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dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

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Temi dell'attività Parlamentare

La tassazione degli immobili delle persone fisiche

La vigente tassazione immobiliare delle persone fisiche

In base al regime tributario vigente, il possessore di immobili è soggetto passivo ai fini IRPEF e relative addizionali (comunale e regionale) sul reddito catastalmente attribuito, ovvero su quello realizzato in caso di locazione (salva l’applicazione della cd. “cedolare secca”. E’ soggetto altresì all’ICI, con base imponibile costituita dal valore dell’immobile (determinato applicando gli appositi coefficienti al valore catastale, come visto in precedente).
In particolare, la normativa vigente colpisce il reddito dell’immobile (IRPEF e addizionali) nonché il patrimonio, ossia il valore dell’immobile (ICI).
Le misure delle aliquote IRPEF da rapportare alle diverse basi imponibili sono le seguenti:

  • IRPEF. L’art. 11 del DPR n. 917/1986 (TUIR) stabilisce le seguenti aliquote per scaglioni di reddito imponibile: 23% fino a 15.000 euro, 27% da 15.001 a 28.000 euro; 38% da 28.001 a 55.000 euro; 41% da 55.001 a 75.000 e 43% oltre 75.000;
  • addizionale regionale IRPEF. L’art. 50 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che le aliquote applicabili dalle regioni ai redditi imponibili possono assumere un valore non inferiore a 0,9% e non superiore a 1,4%. Il decreto legislativo su federalismo regionale, provinciale e costi e fabbisogni standard sanitari (D. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, come successivamente modificato) prevede che, a seguito della soppressione dei trasferimenti statali in favore delle regioni, a decorrere dal 2013 sia rideterminata l’addizionale regionale all’IRPEF (con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente). All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari allo 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% per il 2012 e il 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5%, la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro);
  • addizionale comunale IRPEF. E’ stata istituita dall’art. 1 del D.Lgs. n. 360/1998 e la sua applicazione, facoltativa e variabile, è rimessa a ciascun comune che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. L'ente locale può deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell'aliquota non può, in ogni caso, essere superiore allo 0,5 per cento.

 Si ricorda che l’articolo 3 del D. Lgs. sul federalismo fiscale municipale (D. Lgs. 23 del 2011) ha istituito la cd. “cedolare secca” sugli affitti, ovvero la possibilità per i proprietari di immobili concessi in locazione di optare, dal 2011, in luogo dell’ordinaria tassazione Irpef sui redditi dalla locazione, per un regime sostitutivo, che assorbe anche le imposte di registro e bollo sui contratti, le cui aliquote sono pari al 21% per i contratti a canone libero ed al 19% per quelli a canone concordato. L’imposta riguarda la locazione diimmobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze; sono escluse espressamente le locazioni realizzate nell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni. Essa assorbe sia l’IRPEF, sia l’addizionale regionale IRPEF e l’addizionale comunale IRPEF. La base imponibile è fissata in misura corrispondente al canone di locazione annua e, in particolare, l’imponibile non può essere inferiore al reddito medio ordinario delle unità immobiliari determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.

La misura dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) è fissata (cfr. infra) dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 504/1992 ai sensi del quale le aliquote stabilite dai comuni devono essere comprese tra il 4 per mille e il 7 per mille.

L'imposta comunale sugli immobili
Presupposto, base imponibile e soggetti passivi

 

L’Imposta Comunale sugli Immobili, istituita e disciplinata dal D.Lgs. n. 504/1992 (recante il riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), è un’imposta reale il cui gettito è destinato ai Comuni.

Presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, qualunque sia la loro destinazione.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 1140 cod.civ. il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa. In materia di ICI, la Corte di Cassazione (sentenza n. 25376 del 17 ottobre 2008) ha evidenziato che il soggetto passivo dell’imposta comunale sugli immobili è, in via esclusiva, il titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale gravante sul cespite avendo il termine normativo tributario di possesso, ex art. 1, D.Lgs. n. 504/1992, esattamente la medesima portata di cui all’art. 1140 c.c., ovvero di esercizio del potere di fatto sulla cosa - immediato o per il tramite di altro soggetto che ne ha la detenzione - quale manifestazione del diritto di proprietà o di altro diritto reale.

 Soggetti passivi dell’imposta (articolo 3 del D. Lgs. 504/1992) sono i proprietari o i titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione), anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non vi hanno sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività.

 La base imponibile dell’ICI è costituita dal valore degli immobili (articolo 5 del D. Lgs. 504/1992).
 In particolare, per i fabbricati inscritti in catasto, la base imponibile è rappresentata dalla rendita catastale dell'immobile, rivalutata del 5%, moltiplicata per i seguenti valori (di cui al D.M. 14 dicembre 1991 e successive modifiche):

  • per 140 se si tratta di fabbricati classificati nei gruppi catastali B (collegi, convitti, ecc.)[1], per 100 per i fabbricati dei gruppi catastali A (abitazioni) e C (magazzini, depositi,laboratori, ecc.), con esclusione delle categorie A/10 e C/1;
  • per 50 per i fabbricati del gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) e della categoria A/10 (uffici e studi privati);
  • per 34 per i fabbricati della categoria C/1 (negozi e botteghe).

Disposizioni specifiche sono, inoltre, previste per i terreni[2], per i fabbricati di interesse storico, per i fabbricati posseduti dalle imprese nonché per le aree fabbricabili: in particolare, per le aree fabbricabili la base imponibile è data dal valore venale in comune commercio. Per i terreni agricoli la base imponibile è data dal reddito dominicale, rivalutato del 25%, moltiplicato per 75. Per i fabbricati del gruppo catastale D non iscritti in catasto, posseduti interamente da imprese e contabilizzati distintamente, il valore è calcolato dal costo risultante dalle scritture contabili al lordo delle quote di ammortamento maggiorato con l'applicazione di appositi coefficienti.

 L’aliquota dell’imposta (articolo 6 del D. Lgs. 504/1992) è determinata dal Consiglio comunale, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille.
Il comune ha facoltà di diversificare l’aliquota entro il predetto limite, con riferimento ai casi di immobili diversi dalle abitazioni o posseduti in aggiunta all'abitazione principale, o di alloggi non locati. Inoltre, l'aliquota può essere agevolata in rapporto alle diverse tipologie degli enti senza scopi di lucro. A decorrere dall’anno di imposta 2009, il comune può prevedere un’aliquota agevolata anche inferiore al 4 per mille per i soggetti passivi che installino impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico, limitatamente alle unità immobiliari oggetto di detti interventi e per la durata massima di tre anni per gli impianti termici solari e di cinque anni per tutte le altre tipologie di fonti rinnovabili.

In assenza di delibera del Comune, si applica l’aliquota del 4 per mille.

Agevolazioni ed esenzioni

L’articolo 7 del citato D.Lgs. n. 504/1992 reca la disciplina delle esenzioni. In particolare, l’ICI non si applica alle seguenti categorie di beni immobili:

  • gli immobili posseduti dallo Stato nonché quelli posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti[3], dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
  • i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (articolo 7, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 504/1992).

Sono classificati nella categoria catastale E gli “immobili a destinazione particolare” ossia: stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei; ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio; costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche; recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche; fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze; fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale; fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti; fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia; edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E;

Si tratta degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell'immobile; i terreni, i parchi e i giardini aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i beni culturali e ambientali di pubblico interesse;

 L’articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 93 del 2008[9] ha introdotto, a decorrere dal 2008, l’esenzione ICI dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo.

 Si intendono per abitazione principale (comma 2 dell’articolo 1):

La risoluzione del Dipartimento delle Finanze n. 1 del 31 gennaio 2008 ha chiarito che a fini ICI per abitazione principale si intende quella in cui dimorano abitualmente il contribuente e i suoi familiari. La legge finanziaria 2007 (articolo 1 comma 173, lettera b) della L. n. 296/2006, con effetto dall’anno d’imposta 2007, ha introdotto una presunzione legale in base alla quale si considera abitazione principale quella di residenza anagrafica del soggetto passivo. Si tratta di una presunzione relativa che, per espressa statuizione normativa, ammette prova contraria. In buona sostanza, la nuova presunzione non supera la nozione di abitazione principale, fondata sul criterio della dimora abituale, ma mira a garantirne una più corretta applicazione, consentendo comunque al contribuente, nei casi di mancata coincidenza (o scollamento anche temporaneo) tra dimora abituale e residenza anagrafica, di riservare alla prima il trattamento destinato all’abitazione principale ai fini dell’Ici, fornendo la prova del suo utilizzo – appunto – quale dimora abituale;

  • le unità immobiliari che il comune, con regolamento o delibera, abbia assimilato all’abitazione principale.

Si tratta, in particolare:

a) dell'unità immobiliare posseduta - a titolo di proprietà o di usufrutto - da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, purché l’immobile non risulti locato (ai sensi dell’articolo 3, comma 56 della legge n. 662 del 1996[10]);

b) degli immobili concessi in uso gratuito a parenti del soggetto passivo in linea retta o collaterale (ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 446 del 1997[11]; la disposizione consente al comune, con fonte regolamentare, di stabilire il grado di parentela rilevante per l’applicazione della misura).

Sono esclusi dall’esenzione gli immobili signorili, le ville ed i castelli (rispettivamente, gli immobili inseriti nelle categorie catastali A01, A08 ed A09), ancorché adibiti ad abitazione principale del soggetto passivo (comma 2, ultimo periodo).

Ad essi, tuttavia, si continua ad applicare la detrazione “ordinaria” per l’abitazione principale, prevista dall’articolo 8, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992.

L’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992[12] prevede, per l’abitazione principale del contribuente, una detrazionedi importo annuopari a 103,29 euro. La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa.

A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 dell’articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo possa essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, che la detrazione ordinaria - pari a 103,29 euro - possa essere elevata fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

 Per espressa previsione del comma 3, l’esenzione si applica anche:

- alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario. Essa opera a condizione che costui non sia proprietario o titolare di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione e situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale (ai sensi dell’articolo 6, comma 3-bis del D.Lgs. n. 504 del 1992, inserito dalla legge finanziaria per il 2008);

- alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (come previsto dall’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992).

 Di conseguenza, l’ambito applicativo della detrazione “ordinaria” è circoscritto ai soli immobili appartenenti alle categorie catastali A01, A08 e A09, ove adibiti ad abitazione principale del contribuente.

Ai sensi dell’articolo 8, comma 1 del D.Lgs. n. 504 del 1992, l'imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Inoltre l'aliquota può essere stabilita dai comuni nella misura del 4 per mille, per un periodo comunque non superiore a tre anni, relativamente ai fabbricati realizzati per la vendita e non venduti dalle imprese che hanno per oggetto esclusivo o prevalente dell'attività la costruzione e l'alienazione di immobili.

Sono previste altresì riduzioni della base imponibile e dell’imposta per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti (articolo 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992).

Dichiarazioni e adempimenti

L’articolo 10 del D.Lgs. n. 504 del 1992 prevede (comma 1) che l’imposta sia dovuta per anni solari, proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria.
Per quanto concerne il versamento dell’imposta (comma 2), i soggetti passivi lo effettuano in due rate: la prima entro il 16 giugno, di misura pari al 50 per cento dell'imposta dovuta, calcolata sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente. La seconda rata deve essere versata dal 1° al 16 dicembre, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno con eventuale conguaglio sulla prima rata versata.

Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

L'imposta (comma 3) è corrisposta mediante versamento diretto al concessionario della riscossione nella cui circoscrizione è compreso il comune sul cui territorio insiste l’immobile, ovvero su apposito conto corrente postale intestato al predetto concessionario. I soggetti passivi (comma 4) devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, con esclusione di quelli esenti dall'imposta, su apposito modulo, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui il possesso ha avuto inizio.

La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, ove non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta; in tal caso il soggetto interessato è tenuto a denunciare nelle forme sopra indicate le modificazioni intervenute, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui le modificazioni si sono verificate. Nel caso di più soggetti passivi tenuti al pagamento dell'imposta su un medesimo immobile può essere presentata dichiarazione congiunta.



[1]    Questo coefficiente è stato rivalutato nella misura del 40 per cento per effetto dell’art. 2, comma 45, del decreto legge n. 262 del 3 ottobre 2006, convertito dalla legge n. 286 del 24 novembre 2006. La rivalutazione decorre dalla data di entrata in vigore (3 ottobre 2006) del decreto legge.

[2]    Ai terreni iscritti in catasto vengono attribuiti, in luogo della rendita catastale, il reddito dominicale e il reddito agrario i quali, ai fini fiscali, sono rivalutati, rispettivamente, dell’80% e del 70%.

[3]    L’articolo 31, comma 18, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) ha precisato che l'esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, si deve intendere applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione.

[4]    L’art. 8 Cost. dispone che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

[5]    L’art. 19 Cost. dispone che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

[6]    L’imposta locale sui redditi (ILOR), inizialmente introdotta dal D.P.R. n. 599/1973 e successivamente ridisciplinata nell’ambito del Titolo III del TUIR (D.P.R. n. 917/1986 previgente) è stata abolita a seguito dell’introduzione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) di cui al D.Lgs. n. 446/1997 con decorrenza 1 gennaio 1998.

[7]    

[8]    Recante il coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani

[9]    D.L. 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 luglio 2008, n. 126.

[10]   Legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.

[11]   D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.

[12]   D. Lgs. 23 dicembre 1992, n. 504, recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421

L'Imposta municipale propria
Premessa

Il già citato D. Lgs. 23 del 2011 in materia di federalismo fiscale municipale ha, tra l’altro, disciplinato la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare.

In particolare, è disposto che dal 2011 siano attribuiti ai Comuni:

a) l’intero gettito dell’Irpef sui redditi fondiari (escluso il reddito agrario) e quello relativo alle imposte di registro e bollo sui contratti di locazione immobiliare;
b) una quota, pari al 30%, del gettito delle imposte di registro, ipotecarie e catastali sugli atti di trasferimento immobiliare;
c) una quota, pari al 21,7% nel 2011 ed al 21,6% dal 2012, del gettito della cedolare secca sugli affitti.
I gettiti in questione affluiscono ad un Fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, finalizzato a realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione dei gettiti medesimi ai Comuni; il Fondo verrà ripartito sulla base di un accordo in sede di Conferenza Stato-città, nell’osservanza, comunque, di due specifici criteri: una quota del 30% del Fondo andrà ripartita in base al numero dei residenti e, al netto di tale quota, una ulteriore percentuale del 20% dovrà essere destinata ai piccoli comuni. L’articolo 13 del decreto, istituisce inoltre, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivo alla determinazione dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali, un Fondo perequativo a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte dai predetti enti, articolato in due componenti con riferimento alle funzioni fondamentali e non fondamentali;
d) una compartecipazione al gettito IVA, che dovrà essere determinata con apposito DPCM in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2% al gettito dell’IRPEF.

A decorrere dal 2014 ai comuni andranno:

a) la predetta compartecipazione IVA;
b) il gettito dell’imposta municipale propria, che assorbirà l’IRPEF sui redditi fondiari derivanti da immobili non locati, escluso il reddito agrario (cfr. infra) e la relativa addizionale comunale;
c) a seguito del riordino delle imposte di registro, bollo e delle forme di prelievo ipocatastali, una quota del gettito pari al 30 per cento dell’imposizione indiretta sui trasferimenti immobiliari,attraverso il citato fondo perequativo;
d) l’intero ammontare del gettito da imposta di registro e di bollo sulle locazioni;
e) una quota della cedolare secca (incrementabile mediante la riduzione compensativa della compartecipazione all’imposta di registro sui trasferimenti e, eventualmente, della compartecipazione IVA);
f) l’IRPEF sui redditi fondiari immobiliari da immobili locati (ove non si opti per la cedolare secca).
Le tre ultime forme di prelievo confluiscono in parte al Fondo perequativo, in parte sono attribuite direttamente ai comuni.

Presupposto e generalità

Gli articoli 8 e 9 del D. Lgs. n. 23 del 2011 istituiscono e disciplinano l’imposta municipale propria, con decorrenza dal 2014, il cui gettito sarà attribuito ai Comuni.
In particolare, l’IMU è introdotta in sostituzione, per la componente immobiliare, delle seguenti forme di prelievo:

  • l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari, con riferimento ai beni non locati. Per quanto concerne i redditi da locazione di immobili, si ricorda che l’articolo 3 del D. Lgs. 23/2011 introduce la facoltà di applicare, in luogo della tassazione ordinaria, l’imposta sostitutiva sui redditi di locazione (cd. “cedolare secca”); il comma 6 dell’articolo 8 stabilisce che l’aliquota dell’imposta municipale sui redditi derivanti da immobili locati che non costituiscono abitazione principale è ridotta alla metà. In altre parole, per i beni immobili non locati il proprietario dovrà corrispondere l’imposta municipale propria; in caso di locazione, dovrà corrispondere sia l’imposta municipale ad aliquota ridotta, sia l’IRPEF e le relative addizionali (ovvero, in alternativa a quest’ultima la “cedolare secca” sugli affitti. In merito, poiché la “cedolare” assorbe anche l’addizionale regionale e comunale all’IRPEF, le Regioni e i comuni perderanno la corrispondente quota di gettito);
  • l’imposta comunale sugli immobili (ICI).

Tuttavia, l’articolo 9, comma 9 del D. Lgs. 23/2011 precisa che continueranno ad essere assoggettati ad imposta sui redditi:

  • il reddito agrario di cui all’articolo 32 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986);
  • i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la “cedolare secca”;
  • i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario (ai sensi dell’articolo 43 del TUIR;
  • i redditi provenienti dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.

Presupposto dell’imposta municipale (articolo 8, comma 2, del D. Lgs. 23/2011) è il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.
Come visto supra, il presupposto per l’applicazione dell’ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa.

Sono (articolo 9, comma 1, del D. Lgs. 23/2011) soggetti passivi dell’imposta municipale:

  • il proprietario o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie) di immobili. Sono considerati immobili anche i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, nonché quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa;
  • il concessionario, nel caso di concessione di aree demaniali;
  • il locatario, a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto di leasing[1], se l’immobile - anche da costruire o in corso di costruzione – è concesso in locazione finanziaria.

Tali due ultime figure non sono contemplate come soggetti passivi ICI.

La base imponibile dell’imposta municipale propria (articolo 8, comma 4, del D. Lgs. 23/2011) corrisponde al valore dell’immobile determinato secondo i vigenti criteri validi per il calcolo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), a mente dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992 (cfr. supra). Ai sensi del richiamato articolo 5 il valore è costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, dal prodotto tra le rendite catastali rivalutate del 5%[2] e uno dei coefficienti determinati dal D.M. 14 dicembre 1991 (vedi sopra).

L’aliquota di base, stabilita a livello nazionale, (articolo 8, comma 5 del D. Lgs. 23/2011) è fissata nella misura dello 0,76 per cento della base imponibile così determinata. Tale aliquotapuò essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto delle analisi effettuate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

Ai comuni è concessa la facoltà di modificare, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, in aumento o in diminuzione, l’aliquota fissata a livello nazionale, nelle seguenti misure[3]:

  • fino ad un massimo di 0,3 punti percentuali per l’imposta municipale applicata al possesso di immobili non locati;
  • fino ad un massimo di 0,2 punti percentuali per l’IMU applicata agli immobili locati.

Nel caso di mancata emanazione della delibera comunale entro il predetto termine, si applicano le aliquote ordinarie: 0,76 per cento, per gli immobili non locati che non costituiscono abitazione principale; per gli immobili locati, ai sensi del successivo comma 6, un’aliquota ridotta alla metà (0,38 per cento).

Riduzioni ed esenzioni

Le disposizioni del decreto legislativo sul federalismo municipale prevedono che l’imposta non si applichi (articolo 8, comma 3 del D. Lgs. 23/2011) sugli immobili adibiti ad abitazione principale e le relative pertinenze.

Il beneficio della esenzione per l’abitazione principale è riconosciuto solo se l’immobile è il luogo in cui il contribuente ha sia la residenza anagrafica sia la dimora abituale;

A fini ICI (articolo 8, comma 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992), viene considerata “abitazione principale” l’unità immobiliare in cui dimora abitualmente il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari (articolo 8, comma 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992). Come già visto supra, a decorrere dall’anno d’imposta 2007, sussiste la presunzione legale in base alla quale viene considerata “abitazione principale” quella di residenza anagrafica del soggetto passivo. Si tratta di una presunzione semplice che, per espressa statuizione normativa, ammette prova contraria. In sostanza si consente al contribuente, nei casi di mancata coincidenza (ancorché temporanea) tra dimora abituale e residenza anagrafica, di riservare alla prima il trattamento destinato all’abitazione principale a fini ICI, fornendo la prova del suo effettivo utilizzo quale dimora abituale.

  • si tratti di un immobile iscritto o iscrivibile al catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare in una categoria diversa da A/1, A/8 e A/9 (corrispondenti, rispettivamente, alle abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville e ai castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici, che sono dunque assoggettati a imposta municipale propria, ancorché destinati ad abitazione principale del contribuente).

Il beneficio è esteso alle unità pertinenziali classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo.

In base alla classificazione operata dall’Agenzia del territorio, rientrano nella categoria C/2 i magazzini e locali di deposito, nella categoria C/6 le stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro) e nella categoria C/7 le tettoie chiuse od aperte.

In riferimento al profilo tributario relativo all’abitazione principale e alle sue pertinenze, si segnala che le nuove disposizioni determinano un diverso ambito applicativo del regime di esenzione, in riferimento sia alle ipotesi di esclusione dall’imposizione immobiliare, sia per quanto concerne la definizione di abitazione principale. In primo luogo, la disciplina IRPEF vigente dispone l’esenzione in favore di tutti gli immobili adibiti ad abitazione principale, ivi compresi quelli iscritti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Tali immobili invece sono soggetti a ICI. Inoltre, ai fini IRPEF si considera abitazione principale quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente. Il beneficio spetta anche quando l’unità immobiliare costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente che vi risiedono; tuttavia, se un contribuente possiede due immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da un proprio familiare, il beneficio spetta esclusivamente per il reddito dell’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente.

I commi 6 e 7 dell’articolo 8 del D. Lgs. 23/2011 disciplinano alcune ipotesi in cui l’aliquota è ridotta.

Ai sensi del comma 6, l’aliquota ordinaria è ridotta alla metà di diritto, qualora l’immobile sia locato.

Il comma 7 consente ai comuni, con delibera del consiglio di ridurre sino alla metà l’aliquota ordinaria (applicabile agli immobili non costituenti abitazione principale) nelle seguenti ipotesi:

  • per gli immobili non produttivi di reddito fondiario (ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) ovvero gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio di arti e professioni. L’articolo 43, comma 2 del TUIR definisce “strumentali” gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore. Gli immobili relativi ad imprese commerciali che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o comodato, salve le regole specificamente previste per le imprese individuali (articolo 65, comma 1 del TUIR, ai sensi del quale si considerano relativi all'impresa anche i beni appartenenti all'imprenditore indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario tenuto a norma del codice civile; inoltre, gli immobili “strumentali” si considerano relativi all'impresa solo se indicati nell'inventario). Sono considerati strumentali anche (articolo 95, comma 2, ultimo periodo TUIR) i fabbricati concessi in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nei comuni in cui prestano l'attività, per il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi.
  • immobili posseduti da soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società – IRES.

Nell’ambito di tale facoltà di manovra, i comuni possono circoscrivere l’applicazione dell’aliquota ridotta si applichi a determinate categorie di immobili.

    In particolare, sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Sono inoltre richiamate le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, illustrate supra.In sostanza, saranno assoggettati a IMU i fabbricati – attualmente esenti da ICI – i quali, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati ad attività assistenziali, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività mesesime (articolo 7, comma 1, lettera g) del D. Lgs. n. 504/1992).

    Dichiarazioni e adempimenti

    L’IMU è dovuta per anni solari (articolo 9, comma 2 del D. Lgs. 23/2011) e viene determinata in proporzione alla quota (della proprietà o di altro diritto reale sul bene) e al numero dei mesi nei quali si è protratto ilpossesso; a tal fine, il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni è computato per intero. Si specifica che per ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria.

    La formulazione utilizzata dal comma in esame richiama quella dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 504/1992, ai sensi del quale l’ammontare dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta è determinato “proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso”.

    L’articolo 9, comma 3 del D. Lgs. 23/2011 disciplina le modalità di versamento dell’imposta da parte del contribuente in favore del Comune.

    In una prima fase, di carattere transitorio, il pagamento dell’imposta potrà essere effettuato in due rate di pari importo, con scadenza il 16 giugno e il 16 dicembre di ciascun anno, oppure in un unico versamento entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

    Ai sensi del successivo comma 4, a far data dal completamento dell’attuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento dei sistemi contabili[4] e in ogni caso a partire dal 1° gennaio 2015, l’imposta verrà corrisposta con le modalità stabilite dal comune. Il comma 5 del citato articolo 9 consente ai comuni, con regolamento, di introdurre l’istituto dell’accertamento con adesione del contribuente e altri strumenti di deflazione del contenzioso, che prevedano la possibilità di rateizzare il pagamento delle somme dovute senza interessi, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 218/1997[5].

    L’ordinamento vigente disciplina in modo diverso le modalità di rateizzazione delle somme dovute all’erario secondo lo strumento deflattivo del contenzioso di volta in volta applicato (cfr. infra). In linea generale, comunque, quando il contribuente opta per il pagamento rateale, si prevede l’obbligo di corrispondere gli interessi al saggio legale (artt. 5, 5-bis, 8 e 14 del D.Lgs. n. 218/1997). Per “strumenti deflattivi del contenzioso” si intendono quegli istituti finalizzati ad accelerare l’attività di riscossione dei tributi attraverso la definizione, in via amministrativa e in contradditorio con il contribuente delle pretese tributarie.

    Il comma 6 dell’articolo 9 affida a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), l’approvazione dei modelli relativi alla dichiarazione, ai versamenti nonché alla trasmissione dei dati di riscossione dell’IMU, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità. Infine, (articolo 9, comma 7) si fa riferimento alle norme vigenti in materia di ICI e, più in generale, alla vigente disciplina di accertamento e riscossione dei tributi locali per quanto riguarda l’accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva dell’IMU, nonché per le sanzioni, il calcolo degli interessi, il contenzioso e i rimborsi[6].

     

    [1]    Al termine del contratto di locazione finanziaria, l’utilizzatore continua ad essere soggetto passivo in qualità di proprietario dell’immobile se esercita l’opzione per il riscatto del bene.

    [2]    Ai sensi dell’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 le rendite catastali urbane, fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

    [3]    Con riferimento al criterio di flessibilità, viene in rilievo il principio posto dall'articolo 2, comma 2, lettera bb), della legge delega n. 42 del 2009 che sancisce la garanzia - nella costituzione di insiemi di tributi e compartecipazioni da attribuire alle regioni e agli enti locali - del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale, stabilendo che essi dovranno essere composti in misura rilevante da tributi manovrabili; viene inoltre in rilievo il principio di cui al medesimo articolo 2, comma 2, lettera cc), la quale sancisce che la flessibilità fiscale deve essere adeguata e rispondere a specifiche seguenti caratteristiche: secondo quel principio di delega, una tale base imponibile dovrà consentire a tutti gli enti territoriali, compresi quelli a più basso potenziale fiscale, di finanziare il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali.

    [4]    D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.

    [5]    D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

    [6]    In particolare, si applica la disciplina ICI di cui agli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del decreto legislativo n. 504 del 1992, e le norme generali in materia di tributi locali recate dai commi da 161 a 170 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).