10, comma 1 (comprimendo conseguentemente l'ambito di operatività della DIA).

Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente ed è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso.

Qualora l'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire contrastasse con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ognideterminazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione. A richiesta del sindaco, e per lo stesso periodo, il presidente della giunta regionale, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione degli strumenti urbanistici (art. 12).

Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia (art. 14).

Il permesso di costruire deve indicare i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo e quello di ultimazione non può superare i tre anni dall'inizio dei lavori.
Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso (art. 15).

Il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nell’art. 16.
L'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione o, in loro assenza, con deliberazione del consiglio comunale.
Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni. Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire.

Sono previsti anche casi di riduzione o esonero dal contributo di costruzione (art. 17).
Per l’edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo approvata dalla regione.
Il contributo per la realizzazione della prima abitazione è pari a quanto stabilito per la corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore.
Il contributo di costruzione non è, invece, dovuto:
a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme emanati a seguito di pubbliche calamità;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale.

Le modifiche introdotte nel corso della XVI legislatura

Con l’art. 5 (commi 11 e 13) del decreto-legge 70/2011 sono state introdotte alcune disposizioni relative al permesso di costruire in deroga, nell’ambito degli interventi per la riqualificazione di aree urbane degradate (c.d. Piano citta').
Il comma 11 reca una norma transitoria (decorsi i 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero dall'11 settembre 2011 e sino all’entrata in vigore della normativa regionale per il cd. Piano città), che prevede l’applicazione (agli interventi) del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici anche per il mutamento delle destinazioni d’uso, restando fermo il rispetto degli standard urbanistici e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia. Ciò significa che, decorsi i termini di cui sopra, la realizzazione degli interventi potrà avvenire in deroga agli strumenti urbanistici locali, ma servirà comunque l’approvazione del consiglio comunale.
Il comma13 introduce un’altra norma transitoria per le regioni a statuto ordinario (decorso il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di converisone del decreto, ovvero dall'11 settembre 2011 e sino all’entrata in vigore della normativa regionale per il Piano città), in base alla quale viene, tra l’altro, ammesso il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali ai sensi dell’art. 14 del T.U. per l’edilizia anche per il mutamento delle destinazioni d’uso tra loro compatibili o complementari.

Un'altra importante modifica è stata recata dall'art. 45, comma 1, del D.L. 201/2011 , attraverso l’inserimento del comma 2-bis all’art. 16 del T.U., che prevede l’esclusione della c.d. gara informale (richiesta dal Codice dei contrati pubblici, di cui al D.Lgs. 163/2006) per le opere di urbanizzazione primaria a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria e ne attribuisce l'esecuzione diretta al titolare del permesso di costruire. Analoga disposizione era già stata introdotta dall'art. 5 del D.L. 70/2011, ma era stata soppressa dalla legge di conversione n. 106/2011.
Il comma 2-bis in parola precisa che tale disposizione derogatoria del Codice opera "nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale".

L’iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire è stato completamente ridisegnato dall’art. 5 del decreto-legge 70/2011, che ha interamente sostituito l’art. 20 prevedendo, tra le maggiori novità, l’introduzione del silenzio-assenso in luogo del precedente regime basato sul silenzio-rifiuto.

Si ricorda, infatti, che il procedimento per il rilascio del permesso di costruire previsto dall’art. 20 del T.U risultava essere molto articolato e lungo e, in caso di mancata risposta dell’amministrazione comunale nei termini previsti per l’adozione finale del provvedimento, si intendeva concluso con il silenzio-rifiuto impugnabile entro 60 giorni avanti ai competenti tribunali amministrativi regionali.

L’introduzione del silenzio-assenso ha conseguentemente comportato anche una rivisitazione dei termini procedurali per il rilascio del permesso di costruire, in quanto costituendo il silenzio-assenso una forma derogatoria al principio in base al quale le p.a. hanno il dovere di concludere i procedimenti amministrativi con provvedimento espresso (art. 2 della legge 241/1990), il legislatore ha ritenuto di rimodulare alcuni termini. Il nuovo procedimento è quindi articolato nelle seguenti fasi:

1) presentazione della domanda allo Sportello Unico accompagnata dalla dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sull’attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di efficienza energetica, ecc.). In caso di falsa attestazione è prevista la sanzione penale della reclusione da 1 a 3 anni e l’irrogazione di sanzioni disciplinari da parte del competente ordine professionale (commi 1 e 13);

2) comunicazione entro 10 giorni del nominativo del responsabile del procedimento (comma 2);

3) termine di 60 giorni per l’istruttoria della domanda. Tale termine può essere:
- interrotto una sola volta in caso di richiesta di integrazione documentale ed è legittima a condizione che i documenti non siano già in possesso dell’amministrazione o che questa non possa acquisirli autonomamente. La richiesta dovrà svolgersi entro 30 giorni dalla presentazione della domanda (prima erano 15) e il termine di 60 giorni ricomincerà a decorrere dalla ricezione della documentazione integrativa (commi 3 e 5);
- sospeso, fino al relativo esito, in caso di richiesta dal parte del responsabile di apportare modifiche di modesta entità al progetto originario. In caso di adesione l’interessato è tenuto a presentarle nei successivi 15 giorni decorrenti dalla richiesta (comma 4);

4) convocazione, da parte del responsabile del procedimento, della conferenza di servizi, come disciplinata dalla legge 241/1990, nel corso dei 60 giorni di istruttoria, ove sia necessario acquisire assensi, nulla-osta od autorizzazioni da parte di altri enti (i lavori della conferenza non possono superare i 90 giorni);

5) adozione del provvedimento dal dirigente entro i successivi 30 giorni (prima erano 15) che, nel caso di espletamento della conferenza di servizi, decorrono dall’esito favorevole della stessa (comma 6);

6) i termini per l’istruttoria e la richiesta di integrazione sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti nonché per i progetti particolarmente complessi: 90 giorni dalla presentazione della domanda per i centri urbani con meno di 100 mila abitanti (commi 3 e 6) e 150 giorni per i comuni con oltre 100 mila abitanti (comma 7), sempreché l’amministrazione non richieda delle integrazioni documentali o modifiche al progetto;

7) silenzio-assenso in caso di inutile decorso del termine per la conclusione del procedimento senza che il responsabile non abbia apposto motivato diniego (comma 8).

Nel caso in cui l’interessato intenda esercitare, ai sensi dell’art. 22 comma 7, la facoltà di richiedere il permesso di costruire al posto della Diail termine per il rilascio del relativo titolo è di 75 giorni (prima 60 giorni) dalla data di presentazione della domanda (comma 11).

Vengono, inoltre, fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali che prevedono misure di ulteriore semplificazione e riduzione di termini procedurali (comma 12).

Un regime particolare è legato alla presenza di vincoli culturali, paesaggistici o ambientali in quanto i termini per il silenzio assenso, in questi casi, decorreranno dal momento in cui sia stato acquisito il relativo nulla osta. Ove tale atto non sia favorevole, decorso il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intenderà formato il silenzio-rifiuto (commi 9 e 10).

L’art. 21 del TU, anch’esso sostituito dall’art. 5 del decreto legge 70/2011 a seguito dell’introduzione del silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire, prevede che siano le regionia stabilire, con proprie leggi, le forme e le modalità per l’eventuale esercizio del potere sostitutivo nei confronti dell’ufficio dell’amministrazione comunale competente per il rilascio del permesso di costruire.

Un’altra novità introdotta dall’art. 5 del decreto legge 70/2011 riguarda la regolarizzazione automatica delle varianti nel limite del 2% delle misure progettuali. Con un comma aggiuntivo all’art. 34 del TU che regola gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, vengono considerati non parzialmente difformi dal titolo abilitativo edilizio le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta fino al 2% delle misure progettualiper singola unità immobiliare.

Con l'art. 13 (comma 2, lett. d) del decreto legge 83/2012 sono state introdottealcune modifiche procedurali al permesso di costruire. Attraverso alcune novelle all'art. 20 del T.U. viene prevista:
- la soppressione del riferimento ai regolamenti edilizi per gli elaborati progettuali da allegare alla domanda di rilascio del titolo, divenendo d'ora in poi irrilevante che il regolamento edilizio comunale contenga o meno l'indicazione di tutti gli elaborati progettuali, purché gli stessi siano previsti dalle altre normative di settore;
- la soppressione della facoltà in capo al richiedente di allegare pareri e atti di assenso eventualmente necessari, da acquisirsi d'ufficio, attraverso lo Sportello unico dell'edilizia (SUE), entro 60 giorni dal deposito della domanda;
- l'introduzione del comma 5-bis, relativo all'obbligo di indizione della conferenza di servizi - in capo al responsabile dello Sue, se entro i 60 giorni dalla presentazione della domanda non sono intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o gli assensi comunque denominati delle altre amministrazioni pubbliche, ovvero sia intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate, qualora tale dissenso non risulti fondato sulla assoluta incompatibilità dell'intervento. La nuova disposizione precisa altresì che le amministrazioni che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini della individuazione delle posizioni prevalenti per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento (ex art. 14-ter, comma 6-bis, legge 241/1990);
- la sostituzione del comma 6, mantenendo inalterati i termini previgenti per l'adozione del provvedimento finale, ma con la precisazione che la determinazione motivata di conclusione del procedimento (assunta nei termini di cui alla legge 241/1990) è, ad ogni effetto, titolo per la realizzazione dell'intervento, nei casi in cui sia indetta la conferenza di servizi, prevista dal neo introdotto comma 5-bis;
- la riformulazione del comma 10 che disciplina i casi in cui l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale. D'ora in poi il competente ufficio comunale acquisirà il relativo assenso nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 5-bis e, in caso di esito non favorevole, sulla domanda di permesso di costruire dovrà intendersi formato (come in precedenza) il silenzio-rifiuto. Anche da questa disposizione scompare la facoltà del richiedente di produrre direttamente il parere favorevole dell'autorità preposta, nonché la previsione di decorrenza del termine per l'adozione del provvedimento finale dalla conclusione della conferenza.

DIA e SCIA

Gli artt. 22 e 23 del D.P.R. 380/2001 dettano la disciplina sostanziale e procedimentale relativa agli interventi assoggettati a denuncia di inizio attività (DIA). Come risulta dal testo dell'art. 22 T.U., le fattispecie di DIA sono le seguenti:

  • la DIA, così come configurata dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del T.U.;
  • la cd. superDIA, relativa agli interventi contemplati dal comma 3 dell'art. 22 del medesimo T.U.

L’ambito di operatività della DIA è definito residualmente, così come disposto dall'art. 22, comma 1. Infatti, ai sensi del comma 1 sono realizzabili mediante DIA gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 (permesso di costruire) e all'art. 6 (attività di edilizia libera), come sostituito dall’art. 5 del decreto legge 40/2010, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Pertanto la DIA può essere usata per tutti i lavori che non rientrano né nell’attività edilizia libera né nelle attività soggette a permesso di costruire e può essere sostituita dalla SCIA (vedi infra).
Conseguentemente, l'area di operatività delle DIA deve essere ridefinita sia con riferimento al principio della residualità della DIA sia con la compatibilità della vecchia normativa con le nuove disposizioni del T.U.

Si tenga presente che l'art. 4 del D.L. 398/1993 è stato abrogato dall'art. 136 del T.U., sicché gli interventi ivi previsti, come assoggettati a DIA, rientrano ora nella categoria residuale degli interventi che non costituiscono né nuove costruzioni, né attività edilizie libere, a norma dell'art. 22, comma 1, T.U., ove non superino la soglia della rilevante trasformazione urbanistico-edilizia, oltre la quale rientrerebbero nell'ambito delle nuove costruzioni, assoggettate a permesso di costruire.

Interventi soggetti a denuncia di inizio attività (DIA)

Il raffronto dell’art. 22, comma 1, del T.U. con le previgenti disposizioni dell'art. 4 del D.L. 398/1993 (che recava gli interventi soggetti a concessione edilizia), consente di individuare i seguenti interventi soggetti a DIA:

  • gli interventi di  restauro e risanamento conservativo;
  • gli interventi di ristrutturazione edilizia senza ampliamenti volumetrici;
  • recinzioni, muri di cinta e cancellate, che rimangono assoggettate a DIA se non superano la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia. Occorre, invece, il permesso di costruire, ove superino tale soglia [1].
  • gli impianti sportivi senza creazione di volumetrie, non rientrando né nelle nuove costruzioni, né nelle attività edilizie libere. Qualora la loro realizzazione comporti, però, una trasformazione del suolo inedificato, tali opere ricadono nella previsione dell'art. 3, lett. e.3), con conseguente configurazione dell'intervento come nuova costruzione, assoggettata a permesso di costruire;
  • i parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato, che a norma dell'art. 3, lett. e.6) del T.U., presentino una volumetria non superiore al 20% di quella dell'edificio principale e che non siano assoggettati a permesso di costruire dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici. Tali parcheggi rimangono assoggettati a DIA, non rientrando né nelle pertinenze (qualificate come nuove costruzioni dall'art. 3 lett. e.6) del T.U.), né nelle attività edilizie libere;
  • i mutamenti di destinazione d'uso. Al di fuori dei mutamenti di destinazione d'uso realizzati nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, relativi a immobili situati nelle zone omogenee A, che sono soggetti a permesso di costruire (art. 10, comma 1, lett. c), le altre tipologie di mutamento della destinazione d'uso - connesse o non con le trasformazioni fisiche degli edifici – possono essere assoggettati a DIA con leggi regionali (art. 10, comma 2, T.U.)
  • alcuni interventi assoggettati ad autorizzazione edilizia nel regime previgente.

Nella disciplina del T.U. tali interventi non sono assoggettati a permesso di costruire, sicché in via residuale devono ritenersi assoggettati al regime della DIA.

Occorre, infatti, precisare che le opere pertinenziali - per le quali è sufficiente la DIA - sono solo quelle non assoggettate a permesso di costruire dall'art. 3, lett. e.6) del TU Analogamente le demolizioni senza successiva ricostruzione o le demolizioni con ricostruzione dell'edificio - nel rispetto dei limiti di cui all'art. 3, comma 1, lett. d) del TU - sono assoggettate a DIA e non a permesso di costruire. La DIA occorre invece per il reinterro o gli scavi, che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere. Le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero sono assoggettate a DIA, a condizione che non determinino la realizzazione di deposito di merci o materiali cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato perché, in tal caso, ricadrebbero nella previsione di cui all'art. 3, lett. e.7) del TU. 

Il comma 2dell’art. 22 prevede, inoltre, che sono, altresì, realizzabili mediante DIA anche le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire perché, in tal caso, è invece necessario il permesso di costruire.

La DIA ha, pertanto, a oggetto interventi edilizi minori, con facoltà per l'interessato di chiedere alternativamente il permesso di costruire (art. 22, comma 7): in tale caso il regime giuridico applicabile rimane quello della DIA e non quello del permesso di costruire, anche se per il suo rilascio sono necessari 60 giorni dalla presentazione della domanda (art. 20, comma 10-bis).
Pertanto non c’è l’obbligo del pagamento del contributo di costruzione né l’applicabilità, in caso di violazione della disciplina urbanistico-edilizia, delle sanzioni penali di cui all'art. 44, ma solo di quelle amministrative di carattere pecuniario di cui all’art. 37 relative alla DIA.

La DIA, in linea di principio, è gratuita, salvo che diventi onerosa per effetto delle leggi regionali.  

Interventi assoggettabili a superDIA

La superDIA opera relativamente alle ipotesi già previste dalla cosiddetta "legge obiettivo" (L. 443/2001) e recepite dal novellato art. 22, comma 3 (con il D.Lgs. 301/2002) del T.U. che prevede che si può fare ricorso a una semplice DIA, in alternativa al permesso di costruire, anche per:

  • le ristrutturazioni ediliziedi cui all'art. 10, comma 1, lettera c) del T.U. (soggette a permesso di costruire in quanto portano ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente o aumentano le unità immobiliari o comportano un ampliamento volumetrico);
  • le nuove costruzioni e gli interventi di ristrutturazione urbanisticaqualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, purché contengano previsioni di dettaglio;
  • gli interventi di nuova costruzionequalora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche
    Per gli “interventi di nuova costruzione” definiti dall'art. 3, comma 1, lett. e), del T.U., la disciplina risultante dal combinato disposto delle lett. b) e c) dell'art. 22, comma 2, dello stesso T.U. comporta che quando il piano regolatore prescriva la mediazione di piani attuativi, di lottizzazione o di altri strumenti esecutivi, gli interventi di nuova costruzione, mediante superDIA, possono avvenire soltanto a seguito della approvazione di tali strumenti, che definiscano gli interventi sotto il profilo planovolumetrico, tipologico, formale e costruttivo.

Pertanto, la superDIA ha a oggetto interventi edilizi maggiori, per i quali il regime di fondo è quello del permesso di costruire. Per tali interventi, la superDIA e il permesso di costruire - intesi nella loro accezione procedimentale - hanno valenza alternativa, nel senso che il privato può autonomamente decidere se avvalersi dell'uno o dell'altro procedimento. In sostanza, con la superDIA, l'interessato ha la facoltà di utilizzare il procedimento della DIA, in luogo del permesso di costruire, ma in tale caso il regime giuridico sostanziale rimane quello del permesso di costruire, con le seguenti conseguenze:

  • la superDIA continua a essere facoltativa, titolo abilitativo tipizzato essendo il permesso di costruire (art. 22, comma 3);
  • la superDIA è onerosa, come il permesso di costruire. Gli interventi di cui al comma 3 sono, infatti, soggetti al contributo di costruzione (art. 22, comma 5);
  • la violazione della superDIA comporta le stesse sanzioni amministrative e penali previste per le violazioni del permesso di costruire (art. 44, comma 2-bis).
Disposizioni su DIA e SuperDIA

Le regioni hanno la facoltà sia di stabilire la linea di confine tra DIA e la superDIA, ampliando o riducendo l'ambito di operatività della DIA e della superDIA rispetto a quanto previsto dal legislatore statale, sia di ampliare l’ambito di operatività della superDIA, restando, comunque, ferme lesanzioni penali previste all'articolo 44, per le violazioni del permesso di costruire e della superDIA  (art. 22, comma 4).
Spetta, infatti, al legislatore regionale individuare ulteriori tipologie di intervento da assoggettare a contributo di costruzione, nonché definire anche le modalità di concreta determinazione del contributo (art. 22, comma 5).
La portata dell’intero art. 22 sulla DIAè comunque limitata, come anzidetto, dalla facoltà attribuita alle regioni - a norma dell'art. 10, comma 3 - di ampliare l'ambito degli interventi soggetti a permesso di costruire, comprimendo conseguentemente l'ambito di operatività della DIA.
La realizzazione degli interventi realizzabili con la DIA o superDIA, che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative (art. 22, comma 6).

Per quanto riguarda la disciplina procedimentale della DIA (che è comune anche alla superDIA), l’art. 23, comma 1, dispone che il proprietario dell'immobile, almeno 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenti allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
La DIA è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori (comma 2).
Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro 30 giorni sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la DIA, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia (comma 6).

Pertanto, dal combinato disposto dei commi 1 e 6 la DIA è soggetta al silenzio-assenso.

Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la DIA. Contestualmente presenta ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento (comma 7).
L'art. 23, commi 3 e 4, riguardano, invece, i casi in cui l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete all'amministrazione comunale o a un soggetto diverso. Il comma 3 dispone che nel caso l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di 30 giorni per l’effettivo inizio dei lavori decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti. Qualora l’immobile sia, invece, sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, l’ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli artt. 14 e segg. della legge 241/1990. Il termine di 30 giorni decorre dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia è priva di effetti (comma 4).  

Le novelle recate dal D.L. 83/2012

Con l'art. 13, comma 2, lett. e), del decreto-legge 83/2012 sono state introdottealcune alcune modifiche alla disciplina sulla DIA rendendo, di fatto, la disciplina di tale istituto ancora più simile a quella della SCIA (v. infra).
Attraverso l'inserimento
dei commi 1-bis e 1-ter all'art. 23 del T.U., viene previsto, anche per la DIA, la possibilità di sostituire l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi (ovvero l'esecuzione di verifiche preventive), con autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e presupposti previsti dalla legge, dagli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi per l'esecuzione dell'intervento, da produrre a corredo della relazione e degli elaborati progettuali necessari da allegare alla denuncia (analogamente a quanto già previsto per la SCIA con il decreto-legge 5/2012).
La norma sancisce tassativamente anche i casi in cui non è possibile ricorrere alle autocertificazioni sostitutive: precisamente quando sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e in tutti i casi in cui sono previsti atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito (anche derivante dal gioco), nonché atti e verifiche previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche o imposti dalla normativa comunitaria.
Come già previsto dal comma 1 dell'art. 19 della legge 241/1990 per la SCIA, anche la Dia (sulla base del disposto del nuovo comma 1-ter) può essere presentata - corredata dalle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dai relativi elaborati tecnici - mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento (in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione del plico da parte dell'amministrazione destinataria).
A tale nuova modalità di presentazione fanno eccezione esclusivamente i procedimenti per i quali è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica, i cui criteri generali a livello nazionale sono ancora da definirsi con apposito regolamento ex art. 17, comma 2, della legge 400/1988, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione, nonché d'intesa con la Conferenza unificata.

La SCIA in edilizia

Con la  circolare del 16 settembre 2010 il Ministero per la semplificazione normativa aveva chiarito che la SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), introdotta dal comma 4-bis dell'art. 49, del decreto-legge n. 78/2010, attraverso la sostituzione dell’art. 19 della legge 241/1990,per corrispondere all’esigenza diliberalizzare l'attività d'impresa, sostituisce anche la DIA in edilizia, eccetto la Dia alternativa al permesso di costruire (superDIA), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione.

Nella circolare venivano evidenziate le motivazioni dell’esclusione della superDia consistenti nel fatto che la SCIA in edilizia deve mantenere l’identico campo applicativo di quello della DIA senza interferire con l’ambito applicativo degli altri titoli abilitativi quali il permesso di costruire o la superDia (di cui all’art. 22, comma 3 del T.U. dell’edilizia la cui disciplina segue quella del permesso di costruire), in quanto ciò determinerebbe, nella sostanza, l’ampliamento dell’ambito applicativo dell’art. 19 della legge n. 241/1990. Inoltre, dato che il comma 4 del citato art. 22 riconosce alle regioni la facoltà di ampliare l’ambito di operatività della superDia, anche a tali casi non deve essere applicata la SCIA.

Con l’art. 5 (comma 2, lett. b) e c) del decreto-legge 70/2011 si è definitivamente chiarito che la SCIA si applica anche all’edilizia, ma non alla superDia (ovvero la Dia alternativa al permesso di costruire disciplinata dall' art. 22, comma 3), consentendo l’avvio dei lavori il giorno stesso della sua presentazione (mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni). Tali modifiche sono state effettuate con delle novelle all'art. 19 della legge 241/1990.

La Scia si applica anche agli interventi edilizi in zona sottoposta a vincolo, specificando che in tali casi è comunque necessario il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso. Conseguentemente, nel caso di immobili vincolati, la Scia opera unicamente una volta acquisito l’assenso dell’ente competente alla relativa tutela.

In merito al regime sanzionatorio applicabile alla SCIA in edilizia, con l’introduzione del comma aggiuntivo 6-bisall’art. 19 della legge 241/1990, sono stati dimezzati i tempiper i controlli delle amministrazioni sugli interventi realizzati con la Scia in materia edilizia: si passa, pertanto, per le verifiche ex-post da 60 a 30 giorni.

La riduzione alla metà dei tempi per le verifiche ex post è strettamente correlata alla sostituzione della DIA con la SCIA in edilizia, in quanto se fosse rimasta la possibilità, per le amministrazione, di verificare entro 60 giorni la presenza di tutti i requisiti, in mancanza dei quali poter adottare provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività, sarebbe stato, di fatto, vanificato il vantaggio di poter iniziare i lavori nello stesso giorno in cui si presenta la SCIA, in quanto la DIA prevede invece un’attesa preventiva minore, ovvero di 30 giorni, al fine di consentire alle amministrazioni competenti di effettuare i relativi controlli.

Le ulteriori modifiche alla SCIA recate dal decreto-legge 70/2011 riguardano, l’inserimento tra i casi già previsti di esclusione dall’applicabilità della SCIA, anche di quelli relativi alla normativa antisismica(l’art. 19, comma 1, della L. 241/1990 esclude dalla Scia i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli imposti dalla normativa comunitaria)  ele modalità di presentazione della Scia. La Sciain edilizia consiste, pertanto, in una autodichiarazione da presentare al Comune su apposito modulo, accompagnata dalle attestazioni del professionista abilitato, anche per raccomandata con avviso di ricevimento.

L'art. 6 (comma 1) del decreto legge 138/2011 ha introdotto alcune disposizioni di coordinamento con le norme del citato comma 6-bis del decreto legge 70/2011 sulla riduzione dei tempi per le verifiche ex post in materia di SCIA in edilizia, nonché (nuovo comma 6-ter all'art. 19 della legge 241/1990) ha previsto che la SCIA, analogamente alla denuncia di inizio arrività, non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono, pertanto, sollecitare le amministrazioni competenti ad effettuare gli adempimenti previsti e, in caso di inerzia, possono esperire esclusivamente l'azione avverso il silenzio come disciplinata dall'art. 31, commi 1-3, del D.Lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), adeguandosi, di fatto, alla pronuncia del Consiglio di Stato29 luglio 2011, n. 15 che ha ribadito che la DIA (e ora la SCIA) è un atto di autonomia privata con cui si comunica alla pubblica amministrazione l'esercizio di un’attività consentita dalla legge e non è autonomamente impugnabile.
Nella decisione del 29 luglio 2011, n. 15 il Consiglio di Stato ha risolto il contrasto giurisprudenziale sulla natura giuridica della DIA (art. 19, legge 241/1990): essa non è provvedimento amministrativo tacito formatosi con il decorso del tempo (silenzio-assenso) ma dichiarazione del privato all'amministrazione competente dell'inizio di un'attività libera consentita dalla legge. La P.A. nei tempi previsti può inibire la prosecuzione dell'attività qualora in contrasto con le norme regolatorie. Dato che la DIA non è autonomamente impugnabile, il terzo danneggiato impugnerà il mancato esercizio da parte della Pa del potere inibitorio dell'attività dichiarata attraverso l’esperimento di un’azione impugnatoria ex art. 29 del Codice del processo amministrativo .

Con l'art. 13 (comma 1) del decreto-legge 83/2012 sono state inoltre introdottealcune modifiche alla disciplina sulla Scia confermando, di fatto, quanto già introdotto dai precedenti decreti (D.L. 70/2011 e D.L. 5/2012) con particolare riferimento alla sostituzione ipso iure di tutti i pareri di organi o enti appositi, nonché delle verifiche preventive di loro competenza, con autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati. La novità è da rinvenirsi nel fatto che il testo previgente prevedeva l'effetto sostitutivo solo in caso di pareri o verifiche richieste dalla legge, mentre il testo novellato rinvia in termini più generali alla «normativa vigente»: rientrano pertanto nell'ambito applicativo della nuova disposizione tutti i pareri ed i nulla osta previsti non solo dalla legge, ma anche da provvedimenti di valenza regolamentare emanati da qualsiasi ente competente (quali ad es. gli strumenti urbanistici comunali).

La SCIA in pratica potrà essere presentata per l’esecuzione dei seguenti interventi:

  • manutenzione straordinaria che incide su parti strutturali o se comporta la modifica della destinazione d'uso;
  • risanamento e restauro conservativo;
  • ristrutturazione edilizia cd. leggera;
  • varianti in corso d’opera al permesso di costruire;
  • eliminazione di barriere architettoniche che incidono sulla sagoma dell'edificio;
  • movimenti di terra non legati ad attività agricole;
  • installazione di pannelli solari/fotovoltaici a servizio degli edifici da realizzare all'interno dei centri storici;
  • installazione di serbatoi interrati di Gpl oltre i 13 mc.

La sentenza n. 164 del 2012 della Corte Costituzionale ha dichiarato la legittimità costituzionale dell'applicazione della SCIA a tutte le materie, tra cui quelle che spettano alla competenza concorrente delle regioni, compresa l'edilizia, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale presentate dalle Regioni Valle d'Aosta, Toscana, Liguria, Emilia Romagna e Puglia che avevano censurato le disposizioni nazionali (art. 49, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge n. 78/2010) nelle quali si dispone che la Scia sostituisce la Dia recata da "ogni normativa statale e regionale".
La Corte ha riconosciuto che è inappropriato riferire la disciplina della Scia alla materia “tutela della concorrenza”, come affermato dal comma 4-ter dell’art. 49 del decreto legge n. 78, in quanto l'applicazione della SCIA va oltre la materia della concorrenza, anche se potrebbero verificarsi dei casi nei quali tale materia venga in rilievo. Si tratta dunque di una valutazione da operare caso per caso. Appare invece corretto, sempre secondo la Consulta, stabilire che la disciplina della SCIA costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost., in quanto si tratta di una prestazione specifica che attiene al principio di semplificazione dell’azione amministrativa ed è finalizzata ad agevolare l’iniziativa economica (art. 41, primo comma, Cost), tutelando il diritto dell’interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l’iniziativa medesima, diritto da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Da tale considerazione secondo cui la disciplina della SCIA ben si presta ad essere ricondotta al parametro dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la Corte desume la piena legittimità della sua applicazione anche alla materia edilizia, in quanto non può porsi in dubbio che le esigenze di semplificazione e di uniforme trattamento sull’intero territorio nazionale valgono anche per tale materia, visto anche che la Scia non si sostituisce al permesso di costruire e che la stessa riguarda soltanto l’inizio del procedimento che consente al privato di dare immediato inizio all’attività, fermo restando l’esercizio dei poteri inibitori da parte della pubblica amministrazione e la sua possibilità di assumere provvedimenti in via di autotutela.

Lo sportello unico per l'edilizia

Con l'art. 13 (comma 2, lett. a) e b) del decreto-legge 83/2012 sono state introdotte disposizioni volte a rafforzare lo sportello unico per l'edilizia (SUE), disciplinato dall'art. 5 del T.U., attribuendo all'ufficio maggiori competenze decisorie e istruttorie, al fine di accelerare le procedure amministrative e ridurre gli incombenti a carico dei privati.
Già con il D.L. 70/2011 la disposizione vedeva inserito il comma 4-bis al fine di sancire l'obbligo della modalità telematica sia per la presentazione delle domande, delle dichiarazioni, segnalazioni, comunicazioni e relativi elaborati tecnici o allegati, nonché per l'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni interessate.
Attraverso alcune novelle all'art. 5, lo SUE costituirà l'unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l'intervento edilizio oggetto dello stesso, al fine di fornire una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento (comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità), oltre ad essere l'unico ufficio ad acquisire direttamente - da tali amministrazioni -, tutti gli atti di assenso comunque denominati (anche mediante conferenza di servizi).
Il ruolo dello SUE viene rafforzato altresì dal divieto espresso - in capo a tutti gli altri uffici comunali e altre amministrazioni pubbliche interessati al procedimento - di trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati, a cui si affianca l'obbligo (per le medesime amministrazioni e uffici) di trasmettere immediatamente allo sportello tutte le denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente. La novella sopprime il comma 4 relativo all'obbligo di indire la conferenza di servizi per l'acquisizione degli atti di assenso preliminari in determinate materie (quali le autorizzazioni e certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche; assenso dell'amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato o a stabilimenti militari; le autorizzazioni doganali e demaniali; le autorizzazioni e pareri in materia di beni culturali e paesaggio o di tutela idrogeologica; gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali ed aeroportuali), ampliando conseguentemente l'ambito applicativo del comma 3 che prevede, oltre al ricorso della conferenza di servizi ove necessario, la possibilità di acquisire direttamente dalle amministrazioni preposte tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio in ordine alle fattispecie a suo tempo individuate nell'abrogato comma 4.
Con la modifica anche all'art. 13 del T.U., infine, lo SUE diventa l'unico ufficio comunale ad avere la competenza nel rilascio dei permessi di costruire.
Viene, inoltre, inserito, anche un articolo aggiuntivo - art. 9-bis  relativo alla documentazione amministrativa - che prevede l'obbligo, in capo alle amministrazioni, di acquisire d'ufficio i documenti, le informazioni e i dati (compresi quelli catastali), che siano in possesso della pubblica amministrazione, ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi edilizi. La stessa disposizione prevede anche il divieto per le amministrazioni di richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e l'autenticità dei documenti, informazioni e dati che siano in possesso della P.A. (in forza del principio della decertificazione dei rapporti tra privati e P.A. già sancito dall'art. 15 della legge 183/2011 - legge di stabilità 2012).

Il comma 2-bis ha inoltre previsto l'attuazione, da parte delle amministrazioni comunali, delle norme introdotte dal citato art. 13, comma 2, entro il termine massimo di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (ossia entro il 12 febbraio 2013).


  • [1] Alla stregua della previgente giurisprudenza, la concessione edilizia era necessaria per la recinzione di un fondo rustico, se realizzata con opere edilizie permanenti; non lo era invece nel caso di semplice recinzione con paletti conficcati nel terreno o di altro manufatto che avesse insita in sé la caratteristica della precaria installazione (Cons. Stato n. 3320 del 15 giugno 2000)