Il provvedimento intendeva fornire una disciplina organica alla commercializzazione dei materiali utilizzati nella produzione di gioielli, di monili e di oggettistica in genere: minerali di origine naturale; minerali sintetici; prodotti artificiali; perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale, tradizionalmente utilizzati in gioielleria; perle coltivate o altrimenti denominate; imitazioni di perle.
Erano, a tal fine, fornite le definizioni di: materiale gemmologico; materiale gemmologico naturale, trattato, sintetico, artificiale, composito, agglomerato; vetro artificiale; perla naturale; perla coltivata o di coltura, con o senza nucleo; imitazione di perla o perla imitazione.
Era previsto l'obbligo di applicare le relative denominazioni ai materiali citati, utilizzando una nomenclatura individuata attraverso il rinvio alla norma UNI EN 10245 (norma tecnica riguardante la nomenclatura dei materiali gemmologici). Era vietato quindi l’uso dei termini «semiprezioso» e «fino». Specifiche denominazioni erano previste per le perle naturali e coltivate (o di coltura). La denominazione dei materiali gemmologici trattati doveva essere completata dall’indicazione del trattamento subito.
Il provvedimento vietava l’importazione, l’esposizione, e la detenzione a scopo di vendita, la vendita o la distribuzione a titolo gratuito di materiali e di prodotti gemmologici la cui denominazione risulti diversa da quella prevista dal testo unificato.
Le denominazioni previste dal provvedimento dovevano essere indicate su tutti i documenti commerciali o pubblicitari riferiti al prodotto, e sulle etichette o i cartellini che lo accompagnano.
Veniva prevista, da parte del Ministero dello Sviluppo economico, la realizzazione di campagne di comunicazione pubbliche, con cadenza almeno annuale, dirette a promuovere nei consumatori la conoscenza delle problematiche connesse alla qualità delle gemme.
Alle regioni veniva data la facoltà di promuovere corsi di qualificazione per i soggetti che operano nel mercato gemmologico, per sviluppare la conoscenza dei materiali, la loro lavorazione e commercializzazione.
Il provvedimento poneva in capo al venditore l'obbligo di rilasciare, su richiesta dell’acquirente, una dichiarazione in cui sono descritti i materiali gemmologici venduti (siano essi sfusi o montati). La dichiarazione veniva resa obbligatoria in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali. In caso di controversie sul suo contenuto, la risoluzione veniva demandata ad un collegio arbitrale istituito presso la Camera di commercio nella cui circoscrizione ha sede l’acquirente.
Si rendeva inoltre possibile l'autorizzazione di laboratori abilitati, iscritti in un apposito elenco tenuto dalle camere di commercio, ad effettuare un'analisi dei materiali gemmologici e rilasciare le relative certificazioni, rafforzando in tal modo la tutela degli acquirenti.
Venivano disposte sanzioni pecuniarie in caso di violazione della disciplina prevista dal provvedimento, salvo che il fatto costituisca reato. In caso di reiterazione delle violazioni, alle sanzioni amministrative pecuniarie consegue la sospensione dell’esercizio dell’attività per un periodo da quindici giorni a sei mesi.
I materiali gemmologici, sfusi o montati, legalmente prodotti o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo potevano essere liberamente immessi sul mercato nazionale, qualora sia garantito un grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dal provvedimento.
Era prevista, infine, l’emanazione di un regolamento di attuazione della legge, entro sei mesi dall’entrata in vigore.
Mercato dei materiali gemmologici A.C. 225-2274-A - Testo unificato - Elementi per l'esame in Assemblea