Il Parlamento ha approvato la legge 21 aprile 2011, n. 62, con la quale ha inteso valorizzare il rapporto tra detenute madri e figli minori. Nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento il dibattito si è concentrato sulla acclarata necessità di conciliare, da un lato, l'esigenza, di limitare la presenza nelle carceri di bambini in tenera età, dall'altro, di garantire la sicurezza dei cittadini anche nei confronti delle madri di figli minori, le quali abbiano commesso delitti.
Secondo i dati statistici pubblicati dal Ministero della giustizia sul proprio sito Internet (serie storica semestrale degli anni 1993-2012), erano 57 le detenute madri nelle carceri italiane al 30 giugno 2012 (ultimo dato disponibile) e 60 i bambini di età inferiore a tre anni presenti negli istituti. Alla stessa data risultavano funzionanti 16 asili nido.
Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha affrontato il problema dei bambini in carcere avviando a Milano la sperimentazione di un tipo di istituto a custodia attenuata per madri (I.C.A.M). Tale modello è stato realizzato in una sede esterna agli istituti penitenziari, dotata di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini. Il Governo ha informato che, in tempi brevi, saranno realizzati altri ICAM a Torino e Firenze.
L'operatività a regime di tale modello è presa in considerazione dalla legge n. 62/2011, che interviene sia in materia di custodia cautelare delle detenute madri sia di espiazione della pena detentiva da parte delle medesime.
Con riferimento all'applicazione della misura della custodia cautelare, l'articolo 1 della legge 62/2011, attraverso una modifica all'art. 275 c.p.p., prevede l'aumento da tre a sei anni dell’età del bambino al di sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare della madre in carcere (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
In presenza di tali esigenze la legge, aggiungendo l'art. 285-bis al c.p.p., prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei anni in un I.C.A.M. Una integrazione all'art. 284 c.p.p. permette, invece che l'esecuzione degli arresti domiciliari degli stessi soggetti avvenga, ove istituita, in una casa famiglia protetta.
Le indicate disposizioni in materia cautelare si applicano, tuttavia, a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1° gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata.
Con riferimento all'espiazione della pena detentiva, l'articolo 3 della legge 62 interviene sull'ordinamento penitenziario novellando la disciplina sulla detenzione domiciliare e sulla detenzione domiciliare speciale prevista dall'ordinamento penitenziario (legge 354/1975).
Con una prima modifica dell'art. 47-ter (detenzione domiciliare) si permette di scontare a donna incinta o madre di prole di età inferiore ad 10 anni con lei convivente la reclusione non superiore a 4 anni (anche se costituente parte residua di maggior pena) anche in case famiglia protette.
Una ulteriore novella interessa la disciplina della detenzione domiciliare speciale per le condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni (art. 47-quinquies della legge 354/1975). La disciplina previgente stabiliva che - ove non sussistessero le condizioni per l'applicazione della detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter - in assenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e sussistendo la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri potevano essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno 15 anni nel caso di condanna all'ergastolo.
La legge 62/2011 aggiunge la possibilità di espiare anche il terzo della pena o, per le madri ergastolane, i citati 15 anni di detenzione presso:
La nuova disciplina sulla detenzione domiciliare speciale non si applica nel caso di condanna delle detenute madri per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975.
La legge 62 disciplina, inoltre, il diritto di visita al minore infermo (articolo 2), anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata ovvero del padre nelle stesse condizioni, nonché il diritto della detenuta o imputata di essere autorizzata dal giudice ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute (nuovo articolo 21-ter della legge n. 354 del 1975). Tale ultimo diritto spetta anche al padre nel caso in cui la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.
Il tema dei diritti del padre è stato oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione affari costituzionali della Camera che nel suo parere alla Commissione giustizia ha segnalato più in generale l’opportunità di valutare le disposizioni del provvedimento alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale che ha sempre riconosciuto l’importanza del contributo paterno allo sviluppo armonico della personalità dei minori.
L'articolo 4 della legge 62 ha affidato ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, d'intesa con la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, la determinazione delle caratteristiche tipologiche delle case famiglia protette previste dall'articolo 284 del codice di procedura penale e dagli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge 354/1975. L'art. 4 prevedeva che il Ministro della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, potesse stipulare con gli enti locali convenzioni volte ad individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case famiglia protette.
Dopo che le caratteristiche delle case famiglia protette erano state individuate con D.M. giustizia 26 luglio 2012, un successivo provvedimento, il D.M. giustizia 13 gennaio 2013 ha annullato il primo decreto in quanto adottato in carenza dell'intesa con la Conferenza Stato-Città e Autonomie locali prevista dall'art. 4 della legge 62/2011.