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Temi dell'attività Parlamentare

Libano: scheda politico-parlamentare

Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo, il Libano è una repubblica parlamentare, basata su norme e consuetudini costituzionali miranti a consentire, secondo lo schema della democrazia “consensuale” o “consociativa”, la condivisione del potere tra le diverse comunità religiose del Paese (cristiani, musulmani sunniti, musulmani sciiti). Il Presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea nazionale con un mandato di sei anni, ed è, per convenzione costituzionale, un cristiano. Il potere legislativo è conferito ad un Parlamento monocamerale, l’Assemblea nazionale, composta da 128 deputati eletti, in modo da assicurare rappresentanza paritaria a cristiani e musulmani, per quattro anni con sistema maggioritario in dodici circoscrizioni plurinominali (in ciascuna circoscrizione sono eletti i candidati che ottengono il maggior numero dei voti, tenendo conto però del numero prefissato di deputati cristiani, da un lato, e musulmani, dall’altro, da eleggere in quella circoscrizione). Il presidente dell’Assemblea nazionale è, per convenzione costituzionale, un musulmano sciita. Il Presidente della Repubblica, in consultazione con l’Assemblea nazionale nomina il primo ministro che deve essere, per convenzione costituzionale, un musulmano sannita. 

Per Freedom House, il Libano è uno “Stato parzialmente libero”, non in possesso però dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit lo definisce “regime ibrido” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”).

Secondo fonti indipendenti, il sistema politico ritagliato sulle appartenenze religiose e le forti influenze straniere hanno fin qui impedito l’effettiva autonomia delle istituzioni libanesi. Per quel che concerne le condizioni di esercizio delle libertà politiche e civili, il Libano ha una lunga tradizione di libertà di stampa, con numerosi quotidiani (anche se in molti casi legati a gruppi politici), sette stazioni televisive statali e decine di stazioni radiotelevisive private. Anche Internet non appare sottoposto a restrizioni o censure. La libertà di associazione e di riunione non appare sottoposta a restrizioni ed anche la libertà religiosa appare rispettata, anche se risulterebbero abbastanza comuni discriminazioni informali sulla base dell’appartenenza religiosa (solo nel 2009 è stato riconosciuto il diritto di non indicare sui documenti d’identità il gruppo religioso di appartenenza).

La situazione politico-sociale

Presidente della Repubblica dal maggio 2008 è Michel Suleiman; primo ministro dal gennaio 2011 è Najib Mikati.

Il Libano non è stato fino a questo momento coinvolto dalle proteste in corso in Nord Africa e Medio Oriente, mentre continua a scontare un’instabilità derivante da fattori interni endemici.

Come è noto, a seguito degli accordi di Taif del 1990, che posero fine alla lunga guerra civile scoppiata a metà degli anni Settanta, il Libano si è trovato sotto una sorta di protettorato siriano. Solo successivamente all’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Hariri, avvenuto nel 2005 in circostanze tali da lasciar presumere un coinvolgimento di esponenti del movimento filoiraniano e filosiriano libanese di Hezbollah (ed anche, specialmente in una prima fase delle indagini, di esponenti dei servizi segreti siriani), le proteste popolari libanesi indussero la Siria a decidere il ritiro delle truppe presenti in Libano. Tuttavia, la Siria ha continuato comunque ad esercitare una notevole influenza nelle vicende libanesi. Infatti, se nelle elezioni del 2009 la coalizione di partiti antisiriana del “14 marzo” guidata dal figlio di Rafiq Hariri, Saad, ha prevalso su quella filosiriana dell’”8 marzo” (al cui interno milita anche Hezbollah, la cui influenza sulla politica libanese appare crescente), la Siria ha sostenuto, insieme all’Arabia Saudita, la formazione di un governo di unità nazionale guidato dallo stesso Saad Hariri e il “dialogo nazionale” da questo avviato. Il governo Hariri è entrato in crisi agli inizi del gennaio 2011 con le dimissioni dei ministri di Hezbollah per protesta contro le attività del Tribunale internazionale per il Libano istituito dall’ONU (e presieduto, fino a poche settimane prima della sua morte, avvenuta nell’ottobre 2011  dall’italiano Antonio Cassese) per indagare sulla morte di Rafiq Hariri. Nel corso del 2011, il tribunale speciale per il Libano ha infatti perfezionato l’incriminazione di quattro esponenti di Hezbollah per l’omicidio, prefigurando anche la possibilità di procedere in contumacia.

L’attività del tribunale ha influenzato gli equilibri politici interni. Infatti, se fin dal 24 gennaio 2011, è stato designato un nuovo primo ministro, esponente della coalizione di partiti filosiriana, il sunnita Miqati, già primo ministro nel 2005, le trattative per la formazione del governo sono risultate particolarmente complesse e solo il 12 giugno è stata annunciata la lista dei trenta ministri, diciannove dei quali sono peraltro esponenti vicini ad Hezbollah. Alla fine di novembre il governo Mikati ha evitato la crisi, superando lo stallo che si era determinato sul pagamento del contributo al Tribunale speciale per il Libano, pagamento al quale Hezbollah era contrario. Alla fine il pagamento del contributo è avvenuto, con un via libera sostanziale anche da parte di Hezbollah che ha preferito non compromettere su questa questione la permanenza in vita del governo.

La situazione libanese è anche fortemente influenzata dall’instabilità siriana; il Libano ha votato contro la decisione della Lega Araba del 12 novembre di sospendere dall’organizzazione la Siria e si è anche dissociata dall’imposizione di sanzioni avvenuta il 27 novembre. Le sanzioni alla Siria potrebbero colpire significativamente anche l’economia libanese, per gli stretti legami tra i due Paesi. La crisi ha determinato un afflusso di profughi siriani in Libano (alla fine di ottobre stimati in 5.000 unità).

Per quel che riguarda le relazioni con Israele, si sono tornati a registrare alla fine di novembre lanci di razzi dal Sud di Israele. Altro elemento di contenzioso con Israele è stato poi determinato dai programmi di sfruttamento dei giacimenti di gas recentemente avviati da Israele e Cipro in acque sulle quali anche il Libano avanza rivendicazioni.

  

 

 

Indicatori internazionali sul paese:[1]

Libertà politiche e civili: “Stato parzialmente libero”, (Freedom House); “regime ibrido” 86 su 178; (Economist)

Libertà di stampa: 78 su 178

Libertà di Internet 2009: assenza di prove di “filtraggio” di siti Internet

Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); situazione di rispetto in concreto (USA)

Libertà economica: 89 su 179 (Heritage Foundation)

Corruzione percepita: 127 su 178

Variazione PIL 2009: + 8,5 per cento

Situazione di cessate il fuoco in conflitto armato internazionale (missione ONU: UNIFIL: Italia 1780)

 

Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, Arab Reform Bulletin –Carnegie endowment for international peace, Brookings Institution, Economist Intelligence Unit, Agenzie di stampa



[1] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla fondazione Heritage la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in “Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011” (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – * st_affari_esteri@camera.it

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File: es0990paese.doc