La presente cronologia integra quella contenuta nel dossier La crisi in Libia e negli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente –Cronologia dei principali avvenimenti, riportando, per ciascun Paese i principali eventi successivi al 2 maggio 2011.
Marocco:
1° luglio: approvate con referendum le riforme costituzionali elaborate da re Mohammed VI. Tra le altre cose si prevede il riconoscimento della lingua berbera come altra lingua ufficiale insieme all’arabo; la trasformazione del primo ministro in “presidente del Governo” e il vincolo per il re di nominare a tale carica un esponente del partito con più seggi nella camera bassa del Parlamento, la Camera dei rappresentanti; il presidente del Governo assume anche il potere di far dimettere i ministri; la limitazione delle aree di “dominio esclusivo” della prerogativa regia alle materie concernenti la religione, la sicurezza nazionale e le “scelte strategiche” (non meglio definite); ampliamento della possibilità di legiferare da parte del Parlamento e attribuzione allo stesso di più incisivi poteri di bilancio; nel testo previgente ogni materia non espressamente citata dalla Costituzione è invece riservata alla potestà regolamentare del Governo
18-25 luglio: nuove manifestazioni giovanili in diverse città del Marocco richiedono riforme ulteriori rispetto a quelle appena approvate con referendum; in base a dati resi noti agli inizi di agosto dal consiglio economico e sociale rilevano che la quota più consistente della popolazione disoccupata è rappresentata da giovani in possesso di istruzione superiore
15 agosto: il governo marocchino stabilisce nel 25 novembre la nuova data delle elezioni della Camera dei rappresentanti
19-23 settembre: il primo ministro comunica al Governo la necessità di procedere a tagli della spese pubblica; viene presentato il disegno di legge finanziaria per il 2012, in base alle nuove procedure approvate con la riforma costituzionale
3 ottobre: la coalizione 20 febbraio, che riunisce i promotori delle proteste di inizio anno, organizzano nuove proteste contro la corruzione e per richiedere nuove riforme che limitino ulteriormente il potere del re
19 ottobre: il parlamento marocchino approva una nuova legge di protezioni dei testimoni nei procedimenti di corruzione e malversazione di fondi pubblici
24 ottobre: nuove manifestazioni di protesta mentre la coalizione 20 febbraio annuncia, insieme ad altri movimenti, come il movimento islamista giustizia e benevolenza, il boicottaggio delle elezioni (il principale movimento islamista, il partito giustizia e sviluppo, invece, partecipa alle elezioni)
novembre 2011: in vista delle elezioni previste per il 25 novembre risultano formate tre coalizioni politiche:
- partito Giustizia e sviluppo, partito islamista moderato ritenuto il probabile vincitore delle elezioni (attualmente il partito è presente in Parlamento con 47 deputati); il partito, guidato da Abdelillah Benkirame, indica come modelli l’AKP turco e il partito Ennahda tunisino;
- l’alleanza Koutla che riunisce esponenti degli attuali partiti di governo: il partito di centro-destra Istiqlal (indipendenza), del primo ministro uscente Abbas El Fassi, l’Unione socialista delle forze popolari, guidata da Abdelouhaed Radi e il partito per il progresso e il socialismo, guidato da Nabil Ben Abdellah; l’alleanza, criticando la decisione di altre forze di governo di formare la coalizione per la democrazia (cfr. infra) con altri movimenti di opposizione, sta, secondo notizie di stampa, valutando la possibilità di offrire un’alleanza dopo le elezioni al partito “Giustizia e sviluppo”;
- la coalizione per la democrazia, coalizione di otto partiti che unisce due altri partiti di governo, il movimento popolare di centro-destra e il raggruppamento nazionale degli indipendenti vicino al re, ad altri movimenti di opposizione e al nuovo partito dell’autenticità e della modernità, fondato nel 2008 da una personalità ritenuta assai vicina al re, Fouad Ali al-Himma; la coalizione ha presentato un programma fondato sull’equità tra uomo e donna, sulla lotta alla povertà e sul sostegno ad un Islam moderato, che è ritenuto essere in perfetta armonia con i valori universali umani.
Algeria:
22 giugno: concluso il dialogo tra governo e partiti e movimenti della società civile che dovrebbe preludere a riforme costituzionali
30 giugno: manifestazioni di protesta degli avvocati algerini contro i progetti di riforma della professioni che vengono ritenuti lesivi dei diritti della difesa in tribunale
25 luglio: i partiti di opposizione algerina esprimono insoddisfazione per il processo di riforme avviato dal presidente Bouteflika
6-14 settembre: il Parlamento approva, primo risultato del dialogo nazionale avviato da Bouteflika, modifiche alla legislazione in materia di partiti, al fine di consentire un maggiore pluralismo; è prevista una quota di candidature femminili; persiste il bando per i componenti del fronte islamico di salvezza
13 settembre: autorizzate le prime trasmissioni televisive private; il primo canale televisivo privato inizierà le sue trasmissioni nel 2012; abrogata anche la previsione del carcere per i giornalisti in caso di diffamazione
16 settembre: proteste in Cabilia per richiedere la chiusura di una caserma dopo che in un incidente con armi da fuoco è rimasta uccisa una donna
12 ottobre: in un video il leader di Al Qa’ida Ayman Al Zawahiri incita gli algerini a rovesciare il governo algerino; osservatori occidentali indicano negli attacchi di Al Qa’ida la principale minaccia alla stabilità politica in Algeria
17 ottobre: lo scrittore algerino Boualem Sansal vince il premio per la pace della Fiera di Francoforte per la sua battaglia per la democrazia in Algeria
19 ottobre: raduno autorizzato di 600 esponenti riformisti del Fronte di liberazione nazionale, partito egemone in Algeria, in polemica con la linea del segretario generale Fayez Nureldine
26 ottobre: sciopero degli avvocati algerini contro i progetti di riforma della professioni che vengono ritenuti lesivi dei diritti della difesa in tribunale
14 novembre: il governo chiude in tutto il Paese circa 900 moschee con l’accusa di fornire protezione a terroristi islamici
21 novembre: il presidente algerino Bouteflika incontra per la prima volta il presidente del consiglio nazionale transitorio libico Abdel Jalil
Tunisia:
8 giugno: il governo annuncia il differimento delle elezioni dell’Assemblea costituente al 23 ottobre. Dopo un’iniziale contestazione la decisione è accettata anche dal partito islamista Ennahda.
21 giugno: l’ex presidente Ben Alì e la moglie sono condannati a 35 anni di prigione per furto e appropriazione indebita
5 luglio: l’ex-presidente Ben Alì è nuovamente condannato in contumacia a 15 anni di prigione e 72.000 dollari USA di multa per contrabbando di droga, armi e materiale archeologico, mentre vengono aperti a suo carico nuovi procedimenti penali per abuso di potere
15-18 luglio: nuove proteste nella città di Sidi Bouaziz e in altre località tunisine dopo l’uccisione da parte della polizia di un giovane
20 agosto: l’Alta Autorità approva lo schema di decreto-legge sui partiti, che contiene norme volte a limitare i finanziamenti esteri ai partiti politici; per protesta contro queste norme Ennahda ha abbandonato i lavori dell’Autorità
11 ottobre: manifestazioni di protesta, con la partecipazione di elementi salafiti, contro la sede della stazione televisiva privata Nessma per la trasmissione del film Persepolis, contenente anche, in contrasto con i precetti islamici, una rappresentazione antropomorfa di Allah
16 ottobre: l’Alta Autorità indipendente per il perseguimento degli obiettivi della rivoluzione, la riforma politica e la transizione democratica conclude i suoi lavori
23 ottobre: elezioni dell’Assemblea costituente. Il partito islamista moderato Ennahda conquista la maggioranza relativa dei seggi
8 novembre: avviati negoziati per la formazione del governo tra Ennahda, Ettakol e il Congresso per la Repubblica. Primo ministro dovrebbe divenire il segretario di Ennahda jebali, mentre per la presidenza della Repubblica si fa il nome di Moncef Marzouki, leader del Congresso per la Repubblica
14 novembre: in sede di assegnazione definitiva il movimento Petizione popolare, fondato dall’imprenditore televisivo Hamdi.
16 novembre: Ettakol e il Congresso per la Repubblica sospendono la partecipazione ai negoziati per la formazione del governo dopo le dichiarazioni del segretario di Ennahda e primo ministro in pectore Jebali sul prossimo avvento del “sesto Califfato”
22 novembre: prima riunione dell’Assemblea costituente tunisina
Libia:
27 giugno: la Corte penale internazionale emette mandati di arresto per Muammar Gheddafi, Saif al-Islam Gheddafi e il capo dei servizi segreti libici Abdullah Al-Senoussi nell’ambito dei procedimenti avviati per crimini contro l’umanità
Giugno-luglio: dalle montagne del Gebel-Nefusa forze ribelli riconducibili alle tribù berbere guadagnano terreno rispetto alle forze gheddafiane, aprendo un nuovo fronte nel conflitto, mentre le altre forze del Consiglio nazionale transitorio libico (CNT) sono bloccate ai confini della Cirenaica e nella città di Misurata
29 luglio: il comandante militare delle forze del CNT Abdel Fattah Yunis viene assassinato a Bengasi in circostanze misteriose; Younis potrebbe essere rimasto vittima di elementi islamisti oppure ucciso perché sospettato di “doppio gioco”
3 agosto: il consiglio nazionale transitorio libico approva un “comunicato costituzionale” volto a disciplinare il processo di transizione libico, con la previsione, tra le altre cose, delle elezioni di un’Assemblea costituente
21 agosto: le forze riconducibili al Consiglio nazionale di transizione libico conquistano Tripoli. Come comandante delle forze del CNT a Tripoli viene indicato Bel-Haj, già appartenente all’organizzazione terrorista fondamentalista del gruppo di combattimento libico; la resistenza delle forze gheddafiane si concentra nella città di Bani Walid e di Sirte
20 ottobre: pochi giorni dopo Bani Walid, cade anche la città di Sirte; viene ucciso Muammar Gheddafi.
26 ottobre: fonti diplomatiche riferiscono che si sta ipotizzando l’invio in Libia di una forza multinazionale di stabilizzazione, forse guidata dal Qatar, che ha esercitato un forte ruolo nel sostegno al CNT
1° novembre: il primo ministro del consiglio nazionale di transizione libico Jibril si dimette; come nuovo primo ministro è designato Abdulharim El-Kib ingegnere vissuto a lungo in esilio negli USA
15-18 novembre: scontri tra milizie armate rivali nella periferia di Tripoli e nella città di Zawaya. I miliziani, che dovrebbero essere integrati in un nuovo esercito regolare lamentano anche ritardi nell’erogazione delle paghe
18 novembre: la Fratellanza musulmana tiene il suo primo raduno pubblico in Libia
20 novembre: arrestati in Libia Saif-al Islam Gheddafi e Abdullah Al-Senoussi
Egitto:
giugno: secondo notizie di stampa, l’Egitto rifiuta il prestito offerto dal Fondo monetario internazionale, nonostante si profili una crisi di liquidità e un notevole aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico
1° luglio: nuove manifestazioni di massa a piazza Tahrir al Cairo contro la gestione della transizione da parte dei militari. Le proteste sono organizzate dal movimento “Prima la Costituzione” che richiede l’immediata elezione di un’Assemblea costituente; essa raccoglie però aperture anche dalla Fratellanza musulmana, fino ad allora favorevole al percorso di transizione delineato dal Consiglio supremo delle forze armate che prevede, dopo l’approvazione con referendum delle modifiche costituzionali nel mese di marzo, le elezioni parlamentari, l’elezione da parte del Parlamento di un organo ristretto incaricato di elaborare la nuova Costituzione e quindi le elezioni presidenziali
5 luglio: il Consiglio supremo delle forze armate approva una nuova legge elettorale basata su un sistema per due terzi proporzionale con liste chiuse e per un terzo maggioritario uninominale a turno unico; il sistema suscita le proteste di tutti i partiti perché lascerebbe spazio ad esponenti del passato regime
25 luglio: il Consiglio delle forze armate individua la data per le elezioni parlamentari in novembre; il Consiglio supremo delle forze armate ha intenzione di presentare, prima delle elezioni una dichiarazione sui principi sopra-costituzionali
2 agosto: prima apparizione dell’ex-presidente Mubarak nel processo avviato a suo carico
19 agosto: cinque guardie di frontiera egiziane rimangono uccise da soldati israeliani a seguito di un’azione militare israeliana per catturare miliziani palestinesi fuggiti dalla striscia di Gaza
9 settembre: assalto all’ambasciata israeliana al Cairo
15 settembre: la Fratellanza musulmana prende nettamente le distanze dal Consiglio supremo delle forze armate, dichiarando di considerare conclusa, con la fine di settembre, la legittimità del periodo di transizione
2 ottobre: scontri con morti tra militari ed esponenti della minoranza cristiana copta
Fine ottobre: arrestato Alaa Abdel Fattah, blogger protagonista delle proteste di piazza Tahrir contro Mubarak
3 novembre: mentre inizia la campagna elettorale, il Consiglio supremo delle forze armate rende nota una bozza di dichiarazione sui principi sopra-costituzionali che, tra le altre cose, preclude il controllo parlamentare sul bilancio delle forze armate e prevede che dei 100 componenti dell’organismo chiamato a redigere la nuova Costituzione 80 siano designati dal Consiglio e solo 20 dal Parlamento. La bozza di documento provoca la protesta di tutti i partiti.
Questi, intanto, in vista delle elezioni, si sono organizzati in cinque coalizioni principali. Fino alla presentazione delle liste, comunque, la configurazione delle coalizioni è apparsa molto incerta e soggetta a significative variazioni per i numerosi contrasti interni; un numero significativo di partiti, come si vedrà nella descrizione delle singole coalizioni, ha preferito alla fine presentare liste autonome. Le coalizioni allo stato risultano essere:
- Alleanza democratica Il principale partito della coalizione è il partito Giustizia e Sviluppo, nato a giugno, emanazione della dirigenza dei Fratelli musulmani egiziani e guidato da Mohammed Morsi. Dell’Alleanza democratica fanno parte anche movimenti laici. Merita ricordare il partito Al Ghad (domani) fondato nel 2005 da Ayman Nour, sfidante nello stesso anno nelle elezioni presidenziali di Mubarak ed a lungo incarcerato dal regime. Aveva annunciato la sua adesione alla coalizione anche lo storico partito liberale egiziano Wafd guidato da Sayyed Al Badawi; tuttavia successivamente il partito ha annunciato la sua intenzione di presentare liste distinte da Giustizia e Sviluppo;
- Blocco egiziano; il Blocco egiziano è stato costituito a giugno da una serie di movimenti laici con lo scopo di perseguire gli ideali della “rivoluzione di piazza Tahrir” realizzando una “democrazia liberale” ed una “cittadinanza universale”. Per questo motivo gli aderenti al blocco hanno inizialmente appoggiato l’intenzione del governo e del consiglio supremo delle forze armate di approvare una dichiarazione sui principi “sopracostituzionali” (cfr. infra). Sostenendo il concetto di “Stato civile”, piuttosto che quello di “Stato secolare”, il blocco intende comunque riconoscere il ruolo dell’Islam nella vita politica, condividendo l’impostazione del documento del giugno scorso sui rapporti tra religione e politica (cfr. infra) dell’Università di Al Azhar. Il blocco risultava inizialmente costituito dal partito dei liberi egiziani, fondato dall’imprenditore copto Naguib Sawiris, dal partito socialdemocratico, dal partito socialista Al Tagammu (già presente in Parlamento durante il regime di Mubarak), dall’associazione nazionale per il cambiamento (movimento fondato nel febbraio 2010 da Mohammed El Baradei), dal Fronte democratico (movimento fondato nel 2007 dall’ex-esponente del partito nazionale democratico di Mubarak Osama al Ghazali-Harb) e dal movimento di ispirazione sufi partito della liberazione egiziana. Disaccordi sulla composizione delle liste hanno indotto molti di questi partiti ad abbandonare il blocco che attualmente risulta composto solo dal partito dei liberi egiziani, dal partito socialdemocratico e da Al Tagammu.
- Terza via; La coalizione della “Terza via” intende collocarsi in una posizione intermedia tra l’Alleanza democratica dominata dagli islamisti e il Blocco egiziano laico. La coalizione è attualmente composta dal partito della giustizia, fondato nel giugno 2011 da alcuni esponenti di movimenti di dissidenza giovanile come Kifaya e il movimento del 6 aprile, organizzatori delle proteste di piazza Tahrir. Alla coalizione aveva inizialmente guardato con interesse anche il partito Al Wasat, fondato nel marzo 2011 da esponenti riformisti dalla Fratellanza musulmana che assumono esplicitamente a modello l’Akp turco (e guidato da Abu El al-lla Mady). Tuttavia il Wasat non è entrato a far parte della coalizione.
- Coalizione islamista; La coalizione islamista raccoglie alcuni movimenti di orientamento salafita e cioè collocati su posizioni maggiormente integraliste rispetto alla fratellanza musulmana come Hizb al-Nour (partito della luce); Bina ‘a wa Tanmia (partito della costruzione e dello sviluppo, braccio politico del movimento Jamaa al-Islamiya considerato dagli USA terrorista) e il partito al-Asala (autenticità, ispirato al pensiero del teorico dei fratelli musulmani Sayyd Qutb, ucciso dal regime di Nasser negli anni Sessanta): questi movimenti richiedono l’introduzione e l’applicazione letterale della legge islamica.
- Alleanza per la prosecuzione della rivoluzione; L’Alleanza per la prosecuzione della rivoluzione raccoglie una serie di movimenti liberali, socialisti e islamisti moderati, in precedenza per la maggioranza coinvolti nel blocco egiziano. Oltre che da partiti come il partito socialista popolare e il partito dell’Egitto libero, l’alleanza è sostenuta dalla maggior parte degli esponenti della coalizione giovanile, nata dall’esperienza delle proteste di piazza Tahrir. Fa parte dell’Alleanza anche il movimento Al Tayara Al Masry (l’Egitto attuale) guidato dal giovane esponente della Fratellanza musulmana Islam Lofti, uscito dall’organizzazione durante l’estate criticandone la struttura verticistica.
18 novembre: nuove manifestazioni a piazza Tahrir chiedono la fine del predominio del consiglio supremo delle forze armate sulla vita politica egiziana; scontri con le forze armate provocano morti e feriti
Il ministro delle finanze dichiara di accettare il prestito del Fondo monetario internazionale di tre miliardi di euro: dalle dimissioni di Mubarak le riserve di valuta estera sono diminuite del 30 per cento ed i tassi di interesse sul debito pubblico con scadenza ad un anno hanno raggiunto il 14 per cento
21 novembre: sull’onda delle proteste il governo presieduto da Essam Sharaf rassegna le dimissioni; si ipotizza la costituzione di un governo guidato dal premio Nobel Mohammed El Baradei
Giordania:
2 giugno: forze dell’opposizione di sinistra ed islamiste, compreso il Fronte per l’azione islamica emanazione della Fratellanza musulmana costituiscno il Fronte per la riforma nazionale, guidato dall’ex-primo ministro Ahmad Obeidat
13 giugno: in un intervento televisivo re Abdallah promette riforme in senso parlamentare dell’assetto istituzionale giordano, senza però specificare i tempi entro i quali si procederà alle stesse
30 settembre Circa 4.000 giordani hanno dimostrato ad Amman contro il governo ed il parlamento, accusandoli di proteggere la corruzione.
3 ottobre: polemiche per il progetto di legge contro la corruzione che prevede sanzioni per la stampa per diffamazione in caso di diffusione di notizie non veritiere per casi di corruzione, sanzioni ritenute lesive della libertà di stampa; il re fa spostare la misura nel codice penale. Nello stesso giorno sono approvate le riforme costituzionali promosse dal re, che prevedono tra le altre la sottoposi zone dei ministri alla giurisdizione ordinaria, l’istituzione di una Corte costituzionale e di un’autorità indipendente di vigilanza sulle elezioni
5-18 ottobre: crisi del governo Bakhit, viene nominato primo ministro Awn Khasawneh che avvia un dialogo con il Fronte per la riforma nazionale
26 ottobre Un decreto regio ha dissolto i 60 membri della Camera alta del parlamento nominando altri 60 membri del nuovo Senato, mantenendo Taher Masri come presidente del senato.
27 ottobre il governo decide di posticipare le elezioni municipali, previste il 27 dicembre, al prossimo anno, provocando proteste
Arabia Saudita:
17 giugno – Protesta di alcune donne saudite contro le leggi repressive che proibisce loro di guidare, iniziata con la detenzione per dieci giorni di Manal al-Sherif che si era ripresa in un video mentre guidava.
23 agosto – Secondo il Fondo Monetario Internazionale l’Arabia Saudita dovrà monitorare costantemente l’inflazione causata dall’aumento della spesa sociale.
16 settembre – Il giorno 18 settembre inizia la campagna elettorale per le elezioni municipali che si terranno il 29 settembre.
26 settembre – Il Re Abullah annuncia la concessione del diritto di voto alle donne a partire dalle elezioni municipali del 2015.
3 ottobre - Il Ministro degli affari municipali e rurali il Principe Mansour bin Miteb ha annunciato 177 vincitori per i 45 consigli municipali in cui si è andato al voto.
12 ottobre – Il Dipartimento di giustizia USA ha accusato due iraniani di aver tentato di uccidere, supportati nell’azione dal governo iraniano, l’Ambasciatore saudita negli USA Adel al-Jubeir.
26 ottobre – morto il ministro della difesa saudita Sultan bin Abdulaziz Al-Saud
Yemen:
27 maggio: a seguito di un nuovo rifiuto del presidente Saleh di abbandonare il potere secondo il piano di transizione elaborato dal Consigli di cooperazione del Golfo scoppiano scontri tra forze fedeli al presidente e forze riconducibili alla confederazione tribale Hashed guidata da Sadiq al Amar
3 giugno: in scontri a Sanaa rimane ferito il presidente Saleh che ripara in Arabia Saudita per curarsi
13 luglio: mentre è annunciato il rientro in patria del presidente Saleh, viene concluso un cessato il fuoco tra Saleh e Sadiq al Amar per sospendere per cinque giorni i continui scontri
11 agosto: apertura del presidente Saleh nei confronti del piano di transizione del Consiglio di cooperazione del Golfo, che, il 15 agosto, viene ulteriormente emendato
12 settembre: il presidente Saleh, ancora in Arabia Saudita, autorizza il vicepresidente a sottoscrivere il piano di transizione, al termine del dialogo con le forze di opposizione
23 settembre: Saleh rientra in Yemen, mentre continuano le proteste e gli scontri
3 ottobre: in un blitz forze USA uccidono il leader di Al Qa’ida in Yemen Al Awlaki
22 novembre: Saleh arriva a Riad per firmare il piano di transizione mediato dal Consiglio di cooperazione del Golfo che prevede il passaggio di poteri al vice-presidente Hadi il quale dovrebbe costituire un governo di unità nazionale
Bahrein:
24 settembre – 1° ottobre: si svolgono in due turni le elezioni suppletive per l’attribuzione di diciotto seggi resisi vacanti nel Consigli dei rappresentanti del Bahrein, a seguito delle dimissioni, alla fine di febbraio, dei deputati del movimento di opposizione sciita Al Wefaq, animatore delle proteste che hanno condotto nel mese di marzo all’intervento in Bahrein delle truppe saudite e degli Emirati Arabi Uniti. Tra il primo e il secondo turno il governo ha approvato una raccomandazione indirizzata a rivedere il sistema di circoscrizioni elettorali e trasferire il ruolo predominante nel processo legislativo dalla Camera alta alla Camera bassa, come richiesto anche nell’ambito del dialogo nazionale, foro di discussione del governo con 300 rappresentanti della società civile dell’Emirato svoltosi nel luglio 2011
Siria:
giugno: mentre proseguono gli scontri, dichiarazione di Antalyia elaborata da tutte le forze di opposizione al regime siriano
agosto: annunciata la costituzione di un “esercito dei liberi siriani” guidato dal generale disertore Asaad: si profila il passaggio da un’opposizione non-violenta al regime ad un confronto armato
16 agosto: il ministro degli esteri turco Davotoglu chiede l’immediata fine della repressione
18 agosto: mentre proseguono gli scontri, il presidente USA Obama, il primo ministro britannico Cameron, il cancelliere tedesco Merkel e il presidente francese Sarkozy richiedono, in un comunicato congiunto, le dimissioni di Assad e l’avvio della transizione in Siria
6 settembre: mentre proseguono gli scontri, il parlamento siriano approva una nuova legge sui partiti che dovrebbe rappresentare un’apertura verso il multipartitismo
15 settembre: si costituisce in Turchia un consiglio nazionale siriano; tra i leader il dissidente Burhan Ghalioun, docente della Sorbona
4 ottobre: il progetto di risoluzione contro la Siria presentato da Francia, Germania, Portogallo, Regno Unito viene respinto a causa dell’opposizione russa e cinese dal Consiglio di sicurezza dell’ONU
6 ottobre: il governo turco annuncia sanzioni unilaterali contro la Siria
Novembre: la Siria dichiara di accettare il piano di pace proposto dalla Lega araba che prevede il cessate il fuoco, il ritiro delle forze armate e l’invio di osservatori
17 novembre: Nonostante l’accettazione siriana del piano di pace gli scontri proseguono, la Lega Araba sospende la Siria dallo status di Stato membro
19 novembre. A poche ore dalla scadenza del termine assegnato dall’organizzazione, la Siria dichiara di accettare in linea di principio la presenza di osservatori internazionali sul territorio siriano, chiedendo però modifiche al piano rifiutate dalla Lega araba
21 novembre: assaltata la sede del partito Baa’th a Damasco