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Temi dell'attività Parlamentare

Decreto legislativo 28/2010 - Mediazione civile e commerciale

Gli interventi sul processo civile contenuti nella legge 69/2009 perseguono la duplice finalità, da un lato, di semplificare e ridurre i tempi dei giudizi civili; dall’altro, di disincentivare lo stesso ricorso alla giustizia civile, attraverso la previsione di modelli extragiudiziali di composizione delle liti. Con riferimento a tale ultimo aspetto, l'articolo 60 delegava il Governo a disciplinare la mediazione e la conciliazione delle controversie civili e commerciali. Il Governo ha provveduto con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. L'impatto innovativo della disciplina della mediazione delineata dal Governo - che è entrata in vigore per alcune categorie di controversie il 20 marzo 2011 nonchè, a regime, il 20 marzo 2012 - risulta affievolito a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2012.

La natura e l'oggetto della mediazione. L'incostituzionalità del tentativo obbligatorio di conciliazione

Per “mediazione”, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo, si intende l’attività svolta da un terzo imparziale chiamato ad assistere le parti al fine di raggiungere un accordo amichevole per la composizione della controversia, al di fuori delle procedure giudiziarie; per “conciliazione” si intende l’esito positivo del procedimento di mediazione (se la mediazione è il "mezzo", la conciliazione è il "fine").

L’attività di mediazione è affidata ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia (disciplinato dal D.M. 180/2010); essa non preclude l’azione ordinaria.

L’oggetto della mediazione viene circoscritto alle controversie civili e commerciali che abbiano ad oggetto diritti disponibili delle parti (articolo 2).

Secondo il dettato del decreto, il tentativo di mediazione rivestiva carattere obbligatorio, e quindi condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, anche se solo in relazione ad alcune specifiche categorie di controversie (articolo 5, comma 1, sul quale v. ultra, Corte costituzionale, sentenza n. 272/2012).

Nella scelta di tali controversie, il Governo si era attenuto ai seguenti criteri:

  • rapporti destinati a prolungarsi nel tempo o in cui sono coinvolti soggetti appartenenti alla stessa famiglia, gruppo sociale o area territoriale, per i quali appaiono preferibili soluzioni extragiudiziali che meglio consentono la prosecuzione del rapporto (condominio, locazione, comodato, affitto di azienda, diritti reali, divisione, successioni, patto di famiglia);
  • rapporti particolarmente conflittuali, rispetto ai quali appare più fertile il terreno della composizione giudiziale (responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa);
  • tipologie contrattuali che, oltre a sottendere rapporti duraturi tra le parti, conoscono una diffusione di massa (contratti assicurativi, bancari e finanziari).

Nel corso del dibattito parlamentare alla Camera il tema della mediazione obbligatoria era stato particolarmente approfondito e si era posta la questione della conformità di tale disciplina alla norma di delega (e, in particolare, al criterio di delega secondo il quale la mediazione non deve precludere l’accesso alla giustizia); sul punto, il relatore, nell’escludere l’eccesso di delega, ha in particolare richiamato il considerando n. 14 della direttiva 2008/52/CE, che fa salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Il parere del Senato conteneva un’osservazione, non recepita, nel senso di escludere l’obbligatorietà del procedimento di mediazione.

L'art. 5, comma 1, del DLgs 28/2010 e quindi la strutturazione del tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle citate controversie - è stato, tuttavia, dichiarato incostituzionale dalla Corte (sentenza 24 ottobre-6 dicembre 2012, n. 272) per eccesso di delega.

Per quanto riguarda la normativa nazionale, sottolinea la Corte, la legge delega nasce con un evidente richiamo al previgente modello della conciliazione societaria su base facoltativa. Tale circostanza avvalora l’ipotesi che il legislatore delegante aveva in mente anche per la mediazione civile un analogo carattere facoltativo e nulla contrasta con tale interpretazione. Inoltre - si legge nella sentenza - l'art. 60 della legge delega n. 60/2009, nel prevedere per gli avvocati l’obbligo di informare i propri clienti in merito alla mediazione, parla di “… informare l’assistito della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione …” e non dell’obbligo.

In definitiva, a seguito dell'intervento della Consulta, la mediazione è sempre facoltativa e può essere attivata anche su invito che il giudice può formulare in qualsiasi momento del procedimento, tenendo conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento delle parti.

Per alcuni procedimenti specificamente indicati (tra i quali i procedimenti per ingiunzione, la convalida di sfratto, i procedimenti possessori) la mediazione già non costituiva condizione di procedibilità dell’azione (era esclusa la possibilità per il giudice di invitare le parti a procedervi); infatti, secondo il Governo, tali procedimenti «sono posti a presidio di interessi per i quali un preventivo tentativo obbligatorio di mediazione appare inutile o controproducente, a fronte di una tutela giurisdizionale che è invece in grado, talvolta in forme sommarie e che non richiedono un preventivo contraddittorio, di assicurare una celere soddisfazione degli interessi medesimi» (cfr. la relazione illustrativa dello schema di decreto trasmesso alle Camere).

Le disposizioni in materia di mediazione sono entrate in vigore il 20 marzo 2011, con l’esclusione di quelle riferite alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, la cui vigenza è stata differita al 20 marzo 2012. Attualmente, quindi, il D.Lgs 28/2010 trova integrale applicazione in tutti i settori per i quali è stata prevista la mediazione.

Al fine di facilitare il ricorso alla mediazione, si prevede a carico dell’avvocato uno speciale obbligo di informazione nei confronti del cliente, già all'atto del conferimento dell'incarico, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione (articolo 4).

Con disposizione assai contestata dal Consiglio nazionale forense in un documento inviato alle Camere, lo schema di decreto trasmesso alle alle Commissioni parlamentari) prevedeva la nullità del contratto tra l’avvocato e l’assistito. Sul punto, la Commissione Giustizia, nel parere reso nella seduta del 20 gennaio aveva chiesto la soppressione della disposizione, ritenendo sufficiente la previsione di un illecito disciplinare a carico dell'avvocato. Il testo del decreto legislativo n. 28 del 2010 sostituisce alla sanzione della nullità quella dell'annullabilità del contratto tra avvocato e cliente.

Il procedimento di mediazione

Il decreto legislativo opta per una regolamentazione “leggera” del procedimento di mediazione. Tale scelta si traduce nel rinvio al regolamento dell’organismo scelto dalle parti per la disciplina di dettaglio, nell’assenza di formalità per gli atti del procedimento e nella possibilità che esso si svolga secondo modalità telematiche (articolo 3).

La domanda di mediazione viene presentata mediante deposito di un’istanza presso un qualsiasi organismo di conciliazione, senza indicare criteri di competenza territoriale.

Sul punto la Commissione giustizia aveva chiesto al Governo di prevedere che la competenza territoriale dell'organismo di conciliazione fosse determinata in ragione della presenza della sede dello stesso nell'ambito del distretto della Corte d'appello comprendente la circoscrizione del tribunale competente per la causa di merito.

Ricevuta la domanda, spetta al responsabile dell'organismo di conciliazione designare un mediatore nonché eventuali mediatori ausiliari per le controversie che richiedono specifiche competenze tecniche ovvero, eventualmente, esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali.

Il mediatore fissa il primo incontro tra le parti non oltre 15 giorni dal deposito della domanda.

La durata massima del procedimento è fissata in 4 mesi, calcolati dalla data di deposito della domanda di mediazione (articolo 6).

Il decreto legislativo individua specifici obblighi del mediatore, tra i quali il divieto di assumere obblighi e diritti connessi agli affari oggetto della mediazione nonché di percepire compensi direttamente dalle parti; la disciplina dei requisiti professionali del mediatore non è contenuta direttamente nel decreto legislativo, ma nel DM attuativo n. 180/2010.

Il procedimento di mediazione è protetto da norme che assicurano alle parti la tutela della riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti, e il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse. Quando il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non potrà rivelare alcuna informazione, acquisita durante tali sessioni, all’altra parte.

La finalità della previsione, propria delle esperienze comparate a livello internazionale, è finalizzata a consentire alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza timore che poi possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima; le parti si sentiranno così libere di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto terzo dotato di adeguata preparazione per comporre la controversia e tenuto all’assoluto riserbo.

L'esito del procedimento

I possibili risultati della mediazione sono i seguenti:

  • raggiungimento di un accordo amichevole; il mediatore forma il processo verbale, al quale è allegato l’accordo, sottoscritto dalle parti;
  • mancato raggiungimento dell’’accordo; in tal caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione, che viene comunicata per iscritto alle parti, le quali hanno 7 giorni di tempo per accettarla o rifiutarla (il silenzio equivale al dissenso); prima della proposta il mediatore dovrà informare le parti sulle conseguenze di un eventuale rifiuto in relazione alla possibile impossibilità di ripetizione delle spese processuali. Se le parti accettano la proposta, su questa si forma il processo verbale, in caso contrario, il mediatore redige comunque il verbale di mancato accordo (depositandolo presso l’organismo) che conterrà l’enunciazione della proposta e delle ragioni dell’insuccesso, dando eventualmente atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

Nel caso di fallimento della mediazione per mancata accettazione della proposta, si prevede una disciplina speciale delle spese del successivo giudizio civile: in particolare, a carico della parte vincitrice che non abbia accettato una proposta di mediazione integralmente corrispondente al successivo provvedimento giudiziario, sono previste l’imputazione delle spese processuali e la condanna a versare allo Stato, a titolo di sanzione processuale, una somma parametrata sul contributo unificato (articolo 13 del decreto legislativo 28/2010).

    Recependo integralmente un’osservazione contenuta nei pareri parlamentari, il decreto legislativo prevede che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

    Il verbale contenente l’accordo tra le parti è omologato con decreto del presidente del Tribunale e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca.

    Gli organismi di conciliazione

    Il decreto legislativo 28/2010, rinviando ad un regolamento di attuazione per la disciplina di dettaglio, ha schematicamente regolato la figura istituzionale degli organismi di mediazione, ovvero degli enti pubblici o privati presso i quali può svolgersi il procedimento di mediazione. Esso prevede l’istituzione di un Registro degli organismi di mediazione,tenuto e vigilato dal Ministero della giustizia.

    Con la domanda di iscrizione al registro, gli organismi debbono in particolare depositare il regolamento di procedura ed il codice etico. Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati, mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto. Nei casi di parti cui spetta, nel processo, il gratuito patrocinio, l’organismo fornirà la prestazione gratuitamente.

    La disciplina della formazione del registro, delle modalità di iscrizione, della sua articolazione in sezioni, dei requisiti di professionalità ed efficienza degli enti di mediazione come dei mediatori-persone fisiche, è ora contenuta nel citato D.M. n. 180 del 2010 (poi novellato dal DM 145/2011), che ha determinato anche l’ammontare minimo e massimo delle indennità in favore degli organismi di mediazione pubblici, nonché i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi di mediazione privati.

    I consigli degli ordini forensi possono costituire organismi, da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale.

    Nel Registro possono essere iscritti anche gli organismi di mediazione istituiti, per materie di loro competenza, presso i consigli degli ordini professionali e presso le Camere di commercio; l’iscrizione avviene a semplice domanda, ma previa autorizzazione del Ministero della giustizia, subordinata alla verifica di alcuni requisiti minimi, che consentono all’organismo il materiale svolgimento dell’attività. La facoltà di istituire organismi di mediazione anche presso i consigli di ordini professionali diversi da quelli forensi risponde essenzialmente all’esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile o simili).

    Il medesimo DM 180 del 2010 ha istituito presso il Ministero della giustizia l’Elenco dei formatori per la mediazione, dettandone stringenti requisiti di organizzazione, professionalità ed onorabilità. Sia detto Elenco che il Registro degli organismi di mediazione sono tenuti e vigilati dal Ministero della giustizia attraverso un responsabile che ne cura l’aggiornamento e verifica la sussistenza e permanenza dei requisiti di iscrizione.

    Le agevolazioni fiscali

    Al fine di incentivare il ricorso alla mediazione, il decreto legislativo prevede l’esenzione dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o altro diritto di analoga natura degli atti relativi al procedimento di mediazione, nonché l’esenzione del verbale d’accordo dall’imposta di registro (entro il limite di valore di 50.000 euro); inoltre, ai soggetti che si avvalgono della mediazione stragiudiziale è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità versata all’organismo di conciliazione fino ad un massimo di 500 euro e ridotto della metà in caso di insuccesso della mediazione.

    I tentativi di riforma dell'istituto

    La Commissione giustizia del Senato ha avviato, a partire dal gennaio 2011, l’esame di un disegno di legge (AS. 2329, poi congiunto con l’AS. 2534) di modifica del decreto legislativo n. 28 del 2010.

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