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Temi dell'attività Parlamentare

La riduzione dei costi degli organi regionali

La politica legislativa di contenimento di costi delle istituzioni, varata nella legislatura in corso, ha riguardato il livello statale, il livello regionale e quello degli enti locali e si è tradotta in misure incentrate sulla struttura degli organi, sul controllo della relativa attività, sugli emolumenti conferiti ai componenti e sullo status dei medesimi.

Il contenuto prescrittivo delle misure adottate è diversamente modulato, in conformità ai livelli di autonomia sanciti a livello costituzionale per taluni organi e in conformità alla posizione dei medesimi nell’ordinamento.

Tra le fonti normative con le quali sono state introdotte tali misure si segnalano decreti legge, quali il D.L. 2/2010, D.L. 78/2010, D.L. 98/2011, D.L. 138/2011, D.L. 201/2011 e D.L. 95/2012.

 

Per le istituzioni regionali sono state adottate, tra le altre, le seguenti misure ispirate al conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica:

  • livellamento dell'importo “degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, ivi compresi l'indennità di funzione, l'indennità di carica, la diaria, il rimborso spese, a qualunque titolo percepiti dai consiglieri regionali in virtù del loro mandato in modo tale che, ove siano maggiori, non eccedano complessivamente, in alcun caso, l'indennità massima spettante ai membri del Parlamento” (art. 3 D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, conv. con modificazioni dalla L. 26 marzo 2010 n. 42; sugli importi di quest’ultima indennità sono intervenuti l’art. 1 D.L. 98/2011, conv. con modificazioni dalla L. 14 luglio 2011 n. 111, e l’art. 13, comma 1, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, conv. con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148);
  • determinazione del numero massimo dei consiglieri regionali, ad esclusione del presidente della giunta regionale, uguale o inferiore a 20 per le regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti; a 30 per le regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti; a 40 per le regioni con popolazione fino a quattro milioni di abitanti; a 50 per le regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti; a 70 per le regioni con popolazione fino ad otto milioni di abitanti; a 80 per le regioni con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti (art. 14, co. 1, lett. a), del citato D.L. 13 agosto 2011, n. 138);
  • determinazione del numero massimo degli assessori regionali pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del consiglio regionale, con arrotondamento all'unità superiore (art. 14, co. 1, lett. b);
  • commisurazione del trattamento economico dei consiglieri regionali all'effettiva partecipazione ai lavori del consiglio regionale (art. 14, co. 1, lett. d);
  • istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di un collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente; il collegio, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (art. 14, co. 1, lett. e);
  • passaggio, per i consiglieri regionali al sistema previdenziale contributivo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (art. 14, co. 1, lett. f);

Limitando le considerazioni che seguono all’introduzione di un limite massimo del numero dei consiglieri regionali, occorre in primo luogo ricordare che, in considerazione dell’autonomia regionale garantita dall’art. 122, primo comma della Costituzione, in tema di sistema di elezione, ineleggibilità e incompatibilità del presidente, degli altri componenti della giunta regionale e dei consiglieri regionali, l’introduzione negli ordinamenti regionali delle misure in questione è rimessa ad atti adottati dalle regioni stesse.

Inoltre, l’art. 123 Cost. riserva alla competenza dello statuto di ciascuna regione la determinazione della forma di governo e dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento di ogni regione. Quanto alle regioni a statuto speciale, l’art. 116 Cost. prevede che il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

 

In tema di competenza dello statuto regionale, la Corte costituzionale (sent. 2/2004, 379/2004) ha affermato che “il ruolo delle Regioni di rappresentanza generale degli interessi delle rispettive collettività, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale e dalla prevalente dottrina, è dunque rilevante nel momento presente, ai fini dell'esistenza, accanto ai contenuti necessari degli statuti regionali, di altri possibili contenuti, sia che risultino ricognitivi delle funzioni e dei compiti della Regione, sia che indichino aree di prioritario intervento politico o legislativo”. Gli statuti si pongono quindi come “fonti regionali a competenza riservata e specializzata”, essendo “statuti di autonomia, i quali, anche se costituzionalmente garantiti, debbono comunque essere in armonia con i precetti ed i principî tutti ricavabili dalla Costituzione” (sent. n. 196/2003 e 379/2004). Inoltre, “il riconoscimento nell'articolo 123 della Costituzione del potere statutario in tema di forma di governo regionale è accompagnato dalla previsione dell'articolo 122 della Costituzione, (…) quindi la disciplina dei particolari oggetti a cui si riferisce espressamente l'art. 122 sfugge alle determinazioni lasciate all'autonomia statutaria” (sent. 379/2004 cit.).

Pertanto, “il fatto che la legge statale è chiamata a determinare i principi fondamentali nelle materie di cui al primo comma dell'art. 122 della Costituzione inevitabilmente riduce la stessa possibilità della fonte statutaria di indirizzare l'esercizio della potestà legislativa regionale in queste stesse materie” (sent. 2/2004).

Tra le competenze riservate allo statuto la giurisprudenza costituzionale colloca la determinazione del numero dei membri del Consiglio, in quanto la composizione dell’organo legislativo regionale rappresenta una fondamentale “scelta politica sottesa alla determinazione della forma di governo della Regione” (sent. 3/2006).

La riserva di competenza statuaria si riflette anche nei rapporti tra statuto e legge regionale, con l’effetto che “quando la fonte statutaria indica un numero fisso di consiglieri, senza possibilità di variazione, la legge regionale non può prevedere meccanismi diretti ad attribuire seggi aggiuntivi” e “la Regione che intenda introdurre nel proprio sistema di elezione il meccanismo del «doppio premio» deve prevedere espressamente nello statuto la possibilità di aumentare il numero di consiglieri (ciò è avvenuto, da ultimo, nelle Regioni Calabria e Toscana)“ (sent. 188/2011).

 

Va precisato chel’art. 122 Cost. richiede che le leggi regionali siano emanate “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”.

Tali principi sono stati stabiliti dalla legge 108/1968, e successive modificazioni che, all’art. 3, indica parametri di determinazione del numero dei consiglieri regionali per le regioni a statuto ordinario in rapporto alla popolazione nei termini seguenti:

  • 80 membri nelle regioni con popolazione superiore a 6 milioni di abitanti;
  • 60 membri nelle regioni con popolazione superiore a 4 milioni di abitanti;
  • 50 membri in quelle con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti;
  • 40 membri in quelle con popolazione superiore a 1 milione di abitanti;
  • 30 membri nelle altre regioni.

In alcune regioni a statuto ordinario, la normativa regionale ha in seguito stabilito un numero di consiglieri regionali superiore (Calabria, Lazio, Puglia,Toscana) a quello che sarebbe derivato dall’applicazione dei parametri della legge 108/68 al quale sono invece conformate altre regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Liguria, Lombardia, Piemonte, Umbria, Veneto), mentre in un caso (Emilia Romagna) il numero di consiglieri è significativamente minore.

 

Ai sensi dell’art. 14 del D.L.138/2011, la riduzione del numero dei consiglieri regionali e degli assessori regionali doveva essere adottata da ciascuna regione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 138/2011, che è stato pubblicato in G.U. il 13 agosto 2011, con effetto a decorrere dalla legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore dello stesso decreto. Per le regioni che, alla data di entrata in vigore del D.L., avessero un numero di consiglieri regionali inferiore a quello risultante dal parametro lo stesso art. 14 non ha consentito una riparametrazione in aumento.

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano l’art. 14, nel testo inizialmente entrato in vigore, recava una formulazione prescrittiva dell’adeguamento del numero dei consiglieri finalizzandola all’acquisizione di classe virtuosa per il patto di stabilità. Tale formulazione è stata poi modificata dalla L. 12 novembre 2011 n. 183 prevedendo l’adeguamento come condizione per avere accesso alla perequazione finanziaria o alle misure premiali previste dai decreti legislativi di attuazione del federalismo fiscale di cui alla L. 42/2009.

L’art. 14 del D.L. 138/2011, nonché l’art. 30 della L. 183/2011 che ne aveva modificato la formulazione per le regioni a statuto speciale e le province autonome, è stato impugnato avanti alla Corte costituzionale dalle regioni Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011), Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (reg. ric. n. 135 del 2011), Basilicata (reg. ric. n. 136 del 2011), Trentino Alto-Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143 del 2011), Emilia-Romagna (reg. ric. n. 144 del 2011), Veneto (reg. ric. n. 145 del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011), Campania (reg. ric. n. 153 del 2011), Calabria (reg. ric. n. 158 del 2011) e Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011), nonché dalle province autonome di Trento (reg. ric. n. 142 del 2011) e di Bolzano (reg. ric. n. 152 del 2011).

La sentenza emanata dalla Consulta, 198/2012, ha accolto solo le censure avanzate dalle autonomie speciali, sulla base del rilievo che per esse la disciplina degli organi e dei relativi componenti è stabilita dagli statuti, adottati con legge costituzionale, che ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, in conformità all’art. 116 Cost.. A tali fonti, la legge ordinaria - nella specie l’art. 14 citato come in seguito modificato - non può imporre limiti e condizioni.

La stessa sentenza, per le regioni a statuto ordinario, ha ritenuto infondate le censure di incostituzionalità riferite all’art. 14, perché fissa parametri diretti esplicitamente al “conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica”. Sia per gli emolumenti che per il numero dei consiglieri la tecnica legislativa è quella di stabilire un limite complessivo che “lascia alle Regioni un autonomo margine di scelta”. In merito a tale tecnica è consolidato l’orientamento di compatibilità costituzionale già espresso dalla Corte con le sentenze n. 182 e n. 91 del 2011; n. 326 del 2010 e n. 297, n. 284 e n. 237 del 2009. Anche le disposizioni che prevedono che il trattamento economico dei consiglieri regionali debba essere commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio, e che il loro trattamento previdenziale debba essere di tipo contributivo, “pongono precetti di portata generale per il contenimento della spesa” e sono perciò indenni da censure di legittimità.

Poiché gli Statuti regionali devono essere in armonia con la Costituzione (art. 123) la fissazione di un “rapporto tra il numero degli abitanti e quello dei consiglieri, e quindi tra elettori ed eletti (nonché tra abitanti, consiglieri e assessori), mira a garantire proprio il principio in base al quale tutti i cittadini hanno il diritto di essere egualmente rappresentati. In assenza di criteri posti dal legislatore statale, che regolino la composizione degli organi regionali, può verificarsi - come avviene attualmente in alcune Regioni, sia nell'ambito dei Consigli che delle Giunte regionali - una marcata diseguaglianza nel rapporto elettori-eletti (e in quello elettori-assessori): i seggi (nel Consiglio e nella Giunta) sono ragguagliati in misura differente alla popolazione e, quindi, il valore del voto degli elettori (e quello di scelta degli assessori) risulta diversamente ponderato da Regione a Regione”. Secondo la Corte, “il principio relativo all'equilibrio rappresentati-rappresentanti non riguarda solo il rapporto tra elettori ed eletti, ma anche quello tra elettori e assessori (questi ultimi nominati)” e non contrasta col principio di uguaglianza del voto l’elezione di secondo grado, in cui l'elettorato attivo è attribuito ad un cittadino eletto dal popolo in sua rappresentanza (conforme a sent. 96/1968).

Sono state respinte anche le censure di incostituzionalità sollevate da alcune regioni in merito ai termini previsti dall’art. 14, in quanto, secondo la Corte, un’eventuale durata maggiore dei prescritti sei mesi del processo riformatore a causa dei tempi necessari per l’eventuale referendum sullo statuto e per la pendenza del giudizio di legittimità costituzionale non comporta responsabilità degli enti purchè la decisione in merito alle misure in questione sia almeno adottata nel termine di sei mesi.

 

Pertanto, l’attuazione dell’art. 14 D.L.138/2011 nelle regioni a statuto ordinario comporta l’avvio della riforma delle norme statutarie che dispongano in merito al numero dei consiglieri, nonché delle leggi elettorali regionali che prevedano un numero di componenti del consiglio superiore a quello che deriverebbe dall’applicazione dello stesso art. 14.

Ad oggi il processo normativo di riparametrazione del numero dei consiglieri secondo quanto previsto dall’art. 14 non risulta ancora avviato nell’ordinamento delle regioni a statuto ordinario.

Va segnalato però che la Toscana, con la legge regionale 27 dicembre 2011, n. 66, legge finanziaria per il 2012, all’art. 151 ha modificato la legge regionale 25/2004, prevedendo che il consiglio regionale sia composto da quaranta membri, con decorrenza dalla prima elezione del Consiglio regionale successiva all’entrata in vigore di specifica legge di modifica dello Statuto, ad oggi ancora non adottata.

Inoltre sia l’Emilia Romagna (dal 2005) che la Lombardia hanno un numero di consiglieri regionali che è già conforme al parametro del D.L. 138/2011.

Quanto alle altre regioni a statuto ordinario, l’art. 32 del nuovo Statuto del Veneto parametra i consiglieri con un rapporto da uno a centomila abitanti, secondo modalità individuate dalla legge elettorale, per un massimo di 60 consiglieri. Inoltre, occorre tenere presente che nelle regioni in cui si applica la legge elettorale “nazionale”, in alcune circostanze, il numero dei consiglieri può aumentare (come in Abruzzo per effetto del premio di maggioranza) o diminuire (come in Liguria).

Ciò premesso, l’attuazione del limite previsto dall’art. 14 dovrebbe coinvolgere: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio (che comunque aumenterebbe il numero massimo rispetto a quello che derivava dai parametri stabiliti dalla L.108/1968), Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia e Umbria. Per il Veneto, come detto, l’attuazione dell’art. 14 richiede che il limite massimo sia fissato a 50 anziché 60.

 

Il 27 settembre 2012 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un documento che esprime il sostegno di tutte le regioni nei confronti del Governo ai fini dell’adozione di un decreto-legge che stabilisca nuovi parametri per ogni Regione “relativi a tutti i costi della politica, che prendano le mosse dall’adozione di criteri standard al fine di promuovere l’omogeneizzazione delle diverse situazioni regionali”. Il documento si conclude con la richiesta di previsione di sanzioni per le regioni inadempienti.

 

I costi sui quali il decreto-legge dovrebbe intervenire sono articolati nei seguenti punti:

1. riduzione parametrata di tutti gli emolumenti percepiti dai consiglieri, dai presidenti e dai componenti della giunta;

2. riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori in piena attuazione dell’art. 14 del decreto-legge 138 del 2011. In tale senso andranno adeguati, ove occorra, gli statuti entro il 31 dicembre 2012;

3. limitare e uniformare, sulla base di criteri omogenei, la spesa dei gruppi consiliari,eliminando i benefit sotto qualsiasi forma, riconoscendo esclusivamente il finanziamento delle spese riferite alle funzioni politico-istituzionali dei gruppi. Tali spese debbono essere sottoposteal controllo della Corte dei Conti garantendo la piena trasparenza;

4. eliminare la possibilità di costituire nuovi gruppi che non abbiano corrispondenza con le liste elette;

5. fissare il numero delle Commissioni consiliari permanenti e speciali, prevedendo la possibilità di costituirne da un minimo di 4 ad un massimo di 8, in base al numero dei Consiglieri.

 

Il punto 2, da un punto di vista sostanziale, esprime l’accordo della Conferenza sul tenore dell’art. 14, ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Consulta per le regioni a statuto ordinario. Tale punto indica un termine nuovo per l’adeguamento statutario, fissato al 31 dicembre 2012. Perciò, in tema di numero dei consiglieri regionali, l’invocato decreto-legge dovrebbe limitarsi a confermare disposizioni già in vigore, modificandone il termine di adozione.

Quanto ai profili sanzionatori invocati dal documento, un’eventuale intervento normativo a livello statale dovrebbe essere coerente con il disegno costituzionale che delinea lo statuto regionale e le leggi statali come fonti a competenza separata.

 

Per le regioni a statuto speciale, come rilevato da ultimo dalla citata sentenza della Corte costituzionale 198/2012, l’intervento sul numero dei consiglieri regionali richiede la fonte di rango costituzionale.

Per tre delle cinque regioni a statuto speciale, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia, nella seduta del 3 ottobre 2012, sono state approvate dall'Assemblea della Camera dei deputati, in prima deliberazione, tre proposte di legge costituzionale di modifica degli statuti che riducono il numero dei consiglieri di tali Regioni.

In particolare, nel Friuli Venezia Giulia il consiglio regionale è attualmente composto da 59 membri. Tale composizione è il risultato del rapporto di un consigliere per 20.000 abitanti della regione (complessivamente 1.183.764 abitanti, ai sensi del DPCM 2 aprile 2003 che determina la popolazione legale della Repubblica in base al censimento generale della popolazione). Le proposte di legge costituzionale approvate (AC 4834 e AC 5148), entrambe di iniziativa del Consiglio regionale di cui la seconda già approvata in prima deliberazione dal Senato, modificano il rapporto tra rappresentanti e popolazione, prevedendo un consigliere per 25.000 abitanti, da calcolare secondo i dati desunti dall’ultima rilevazione ufficiale dell’ISTAT Movimento e calcolo della popolazione residente annuale antecedente il decreto di convocazione dei comizi elettorali. Quindi il consiglio risulterebbe composto da 49 membri, prendendo come base i dati contenuti nel Bilancio demografico e popolazione residente per sesso al 31 dicembre 2010 (che riporta i risultati dall’ultima rilevazione annuale ufficiale dell’ISTAT Movimento e calcolo della popolazione residente: popolazione della regione Friuli-Venezia Giulia 1.235.808).

 

Le proposte di legge costituzionale approvate dall'Assemblea della Camera (A.C. 4711 e 5149), entrambe di iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna di cui la seconda già approvata in prima deliberazione dal Senato, riducono il numero dei consiglieri regionali della regione Sardegna da 80 a 60 membri. Il 6 maggio 2012 si sono svolti 10 referendum regionali (5 abrogativi e 5 consultivi) tra cui uno (consultivo) relativo alla riduzione a 50 del numero dei componenti del Consiglio regionale: la maggioranza dei votanti sardi (98,27 %) si è espressa a favore della riduzione.

 

Quanto alla Sicilia, le proposte di legge costituzionale approvate dalla Camera (A.C. 4856 e 5150), entrambe di iniziativa dell’Assemblea regionale siciliana di cui la seconda già approvata in prima deliberazione dal Senato, riducono il numero dei deputati regionali della regione da 90 a 70. La riduzione decorre dal primo rinnovo dell’Assemblea regionale successiva alla data di entrata in vigore della legge e la scadenza naturale della legislatura. Si ricorda che le elezioni dell’Assemblea regionale sono state fissate per il 28 ottobre 2012.