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Temi dell'attività Parlamentare

La partecipazione delle fondazioni bancarie in Cassa Depositi e Prestiti

Il decreto-legge n. 179 del 2012 (articolo 36, commi da 3-bis a 3-decies) ha recato disposizioni concernenti l’assetto azionario di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.

In particolare, le norme hanno individuato i meccanismi per la conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione, attualmente in possesso delle Fondazioni bancarie: hanno disciplinato, in alternativa, le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti privati.

L’assetto azionario di CDP e la conversione delle azioni privilegiate in possesso dell’azionista privato

I rapporti tra CDP e le fondazioni bancarie

Si ricorda che Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A. è una società per azioni non quotata, costituita in tale forma giuridica ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269. Essa è controllata dallo Stato, che possiede il 70per cento del capitale, mentre il restante 30per cento è posseduto da 66 Fondazioni di origine bancaria., Tale assetto azionario è frutto dell’operazione di dismissione effettuata nel dicembre 2003, all’atto della trasformazione della Cassa in società per azioni. Il citato articolo 5 del D.L. n. 269 del 2003, oltre alla trasformazione di CDP in società per azioni, ha infatti disposto l’attribuzione delle relative quote azionarie allo Stato, con esercizio dei diritti dell’azionista da parte del MEF, consentendo a fondazioni bancarie ed altri soggetti pubblici o privati di detenere quote complessivamente di minoranza del capitale della società.

In attuazione della legge citata, il capitale sociale è stato determinato (D.M. del 5 dicembre 2003) in 3,5 miliardi di euro, suddiviso in 350.000.000 di azioni del valore nominale di 10 euro, di cui 245.000.000 di azioni ordinarie (70per cento del capitale sociale) e 105.000.000 di azioni privilegiate (30per cento del capitale sociale).

In data 5 dicembre 2003 sono stati poi emanati due D.P.C.M. che, rispettivamente, hanno disposto: a) l’approvazione dello Statuto di CDP contenente, tra l’altro, la trasferibilità delle azioni a favore di fondazioni bancarie nonché di banche ed intermediari finanziari vigilati e le regole per la conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie a far data dal 1° gennaio 2010; b) la cessione e le modalità di alienazione delle azioni privilegiate ai sensi della disciplina di legge.

A tal fine il MEF ha perfezionato la dismissione del 30 per cento del capitale della società a 65 Fondazioni bancarie, cedendo 105.000.000 azioni privilegiate del valore nominale complessivo di euro 1,05 ad un prezzo di vendita corrispondente al valore nominale delle azioni.

I contratti di compravendita sono stati stipulati con le singole fondazioni con accettazione da parte delle stesse dell’information memorandum e dello Statuto di CDP. La fissazione del prezzo di vendita delle azioni privilegiate è stata effettuata, ai sensi della legge n. 474 del 1994, sulla base di valutazione delle stesse azioni privilegiate rilasciate dai consulenti finanziari del Ministero, JP Morgan e Deutsche Bank. Le analisi svolte dai valutatori costituivano un parere sulla congruità del prezzo delle azioni privilegiate, al loro valore nominale, tenuto conto anche delle norme statutarie che attribuivano particolari diritti alle stesse. Tali pareri, pertanto, non rappresentavano una perizia di stima del patrimonio effettivo di CDP.

Le azioni privilegiate CDP

Lo statuto di CDP, nel 2003, prevedeva alcune specifiche caratteristiche delle azioni privilegiate. Ad esse erano infatti attribuiti particolari diritti di governance (tra cui il potere di blocco per l’approvazione delle delibere da assumere in assemblea, la nomina di un terzo dei componenti degli Organi sociali e la designazione di tutti i componenti del Comitato di supporto degli azionisti privilegiati) Venivano altresì riconosciuti peculiari diritti economici, in particolare:

  • un “dividendo preferenziale”, ragguagliato al valore nominale e commisurato al tasso di inflazione più il 3 per cento e la postergazione nelle perdite;
  • la conversione automatica delle azioni privilegiate, a decorrere dal 1° gennaio 2010, secondo un “rapporto di conversione determinato dal Consiglio di amministrazione sulla base di una perizia del valore effettivo del patrimonio netto della società redatto da un esperto nominato dal Consiglio di amministrazione d’intesa con il Comitato di supporto degli azionisti privilegiati” e sulla base della valorizzazione delle azioni privilegiate come illustrata al punto successivo (articolo 7, comma 10 dello Statuto);
  • specifiche modalità di determinazione del valore delle azioni privilegiate nei casi di recesso, conversione ovvero liquidazione della società;
  • la facoltà di recesso convenzionale, accanto a quelle già previste ex lege, limitatamente al periodo tra il 1 gennaio 2005 ed il 31 dicembre 2009, nel caso in cui il dividendo spettante alle azioni privilegiate fosse stato inferiore, anche per un solo esercizio, al dividendo preferenziale, esercitabile per l’intera partecipazione.
Il posticipo del termine di conversione delle azioni

Nell’imminente scadenza del termini per la conversione automatica delle azioni privilegiate, le fondazioni hanno prospettato al Ministro dell’economia e delle finanze l’opportunità di posticipare di tre anni il termine di conversione delle azioni privilegiate, dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2013, con la contestuale eliminazione del privilegio di rendimento per le fondazioni previsto dalla Statuto (pari al dividendo preferenziale del 3 per cento, maggiorato dell’inflazione del periodo). Pertanto, nel corso del 2009, l’assemblea di CDP – fermo restando il meccanismo di calcolo del valore delle azioni privilegiate in caso di conversione o di recesso – ha modificato lo statuto nel senso di rinviare di tre anni il termine di conversione delle azioni privilegiate, dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2013; di eliminare il diritto al dividendo preferenziale e diritto di recesso ad esso connesso ed attribuire la facoltà di recesso in caso di mancata percezione di utili per due esercizi consecutivi.

La questione del rapporto di conversione

Con lettera del 14 settembre 2012, indirizzata al Ministero dell’economia e delle finanze, il Presidente di CDP annunciava l’affidamento, in relazione all’imminente avvio delle procedure per la conversione, da parte del CdA della società del mandato di redigere una valutazione del patrimonio netto effettivo di CDP a Deloitte & Touche, successivamente depositata presso CDP.

Rendeva inoltre noti i dubbi delle fondazioni bancarie sulla legittimità della clausola statutaria concernente la determinazione del valore delle azioni privilegiate da applicarsi in caso di conversione o recesso (articolo 9, comma 3), ritenendo che la valorizzazione delle quote dovesse effettuarsi non a termini di statuto (valore nominale decurtato dell’extradividendo) ma a valori patrimoniali, secondo quanto previsto dall’articolo 2437-ter del codice civile, norma modificata dalla riforma diritto societario entrata in vigore dal 2004 (legge sopravvenuta rispetto al quadro normativo vigente al momento della trasformazione di CDP in S.p.A. ed al momento di approvazione dello statuto di CDP).

La relazione ministeriale

Le opzioni riservate alle fondazioni, nel caso della conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie e considerando l’adesione di tutte le fondazioni alla medesima opzione per l’intera loro partecipazione, venivano ipotizzate nella relazione trasmessa il 27 settembre 2012 al Consiglio di Stato dal Ministro dell’economia e delle finanze, con la quale era richiesto un parere sulla legittimità delle clausole statutarie della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. relative alla conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie.

In particolare, si contemplavano le seguenti possibilità:

  • conversione alla pari: le fondazioni mantengono la partecipazione al 30per cento del capitale sociale di CDP, versando il conguaglio che dipende dalla perizia sul valore effettivo del patrimonio netto. Assumendo, a titolo esemplificativo, quale valore effettivo del patrimonio netto il valore del patrimonio netto contabile al 2011 pari a 14,5 miliardi di euro, il Ministero prospettava un conguaglio superiore a 5 miliardi di euro, tenuto conto della decurtazione dell’extradividendo pari a circa 388 milioni di euro;
  • conversione non alla pari delle azioni privilegiate in azioni ordinarie: le fondazioni non avrebbero versato alcun conguaglio con diluizione della partecipazione ad una percentuale inferiore al 30 per cento. A titolo sempre esemplificativo, sempre assumendo come riferimento il valore contabile del patrimonio netto al 2011, la quota di spettanza delle fondazioni bancarie sarebbe stata il 45 per cento del capitale;
  • esercizio del diritto di recesso con uscita dalla compagine azionaria previa liquidazione delle quote da parte di CDP. In questo caso le fondazioni avrebbero ricevuto 662 milioni di euro, calcolati a norma di statuto, come differenza tra il valore nominale della partecipazione (1.050 milioni) e l’extradividendo percepito (388 milioni).

La facoltà di conversione alla pari con conguaglio e la facoltà di recedere avrebbero potuto essere esercitate nel periodo dal 1° ottobre 2012 al 15 dicembre 2012.

Le conclusioni del Consiglio di Stato

Il Ministero chiedeva dunque l’avviso del Consiglio di Stato in relazione alla legittimità delle clausole statutarie e su una possibile soccombenza del Ministero/CDP in sede di eventuale contenzioso civile con le fondazioni bancarie.

Nel caso di dubbi di legittimità dello Statuto o sulla eventuale soccombenza, era dunque chiesto al Consiglio di Stato di individuare un percorso alternativo per la determinazione del corretto criterio di valorizzazione delle azioni privilegiate in sede di conversione o di recesso, anche mediante modifiche statutarie.

Con decreto del 4 ottobre 2012 veniva costituita una Commissione speciale, presieduta dal Presidente del Consiglio di Stato, al fine di rendere tale parere.

 In estrema sintesi, la Commissione rendeva noto che, al fine di scongiurare un eventuale contenzioso tra CdP e l’azionariato delle Fondazioni, potesse essere ritenuto equo e quindi meritevole di tutela l’interesse a conseguire quote del patrimonio nel caso di exit: l’interesse tutelabile sarebbe stato, in particolare, quello al conseguimento da parte delle fondazioni di una quota – corrispondente alla frazione detenuta del capitale sociale – degli incrementi patrimoniali (e solo di tali incrementi patrimoniali) conseguiti da CDP dal momento dell’ingresso delle fondazioni al momento dell’esercizio del diritto di recesso.

In ordine agli interventi coi quali si poteva prefigurare tale risultato, la Commissione non ravvisava utile la modifica statutaria, atteso che a fronte di modifiche statutarie di tale fatta, ove i soci di minoranza non fossero stati soddisfatti, avrebbero potuto invocare il diritto di recesso (di cui all’art. 2437 comma 1 lett. f) del codice civile).

Né il CdS valutava utile un intervento arbitrale, in quanto lo si reputava limitato alla mera (e non facilmente prevedibile) determinazione dei valori economici delle partecipazioni.

Il Consiglio di Stato ha dunque rinvenuto una possibile soluzione in un intervento normativo che determinasse il valore di concambio delle azioni privilegiate e di liquidazione, in modo da tener conto della necessità di circoscrivere la meritevolezza della partecipazione delle fondazioni agli incrementi patrimoniali conseguiti successivamente al loro ingresso nell’azionariato CdP.

L'intervento normativo

Aderendo a quanto prospettato dal Consiglio di Stato, il legislatore è intervenuto con il richiamato decreto-legge n. 179 del 2012.

 In particolare, è stato fissato il termine del 31 gennaio 2013 perché CDP provveda a determinare il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie.

Tale conversione è stata pianificata secondo i seguenti passaggi:

  • determinazione del valore di CDP in due momenti diversi: alla data di trasformazione in società per azioni (ovvero al 12 dicembre 2003, secondo il combinato disposto del richiamato D.L. 269/2003 e del DM del 5 dicembre 2003).e alla data 31 dicembre 2012. Tale determinazione è da effettuarsi sulla base di perizie giurate di stima che dovranno tenere conto, tra l’altro, della presenza della garanzia dello Stato sulla raccolta del risparmio postale.

Si ricorda infatti che l’articolo 5, comma 7, lettera a) del decreto-legge n. 269 del 2003 consente a CDP S.p.A. di utilizzare i fondi derivanti dalla raccolta del risparmio postale (fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate) per finanziare, sotto qualsiasi forma, lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico. Il secondo periodo della lettera a) consente l’utilizzo delle suddette risorse anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale di CDP S.p.A., nei confronti dei suindicati soggetti o dai medesimi promossa, tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione;

  • calcolo del rapporto tra il valore nominale delle azioni privilegiate e il valore di CDP alla data del 12 dicembre 2003 (data di trasformazione di CDP in società per azioni), come sopra determinato;
  • calcolo del valore riconosciuto alle azioni privilegiate ai fini della conversione, come una quota - corrispondente alla predetta percentuale - del valore di CDP al 31 dicembre 2012.

 Nel caso in cui il rapporto di conversione non risulti pari, le norme consentono ai titolari delle azioni privilegiate di beneficiare di un rapporto di conversione alla pari (nel quale il valore nominale delle azioni privilegiate coinciderà col valore nominale delle azioni ordinarie) versando alla CDP un conguaglio di importo pari alla differenza tra il valore di una azione ordinaria e il valore di una azione privilegiata.

 Ove i titolari delle azioni privilegiate non esercitano il diritto di recesso nella finestra temporale compresa tra il 15 febbraio 2013 e il 15 marzo 2013, essi devono versare al Ministero dell’economia e delle finanze, a titolo di compensazione, un importo forfetario pari al 50 per cento dei maggiori dividendi corrisposti da CDP dal 12 dicembre 2003 per le azioni privilegiate per cui avviene la conversione, rispetto a quelli che sarebbero spettati per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio delle azioni privilegiate in ordinarie (ovvero per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio).

Tale importo può essere versato ratealmente: in una quota non inferiore al 20 per cento entro il 1° aprile 2013, e per la quota residua (l’80 per cento o una quota inferiore) in quattro rate uguali alla data del 1° aprile dei quattro anni successivi, con applicazione degli interessi legali.

Diritto di recesso

Il periodo per l’esercizio del diritto di recesso decorre dal 15 febbraio 2013 e termina il 15 marzo 2013 e le azioni privilegiate sono automaticamente convertite in azioni ordinarie a far data dal 1° aprile 2013. Le condizioni economiche per la conversione sono riconosciute al fine di consolidare la permanenza di soci privati nell’azionariato di CDP. Esse opereranno dunque solo ove i soci privati (le Fondazioni bancarie) decidano di mantenere la propria partecipazione in CDP.

Di conseguenza, le norme precisano che i soggetti che esercitino il diritto di recesso vedranno applicate, quanto alla determinazione del valore di liquidazione delle azioni privilegiate, le vigenti disposizioni dello statuto della CDP.

Si rammenta che l’articolo 9, comma 3 dello Statuto prevede che, in tutti i casi di esercizio del diritto di recesso, il valore di liquidazione delle azioni privilegiate risulta pari alla differenza tra la quota del capitale sociale per cui è esercitato il recesso (ovvero il valore nominale della partecipazione) e - con riferimento agli utili degli esercizi sociali chiusi sino al 31 dicembre 2008 compreso - e “l’extradividendo” percepito dalle azioni privilegiate (la differenza fra il dividendo effettivamente percepito e il “dividendo preferenziale”, che in origine spettava per le azioni privilegiate in base al vecchio testo del'articolo 30, comma 2, dello Statuto, come già esposto supra).

 Inoltre, dal 1° aprile 2013 e fino alla data di approvazione da parte dell’assemblea degli azionisti CDP del bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2012, a ciascuna fondazione bancaria azionista di CDP è concessa la facoltà di acquistare dal Ministero dell’economia e delle finanze, che è obbligato a vendere, un certo numero di azioni ordinarie di CDP; esso non può risultare superiore alla differenza tra il numero di azioni privilegiate già detenuto e il numero di azioni ordinarie ottenuto ad esito della conversione. Tale facoltà di acquisto è trasferibile a titolo gratuito tra le fondazioni bancarie azioniste di CDP.

La facoltà di acquisto di cui al comma precedente viene esercitata al prezzo corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012 (come calcolato ai sensi delle norme in commento).

Tale importo può essere corrisposto al Ministero dell’economia e delle finanze in più soluzioni: una quota non inferiore al 20 per cento è versata entro il 1° luglio 2013, mentre la quota residua è corrisposta in quattro rate uguali, alla data del 1° luglio dei quattro anni successivi, con applicazione dei relativi interessi legali.

 Le dilazioni previste dalle norme sono accordate dal MEF su richiesta dell’azionista e a fronte della costituzione in pegno di azioni ordinarie a favore del Ministero, fino al completamento dei pagamenti dovuti. Il numero delle azioni da costituire in pegno è determinato sulla base degli importi dovuti per i pagamenti dilazionati comprensivi degli interessi, tenendo conto del valore delle azioni ordinarie corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012. Il pegno di azioni non implica la sospensione del diritto di voto e del diritto agli utili, che comunque spettano alla fondazione concedente garanzia. In caso di inadempimento delle obbligazioni assunte, il Ministero dell’economia e delle finanze acquisisce a titolo definitivo le azioni corrispondenti all’importo del mancato pagamento.

Le determinazioni del CDA della Cassa

il Consiglio di Amministrazione di CDP del 29 gennaio 2013 ha determinato il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie nella misura di 49 azioni ordinarie ogni 100 azioni privilegiate, corrispondente a un rapporto unitario di conversione di 0,49 azioni ordinarie per ciascuna azione privilegiata.

E’ stato calcolato, secondo le modalità previste dalla legge e dello Statuto CDP, sulla base delle risultanze delle perizie giurate di stima di Deloitte Financial Advisory Srl, nelle quali il valore di CDP alla data di trasformazione in società per azioni è stato stimato in 6.050.000.000 di euro, mentre il valore di CDP al 31 dicembre 2012 è stato stimato in 19.030.000.000 di euro.

Nel periodo compreso tra il 15 febbraio e il 15 marzo 2013 gli azionisti privilegiati possono esercitare la facoltà di beneficiare di un rapporto di conversione alla pari, al fine di conservare la propria quota partecipativa, versando a CDP, a titolo di conguaglio, circa 32,74 euro per ogni azione privilegiata da convertire in ordinaria.

Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre determinato il valore di liquidazione delle azioni privilegiate. Per ciascuna azione privilegiata per la quale sia esercitato il diritto di recesso, il valore di liquidazione, determinato sulla base delle specifiche disposizioni dello statuto, è pari a 6,299 euro. La determinazione del valore di liquidazione sarà applicata alle richieste di recesso pervenute, nel periodo 1 ottobre – 15 dicembre 2012, da due soci di CDP, titolari complessivamente di n. 9.084.000 azioni privilegiate (pari al 2,60% del capitale sociale), e alle eventuali richieste che potranno pervenire nel prossimo periodo di recesso previsto dal vigente Statuto (15 febbraio - 15 marzo 2013).