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In estrema sintesi, ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, il procedimento di coazione comincia con l’ingiunzione, che consiste nell'ordine, emesso dal competente ufficio dell'ente creditore, di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta. L’ingiunzione è notificata, nella forma delle citazioni, da un ufficiale giudiziario addetto alla pretura o da un messo addetto all'Ufficio di conciliazione.
Entro trenta giorni dalla notificazione, il debitore può produrre ricorso od opposizione avanti il conciliatore o il pretore, o il tribunale del luogo, in cui ha sede l'ufficio emittente, secondo la rispettiva competenza, a norma del Codice di procedura civile. L'autorità adita ha facoltà di sospendere il procedimento coattivo. Respinto il ricorso, il procedimento coattivo non potrà, per qualsiasi motivo, ed anche quando sia pendente giudizio di appello, essere sospeso se non in seguito a pagamento della somma dovuta, salvo il caso di provvedimento di sospensione che fosse dato dalla autorità adita per l'appello.
Trascorso inutilmente il termine di trenta giorni, l'ente creditore procede, per mezzo di un ufficiale giudiziario addetto alla pretura o di un messo dell'ufficio di conciliazione, al pignoramento dei beni mobili del debitore. Decorsi dieci giorni dal pignoramento senza che sia soddisfatto il debito, l'ente creditore procede alla vendita degli oggetti pignorati al pubblico incanto, che si apre sul prezzo di stima.
Quanto alla esecuzione sugli immobili, notificato al debitore il precetto di pagamento, il presidente del tribunale competente nel giudizio di espropriazione procede, su istanza dell'ente creditore e mediante ordinanza, alla nomina del sequestratario. L'ordinanza di immissione in possesso del sequestratario si esegue con la notificazione di un unico atto contenente il precetto per il rilascio in un termine di tre giorni e l'avviso per l’immissione nei due giorni successivi, fissando il giorno e l'ora in cui l'ufficiale giudiziario si recherà sul luogo per la esecuzione. L'ente creditore può domandare l'incanto, attribuendo agli immobili come prezzo venale il valore risultante dalla estimazione dei beni, sulla base dell'art. 663 del Codice di procedura civile.
Viceversa le procedure esedutive esperibili dagli agenti della riscossione (articolo 49 del DPR 602/1973) prevedono innanzitutto l'iscrizione a ruolo delle somme dovute dal contribuente (a titolo di imposta ed eventualmente di interessi e sanzioni) per legge ha valore di titolo esecutivo.
Il contribuente che ha ricevuto la cartella di pagamento emessa in base al ruolo deve versare le somme entro sessanta giorni dalla notifica, cui si aggiunge metà dell’aggio, ovvero della remunerazione spettante all’agente della riscossione. Decorso inutilmente tale termine, sulle somme iscritte a ruolo si applicano gli interessi di mora e l’aggio è dovuto integralmente. Secondo le regole generali, il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento.
Inoltre, la normativa speciale delle procedure di esecuzione forzata fiscale, contenuta nel citato D.P.R. 602/1973, stabilisce che, rispetto alle ordinarie forme civilistiche, il concessionario:
- può rivalersi sui beni del debitore vendendoli al pubblico incanto o nelle altre forme previste dal D.P.R. 602/1973 senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria;
- non può chiedere l'assegnazione dei beni pignorati, né rendersi acquirente dei medesimi negli incanti, neppure per interposta persona;
- ha cura che gli atti del procedimento di espropriazione siano depositati nella cancelleria del giudice competente per l'esecuzione, nel termine di dieci giorni dalla vendita dei beni; nello stesso termine la somma ricavata dalla vendita è consegnata al cancelliere per essere depositata nella forma dei depositi giudiziari.
Il processo esecutivo non può essere sospeso dal giudice dell’esecuzione, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno. Le attribuzioni svolte dagli ufficiali giudiziari ordinari sono svolte dagli agenti della riscossione. Agenti e concessionari possono dunque procedere:
- all’espropriazione di beni mobili non registrati del soggetto inadempiente;
- all’espropriazione di beni mobili registrati del soggetto inadempiente;
- all’espropriazione di beni immobili del soggetto inadempiente.
La modifica delle norme sulla riscossione coattiva del prelievo supplementare ha avuto ripercussioni sulla capacità di recupero delle somme, rallentando significativamente i procedimenti già avviati. Il passaggio da un regime all'altro comporta infatti anche la necessità di riattivare ex novo le procedure in sede giurisdizionale, comportando anche costi aggiuntivi per l'amministarzione.
La diversa efficacia delle illustrate procedure è ben chiara alla Corte dei conti, che in merito agli ultimi interventi normativi rileva che "In tale situazione, appare incomprensibile la disposizione introdotta dalla legge 32/2009, secondo cui l'attività di riscossione non viene più attribuita a Equitalia, con una contestuale sospensione generalizzata dei procedimenti in atto e l'individuazione di una modalità diversa dal ruolo. Ciò comporta, inevitabilmente, inefficienza nell'attivitàdi recupero dei crediti, ingenerando incertezze nelle procedure da adottare e nell'attribuzione delle competenze di ciascun ente. In particolare, la riesumata disciplina del regio decreto n. 639/1910 - con modalità datate, né celeri né sicure nello svolgimento degli adempimenti - ha prodotto, anche a giudizio dell'AGEA, difficoltà, soprattutto in riferimento alla capacità di garantire concretamente l'attuazione della riscossione coattiva. A tale incongruenza ha cercato di porre rimedio la legge di stabilità per il 2013" ( Relazione approvata con del. n. 20/2012).
La stessa Corte poi segnala che, il mancato recupero dei prelievi ed il connesso meccanismo della detrazione delle somme dovute dagli allevatori dall'importo degli aiuti anticipati mensilmente all'Italia per l'applicazione della PAC "ha inciso sulla capacità di AGEA di far fronte ai pagamenti degli aiuti dell'Unione europa in favore degli agricoltori, originando corrispondenti anticipazioni da parte della Tesoseria statale per mettere a disposizione degli aventi diritto le risorse dovute.". Questo modo di procedere peraltro, conclude la Corte "consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio dello Stato.".