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Temi dell'attività Parlamentare

Liberalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti

Durante la manovra estiva del 2011, l’articolo 28 del D.L. 98/2011, convertito in legge 111/2011, aveva integrato la disciplina in materia di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti dettata dal D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32 al fine di stimolare il processo di chiusura di impianti di distribuzione marginali e, con i commi 12-14, porre le premesse per un nuovo e più articolato regime dei rapporti tra titolari e gestori degli impianti di distribuzione carburanti.

Si ricorda che la gestione degli impianti di distribuzione di carburanti può essere effettuata sia direttamente dal proprietario dell’impianto e titolare della licenza (per lo più una Compagnia petrolifera, in altri e minori casi i cosiddetti distributori “indipendenti”), sia da soggetti diversi denominati “gestori”.

Successivamente, gli articoli 17-20 del D.L. 1/2012 (decreto “liberalizzazioni”), convertito in legge 27/2012, sono intervenuti in materia di distribuzione di carburanti, con norme che puntano a promuovere lo sviluppo di operatori indipendenti ed impianti multimarca, agendo anche sulla diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori di carburanti.

In particolare, l’articolo 17 recepisce, fra l’altro, una richiesta di liberalizzazione contenuta nella segnalazione 5 gennaio 2012 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Per la citata segnalazione dell'Autorità garante, un elemento del sistema della distribuzione carburanti in Italia che appare meritevole di immediate modifiche proconcorrenziali è "quello relativo ai rapporti tra soggetti a diversi livelli della filiera, da un lato i proprietari degli impianti (assai spesso anche fornitori e raffinatori) e dall’altro i gestori. Tali rapporti risultano allo stato eccessivamente vincolati da quella che a lungo è stata l’unica forma contrattuale ammessa dalla legge (D.Lgs. n. 32/98), vale a dire la cessione dell’impianto dal proprietario al gestore in comodato gratuito e il corrispondente contratto di fornitura in esclusiva del prodotto. Ciò ha comportato, da una parte, che i gestori possono approvvigionarsi solo dalla società petrolifera che ha la proprietà dell’impianto, o che abbia concluso con il proprietario dello stesso un contratto di convenzionamento, e dall’altra, che ciascuna società petrolifera rifornisce di carburanti solo i punti vendita che espongono i suoi marchi e colori. Gli aspetti economici di tali rapporti sono inoltre fissati da accordi aziendali stipulati tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori (art. 1, comma 6, D.Lgs. n. 32/1998 e art. 19, comma 3, L. n. 57/2001). Su questo specifico tema l’AEEG ha sottolineato che le due citate tipologie contrattuali, comodato gratuito e fornitura in esclusiva, appaiono intimamente connesse e che al mutare dell’una dovrebbe necessariamente mutare anche l’altra. L’art. 28 del D.L. n. 98/2011 ha previsto che in alternativa al contratto di fornitura si possano utilizzare anche altre tipologie contrattuali per l’approvvigionamento degli impianti, purché tali tipologie di contratti siano state precedentemente tipizzate attraverso la stipula di accordi aziendali tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori. L’Autorità ritiene che tale normativa vada modificata nel senso di estendere la liberalizzazione delle forme contrattuali a tutte le relazioni tra proprietari e gestori e dunque anche a quelle relative all’utilizzo delle infrastrutture (per cui è attualmente previsto solo il comodato gratuito), consentendo l’utilizzo di tutte le tipologie contrattuali previste dall’ordinamento (ad esempio: l’affitto dell’impianto di distribuzione) e, soprattutto, eliminando il vincolo della tipizzazione tramite accordi aziendali, che, oltre a rallentare il processo di apertura alle nuove forme contrattuali, non consente di superare elementi di natura collusiva nel processo di fissazione dei modelli di contratto. Questa piena liberalizzazione delle forme contrattuali consentirebbe, da un lato, di aumentare l’autonomia del gestore rispetto al soggetto proprietario dell’impianto incentivando, ad esempio, forme di aggregazione di piccoli operatori nell’attività di approvvigionamento, dall’altro, potrebbe consentire alle società petrolifere di rifornire anche punti vendita non appartenenti alla propria rete rendendo possibile la nascita di impianti nella sostanza multimarca. L’accrescimento dell’autonomia degli attori del mercato ed in particolare dei gestori consentirebbe a questi ultimi di caratterizzarsi come veri e propri soggetti imprenditoriali, in grado di utilizzare tutti gli strumenti commerciali per ricavarsi i propri spazi sul mercato, rispondendo alla pressione concorrenziale degli altri soggetti non verticalmente integrati e contribuendo essi stessi ad una maggiore concorrenzialità del mercato della distribuzione di carburante".

Più nel dettaglio, l’articolo 17 sancisce innanzi tutto il principio per cui i gestori di impianti di distribuzione carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore. Nei casi poi in cui siano attualmente in vigore, tra tali gestori-titolari e un produttore-rivenditore, clausole di esclusiva, la norma prevede un regime transitorio. In base ad esso, a decorrere dal 30 giugno 2012 i contratti di esclusiva perdono efficacia per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. In conseguenza, le stesse parti possono rinegoziare le condizioni economiche e l'uso del marchio.

Inoltre, – attraverso la riformulazione dei commi 12, 13 e 14 dell’art. 28 del D.L. 98/2011 – mira a promuovere concretamente e ulteriormente la diversificazione delle forme contrattuali tra proprietari degli impianti e gestori ulteriori e diverse rispetto a quelle, attualmente previste, del comodato, fornitura e somministrazione.

Pertanto si prevede che - fermo restando quanto disposto con il decreto legislativo 32/1998, e successive modificazioni - possono essere adottate, alla scadenza dei contratti esistenti (o anche nel loro corso, se vi è assenso tra le parti) differenti tipologie contrattuali per l’affidamento e l’approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti. Tali nuove tipologie contrattuali dovranno essere definite, nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie, mediante accordi sottoscritti tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e dei gestori maggiormente rappresentative, depositati presso il Ministero dello sviluppo economico. Si prevede, inoltre, la possibilità in ogni momento di stipula di accordi tra titolari degli impianti e gestori per l’effettuazione del riscatto degli impianti da parte del gestore, previo indennizzo secondo criteri definiti con decreto del MiSE.

Per garantire l’effettiva introduzione di tali nuove tipologie contrattuali, il deposito degli accordi concernenti le nuove tipologie contrattuali dovrà avvenire entro il 31 agosto 2012, e in difetto provvederà in via sostitutiva, su richiesta di ciascuna delle parti, il Ministero medesimo.

Sono sanzionati come abuso di dipendenza economica i comportamenti dei titolari degli impianti o dei fornitori finalizzati ad ostacolare, impedire o limitare le facoltà attribuite al gestore dalla nuova disciplina.

L'indagine conoscitiva dell'AGCM

L'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato ha svolto un'indagine conoscitiva sull’attività di distribuzione di carburanti per autotrazione in Italia con riferimento all’assetto generale del sistema di distribuzione, allo sviluppo ed al ruolo degli impianti indipendenti e all’utilizzo della quotazione Platt’s come riferimento per la formazione dei prezzi.

I DATI STATISTICI

L’indagine, avviata a marzo 2011, dà un quadro numerico, inedito, del settore: i punti vendita legati alle compagnie petrolifere continuano a fare la parte del leone: sono 22 mila contro gli oltre 2.000 degli operatori indipendenti e gli 82 della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo). La classifica si capovolge se si guarda l’erogato medio per impianto: 7,2 milioni di litri per la Gdo, 1,6 per le pompe bianche, 1,4 per gli impianti ‘colorati’ (quelli delle compagnie petrolifere).

In particolare, con riferimento al dato relativo alla stima sulla consistenza numerica degli impianti indipendenti senza marchio (pompe bianche), presenti sul territorio nazionale, è stato stimato un numero totale complessivo di pompe bianche (non GDO) esistenti in Italia al 31 dicembre 2010 tra 2.356 a 2.065 unità.

Dall’analisi dei prezzi praticati alla pompa, lungo un periodo di circa due anni tra il 2010 ed il 2011, emerge che gli impianti della GDO praticano prezzi più bassi rispetto agli operatori indipendenti (pompe bianche), oltre che ovviamente rispetto agli impianti colorati delle società petrolifere. A livello assoluto la GDO praticava prezzi da 9 a 13 centesimi di euro più bassi degli impianti colorati e da 1,5 a 5 centesimi di euro più bassi degli impianti “bianchi”.

Le nuove spinte concorrenziali non hanno tuttavia lo stesso effetto sui prezzi a livello territoriale: analizzando per macrozone (Nord est, Nord ovest, Centro, Sud), a prescindere dalla tipologia di operatore, il Sud ha sempre prezzi più elevati, il Nord Est ed il Nord Ovest hanno i prezzi più bassi, il Centro ha una posizione intermedia.

In particolare sia per gli impianti della GDO che per gli impianti no logo gestiti dagli indipendenti, i prezzi più bassi sono stati quelli praticati nel Nord-Est. Al Sud, invece, gli impianti no logo non praticano prezzi particolarmente diversi da quelli delle società petrolifere colorate e sono gli impianti della GDO, ancorché in numero molto esiguo, a supplire allo scarso grado di concorrenzialità delle pompe bianche gestite dagli indipendenti. Al Centro e al Nord-Ovest, invece, si riscontra un maggiore allineamento della GDO alle politiche di prezzo degli indipendenti. L’impatto differenziato a livello territoriale sui prezzi praticati dai nuovi entranti (pompe bianche e GDO) è legato a differenze strutturali.

LE POMPE BIANCHE

AL SUD, in termini assoluti, si concentra oltre il 40% del totale delle pompe bianche italiane ma i proprietari di tali impianti sono mediamente operatori di grande dimensione, che dispongono spesso sia di impianti convenzionati con le principali società petrolifere sia di impianti “bianchi” (c.d. operatori “misti”), e che in molti casi hanno anche impianti in “co-branding” con le compagnie petrolifere (benzina e gasolio venduto a marchio e GPL venduto “bianco”). Si tratta di impianti poco efficienti dove il self service e i servizi non oil sono poco diffusi e l’erogato medio è molto basso. Queste caratteristiche spiegano in parte i prezzi praticati dalla pompe bianche al Sud, che non risultano molto diversi da quelli praticati dalle reti colorate.

AL NORD-EST gli operatori sono di medie dimensioni (non più di venti impianti) con punti vendita evoluti, in cui il self-service e i servizi non-oil sono diffusi più ampiamente che nel resto d’Italia. Riescono così a sfruttare appieno tutte le leve concorrenziali, con un erogato medio elevato -di gran lunga superiore a quello dei punti vendita colorati che si accompagna a politiche di prezzo particolarmente aggressive.

AL NORD-OVEST la rete degli operatori indipendenti è comparabile a quella presente al Nord-Est, in termini di sviluppo sia del self-service che dei servizi non-oil, nonché delle politiche di prezzo praticate ma la loro penetrazione territoriale è contenuta e il grado di efficienza degli impianti non è superiore a quella che caratterizza la rete delle compagnie petrolifere.

AL CENTRO ITALIA le pompe bianche presentano un livello di sviluppo e di efficienza medio (diffusione del self-service ed erogato) più simile alle pompe bianche del Nord-Est, a fronte però di una pressione competitiva decisamente inferiore e più vicina a quella esercitata dagli impianti no-logo al Sud.

IL RUOLO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA

La GDO a inizio 2011 risulta presente con 82 impianti; gli operatori con almeno 10 punti vendita sono attivi in tutte e quattro le macroregioni. Le reti dei due operatori più grandi sono tuttavia concentrate nel Nord-Ovest, dove sono localizzati circa il 45% degli impianti di Auchan e quasi tre quarti dei punti vendita di Carrefour. Il 40% della rete di Conad è invece concentrata al Sud. Una percentuale alta di impianti espone però, insieme al marchio dell’azienda GDO, anche il marchio delle compagnie petrolifere verticalmente integrate.

I prezzi degli impianti della GDO sono risultati più aggressivi (e difficili da replicare) quando i punti vendita espongono soltanto il marchio dell’operatore della grande distribuzione. I prezzi praticati dagli impianti della GDO in co-branding, invece, tendono ad essere meno aggressivi e per questo, nei contesti di mercato locali, i concorrenti verticalmente integrati riescono a reagire alle politiche di questa tipologia di impianti della GDO allineandosi ai loro prezzi (il differenziale medio è pari a -0,16 centesimi), mentre le pompe bianche sono in grado di praticare prezzi inferiori alla GDO, in media, di 2 centesimi di euro al litro. In generale, dunque il co-branding si associa a politiche di prezzo meno aggressive, il che consente ai concorrenti, anche colorati, di allinearsi alle politiche commerciali degli operatori della GDO nei bacini locali dove questi ultimi risultano attivi.

LE COMPAGNIE PETROLIFERE VERTICALMENTE INTEGRATE

Dall’indagine emerge che le compagnie ‘tradizionali’, verticalmente integrate (dalla raffinazione alla distribuzione), mostrano una forte similitudine di comportamento delle società nella definizione dei prezzi per il canale rete (il range di variazione dei prezzi medi mensili delle diverse società non supera il 2%). Al contrario i prezzi relativi alle vendite di carburanti per autotrazione attraverso altri canali diversi dalla rete (esportazione, extra-rete, supply ad altre petrolifere) hanno mostrato andamenti meno convergenti. Ciò a fronte di una dotazione di infrastrutture logistiche e di raffinazione molto eterogenea (e che vede alcune imprese petrolifere non più presenti nella fase della raffinazione). Inoltre dall’indagine è emerso un forte ruolo delle vendite tra società petrolifere per il rifornimento delle rispettive reti (cd canali supply o stock transfer), con alcune imprese che fungono da venditrici nette rispetto al sistema ed altre che assumono il ruolo di acquirenti nette.

Ne emerge dunque, ancora ad inizio 2011, un panorama di interazione oligopolistica tra gli operatori integrati nel quale i players più efficienti (Eni ed Esso su tutti) non spingevano la competizione fino a livelli che li avrebbero differenziati davvero dai concorrenti e avrebbero minacciato di far uscire questi ultimi dal mercato.

Le sette società petrolifere attive a livello nazionale nella distribuzione di carburanti in rete sembravano ancora nel 2011 presentarsi sul mercato come soggetti nella sostanza allineati su comportamenti non troppo differenziati: uno scenario dalla chiara connotazione collusiva, che potrebbe teoricamente costituire l’esito di un coordinamento tra gli operatori verticalmente integrati. Di tale eventuale coordinamento, tuttavia, nel corso dell’indagine non sono state acquisite evidenze.

IL RUOLO DELL’INDICE PLATTS

L’indagine si è soffermata sull’utilizzo dell’indicatore delle quotazioni dei prodotti finiti Platts quale riferimento per la determinazione dei prezzi finali dei carburanti. È emerso che non si tratta di una peculiarità del nostro paese. Una richiesta di informazioni inviate alle principali Autorità di Concorrenza nazionali degli Stati Membri UE, infatti, ha indicato che nella maggioranza dei paesi europei tale quotazione internazionale rappresenta il prezzo di riferimento, a partire dal quale si articolano tutti i prezzi praticati nei mercati all’ingrosso ed al dettaglio.

Dall’indagine è inoltre emerso che non esistono elementi sufficienti per ritenere che Platts svolga un ruolo attivo quale veicolo di una concertazione tra operatori nazionali integrati verticalmente; le quotazioni Platts tra l’altro non sembrano discostarsi in maniera significativa dai valori di mercato forniti da altri competitors attivi nella fornitura di informazioni sulle quotazioni dei prodotti petroliferi finiti (Argus). Ciò non toglie tuttavia che si ponga un problema più generale, legato alla possibilità che le quotazioni fornite non solo da Platts, ma anche da altre agenzie giornalistiche, possano essere esposte ad un rischio di manipolazione nella misura in cui non risultino pienamente affidabili i prezzi comunicati dagli operatori di mercato sulla base dei quali le agenzie elaborano tali quotazioni. Su qtesto punto, tuttavia, si osserva come l’IOSCO, l’Organizzazione internazionale delle Autorità di vigilanza sulle Borse, ad esito di un’indagine sul settore, abbia indicato delle linee guida per gli operatori nell’ottica di migliorare il grado di affidabilità delle quotazioni fornite al mercato.

LA DISCONTINUITA’ DELLE LIBERALIZZAZIONI

L’indagine dà atto al processo di liberalizzazione (in particolare l’eliminazione di ogni tipo di barriera all’ingresso), avviato negli anni passati e ripreso a partire dal 2012, di avere introdotto una discontinuità che incrementando il numero di nuovi soggetti non integrati presenti sul mercato ne ha incrinato l’assetto oligopolistico. La stessa istruttoria, conclusa nel 2007 dall’Antitrust, con l’assunzione di impegni da parte delle compagnie che, tra l’altro, prevedevano:

i) l’avvio di politiche di riduzione dei prezzi nella modalità di rifornimento self service;

ii) iniziative finalizzate all’ingresso delle GDO,

ha avuto un ruolo positivo nella stessa direzione. Anche la politica di forte scontistica, avviata durante l'estate 2012 dall’operatore leader di mercato (ENI), ha innescato una serie di reazioni di prezzo da parte degli attori del mercato che sembrano denotare un cambiamento in senso maggiormente concorrenziale dell’interazione di settore.

Se iniziative di questo genere dovessero riproporsi (ovviamente nel rispetto della normativa antitrust) i probabili vincitori saranno, secondo l'Antitrust, i grandi raffinatori effettivamente integrati a valle nella distribuzione (Eni ed Esso), gli operatori bianchi più dinamici e gli impianti della GDO con marchio proprio. A perdere quote di mercato potrebbero essere invece quegli operatori che detengono le rimanenti cinque reti di distribuzione a dimensione nazionale ma hanno una presenza insufficiente o addirittura assente nella raffinazione/logistica.

QUEL CHE RESTA DA FARE

Nel breve periodo si potrebbe dunque assistere a un profondo riassetto del settore intero, con operatori che perdono terreno (o addirittura escono dal mercato) ed altri che si rafforzano. Per sostenere la dinamica concorrenziale e giungere ad un equilibrio caratterizzato da numerosi operatori che esercitano la distribuzione di carburanti in un contesto di effettiva concorrenza e non più di mera interazione oligopolistica occorre proseguire nel processo riformatore. In particolare occorre:

- sviluppare il maggior numero di operatori indipendenti efficienti, esportando il c.d. “modello Nord- Est” anche in quelle aree del Paese (tra tutte il Sud) dove attualmente gli indipendenti non rappresentano un effettivo stimolo concorrenziale;

- privilegiare lo sviluppo di impianti della GDO (ancora in numero troppo esiguo e praticamente assenti in alcuni contesti geografici), preferendo la modalità di vendita con il marchio proprio rispetto al modello del c.d. co-branding;

- incentivare una evoluzione in senso più efficiente di quelle reti colorate che non dispongono di infrastrutture logistiche e di raffinazione coerenti con una presenza uniforme sul territorio, ad esempio attraverso processi di regionalizzazione, svincolandole il più possibile dal ricorso alle vendite incrociate tra concorrenti (il c.d. canale supply);

- istituire una banca dati istituzionale che raccolga e renda pubblici i prezzi praticati, a livello di singoli impianti, su tutto il territorio nazionale, per accrescere, tra i consumatori, la percezione dell’esistenza di prezzi diversificati all’interno dei propri mercati locali di riferimento

- sfruttare il futuro avvio di un mercato delle logistica petrolifera e di un mercato all’ingrosso dei prodotti petroliferi liquidi per autotrazione per dare maggiore spazio allo sviluppo di pompe bianche “pure”, migliorare le condizioni di approvvigionamento degli operatori indipendenti, facilitare lo sviluppo di forti operatori attivi su base regionale o pluriregionale. L’accesso a tali mercati organizzati della logistica e del prodotto potrebbe essere certamente favorito dalla costituzione di gruppi di acquisto, tra operatori di piccole dimensioni: tali operatori potrebbero aggregarsi per accrescere la loro capacità di acquisto all’ingrosso di carburanti e di servizi di stoccaggio e trasporto degli stessi.

- introdurre misure per favorire l’ingresso di operatori indipendenti nella logistica per migliorare non solo le condizioni economiche per l’accesso ai servizi di stoccaggio, ma anche mantenere un adeguato grado di liquidità del mercato all’ingrosso dei prodotti petroliferi che si intende costituire. L’indagine conoscitiva ha infatti messo in evidenza come una adeguata disponibilità di infrastrutture logistiche e/o la presenza di operatori indipendenti in questa fase della filiera siano in grado di influenzare in maniera decisiva il grado di concorrenzialità dei mercati a valle della distribuzione di carburanti. Nell’ottica di sviluppare il maggior numero di operatori indipendenti sul “modello Nord- Est” anche al Sud, dove attualmente tali operatori non rappresentano un effettivo vincolo concorrenziale, appare dunque necessario individuare delle misure che vadano nella direzione di “esportare” le condizioni logistiche presenti nel Nord-Est anche in altre zone del paese al Sud. Ciò implica l’adozione di nuove misure volte a favorire l’ingresso di operatori indipendenti nella logistica, fase della filiera che al Sud è pressoché controllata in via esclusiva da società petrolifere verticalmente integrate. In questo quadro, si potrebbe ad esempio ipotizzare la cessione da parte di tali operatori verticalmente integrati di un sottoinsieme di depositi di stoccaggio a società che non operano a valle nelle distribuzione in rete di carburanti. Nello specifico, la cessione potrebbe riguardare quelle infrastrutture di raffinazione investite da processi di ristrutturazione – largamente annunciati in questi mesi –di cui è prevista la riconversione in depositi per lo stoccaggio. La trasformazione di alcune raffinerie di proprietà di società verticalmente integrate in depositi primari potrebbe dunque costituire l’occasione per ampliare la disponibilità di tali infrastrutture nella titolarità di operatori indipendenti proprio nelle aree del Paese in cui allo stato sono assenti o esigue.

 

Attività parlamentare

La Commissione X della Camera dei Deputati in data 15 febbraio 2012 ha iniziato l’esame di alcune proposte di legge (A.C. 4200 e abb.) contenenti disposizioni per la riorganizzazione e l'efficienza del mercato dei prodotti petroliferi e per il contenimento dei prezzi dei carburanti per uso di autotrazione. L’esame è stato poi sospeso in ragione del fatto che presso la Commissione Industria del Senato era già iniziato l’iter di alcuni progetti (A.S. 2636, A.S. 2641, A.S. 2283 e A.S. 2768) aventi contenuto analogo. Nell'ottobre 2012 la Commissione ne ha ripreso l'esame, arrivando alla composizione di un comitato ristretto.

Sempre presso la Commissione X della Camera ha avuto luogo un'indagine conoscitiva sul settore della raffinazione.