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Temi dell'attività Parlamentare

La tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria

L’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 introduce numerose modifiche in tema di tassazione delle attività finanziarie. La nuova disciplina prevede dunque che, a partire dal 1° gennaio 2012, venga istituita un’aliquota intermedia del 20% con la quale tassare i redditi da capitale e i redditi diversi, in luogo delle precedenti fissate al 12,50 per cento e al 27 per cento.

Restano tuttavia esclusi dall’ambito di applicazione della riforma alcuni importanti comparti, a cui il legislatore vuole riservare un trattamento di favore. Vi rientrano, tra l’altro: i titoli di Stato ed equiparati, i titoli emessi da altri Stati inclusi nella cd. white list (vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine e le forme di previdenza complementare.

Ambito di applicazione ed esclusioni

 

L’articolo 2, commi da 6 a 34, del decreto-legge n. 138 del 2011, ha introdotto - a decorrere dal 1° gennaio 2012 – un’aliquota unica per la tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, disciplinando gli aspetti giuridici connessi a tale unificazione e prevedendo un’attenta disciplina transitoria, finalizzata ad evitare il più possibile segmentazioni dei mercati ed operazioni di arbitraggio conseguenti alla variazione dell’aliquota. Ulteriori modifiche alla normativa sono state apportate dall’articolo 29 del decreto-legge n. 216/2011 e dagli articoli 95 e 96 del decreto-legge n. 1/2012.

Tale aliquota - che riguarda i proventi in precedenza tassati con le aliquote del 12,5 e del 27 per cento - è stata fissata nella misura del 20 per cento e comprende l'ammontare delle ritenute e delle imposte sostitutive relative a:

  • interessi, premi e ogni altro provento derivante dai redditi di capitale di cuiall’articolo 44 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR);
  • redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del TUIR.

 

I redditi di capitale derivano dall’impiego di un capitale finanziario in eventi certi ma non rientrano nell’esercizio di una attività d’impresa. Si tratta di interessi da mutui, depositi, conti correnti o prestiti obbligazionari o per i dividendi da partecipazioni al capitale sociale. Essi si distinguono dai redditi diversi, derivanti da eventi incerti, nei quali sono compresi i capital gains, vale a dire le plusvalenze pervenute alla persona fisica da cessioni a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale sociale, concernenti i redditi in forma associata; tali plusvalenze, se invece sono realizzate nell’esercizio di un’attività d’impresa, individuale o societaria, concorrono alla formazione del reddito d’impresa del soggetto che ha realizzato la plusvalenza.

Sono esclusi dall'ambito di applicazione della riforma, in primo luogo, gli interessi, i premi e gli altri frutti dei titoli del debito pubblico, i buoni postali di risparmio, le cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e le altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazioni pubbliche e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o di servizi pubblici; le obbligazioni emesse dagli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; i piani di risparmio a lungo termine. Tali proventi rimangono tassati con aliquota al 12,5 per cento.

Tuttavia, secondo l’Agenzia delle Entrate l’esclusione per i piani di risparmio a lungo termine non può trovare immediata applicazione in assenza di una normativa primaria che chiarisca quali prodotti, strumenti o servizi finanziari rientrino in tale istituto.

Rimane altresì invariata la disciplina relativa ai titoli di risparmio per l’economia meridionale, che prevede che gli interessi di questi ultimi siano soggetti ad un’imposta sostitutiva del 5 per cento. Si tratta di titoli nominativi o al portatore che hanno una scadenza non inferiore ai diciotto mesi e che possano essere emessi da parte di banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia.

Vengono individuate ulteriori ipotesi di esclusione per le seguenti attività finanziarie: gli interessi infragruppo, vale a dire gli interessi corrisposti a soggetti non residenti, cui si applica una ritenuta del 5 per cento, a condizione che essi siano destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari emessi dai percettori; gli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad Ires negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, in relazione alle partecipazioni e agli strumenti finanziari emessi da società ed enti la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici e gli strumenti finanziari e i contratti di associazione in partecipazione, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, per i quali la norma prevede una ritenuta operata a titolo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento; il risultato netto maturato delle forme di previdenza complementare nonché gli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell'UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella c.d. white list sono soggetti ad imposta con una aliquota ridotta all’11 per cento.

Allo stesso modo, rimane fermo il regime di esenzione previsto dall’articolo 31, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 per i proventi di cui alla lettera g), comma 1, dell’articolo 44 del TUIR derivanti dalla partecipazione ai Fondi per il Venture Capital (FVC).

Per i titoli equiparati, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 11/E del 28 marzo 2012 ha fornito un apposito elenco che aggiorna quello allegato alla nota del Ministero delle finanze prot. 14/942925 del 1° giugno 1994. L’elenco, non esaustivo, è suscettibile di integrazioni dietro segnalazione degli enti interessati previa verifica dei requisiti richiesti presso i competenti servizi del Ministero degli affari esteri.

Secondo la circolare, poi, per effetto dell’unificazione delle aliquote, sugli utili di esercizio delle Società di Investimento Immobiliare quotate e non quotate (SIIQ e SIINQ) riferibili ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non trova più applicazione la ritenuta in forma ridotta nella misura del 15 per cento.

In materia di fondi comuni d'investimento mobiliare, si prevede che sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero si effettua una ritenuta del 12,50 per cento.

Con riguardo ai sottoscrittori, il valore e il costo delle quote o azioni è rilevato dai prospetti periodici al netto di una quota dei proventi (e delle perdite) riferibili alle obbligazioni e altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601/1973 ed equiparati e alle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella white list. A tal fine si applica un criterio forfetario di tipo patrimoniale secondo cui i proventi si considerano riferibili ai titoli pubblici in proporzione alla percentuale media dell’attivo dei predetti Oicr investita direttamente o indirettamente, per il tramite di altri Oicr, nei suddetti titoli.

Le plusvalenze e le minusvalenze realizzate attraverso la cessione o il rimborso (o liquidazione) delle quote o azioni acquistate e/o cedute a prezzi diversi da quelli risultanti dai prospetti periodici rilevano per il loro intero ammontare.

Anche nelle polizze di assicurazione i redditi da assoggettare a ritenuta sono assunti al netto del 37,5 per cento dei proventi e delle perdite riferibili ai titoli pubblici. Tali proventi sono determinati in proporzione alla percentuale media dell’attivo investita nei titoli medesimi direttamente o indirettamente per il tramite di Oicr con sede in Italia (diversi dai fondi immobiliari) e Oicvm esteri conformi ed equiparati.

Disposizioni attuative

Con tre decreti del13 dicembre 2011 (G.U. 292 del 16 dicembre 2011), il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato la disciplina attuativa della riforma dei redditi di natura finanziaria operata con il citato D.L. 138/2011. In particolare, i decreti disciplinano:

- lo svolgimento delle operazioni di addebito e di accredito del conto unico;

- la determinazione della quota dei proventi e di redditi riferibili alle obbligazioni ed altri titoli pubblici derivanti - rispettivamente - dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio (tale quota si considera riferibile in proporzione alla percentuale media dell'attivo dei predetti organismi investita nei titoli medesimi rilevata sulla base degli ultimi due prospetti, semestrali o annuali; i proventi così determinati sono soggetti alla ritenuta del 20 per cento nel limite del 62,5 per cento del loro ammontare) e dai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione (tali proventi sono assunti al netto del 37,50 per cento dei proventi riferibili alle obbligazioni e altri titoli; sono determinati in proporzione alla percentuale media dell'attivo investito nei titoli medesimi; la percentuale è rilevata con cadenza annuale sulla base dei rendiconti di periodo approvati);

- le modalità di esercizio della opzione per l'affrancamento delle plusvalenze latenti di cui all'art. 2, commi da 29 a 32, del citato decreto-legge n. 138 del 2011 in modo che la nuova aliquota del 20 per cento incida solo sulle plusvalenze che matureranno successivamente al 31 dicembre 2011; in caso di esercizio dell'opzione, i contribuenti assumono, a decorrere dal 1° gennaio 2012, in luogo del costo o valor di acquisto, il valore delle predette attività finanziarie alla data del 31 dicembre 2011, determinato secondo i criteri definiti nel decreto stesso.

Deducibilità degli interessi passivi

Se le obbligazioni e i titoli similari sono emessi da società o enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’UE e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella c.d. white list, ovvero da quote, gli interessi passivi sono deducibili a condizione che il tasso di rendimento effettivo non sia superiore:

a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati UE e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella lista citata, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione;

b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e i titoli similari diversi dai precedenti.

Gli interessi passivi sono invece indeducibili, nell'ipotesi in cui il tasso di rendimento effettivo all’emissione superi i limiti suddetti.