Per la loro specificità, il numero limitato di pazienti e la scarsità di conoscenze e competenze, le malattie rare costituiscono un settore con un valore aggiunto europeo molto elevato. La stessa definizione di malattie rare è stata formulata all’interno del programma d’azione comunitaria sulle malattie rare 1999-2003, la Decisione n. 1295/1999/CE, che le ha qualificate come patologie potenzialmente letali o cronicamente debilitanti, per lo più ereditarie, con una soglia di prevalenza di non più di cinque pazienti su 10.000. L'Organizzazione europea per le malattie rare, Eurordis ha stimato un totale di 6-8 mila tipologie di malattie rare per circa 36 milioni di persone interessate.
Gran parte dei pazienti affetti da malattie rare incontrano difficoltà nella ricerca di diagnosi e cure per migliorare qualità e aspettative di vita; difficoltà riconosciute anche dalla Comunicazione della Commissione del 2008, Le malattie rare: una sfida per l'Europa e dalla Raccomandazione del Consiglio su un’azione nel settore delle malattie rare dell'8 giugno 2009 che invita gli Stati membri a elaborare e attuare piani o strategie per le malattie rare al livello appropriato o esplorare misure appropriate per le malattie rare nell'ambito di altre strategie di pubblica sanità, al fine di mirare a garantire ai pazienti che ne soffrono l'accesso ad un'assistenza di livello qualitativamente elevato, compresi gli strumenti diagnostici, i trattamenti, l'abilitazione per le persone affette dalla malattia e, se possibile, medicinali orfani efficaci. La Comunicazione della Commissione e la Raccomandazione del Consiglio hanno dato il via allo sviluppo di Piani Nazionali per le Malattie Rare. Al momento, la Francia è il solo paese ad aver sviluppato un piano completo, l’Olanda ha definito una strategia nazionale che coinvolge tutte le parti interessate, mentre l’Italia ha applicato strategie a livello regionale. Infine la Decisione della CE n. 2009/872/EC del 30 novembre 2009 ha istituito il Comitato europeo di esperti sulle malattie rare, European Union Committee of Experts on Rare Diseases (EUCERD).
La recente Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera 2011/24/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera sottolinea l’importanza delle reti di riferimento europee per migliorare l’accesso alle diagnosi e alla prestazione di assistenza sanitaria di qualità a tutti i pazienti le cui patologie richiedono una concentrazione particolare di risorse o di competenze. L’ articolo 13 della direttiva è dedicato alle malattie rare. La Commissione si impegna a sostenere gli Stati membri nella cooperazione allo sviluppo di capacità di diagnosi e di cura, al fine di rendere i professionisti sanitari consapevoli degli strumenti a loro disposizione a livello di Unione e per aiutarli a compiere una corretta diagnosi delle malattie rare, anche attraverso l’utilizzo della base dati Orphanet e delle reti di riferimento europee. La Commissione si impegna a rendere consapevoli i pazienti, i professionisti sanitari e gli organismi responsabili del finanziamento dell’assistenza sanitaria delle possibilità offerte dal regolamento (CE) n. 883/2004 per il trasferimento di pazienti con malattie rare in altri Stati membri, anche per diagnosi e cure che non sono disponibili nello Stato membro di affiliazione.
I farmaci destinati alla cura delle malattie rare, farmaci orfani in quanto destinati a platee di pazienti molto ridotte, non consentono la realizzazione, da parte delle aziende farmaceutiche, di ricavi in grado di recuperare i costi sostenuti per la ricerca e lo sviluppo del medicinale. Al fine di stimolarne la produzione, le autorità nazionali hanno adottato un sistema di incentivi per le industrie, la sanità e le biotecnologie. Nel 1983 gli Stati Uniti hanno adottato l'Orphan DrugAct, seguiti dal Giappone nel 1993 e dall’Australia nel 1997. In Europa, il regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani istituisce una procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano e stabilisce un sistema di incentivi messi a disposizione dalla Comunità e dagli Stati membri allo scopo di promuoverne la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio.
Ai sensi del Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani, un medicinale è classificato come medicinale orfano nei casi in cui sia destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia che colpisce meno di 5 individui su 10.000 nella Comunità; quando sia destinato alla cura di una malattia grave o invalidante e che, in mancanza di incentivi, la sua commercializzazione risulti improbabile. Il regolamento è stato adottato al fine di istituire una procedura comunitaria di assegnazione della qualifica di medicinale orfano, e per garantire incentivi alla ricerca, allo sviluppo ed alla commercializzazione di tali medicinali, concedendo in particolare un’esclusiva di mercato. A tal fine, presso l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (EMA) è operativo il Comitato per la Designazione dei Prodotti Medicinali Orfani (COMP), il cui compito principale è di valutare i dossier dei promotori (sponsor) per stabilire se un medicinale può ottenere la designazione di orfano; in caso positivo, vengono garantite allo sponsor la procedura centralizzata di immissione in commercio e l’esclusività di mercato per 10 anni nonché altri incentivi, tra cui l’esonero dal pagamento del diritto normalmente dovuto all’EMA. Con il Regolamento (CE) n. 847/2000 della Commissione europea del 27 aprile 2000 è stata data attuazione al regolamento n. 141/2000.
A livello europeo è stata costituita la base di dati Orphanet gestita da un consorzio europeo di cui fanno parte una quarantina di paesi, il cui coordinamento ha sede in Francia. Orphanet, gestito da diversi comitati, offre una serie di servizi gratuiti e ad accesso libero [1]. I team nazionali hanno il compito di raccogliere informazioni sulle consulenze specialistiche, sui laboratori di diagnosi, sulle attività di ricerca in corso e sulle associazioni di pazienti nei rispettivi paesi.
Per quanto riguarda i medicinali orfani si ricorda che in Francia è stato adottato un Piano nazionale per le malattie rare e già dal 1994 è in vigore l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci orfani che ha consentito a più di 400 prodotti farmaceutici di ottenere l'autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU) con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione del consueto procedimento autorizzativo.
In Italia, infatti, la possibilità di accedere a farmaci non ancora dotati di autorizzazione all'immissione in commercio è limitata ai casi disciplinati dal decreto del Ministero della salute dell'8 maggio 2003, relativo al cosiddetto uso compassionevole, e dal decreto-legge 536/1996, concernente misure per il contenimento della spesa farmaceutica, che, consentono la somministrazione ai pazienti solo in presenza di sperimentazioni cliniche in fase già avanzata.
In Italia, i pazienti affetti da patologie rare godono di tutela normativa, in accordo a quanto stabilito dal decreto del Ministero della sanità del 18 maggio 2001, n. 279, che istituisce la rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare.
Il decreto Ministeriale 279/2001 dispone inoltre che vengano erogate in esenzione tutte le prestazioni specialistiche (diagnostiche e terapeutiche) appropriate ed efficaci per il trattamento ed il successivo monitoraggio delle malattie rare accertate e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti. Attualmente, ai fini dell’esenzione sono individuate 56 malattie e condizioni, esenti ai sensi del decreto ministeriale 329/1999 sulle malattie croniche ed invalidanti e 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare, esenti ai sensi del decreto 279/2001. Il decreto 279/2001 prevede inoltre che i contenuti del regolamento siano aggiornati, con cadenza almeno triennale. Nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il D.P.C.M. del 21 marzo 2008 sui “nuovi LEA”, mai entrato in vigore, recasse, all'allegato 7, un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, in cui erano indicate 109 nuove patologie da includere, ai fini dell’esenzione, nell’allegato I del decreto 279/2001. Il decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) ha previsto, all'articolo 5, l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con prioritario riferimento alla riformulazione dell’elenco delle malattie croniche e delle malattie rare, al fine di assicurare il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
Le malattie che danno diritto all’esenzione sono individuate sulla base dei criteri dettati dal D.Lgs. 124/1998: gravità clinica, grado di invalidità e onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento. L'esenzione è estesa anche ad indagini volte all'accertamento delle malattie rare ed alle indagini genetiche sui familiari dell'assistito eventualmente necessarie per la diagnosi di malattia rara di origine genetica. L'esenzione deve essere richiesta alla ASL di residenza presentando una certificazione idonea, rilasciata da una delle strutture riconosciute dalla Regione come presidio di riferimento per quella malattia. Nel caso in cui presso la Regione di residenza non vi siano presidi di riferimento specifici, l'assistito può rivolgersi ad una struttura riconosciuta dalle altre Regioni. Anche le prestazioni finalizzate alla diagnosi della malattia devono essere eseguite (e prescritte) in uno dei presidi di riferimento della rete e, in tal caso, il medico del Servizio sanitario nazionale che formula il sospetto di malattia rara deve indirizzare l'assistito alla struttura della rete specificamente competente per quella particolare malattia. L'esenzione può essere richiesta per più malattie, ove accertate. Per le malattie rare non è riportato un elenco dettagliato delle prestazioni esenti, in quanto di tratta di malattie che possono manifestarsi con quadri clinici molto diversi tra loro e, quindi, richiedere prestazioni sanitarie differenti. Il medico dovrà scegliere, tra le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, quelle necessarie e più appropriate alla specifica situazione clinica.
Per quanto riguarda la rete nazionale, presso l’Istituto superiore di sanità opera dal 2001 il Centro nazionale delle malattie rare con scopi di ricerca, in collegamento con le strutture nazionali e internazionali. La vera e propia rete nazionale malattie rare è costituita da presidi accreditati, appositamente individuati dalle regioni. Nell’ambito di tali presidi, preferibilmente ospedalieri, sono individuati i centri interregionali di riferimento. Ai predetti centri interregionali compete la gestione del Registro delle malattie rare; lo scambio di informazioni con gli altri centri interregionali e organismi internazionali competenti; il coordinamento dei presidi della rete; la consulenza e il supporto ai medici del SSN in ordine alle malattie rare ed alla disponibilità dei farmaci appropriati per il loro trattamento.
Con l’Accordo Stato-Regioni dell’11 luglio 2002 si è rafforzato il ruolo delle regioni nell’attuazione del programma di sorveglianza epidemiologica; e si è formalizzata l’istituzione di un gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero della salute e l‘Istituto superiore di sanità, per il coordinamento ed il monitoraggio delle attività assistenziali per le malattie rare, al fine di ottimizzare il funzionamento delle reti regionali e salvaguardare il principio di equità dell’assistenza per tutti i cittadini. Il gruppo interregionale permanente cura, a tal fine, la diffusione dei protocolli metodologici, indica le procedure per garantire la sorveglianza epidemiologica e definisce le modalità di collaborazione con le associazioni che operano nel settore. Con l’Accordo Stato Regioni del 10 maggio 2007 sono state, successivamente, fornite le indicazioni per il riconoscimento di Centri di coordinamento regionali e/o interregionali, di Presidi assistenziali sovraregionali per patologie a bassa prevalenza e per l'attivazione dei registri regionali ed interregionali delle malattie rare. Ogni regione ha poi intrapreso percorsi autonomi e alcune regioni sono andate decisamente oltre i livelli minimi dei servizi previsti, inaugurando pratiche di eccellenza che vanno essenzialmente in tre direzioni: l'allargamento dello screening neonatale, l'ampliamento del regime delle esenzioni attraverso i livelli essenziali di assistenza regionali e l'attuazione di percorsi assistenziali.
Il Registro nazionale malattie rare è stato istituito nel 2001 presso l’ISS in attuazione dell’articolo 3 del D.M. 279/2001 e ha avuto successive implementazioni mediante gli Accordi Stato-Regioni del 2002 e 2007.
Il 18 dicembre 2012 è stata presentata alle Associazioni dei pazienti e ai loro familiari la prima bozza di Piano nazionale per le malattie rare (PNMR). Obiettivo del documento è quello di delineare le strategie e definire i compiti delle diverse istituzioni coinvolte (Ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Regioni e aziende del Servizio sanitario nazionale), per dare unitarietà all’insieme delle azioni già in atto e programmare quelle future con continuità e coerenza. Tra le questioni affrontate ci sono l’organizzazione della rete nazionale, il sistema di monitoraggio, le banche dati, il percorso diagnostico e assistenziale, l’innovazione terapeutica (tra cui i farmaci orfani) e il ruolo delle associazioni. La bozza del Piano è stata sottoposta a consultazione pubblica: i soggetti interessati (Associazioni di malati, Strutture della Rete nazionale e Società scientifiche) sono state invitati a inviare (entro e non oltre il 4 febbraio 2013) suggerimenti utili a migliorare il documento o a chiarire aspetti specifici.
La legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 805 e 806 della legge 296/2006) ha assegnato 30 milioni alle Regioni ed alle PA, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per l'integrazione ed il cofinanziamento dei progetti regionali in materia di malattie rare. Il decreto ministeriale 28 febbraio 2009 ha definito la ripartizione alle Regioni del fondo per l'anno 2007; per tale annualità, le Regioni hanno condiviso un unico progetto e la ripartizione è stata effettuata su base capitaria. Per l'anno 2008 e per l'anno 2009, rispettivamente, le somme di 4.482.008 e di 4.984.727 di euro sono state assegnate alle Regioni che hanno presentato progetti sulle MR. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 374 della legge 244/2007) ha riconfermato lo stanziamento destinato al Fondo per il cofinanziamento dei progetti e ha ribadito la priorità delle malattie rare, senza tuttavia indicare una specifica somma destinata a tale priorità.
L’Accordo siglato il 26 febbraio 2009 in sede di Conferenza Stato-Regioni ha destinato al Programma di Ricerca sulle Malattie Rare risorse per programmi di ricerca sanitaria sulle malattie rare pari a 8 milioni di euro (5 stanziati dal Ministero della Salute e 3 dall'AIFA - Agenzia italiana del farmaco). Successivamente, l’ Accordo, in sede di Conferenza Stato-regioni, dell’8 luglio 2010, sulle linee progettuali per l’utilizzo da parte delle Regioni delle risorse vincolate del FSN per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2010, vincola 20 milioni di euro per le malattie rare.
Nel marzo del 2012 è stato comunicato dal Ministro della salute e dal direttore dell’AIFA il finanziamento di 12 progetti di ricerca sulle malattie rare per complessivi 3 milioni di euro. Tra i 12 progetti finanziati sono presenti studi su: fibrosi polmonare idiopatica; sclerosi laterale amiotrofica (SLA); sindrome di Klinefelter; diabete insipido neurogenico; ipoparatiroidismo; malattia di Fabry.
Si ricorda infine che con il decreto-legge 269/2003 (articolo 48, comma 19, lettera a) è stato prevista la costituzione presso l’AIFA di un apposito fondo (finanziato con i contributi annuali delle imprese farmaceutiche) destinato, tra l’altro, allo studio, alla ricerca e all’impiego, a carico del Servizio sanitario nazionale, dei farmaci orfani per malattie rare, in attesa di una loro commercializzazione.