La legge 69/2009 ha delegato il Governo al riassetto della disciplina del processo amministrativo; in attuazione della delega è stato emanato il decreto legislativo 104/2010 che contiene, in allegato, il Codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settembre 2010. Disposizioni correttive sono state poi introdotte dal decreto legislativo 195/2011 e dal decreto legislativo 160/2012.
L’articolo 44 della legge 69/2009 reca una delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo. Il termine per l’esercizio della delega era fissato in un anno dall’entrata in vigore della legge (scadeva quindi il 4 luglio 2010).
Finalità della delega è l’adeguamento della disciplina del processo davanti ai Tribunali amministrativi regionali (TAR) e al Consiglio di Stato alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori (e il coordinamento con la disciplina del processo civile), nonché la concentrazione delle cautele (comma 1). L’art. 44 prevede inoltre l’adeguamento della legislazione delegata ai principi direttivi generali (art. 20, comma 3) della “legge Bassanini 1” (L. 59/1997) in quanto applicabili e individua i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
Il comma 3 prevede l’abrogazione espressa delle disposizioni riordinate o incompatibili, e richiede un opportuno coordinamento con le disposizioni non abrogate; in ogni caso, viene fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle preleggi (abrogazione tacita per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore).
Il comma 4 dell’art. 44 disciplina la procedura di adozione dei decreti delegati. La disposizione prevede l’ adozione dei decreti legislativi, su proposta del Presidente del Consiglio e con il parere del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari competenti (entrambi da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali i decreti possono essere comunque emanati). Il medesimo comma consente al Governo di delegare al Consiglio di Stato la stesura dell’articolato ai sensi dell’articolo 14, n. 2, del TU sul Consiglio di stato (R.D. 26 giugno 1924 n. 1054). A tal fine, il Consiglio di Stato può utilizzare magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato e non è richiesto il parere del Consiglio di stato. La norma precisa la totale gratuità dell’attività di tali soggetti.
Il medesimo comma 4 reca inoltre la delega per l’emanazione dei decreti correttivi (entro 2 anni dall’entrata in vigore della legislazione delegata), richiamando a tal fine procedure, principi e criteri direttivi previsti per l’emanazione dei decreti originari.
Per la redazione dello schema di decreto legislativo il Governo si è avvalso della facoltà di delegare al Consiglio di Stato la stesura dell’articolato ai sensi del sopra richiamato articolo 14, n. 2, del TU sul Consiglio di stato.
E' stata a tal fine istituita dal Consiglio di Stato una commissione speciale a composizione mista, che ha registrato la presenza di consiglieri di Stato, magistrati di TAR, magistrati della Cassazione, un rappresentante dell’Avvocatura dello Stato ed esponenti del mondo accademico e forense. La Commissione ha acquisito i pareri del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, delle associazioni rappresentative dei magistrati amministrativi, del Consiglio nazionale forense, dell’Organismo unitario dell’avvocatura, dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, dell’Associazione degli studiosi del processo amministrativo e della Società italiana degli avvocati amministrativisti.
Sullo schema di decreto legislativo (A.G. 212), la Commissione giustizia della Camera aveva espresso il parere nella seduta del 16 giugno; anche la Commissione affari costituzionali aveva esaminato il Codice, deliberando specifici rilievi nella medesima data.
Acquisito sullo schema il parere delle competenti commissioni parlamentari il Governo ha emanato il decreto legislativo 104/2010 che consta di due soli articoli (l'articolo 1 approva il Codice e l'articolo 2 fissa la sua entrata in vigore al 16 settembre 2010), cui è allegato il Codice del processo amministrativo.
Alla fine di agosto 2011 il Governo ha presentato alle Camere uno schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo (A.G. 399). Su tale provvedimento, che intendeva apportare limitate modifiche al codice alla luce delle questioni emerse nella prima prassi applicativa, la Commissione giustizia ha reso un parere favorevole con condizioni e osservazioni nella seduta del 9 novembre 2011. Il Governo ha dunque emanato il decreto-legislativo 195/2011.
Il 30 luglio 2012, un secondo schema di decreto correttivo del Codice del processo amministrativo (AG 499) è stato presentato alle Camere per il parere. Il provvedimento introduce disposizioni correttive ed integrative di natura tecnica volte a rendere più funzionali alcuni istituti processuali e ad adeguarli alle indicazioni della Corte costituzionale. Sullo schema la Commissione giustizia, nella seduta del 12 settembre 2012, ha reso un parere favorevole con condizioni. Il Governo ha dunque emanato il decreto legislativo 160/2012.
Il Codice del processo amministrativo, anche a seguito dell'entrata in vigore dei due decreti legislativi integrativi e correttivi, consta oggi di cinque libri.
Il libro I del Codice contiene le disposizioni generali, suddivise nei seguenti cinque titoli:
In particolare, per quanto riguarda i principi generali (articoli 1-3), si segnalano:
Per quanto riguarda gli organi della giurisdizioni amministrativa (artt. 4-6), il codice disciplina la composizione dei collegi giudicanti dei TAR e del Consiglio di Stato, con norme che sostanzialmente riprendono la disciplina previgente (artt. 10 della legge TAR n. 1034 del 1971 e dagli articoli 1 e 5 della legge n. 186 del 1982) e rinviano allo statuto speciale e alle relative norme di attuazione per la disciplina del TAR Trentino-Alto Adige e per la disciplina dell’appello avverso le pronunce del TAR Sicilia innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.
Il TAR del Trentino, che ha anche un’autonoma sezione per la provincia di Bolzano, è disciplinato dagli articoli 78 ss. dello statuto speciale (l. cost. n. 5 del 1948). Il D.P.R. n. 426 del 1984 reca la relativa disciplina attuativa. Il d.lgs. n. 373 del 2002 reca la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Siciliana.
Per quanto concerne la giurisdizione del giudice amministrativo il Codice (artt. 7-12) enuclea il contenuto dei tre diversi tipi di giurisdizione:
Con riferimento alla disciplina delle questioni di giurisdizione, si segnalano le seguenti importanti novità:
La proponibilità della domanda di regolamento preventivo di giurisdizione e la previsione della compromettibilità delle controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva riprendono la normativa previgente (rispettivamente, art. 30 l. TAR e art. 6, l. 205 del 2000).
In materia di competenza, il Codice del processo amministrativo (artt. 13-16) amplia i casi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma (inserendo nell'art. 134 del Codice anche le controversie in materia di rimozione di amministratori locali e di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose) e attribuisce invece al TAR Lombardia, sede di Milano, le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas). Più in generale, ai fini della determinazione della competenza per territorio, il Codice conferma il criterio della sede dell’organo o dell’ente che ha emanato l’atto e rafforza quello dell’efficacia territoriale dell’atto (criterio ritenuto prioritario secondo l’orientamento prevalente); nel caso quindi di atti aventi efficacia limitata alla circoscrizione di un TAR è competente quest’ultimo rispetto al TAR della circoscrizione in cui ha sede l’amministrazione. Per contrastare il fenomeno delle cd “migrazioni cautelari” del ricorrente alla ricerca della sede del Tar che si prevede possa accogliere una sospensiva cautelare, il d.lgs. 160/2012 ha chiarito come la competenza territoriale da cui deriva l’interesse ad agire in giudizio attrae a sé anche quella sui relativi provvedimenti endoprocessuali, come quelli cautelari. Viene confermato, quindi, che sulla sospensiva può pronunciarsi solo il giudice adito per il ricorso principale, ove si ritenga competente.
Con riferimento alla disciplina delle questioni di competenza, sulle quali è intervenuto il secondo correttivo del Codice del processo amministrativo, si segnala:
In relazione agli organi della giurisdizione amministrativa, il codice fa rinvio al codice di procedura civile per la disciplina delle cause di astensione e ricusazione del giudice e detta una disciplina specifica della domanda di ricusazione (artt. 17 e 18); quanto invece agli ausiliari del giudice, il Codice detta una specifica disciplina dei verificatori e dei consulenti tecnici del giudice (art. 19) e inserisce nella categoria degli ausiliari anche il commissario ad acta, nominato dal giudice (nell’ambito della giurisdizione di merito, e in particolare del giudizio di ottemperanza) allorché il giudice medesimo deve sostituirsi all’amministrazione (art. 21).
Tale espressa qualificazione è volta a superare un contrasto giurisprudenziale in merito alla natura di tale figura: secondo la tesi maggioritaria, il commissario è un organo ausiliario del giudice; secondo altra tesi, è invece qualificabile come organo straordinario dell’amministrazione. La diversa qualificazione della figura incide in concreto sul regime di impugnazione dei relativi atti: secondo la prima interpretazione, essi sono impugnabili con reclamo al giudice dell’ottemperanza; secondo la seconda interpretazione, invece, seguendo la stessa sorte dei provvedimenti emanati dall’amministrazione, sono impugnabili secondo la procedura ordinaria. Per la prima tesi, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 30 agosto 2001, n. 4583; per la seconda tesi, Cons. di Stato, Sez. VI, 24 marzo 1988, n. 353.
Con riferimento alle parti e ai difensori il Codice (artt. 22-26):
Il Titolo III del Libro I disciplina il contraddittorio (artt. 27-28) riprendendo la disciplina previgente con l’esplicitazione che, nelle more dell’integrazione, il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali. In materia di intervento di terzi nel processo, si segnala l’introduzione di una forma di intervento per ordine del giudice, azionabile anche su istanza di parte quando il giudice ritenga opportuno che il processo si svolga anche nei confronti di un terzo.
Quanto alle azioni esercitabili innanzi al giudice amministrativo(artt. 29-32), accanto all'azione di condanna, all’azione di annullamento e all’azione avverso il silenzio, in recepimento di una condizione contenuta nel parere della Commissione giustizia, il Codice introduce l'azione volta all'accertamento della nullità, da proporre entro il termine di decadenza di centottanta giorni. Con riferimento all’azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno, disciplinata nell'ambito dell'azione di condanna, il Codice si colloca in una posizione intermedia nel contrasto tra giurisprudenza amministrativa e ordinaria in ordine alla sussistenza della cd. pregiudiziale amministrativa (ovvero il necessario previo annullamento della determinazione amministrativa per potere invocare il risarcimento del danno), prevedendo la proponibilità di tale azione anche in via autonoma, ma solo entro limiti determinati (anche temporali) ed esclusivamente nei casi di giurisdizione esclusiva.
Con riferimento alle pronunce giurisdizionali (artt. 33-37), il Codice del processo amministrativo conferma l’esecutività delle sentenze di primo grado. Tra le novità recate dal codice, in particolare con riferimento alle sentenze di merito, si segnalano:
Il Codice reca un’espressa e generale disciplina dell’istituto della rimessione in termini per errore scusabile, per la cui applicazione richiede la presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto.
Gli artt. 38 e 39 del Codice operano il rinvio interno al Libro II, per la disciplina del processo amministrativo; tale disciplina, se non espressamente derogata, si applica anche alle impugnazioni e ai riti speciali; il rinvio esterno alle disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali, con l’ulteriore precisazione dell’applicabilità alle notificazioni del codice di procedura civile e delle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile.
Il Libro II del Codice disciplina il processo amministrativo di primo grado ed è articolato nei seguenti 9 titoli:
Per quanto riguarda l'atto introduttivo del giudizio e la costituzione delle parti, il Codice (artt. 40-51) disciplina il ricorso al TAR prevedendone un contenuto minimo (tra i nuovi elementi necessari del ricorso si segnalano l’indicazione dei mezzi di prova nonché i provvedimenti che si chiedono al giudice; rispetto alla disciplina previgente, invece, l’indicazione dell’atto impugnato è eventuale in quanto il ricorrente potrebbe chiedere il solo risarcimento del danno). Quali ulteriori elementi di novità, si segnalano:
Quanto alla disciplina dei termini (artt. 52-54), il Codice anzitutto ne sancisce la perentorietà. In particolare, si precisa la possibile abbreviazione dei termini processuali fino alla metà in caso di urgenza; si ammettono forme di notifica anche per via telematica o fax e direttamente dal difensore; per i termini computati a ritroso, diversamente da quanto previsto dal codice di rito civile, si anticipa la scadenza del termine stesso al giorno antecedente non festivo, anziché al giorno seguente. Nell’ottica della concentrazione e riduzione dei tempi, si stabilisce il carattere eccezionale dell’autorizzazione collegiale al deposito di memorie e documenti oltre il termine.
La norma di delega (art. 44, comma 2, lett. f) prevede il riordino della tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, prevedendo in particolare che:
In attuazione della norma di delega, la disciplina dettata Titolo II del Libro II (artt. 55-62) ha natura sostanzialmente innovativa rispetto alla normativa previgente. L’intervento apportato dal Codice reca in primo luogo una sistemazione organica della materia e poi:
Con riferimento specifico alla tutela cautelare collegiale:
In relazione alla tutela cautelare monocratica, volta all’adozione di misure cautelari provvisorie:
Nel caso sia di tutela cautelare collegiale sia monocratica è confermata la possibilità di subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare collegiale alla prestazione di cauzione, anche fideiussoria; con previsione riferita esclusivamente alle misure cautelari collegiali, si prevede che il provvedimento che dispone la garanzia dovrà anche indicarne specificamente l’oggetto, le modalità della prestazione nonché il termine di adempimento.
Per quanto poi riguarda la nuova disciplina della tutela cautelare ante causam, essa sostanzialmente riprende la disciplina della tutela monocratica, salvo il presupposto “rafforzato” della gravità ed urgenza che qui diventa eccezionale anziché estrema (e che non consente, quindi, nemmeno la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale). La decisione sull’istanza cautelare, da parte del presidente o di un magistrato da lui delegato, è adottata a seguito di un escussione delle parti solo eventuale, omessa ogni formalità. Il decreto pronunciato ante causam che rigetta l’istanza cautelare non è impugnabile, fatta salva la possibile riproposizione di analoga tutela dopo l’avvio del giudizio di merito; il decreto di accoglimento, anch’esso non appellabile, è sempre modificabile e revocabile fin quando conserva efficacia.
Tra le ulteriori novità in materia di procedimento cautelare, si segnalano le seguenti:
Il titolo III del Libro II (artt. 63-69) conferma la competenza presidenziale all’istruttoria e, di converso, non istituzionalizza - come da più parti richiesto - la figura del giudice istruttore. Tra le novità più significative della nuova disciplina si richiamano:
Il titolo IV (artt. 70-76) è articolato in tre capi relativi, rispettivamente alla riunione dei ricorsi, alla discussione ed alla deliberazione del collegio. Tra le novità di tale parte del Codice si segnalano:
Il titolo V (artt. 77-80) riguardale le possibili vicende anomale del processo amministrativo e si caratterizza per:
Il titolo VI (artt. 81-85) concerne le cause di perenzione e di rinuncia. Le principali novità del Codice mirano alla limitazione del periodo di stasi dei giudizi amministrativi. Si prevede, in particolare:
Il titolo VII del libro II consta del solo art. 86, che disciplina il procedimento di correzione dell'omissione o dell'errore materiale del giudice in camera di consiglio sia in caso di accordo che di dissenso delle parti; la precedente disciplina, in caso di dissenso, richiedeva invece che la correzione fosse disposta con ordinanza del collegio assunta con procedimento ordinario.
Il titolo VIII è composto da un solo art. 87, relativo alle udienze pubbliche e ai procedimenti camerali. La disposizione conferma che le udienze – salvo quelle camerali - sono, di regola, pubbliche e, conformemente a quanto stabilito dal codice di rito civile per l’udienza di discussione della causa (art. 128), si prevede che la mancata osservanza della pubblicità costituisca causa di nullità. Il primo decreto correttivo (d.lgs. 195/2011)ha aggiunto che – fermo il regime pubblico delle udienze – il presidente del collegio può disporre che le stesse si svolgano a porte chiuse in presenza di ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume, in coerenza con quanto previsto nel processo civile.
Anche per le udienze in camera di consiglio è introdotta una disciplina modellata su quella del processo civile ma meno formale e con dimezzamento dei termini processuali, salvo specifiche eccezioni (resta fermo l’art. 116, comma 1, che prevede un termine di 30 giorni per la proposizione del ricorso, nonché del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti nel rito in materia di accesso ai documenti amministrativi; la disposizione prevede poi l’esclusione dal dimezzamento dei termini per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti “di primo grado” e non anche quelli di appello).
Non costituisce motivo di nullità della decisione la trattazione in pubblica udienza di un giudizio da svolgere, ai sensi della stessa norma, con rito camerale.
Il Libro II del Codice si conclude col titolo IX, relativo alla sentenza (artt. 88-90) che integra le disposizioni del titolo IV sulle pronunce giurisdizionali. Nella disciplina del contenuto della sentenza si segnalano i seguenti elementi di novità:
La disciplina della pubblicazione e comunicazione della sentenza appare sostanzialmente identica a quella previgente mentre novità sono contenute nella disposizione sulla pubblicità della sentenza come contributo alla riparazione del danno. Tale disposizione in particolare prevede che quando la pubblicazione, per estratto, su giornali, radio, TV e rete Internet, può contribuire a “risarcire” il danno, compreso quello subito per aver, la parte soccombente, agito in giudizio con malafede o colpa grave (art. 96 c.p.c.), il giudice, su istanza di parte, ordina la pubblicazione della sentenza sui media a cura e spese del soccombente. La mancata pubblicazione nei termini ordinati dal giudice permette alla parte danneggiata di provvedervi in prima persona, salvo il suo diritto di ripetizione nei confronti dell’obbligato.
Il Libro III reca disposizioni generali applicabili alle impugnazioni e la disciplina degli specifici mezzi di impugnazione (appello, revocazione, opposizione di terzo, ricorso per cassazione per i motivi inerenti alla giurisdizione): salvo espresse deroghe, anche alle impugnazioni si applicano la disciplina del processo amministrativo di primo grado e le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.
Il libro III si suddivide in cinque titoli, relativi a:
Per quanto riguarda la disciplina generale (artt. 91-99), si segnalano le disposizioni del Codice in materia di:
Per quanto riguarda le altre disposizioni generali, in materia di intervento nel giudizio di impugnazione viene sostanzialmente confermata la disciplina recata dall’articolo 37 reg. proc. Cons. Stato (art. 97) e in materia di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata e di misure cautelari il codice rinvia alla disciplina prevista per il procedimento di appello contro le ordinanze cautelari (art. 98).
Il Codice (artt. 100- 105) attribuisce la legittimazione ad appellare, oltre che alle parti fra le quali sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, anche all’interventore in primo grado, ma nei limiti in cui sia portatore di una posizione autonoma. Tale limitazione recepisce i principi espressi dal Consiglio di Stato (Adunanza plenaria, 8 maggio 1996, n. 2), che chiarisce che sono legittimati ad appellare anche i soggetti “portatori di un interesse legittimo, di una situazione di vantaggio in ordine ad un bene della vita dipendente dal potere amministrativo cui quel bene è soggetto, ma dotato di autonomia”.
Il legislatore introduce anche nel processo amministrativo l’istituto della riserva facoltativa d’appello contro le sentenze non definitive (previsto dall’art. 340 c.p.c.); l’atto con il quale si esprime la riserva deve essere notificato entro il termine per l’appello e depositato nei successivi 30 giorni presso la segreteria del TAR.
Il ricorso deve anche contenere le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata; il codice precisa che si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte. Il Codice conferma inoltre l’operatività del divieto dello ius novorum anche nel processo amministrativo, da cui discende la non proponibilità di nuove domande o nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. In linea con la giurisprudenza, non viene considerata nuova domanda ed è pertanto proponibile in appello la richiesta di interessi ed accessori maturati dopo la sentenza impugnata (oltre che il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza). Un temperamento al divieto di ius novorum in appello è rappresentato dalla proponibilità di motivi aggiunti nel caso in cui la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti impugnati.
In merito poi al regime probatorio, il codice riprende la giurisprudenza più recente che ammette nuove prove nei limiti in cui il collegio le ritenga indispensabili ai fini della decisione della controversia o la parte dimostri di non avere potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (da ultimo, Cons. Stato, 14 aprile 2006, n. 2107).
Con riferimento, infine, alla definizione del giudizio d’appello, il Codice individua tassativamente i casi in cui la controversia viene rimessa al primo giudice (e non, quindi, definita direttamente in appello): mancata integrazione del contraddittorio, lesione del diritto di difesa di una delle parti, nullità della sentenza, nonché le ipotesi in cui viene riformata la sentenza che ha declinato la giurisdizione o pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio. Il codice aggiunge la previsione del procedimento camerale per la definizione dei giudizi di appello contro le sentenze dei TAR che abbiano declinato la competenza o la giurisdizione.
Gli artt. 106 e 107 del Codice del processo amministrativo rinviano agli articoli 395 (relativo alla revocazione delle sentenze pronunciate in unico grado o in appello) e 396 c.p.c. (relativo alla revocazione delle sentenze per le quali sia scaduto il termine per l’appello) pur affermando che contro le sentenze dei TAR la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l'appello.
L’introduzione della disciplina di tale mezzo di impugnazione nel Codice del processo amministrativo (artt. 108 e 109) dà attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 1995, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 28 e 36 legge TAR, nella parte in cui non consentivano l’esperimento di tale rimedio (di cui all’art. 404 c.p.c.) avverso le decisioni del Consiglio di Stato e avverso le pronunce di primo grado passate in giudicato. Il codice, recependo l’orientamento giurisprudenziale successivo a tale sentenza, in simmetria con quanto avviene nel processo civile, ammette l’esperimento di tale mezzo di impugnazione anche rispetto a sentenze esecutive, ma non passate in giudicato.
Le parti legittimate a proporre l’opposizione sono i terzi quando la sentenza pregiudichi i loro diritti o interessi legittimi; così come previsto nel processo civile dall’art. 404, secondo comma, c.p.c., l’opposizione da parte dei creditori o degli aventi causa di una delle parti viene limitata al caso in cui la sentenza sia effetto di dolo o collusione a loro danno.
Il giudice innanzi al quale proporre l’opposizione è individuato nel medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza. In tal modo è superato un contrasto giurisprudenziale sul punto: nel senso che il rimedio va esperito innanzi al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza lesiva, Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2003, n. 3312; nel senso, invece, che l’opposizione contro le sentenze dei TAR esecutive va proposta innanzi al Consiglio di Stato, Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2004, n. 1245.
In base agli artt. 110 e 111 del Codice, il ricorso per cassazione è proponibile contro le sentenze del Consiglio di Stato solo per motivi inerenti alla giurisdizione. Rispetto alla disciplina previgente si segnala l’introduzione della previsione secondo la quale l’adozione di misure cautelari (ivi compresa la sospensione della sentenza impugnata) spetta al Consiglio di Stato. I decreti legislativi integrativi e correttivi:
Il Libro IV del Codice del processo amministrativo (artt. 112-132) procede al riordino dei riti speciali, mediante l’eliminazione di quelli ritenuti superflui o comunque desueti e riportando nell’ambito del Codice i riti speciali mantenuti (in particolare in materia di accesso ai documenti amministrativi, avverso il silenzio della PA e il procedimento ingiuntivo). Il libro si riparte in sei titoli, dedicati a:
Il titolo I (artt. 112-115) riordina le disposizioni vigenti in tema di giudizio di ottemperanza coordinandole con le più recenti e consolidate pronunce giurisprudenziali.
Con riferimento ai criteri di delega (ex art. 44 della L. n.69/2009) per il loro rilievo sulla materia in oggetto si segnalano i seguenti:
Si ricorda che la materia dei ricorsi diretti ad ottenere l’esecuzione, da parte della pubblica amministrazione, delle sentenze dei giudici ordinari ed amministrativi, costituisce l’ipotesi più importante di giurisdizione di merito attribuita al giudice amministrativo TAR – Consiglio di Stato. Il giudizio di ottemperanza permette di dare esecuzione ad una sentenza nel processo amministrativo, qualora la pubblica amministrazione non abbia adempiuto spontaneamente. I presupposti fondamentali sono:
Rispetto alla disciplina previgente il Codice (con i suoi decreti correttivi) apporta le seguenti novità:
Il Titolo II, composto dal solo art. 116, disciplina il rito dell’accesso ai documenti amministrativi. Il provvedimento conferma che contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni mediante notificazione all’amministrazione e ad almeno un controinteressato; in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il predetto ricorso può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.
Il giudice deciderà, poi, con sentenza in forma semplificata e, sussistendone i presupposti, ordinerà l'esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.
Il Titolo III del libro IV, composto del solo art. 117, è dedicato al rito avverso il silenzio della pubblica amministrazione, anch’esso codificato senza innovazioni particolari, salvo un coordinamento in caso di concorso di azioni diverse con quella relativa alla mera inerzia. Si segnalano in particolare le seguenti previsioni:
Il Titolo IV consta del solo articolo 118, che si limita a riprodurre l’art. 8 della legge 205/2000, che ha introdotto il rito per decreto ingiuntivo, come disegnato dal codice di procedura civile, nelle materie di giurisdizione esclusiva, se le controversie abbiano ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale.
Nel Titolo V, che disciplina i riti abbreviati (artt. 119-125), confluiscono tanto il rito abbreviato comune a determinate materie, originariamente disciplinato dall'art. 23-bis, L. TAR, con alcune innovazioni volte a razionalizzare le materie cui esso si applica e il meccanismo di pubblicazione del dispositivo, quanto il rito abbreviato in materia di pubblici appalti. Tra le novità recate dal provvedimento in ordine alle controversie cui è applicabile il rito abbreviato, si segnalano:
Il rito abbreviato continua a caratterizzarsi per il dimezzamento dei termini. Tra le ulteriori novità recate dal Codice, si segnala come la pubblicazione anticipata del dispositivo, prima indefettibile, sia stata prevista solo nel caso in cui almeno una delle parti ne faccia richiesta: secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, tale soluzione risponde al principio di economia processuale, atteso che non sempre si riscontra un’effettiva esigenza della pubblicazione del dispositivo anticipata rispetto alla sentenza, e peraltro il dispositivo, stante la sua esecutività, finisce con l’essere causa di una duplicazione dei giudizi di appello in ragione dell’impugnazione volta ad ottenerne la sospensione dell’esecutività.
Per quanto riguarda il contenzioso sugli appalti pubblici, nell’ambito del codice (artt. 120 ss.) viene inserita la disciplina processuale dettata dal decreto di recepimento della cd. direttiva ricorsi (D.Lgs. 53/2010), con una serie di adattamenti volti ad assicurare una sostanziale uniformità rispetto alla restante disciplina codicistica.
Il decreto legislativo 53/2010, “Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici” ha novellato il cd. Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) in materia di disciplina dei ricorsi giurisdizionali in materia di aggiudicazione degli appalti. Il provvedimento, in primo luogo, mira ad un rafforzamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi al processo, attraverso in particolare misure volte ad agevolare il ricorso all’accordo bonario e la conferma dell’arbitrato quale sistema preferenziale di risoluzione delle controversie negli appalti pubblici. Con riferimento invece agli strumenti di tutela giurisdizionale, il decreto legislativo prevede esclusivamente il ricorso al TAR (eliminando quindi la possibilità di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) e introduce uno specifico rito per le controversie relative alle procedure di affidamento, caratterizzato in particolare dalla riduzione dei termini processuali. Il provvedimento reca inoltre le seguenti ulteriori importanti novità:
Le nuove disposizioni processuali trovano applicazione anche per le controversie in materia di infrastrutture strategiche, salvo alcune regole specifiche per la caducazione del contratto nel caso di sospensione o annullamento dell’affidamento. Per la trattazione dei ricorsi relativi a tali infrastrutture, in precedenza, l'art. 20, comma 8, del decreto-legge 185/2008 aveva previsto per uno speciale processo di primo grado, caratterizzato da tempi più stretti rispetto all’ordinario; tale disposizione viene abrogata e l'applicazione della relativa disciplina fatta salva entro ristretti limiti temporali.
Nell’ambito della disciplina recata dal Codice si segnalano:
Per quanto concerne le controversie relative alle infrastrutture strategiche, merita di essere segnalata la disposizione che, in caso di annullamento dell’affidamento per violazioni considerate non gravi, esclude la caducazione del contratto e prevede solo il risarcimento del danno per equivalente.
Il titolo VI (artt. 126-132) disciplina il contenzioso in materia elettorale riferendo la giurisdizione amministrativa esclusivamente alle operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.
Viene così data attuazione al criterio di delega che prevede la razionalizzazione e l’unificazione delle norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi (art. 44, comma 2, lett. d), prima parte L 69/2009). Non è stata invece data attuazione al criterio di delega che prevede l’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni (art. 44, comma 2, lett. d), seconda parte, L 69/2009). Come risulta dalla relazione illustrativa, il Governo non ha ritenuto di esercitare la delega sul punto, nonostante un tentativo operato in questo senso da parte della commissione redigente presso il Consiglio di Stato. I tempi serrati della fase preparatoria delle elezioni politiche – insuperabili per il vincolo posto dall’articolo 61 Cost., che impone di espletare le elezioni politiche entro 70 giorni dal decreto presidenziale di scioglimento delle Camere – hanno sconsigliato il Governo di intraprendere la via della soppressione del procedimento amministrativo di competenza dell’Ufficio centrale elettorale nazionale presso la Corte di cassazione, ipotizzata dalla commissione redigente. Rimane peraltro in tal modo aperto il problema della tutela giurisdizionale relativamente agli atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche (quali, ad esempio, ammissione ed esclusione di liste, candidati, contrassegni…). Si registra infatti sul punto un contrasto interpretativo sulla normativa vigente tra la Giunta delle elezioni della Camera e la Corte di cassazione, che determina di fatto un’assenza di tutela giurisdizionale.
La giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione esclude infatti la giurisdizione del giudice ordinario, come di ogni altro giudice, sul procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche, ritenendo gli uffici elettorali circoscrizionali e l’ufficio elettorale centrale «organi straordinari, temporanei e decentrati, di quelle stesse Camere legislative alla cui formazione concorrono, svolgendo una funzione contingente e strumentale, destinata ad essere controllata o assorbita da quella delle stesse Camere, una volta queste costituite» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 31 luglio 1967, n. 2036; conformi, ex plurimis, sezioni unite civili, sentenze 9 giugno 1997, n. 5135; 22 marzo 1999, n. 172; 6 aprile 2006, n. 8118 e n. 8119; 8 aprile 2008, n. 9151, n. 9152 e n. 9153).
La Giunta delle elezioni della Camera nega invece la propria competenza sui ricorsi relativi agli atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarando gli stessi inammissibili, sulla base della considerazione che la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude, per definizione, che nella stessa possa ritenersi compreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali (singoli o intere liste) non hanno affatto partecipato alla competizione elettorale (sedute del 13 dicembre 2006 e del 22 luglio 2008).
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato dal febbraio 2008 si è attestata sulle stesse posizioni delle Giunta delle elezioni della Camera (in precedenza si registrava invece un orientamento favorevole a comprendere nella verifica dei poteri il controllo sulla regolarità delle operazioni preparatorie).
Della questione è stata anche investita la Corte costituzionale, che ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle relative questioni di legittimità costituzionale (ordinanze nn. 512/2000 e 117/2006). Sul punto è intervenuta la sentenza n. 259 del 2009, che ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale relativa alla mancata previsione nella normativa vigente dell'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale relative alla definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale. Secondo la Corte, l'attuale situazione di incertezza sul giudice competente deriva infatti divergenza interpretativa delle disposizioni vigenti, che può e deve essere risolta con gli strumenti giurisdizionali, comuni e costituzionali, esistenti, quali il regolamento di giurisdizione o il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Inoltre le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, il diritto di elettorato passivo, tutelato per di più da una norma costituzionale. La cognizione delle relative controversie può dunque essere attribuita al giudice amministrativo solo a titolo di giurisdizione esclusiva, il che può avvenire, in virtù della previsione dell’art. 103, primo comma, Cost., unicamente sulla base di una previsione legislativa. La Corte richiama al riguardo proprio la delega di cui all’art. 44 della legge 69/2009.
L’assenza di tutela giurisdizionale deve essere valutata alla luce del diritto ad agire in giudizio e del diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione riconosciuti dagli articoli 24 e 113 della Costituzione, nonché dell’articolo 6 CEDU, come rilevato dalla Giunta delle elezioni della Camera nella seduta del 22 luglio 2008.
Il Codice del processo amministrativo stabilisce:
In particolare, il Codice disciplina la tutela giurisdizionale anticipata (art. 129) – ossia la possibilità di ricorrere immediatamente, senza attendere l’esito delle elezioni, avverso i provvedimenti del procedimento elettorale preparatorio – originariamente limitandola agli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative (comunali e provinciali) e regionali. Viene così data soluzione alla questione dell’impugnabilità immediata dei provvedimenti di ammissione e di esclusione di liste e candidati. Sul punto è intervenuto il secondo correttivo del Codice (d.lgs 160/2012) che ha dovuto «adeguare la disciplina ai principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2010».
L’art. 129 del Codice, infatti, originariamente, limitava la possibilità di impugnazione immediata agli atti di esclusione delle liste e dei candidati con esclusivo riferimento alle elezioni regionali provinciali e comunali e con legittimazione attiva limitata ai soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi. In tutti gli altri casi, ogni provvedimento amministrativo, anche preparatorio, per le citate elezioni è impugnabile solo a conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti. Con la sentenza 7 luglio 2010, n. 236, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 83-undecies del DPR n. 570/1960 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali). Tale disposizione, ora non più in vigore – rifacendosi ad una nota decisione dell’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (24 settembre 2005, n. 10) – escludeva l’autonoma impugnabilità degli atti endoprocedimentali concernenti le operazioni elettorali. L’art. 83-undecies, infatti, stabiliva che contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, potesse proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso da depositare nella segreteria entro 30 giorni dalla proclamazione degli eletti. La sentenza della Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies nella parte in cui è esclusa la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Secondo la Consulta, infatti, «la posticipazione dell’impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost».
A seguito del decreto correttivo, il Codice permette al ricorrente di impugnare subito tutti gli atti “immediatamente lesivi” del diritto a partecipare al procedimento elettorale preparatorio (non solo dunque gli atti concernenti l’esclusione di liste o candidati) senza attendere la proclamazione degli eletti. La tutela è estesa alla partecipazione alle elezioni per il Parlamento Europeo. L’impugnazione (è eliminato il riferimento alla legittimazione attiva dei soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi) avviene sempre con ricorso al Tar competente nel termine di 3 giorni dalla pubblicazione o comunicazione degli atti impugnati. Gli altri provvedimenti amministrativi (quelli evidentemente ritenuti “non immediatamente lesivi” del diritto all’elettorato passivo) sono, invece, impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti. La segreteria del TAR è tenuta a pubblicare sul sito Internet della giustizia amministrativa il ricorso depositato presso la stessa segreteria nonché l’eventuale ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado.
Quanto, invece, al contenzioso ordinario relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo, il Codice prevede che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi alla convocazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso solo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti. Il giudice competente è il TAR nella cui circoscrizione si trova l’ente territoriale per le elezioni amministrative e regionali e il TAR del Lazio per le elezioni europee. Viene poi disciplinata la procedura da seguire davanti al giudice amministrativo e il processo di appello.
Il Libro V (artt. 133-137), oltre che l’individuazione delle materie di giurisdizione esclusiva, di giurisdizione estesa al merito e delle controversie attribuite alla competenza esclusiva del TAR Lazio, contiene:
Le materie di giurisdizione esclusiva sono indicate nell’articolo 133 del Codice che, oltre a recepire le ipotesi di giurisdizione esclusiva già previste dal legisaltore, ha introdotto le seguenti novità:
I decreti correttivi hanno aggiunto ulteriori ipotesi di giurisdizione esclusiva. Si pensi a:
Altri provvedimenti legislativi hanno inoltre attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti adottati dall'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, dall'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, nonché le controversie relative all'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni e le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato. L'elencazione dell'art. 133 non ha peraltro carattere esaustivo, facendo salve le ulteriori previsioni di legge. Tra queste si segnala la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per i ricorsi per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.
L’articolo 134 del codice attribuisce al giudice amministrativo la cognizione estesa al merito, oltre che in relazione al giudizio di ottemperanza, nelle seguenti materie:
L’art. 135, nell'elencare le ipotesi di competenza inderogabile del TAR Lazio sede di Roma, si segnala in particolare per l'innovatiba attribuzione al TAR Roma delle seguenti controversie:
L’Allegato 2 reca le norme di attuazione, che rispettivamente riguardano: i registri e l’orario di segreteria; i fascicoli di parte e d’ufficio; l’ordine di fissazione dei ricorsi e le udienze; il processo telematico; le spese di giustizia.
Con riferimento, in particolare al processo telematico, l'art. 13 rimette ad un D.P.C.M. (sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA) la definizione delle regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione e l’aggiornamento del processo amministrativo telematico (nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente).
In materia di spese di giustizia, si prevede l’istituzione presso gli organi della giustizia amministrativa di una commissione per l’ammissione al gratuito patrocinio e si destina il gettito delle sanzioni pecuniarie previste dal Codice al Ministero dell’economia e delle finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, ivi comprese quelle occorrenti per incentivare progetti speciali per lo smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo.
L’Allegato 3, recante norme transitorie, prevede:
L’Allegato 4, infine, reca infine le norme di coordinamento e le abrogazioni in attuazione della norma di delega che richiedeva che i decreti legislativi abrogassero espressamente tutte le disposizioni riordinate o con essi incompatibili, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, e dettasserono le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate.
In attuazione di tale criterio gli articoli 1, 2 e 3 recano specifiche norme di coordinamento (rispettivamente con la disciplina in materia di elezioni europee, di elezioni amministrative e con ulteriori disposizioni vigenti) e l’articolo 4 provvede all’abrogazione puntuale di disposizioni superate o incorporate nel codice.