Il quadro istituzionale
Dal punto di vista della forma di governo, la Croazia, resasi indipendente dalla Jugoslavia nel giugno 1991, appare unire alcuni tratti del sistema semipresidenziale e alcuni tratti del sistema parlamentare.
Infatti, il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto con un sistema a doppio turno per un mandato di cinque anni rinnovabile. Il Presidente nomina il primo ministro (per consuetudine il leader del partito di maggioranza in Parlamento) che deve ricevere la fiducia del Parlamento. Il primo ministro nomina a sua volta i ministri. Il Parlamento è, a seguito della riforma del 2001 che ha abolito la Camera delle province, monocamerale: il Sabor è composto da 153 deputati, eletti per quattro anni, dei quali 140 sono eletti con un sistema proporzionale a liste chiuse, otto sono eletti con sistema maggioritario in rappresentanza delle minoranze nazionali e cinque con sistema proporzionale dai cittadini croati residenti all’estero.
Per Freedom House, la Croazia è uno “Stato libero”, in possesso dello status di “democrazia elettorale” mentre secondo il Democracy Index 2011 dell’Economist Intelligence Unit la Croazia è una “democrazia difettosa” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul paese”).
Per quel che concerne la condizione di effettivo rispetto delle libertà politiche e civili, in base alle valutazioni di osservatori internazionali, le libertà di espressione e di stampa, così come quelle di associazione e di manifestazione appaiono tutelate e garantite in concreto, per quanto si siano registrati negli ultimi anni casi di omicidi di giornalisti che stavano investigando su casi di corruzione. Anche la libertà religiosa è effettivamente garantita, sia pure in presenza di alcuni episodi di vandalismo nei confronti della Chiesa serba-ortodossa e nonostante sia ancora in atto un contenzioso per il recupero da parte delle confessioni religiose non cattoliche dei beni confiscati durante il regime comunista jugoslavo. Anche il rispetto per i diritti delle minoranze è significativamente migliorato negli ultimi anni, anche se la minoranza serba risulta ancora sottorappresentata nella politica e nell’amministrazione croata e i rom vivono situazioni di disagio economico e sociale.
Infine, risultano caratterizzati ancora da una certa lentezza i procedimenti giudiziari per crimini di guerra commessi nel corso della guerra civile degli anni 1991-1995.
La situazione politica e socio-economica
Presidente della Repubblica croata è, dal 18 febbraio 2010, Ivo Josipovic (n. 1957), del partito socialdemocratico SDP mentre primo ministro è, a seguito delle elezioni del dicembre 2011, Zoran Milanovic (n. 1966), del partito socialdemocratico.
Le elezioni parlamentari del 4 dicembre 2011 hanno infatti visto l’affermazione della coalizione di centro sinistra “Alleanza per il cambiamento”.
L’adesione all’Unione europea e la situazione economica
Il 22 gennaio 2012 i croati hanno approvato a grande maggioranza l’ingresso del loro paese nell’Unione Europea. I tre quarti degli elettori, vale a dire il 66,67 per cento, ha votato a favore dell’adesione, mentre il 33,33 per cento ha votato no.
La partecipazione è stata tuttavia scarsa, fermandosi al 43,54 per cento. La quasi totalità dei partiti politici croati si sono espressi favorevolmente all’adesione. Tuttavia il sostegno dell’opinione pubblica croata all’ingresso nell’Unione europea, che, in base ai sondaggi, alla presentazione della domanda di adesione nel 2003 raggiungeva l’80 per cento si è andato progressivamente riducendo, arrivando a scendere sotto il 50 per cento nell’aprile 2011, qualche giorno dopo la condanna per crimini di guerra da parte del Tribunale internazionale per i crimini nella ex-Jugoslavia dell’ex-generale croato Ante Gotovina (Gotovina arrestato in Spagna nel 2005 è stato condannato il 15 aprile 2011 a 24 anni di carcere per i crimini commessi durante la riconquista croata della Krajina a maggioranza serba nel 1995). Proprio l’esigenza di realizzare una piena collaborazione da parte croata con il Tribunale internazionale ha contribuito a rallentare i negoziati di adesione, creando altresì disagio in parte significativa dell’opinione pubblica croata, che ha accusato l’Unione europea di volere considerare la guerra di indipendenza nazionale tra il 1991 e il 1995 e in particolare la riconquista della Krajina nell’estate del 1995 alla stregua di un’impresa criminale. A rallentare i negoziati è stata poi la disputa di confine con la Slovenia sulla baia di Pirano, disputa superata solo con l’accordo di Stoccolma del 2009, che ha rimesso la soluzione della disputa ad un tribunale arbitrale internazionale (l’accordo è stato ratificato dai Parlamenti dei due paesi ed in Slovenia approvato anche con referendum nel giugno 2010). La campagna referendaria è stata poi influenzata dalla crisi economica dell’Eurozona. Parte dell’opinione pubblica croata teme che le attuali difficoltà finanziarie dell’Unione europea si tradurranno in un minore afflusso di fondi strutturali per l’economia croata, con un impatto ridotto rispetto alle aspettativa (ed anche rispetto a quanto avvenuto per altri nuovi Stati membri, come la Polonia) sulle prospettive di crescita dell’economia nazionale. Si prevede comunque che tra il 2103 e il 2015 la Croazia riceverà circa 3,5 miliardi di euro di fondi strutturali.
Al centro dell’attualità politica croata è anche, più in generale, la situazione economica, che si caratterizza per un debito pubblico superiore al 100 per cento del PIL, una crescita economica stimata per il 2011 allo 0,5 per cento ed una disoccupazione del 17,4 per cento. Nel programma elettorale della coalizione vincitrice delle elezioni rientra la lotta alla corruzione, il sostegno alla crescita economica attraverso la defiscalizzazione degli utili reinvestiti e la riduzione degli oneri contributivi per le nuove assunzioni.
La Croazia dopo l’indipendenza
La vicenda politica croata successiva alla fine della guerra civile jugoslava nel 1995, ha conosciuto un momento di cesura con la morte del presidente e leader dell’indipendenza croata Franjo Tudjiman, fondatore del partito di destra HDZ, nel 1999, il cui stile di governo si era caratterizzato per tendenze autoritarie e centralizzatrici, con una riduzione della libertà di stampa e delle autonomie locali. Le successive elezioni sia parlamentari sia presidenziali del 2000 videro per la prima volta dall’indipendenza la sconfitta della destra nazionalista e la vittoria dei gruppi dell’opposizione coalizzati attorno ai partiti riformisti di centrosinistra. Ivica Ra?an, presidente del partito socialdemocratico, diventò primo ministro con un programma orientato in senso decisamente europeista, di riconciliazione nazionale, di lotta alla corruzione e di riforma democratica delle istituzioni; nelle successive elezioni presidenziali, sempre nel 2000, risultò vincitore Stipe Mesi?, che promosse immediatamente una stretta collaborazione con il Tribunale internazionale dell’Aia per i crimini di guerra nella ex Iugoslavia, segno della volontà della nuova Croazia di porre fine a un decennio di guerre e di nazionalismi. L’orientamento europeista fu anche alla base del profondo rinnovamento delle forze di centrodestra avviato all’indomani della morte di Tudjiman e portato avanti da Ivo Sanader, che nelle elezioni del 2003 guidò l’HDZ alla riconquista della maggioranza parlamentare e subentrò a Ra?an nella carica di primo ministro. La coalizione di centrodestra fu confermata nelle elezioni del 2007. Dimessosi Sanader nel luglio 2009, gli subentrò nella carica di primo ministro la collega di partito Jadranka Kosor, che ha ricoperto tale incarico fino alle elezioni del dicembre 2011. Le presidenziali del 2010, invece, hanno visto il successo del candidato del centrosinistra Ivo Josipovi?.
Nel 2008 la Croazia è entrata nella NATO.
Indicatori internazionali sul paese[1]:
Libertà politiche e civili: “Stato libero” (Freedom House); “democrazia difettosa” (2011: 53 su 167; 2010: 53 su 167 Economist)
Libertà di stampa: 62 su 178
Libertà di Internet -
Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); generale rispetto nella pratica (USA)
Libertà economica: Stato “parzialmente libero” (82 su 179)
Corruzione percepita: 2011: 66 su 183; 2010: 62 su 178
Variazione PIL 2009: - 5,8 per cento 2010: - 1,3 per cento (stima);
Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, IFES, Freedom House, CIA World Factbook, Enciclopedia Treccani.
[1] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà di Internet secondo Open Net Iniziative; la condizione della libertà economica secondo l’Heritage Foundation il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo Monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).