Il piano nazionale di edilizia abitativa, cd. Piano casa, è stato introdotto dall’art. 11 del decreto-legge 112/2008, con l’obiettivo di “garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana”. Esso ha previsto, infatti, una serie di misure rivolte all'incremento del patrimonio immobiliare – sia con nuove costruzioni che con il recupero di quelle esistenti - da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate.
Il Piano ha inteso infatti coinvolgere soprattutto le risorse private attraverso il ricorso a modelli di intervento in precedenza limitati al settore delle opere pubbliche (project financing), oppure a strumenti finanziari immobiliari innovativi per l’acquisizione o la costruzione di immobili per l’edilizia residenziale quali l’istituzione di fondi immobiliari per la residenza sociale, cd. social housing.
Si ricorda, preliminarmente, che le disposizioni relative al piano casa recate dall’art. 11 sono state modificate dall’art. 1-ter, comma 1, del decreto-legge 158/2008 e dall’art. 18, comma 4-bis, del decreto-legge 185/2008, nonchè dall'art. 7-quater, comma 12, del decreto-legge 5/2009. Tali disposizioni sono state per lo più finalizzate ad intervenire sulle risorse a disposizione del Piano. Da ultimo sono intervenuti, al fine di semplificare le procedure relative all’approvazione degli accordi di programma per l’attuazione del Piano, l'art. 45, commi 3-4, del D.L. 201/2011 e l'art. 58 del D.L. 1/2012.
L'art. 11, comma 1, del decreto-legge 112/2008 prevede che il Piano venga approvato con D.P.C.M., previa delibera del CIPE e d’ intesain sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).
In linea con il disposto del comma 3 dell'art. 11 - che ha definito l'ambito oggettivo del piano - e con la delibera dell’8 maggio 2009 con cui il CIPE ha indicato gli utilizzi delle risorse finanziarie previste, il D.P.C.M. del 16 luglio 2009 ha provveduto all'approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa, prevedendone una articolazione in sei linee di intervento:
a) costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per la realizzazione di immobili di edilizia residenziale;
b) incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
c) promozione finanziaria anche ad iniziativa di privati (project financing);
d) agevolazioni a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi;
e) programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale;
f) interventi di competenza degli ex IACP (cui sono state destinate le risorse individuate nel corso della precedente legislatura dal D.M. Infrastrutture 28 dicembre 2007).
In fase di prima attuazione la dotazione finanziaria del Fondo è utilizzata:
a) 150 milioni di euro per il Sistema integrato di fondi immobiliari;
Il D.P.C.M. 16 luglio 2009 prevedeva che il 90% del patrimonio del fondo dovesse essere destinato alle iniziative per incrementare il numero di alloggi in social housing attraverso la partecipazione in fondi immobiliari locali o altri veicoli di investimento entro il limite del 40% del loro valore.
In attuazione di tali disposizioni è stata indetta una gara, per selezionare il gestore del fondo, vinta (con aggiudicazione definitiva dell'8 giugno 2011) da Cassa Depositi e Prestiti Investimenti Sgr (CDPI Sgr), che ha creato un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso denominato “Fondo Investimenti per l’Abitare” (FIA), divenuto operativo in seguito all'approvazione del relativo regolamento di gestione da parte della Banca d’Italia con delibera n. 167 dell'11 marzo 2010.
Il FIA (secondo quanto indicato nel sito web di CDPI Sgr) ha raccolto, con cinque closing, da luglio 2010 a marzo 2012, un totale di 2 miliardi e 28 milioni di euro, di cui 1 miliardo sottoscritto da Cassa Depositi e Prestiti, 140 milioni dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (in luogo dei 150 inizialmente previsti dall'art. 11 del D.L. 112/2008) e 888 milioni da parte di gruppi bancari e assicurativi e di casse di previdenza privata. Il FIA investe il proprio patrimonio principalmente in quote di fondi comuni d’investimento immobiliari operanti a livello locale e gestiti da altre società di gestione del risparmio, attraverso partecipazioni nel limite massimo del 40%. Tale limite è volto a sollecitare sul territorio l’investimento di risorse da parte di soggetti terzi rispetto al Fondo, permettendo nel contempo al FIA di mantenere una presenza rilevante nelle singole iniziative.
Tale limite è stato soppresso dal D.P.C.M. 10 luglio 2012 (pubblicato sulla G.U. 19 febbraio 2013, n. 42), che ha in tal modo reso più elastiche le regole per il finanziamento dei progetti.
b) 200 milioni di euro per gli interventi di competenza degli ex IACP, successivamente ripartiti tra le regioni con il D.M. del 18 novembre 2009;
c) 377,9 milioni di euro - ripartiti con D.M. 8 marzo 2010 - per il finanziamento delle altre linee di intervento: incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica; project financing; agevolazioni a cooperative edilizie; programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale.
Con il D.M. del 19 dicembre 2011 è stato effettuato il riparto delle risorse del Piano casa, pari a circa 116 milioni di euro, destinate all'attuazione degli interventi di cui all'art. 1, comma 1, lett. b), c), d) ed e) dello stesso Piano allegato al D.P.C.M. 16 luglio 2009 mediante sottoscrizione, tra il MIT e le regioni, degli accordi di programma di cui all'art. 4 dello stesso D.P.C.M.
Il comma 2 dell'art. 11 del D.L. 112/2008 individua i destinatari del piano. Il Piano è rivolto all’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l’offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati. Tali alloggi dovranno quindi essere destinati prioritariamente a prima casa per le seguenti categorie sociali svantaggiate nell’accesso al libero mercato degli alloggi in locazione:
a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito;
b) giovani coppie a basso reddito;
c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate;
d) studenti fuori sede;
e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio;
f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all’art. 1 della legge n. 9/2007 (vale a dire reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, essere o avere nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, o avere, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico);
g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella stessa regione.
Per quanto riguarda la definizione dell’ambito soggettivo di applicazione del piano, si rileva l’ampliamento della platea dei beneficiari rispetto ai provvedimenti, sia d’urgenza che ordinari, adottati negli anni precedenti per contrastare il fenomeno del disagio abitativo. Sono stati, infatti, inclusi, per la prima volta, gli immigrati regolari a basso reddito e gli studenti fuori sede, in precedenza destinatari, questi ultimi, di agevolazioni di carattere fiscale sui canoni di locazione.
La platea risulterebbe ampliata anche dall’inclusione, con un riferimento generico, di tutti i soggetti “sottoposti a procedure esecutive di rilascio”, senza ulteriori distinzioni. Pertanto sembrerebbero inclusi non solo i beneficiari della sospensione delle procedure esecutive di sfratto per finita locazione (destinatari dei provvedimenti d'urgenza emanati per la sospensione degli sfratti), ma anche quelli per morosità.
Particolare attenzione meritano le disposizioni contenute nei commi 4, 5, 6 ed 8 dell'art. 11 del D.L. 112/2008, che dispongono in merito ad uno degli interventi in cui può essere articolato il piano (comma 3, lett. e): l’attuazione di programmi integrati di edilizia sociale nel contesto di interventi di riqualificazione urbana.
In particolare, al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa, il comma 4 prevede l’approvazione (con D.M. infrastrutture) di appositi accordi di programma (previa delibera CIPE, d’intesa con la Conferenza unificata) promossi dal MIT. Tali interventi possono essere realizzati anche attraverso programmi integrati di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di qualità in termini di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica e con l’apporto di risorse pubbliche e private.
I pareri favorevoli del CIPE sugli schemi degli accordi di programma citati sono stati resi con:
In seguito all'espressione del parere del CIPE, il MIT ha provveduto a stipulare gli accordi citati (per il testo degli accordi sottoscritti si veda il sito web del MIT).
Nelle tabelle allegate all'ultima delle tre delibere citate (vale a dire la n. 77/2012), che forniscono un quadro riepilogativo dei contenuti principali degli accordi, sono indicati finanziamenti pari a complessivi 2.966,8 milioni di euro. Di tale importo, 337,9 milioni di euro derivano da risorse statali; 293,9 milioni da fondi regionali, mentre le risorse private ammontano a 2.111,9 milioni di euro. Con tali finanziamenti è prevista la realizzazione di 17.101 alloggi.
Il comma 8 prevede, in sede di attuazione dei citati programmi integrati di edilizia sociale, una verifica periodica e ricorrente delle fasi di realizzazione del piano, in base al cronoprogramma approvato e alle esigenze finanziarie e la possibilità di disporre, in caso di scostamenti, una diversa allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso modalità di attuazione più efficienti. E’ inoltre stabilito che gli alloggi realizzati o alienati nell’ambito delle procedure di cui al presente articolo non possono essere oggetto di successiva alienazioneprima didieci anni dall’acquisto originario.
I programmi integratidi edilizia sociale cui al comma 4 sono dichiarati di interesse strategico nazionale al momento della sottoscrizione dell’accordo di programma. Alla loro attuazione si provvede con l’applicazione dell’art. 81 del D.P.R. 616/1977 che prevede sostanzialmente poteri sostitutivi dello Stato in materia urbanistica.
Il comma 7 reca la definizione di “alloggio sociale”, ai fini dell’esenzione dell’obbligo della notifica degli aiuti di Stato, di cui agli artt. 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, inteso “come parte essenziale e integrante della più complessiva offerta di edilizia residenziale sociale, che costituisce nel suo insieme servizio abitativo finalizzato al soddisfacimento di esigenze primarie”.
Si ricorda che un’articolata definizione di alloggio sociale è contenuta nel D.M. 22 aprile 2008 recante “Definizione di alloggio sociale ai fini dell'esenzione dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità ”, in attuazione dell’art. 5 della legge 9/2007. L’art. 1 del D.M. definisce, infatti, quale “alloggio sociale” l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Rientrano in tale definizione anche gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche - quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico - destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà. L'alloggio sociale, in quanto servizio di interesse economico generale, costituisce standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali. L’art. 2 demanda quindi alle regioni la definizione dei requisiti per l'accesso e la permanenza nell'alloggio sociale e la determinazione del relativo canone di locazione, in relazione alle diverse capacità economiche degli aventi diritto, alla composizione del nucleo familiare e alle caratteristiche dell'alloggio. L'alloggio sociale deve poi essere adeguato, salubre, sicuro e costruito o recuperato nel rispetto delle caratteristiche tecnico-costruttive indicate agli artt. 16 e 43 della legge 457/1978 (che prevedono una superficie massima delle nuove abitazioni non superiore a mq 95 ed alcune caratteristiche tecniche e costruttive). Nel caso di servizio di edilizia sociale in locazione si considera adeguato un alloggio con un numero di vani abitabili tendenzialmente non inferiore ai componenti del nucleo familiare - e comunque non superiore a cinque - oltre ai vani accessori quali bagno e cucina. Infine, l'alloggio sociale dovrà essere costruito secondo principi di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico, utilizzando, ove possibile, fonti energetiche alternative.
Il comma 9 prevede che l’attuazione del piano nazionale avvenga, in alternativa alle modalità indicate dal comma 4, anche con quelle previste dalla legislazione in materia di infrastrutture strategiche, contenuta nella parte II, titolo III, del capo IV, del D.Lgs. 163/2006.
Si rammenta, in estrema sintesi, che la legislazione in materia di infrastrutture strategiche, introdotta con la legge 443/2001 e con i successivi decreti attuativi, poi confluita nel D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), mira ad accelerare, snellire e razionalizzare le procedure per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. Tre sono, infatti, le principali finalità perseguite dal nuovo regime normativo: l’accelerazione delle procedure amministrative, l’incentivazione dell’afflusso di capitali privati (tramite l’introduzione della disciplina sul contraente generale) e la programmazione annuale degli interventi.
Il comma 10 prevede la stipula di accordi tra l’Agenzia del demanio, il MIT, il Ministero della difesa se coinvolto, le Regioni e gli enti locali per la destinazione di una quota del patrimonio immobiliare del demanio, costituito da aree ed edifici non più utilizzati, agli interventi previsti nel presente articolo.
Per la migliore attuazione dei programmi, il comma 11 dà la possibilità ai comuni e alle province di associarsi ai sensi di quanto previsto dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al D.Lgs. 267/2000.
Si ricorda che le risorsefinanziarie necessarie per la realizzazione del piano sono state individuate dall’art. 11, comma 12, del decreto-legge 112/2008 che ha previsto la costituzione di un Fondo nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Successivamente, il comma 4-bis dell’art. 18 del decreto-legge 185 del 2008 ha destinato al Piano casa risorse finanziarie aggiuntive provenientidal Fondo aree sottoutilizzate (FAS), in particolare:
Il comma 12-bis, introdotto dal D.L. 185/2008, ha previsto (nel testo modificato dal D.L. 5/2009), per il tempestivo avvio di interventi prioritari e immediatamente realizzabili di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata di competenza regionale, diretti alla risoluzione delle più pressanti esigenze abitative, la destinazione di 200 milioni di euro a valere sulle risorse dell’art. 21 del D.L.159/2007 da ripartire tra le regioni con apposito decreto del MIT, previo accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni.
ll Governo, nel mese di marzo 2009, ha avviato alcune misure per il rilancio del settore edilizio (cd. Piano casa 2).
Si tratta, in primo luogo, dell’intesa del 31 marzo 2009, raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni, nella quale le regioni si sono impegnate ad approvare proprie leggi volte a regolamentare interventi che migliorino la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari e a disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica e dell'efficienza energetica, come sintetizzato nella tabella seguente:
Tipologia dell’intervento | Edifici interessati | Obiettivo |
Sono fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica. | Edifici residenziali uni-bifamiliari o comunque di volumetria non superiore 1000 mc |
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Con le medesime leggi le regioni si impegnano, altresì, ad introdurre forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi indicati, in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale. Sono esclusi da tali interventi gli edifici abusivi, quelli situati nei centri storici o nelle aree di inedificabilità assoluta. Le leggi regionali possono, inoltre, individuare ulteriori ambiti di esclusione o limitazione per gli interventi previsti ed ambiti nei quali i medesimi interventi sono, invece, favoriti con incentivazioni e premialità finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate.
L'intesa ha previsto altresì un limite temporale di 18 mesi per la disciplina regionale attuativa , salvo diversa disposizione regionale.
In proposito si segnala che nei mesi di novembre e dicembre 2012 ben otto governi regionali hanno deciso di prorogare il termine citato, così come in precedenza avevano fatto le Regioni Lazio, Puglia, Calabria, Molise e Sicilia. Altre amministrazioni, come quelle di Friuli, Lazio, Lombardia o Liguria, avevano poi già previsto termini al 2013 o anche oltre. In conseguenza di tali proroghe, pertanto, il Piano casa è ancora operativo in tutta Italia, con la sola eccezione dell'Emilia Romagna.
Nella stessa intesa il Governo si è impegnato ad emanare il secondo dei provvedimenti previsti, ovvero un decreto-legge con l'obiettivo di semplificare alcune procedure di competenza esclusiva dello Stato, al fine di rendere più rapida ed efficace l'azione amministrativa di disciplina dell'attivita' edilizia.
Anche se con tempi diversi, tutte le regioni hanno emanato leggi regionali attuative del "Piano casa 2", interpretando in vario modo l’intesa del 31 marzo 2009: alcune hanno ampliato i criteri definiti nell’intesa includendo ulteriori fattispecie di edifici oltre a quelli residenziali, quali gli edifici agricoli o produttivi non utilizzati, o hanno incrementato i premi volumetrici. Altre hanno previsto meccanismi perequativi e compensativi, compresa la delocalizzazione di cubature, ovvero la possibilità di demolire e poi ricostruire altrove andando oltre la volumetria esistente. In alcune leggi regionali, infine, sono stati introdotti anche incrementi premiali finalizzati all'incremento della dotazione di verde pubblico, di servizi, di spazi pubblici e al sostanziale miglioramento della qualità urbana.
L’art. 5 del decreto-legge 70/2011 (convertito dalla L. 106/2011, entrata in vigore il 13 luglio 2011) ha introdotto una normativa nazionale quadro per la riqualificazione delle aree urbane degradate. Sostanzialmente vengono poste le basi per l’avvio di un c.d. Piano per la città con la previsione, a regime, di disposizioni finalizzate ad un concreto processo di riqualificazione urbana accompagnato da incentivi e la semplificazione di alcune procedure.
Il comma 9 ha previsto, infatti, l'approvazione, da parte delle regioni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero entro l'11 settembre 2011, di proprie leggi al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio, nonché per la riqualificazione delle aree urbane degradate in cui siano presenti “funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare”, tenendo conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Tali azioni devono essere incentivate anche con interventi di ricostruzione e demolizione che prevedano:
In particolare, per la realizzazione degli interventi di riqualificazione sono state introdotte alcune norme volte a semplificare alcune procedure edilizie:
- decorso il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e fino all’entrata in vigore della normativa regionale nelle regioni a statuto ordinario e speciale è possibile richiedere il permesso di costruire in deroga ai sensi dell’art. 14 del TU dell’edilizia (DPR n. 380/2001) anche per il mutamento delle destinazioni d’uso, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore (sismica, sicurezza, antincedio, igenicosanitaria, efficienza energetica, ambiente, beni culturali e paesaggio) (commi 11 e 12);
- decorso il termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e fino all’entrata in vigore della normativa regionale nelle regioni a statuto ordinario le disposizioni statali sono immediatamente applicabili. In tal caso il decreto ha previsto (comma 14) un minimo di premialità garantito fissato:
- nel limite massimo del 20% del volume dell’edificio se a destinazione residenziale;
- nel limite massimo del 10% della superficie coperta per gli edifici adibiti ad uso diverso.
Resta fermo che tali limiti volumetrici costituiscono un minimo garantito e non condizionano la successiva attività legislativa regionale.
Relativamente all’ambito di applicazione della normativa il decreto ha escluso gli edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree soggette ad inedificabilità assoluta. Gli interventi possono, invece, essere realizzati su immobili per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria (comma 10).
Sono state anche introdotte una serie di semplificazioni procedurali, tra le quali la previsione, per le regioni a statuto ordinario decorsi 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero dall'11 settembre 2011 e sino all'emanazione delle leggi regionali:
- non solo dell'applicazione del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi dell'art. 14 del D.P.R. 380/2001 (TU edilizia) anche per il mutamento delle destinazioni d'uso, nel rispetto degli standard urbanistici e delle altre normative di settore aventi incidenza sull'attività edilizia (art. 5, comma 11), di cui si è già detto sopra;
- ma anche dell'ammissibilità del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici anche per il mutamento di destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni d'uso tra loro compatibili o complementari e l'adozione ed approvazione dei piani attuativi dalla Giunta comunale, anziché dal Consiglio (art. 5, comma 13).
L’attuazione del decreto-legge n. 70/2011 è stata demandata alle singole regioni, che avrebbero dovuto emanare proprie leggi per incentivare tali azioni. Sostanzialmente le previsioni di tale Piano erano però già presenti nella legislazione regionale attuativa del "Piano casa 2", in quanto la maggior parte delle regioni aveva già approvato specifiche disposizioni volte ad incentivare la riqualificazione urbana, anche se con strumenti diversi da regione a regione.
L’articolo 12 del decreto legge n. 83 del 2012, recante "Misure urgenti per la crescita del Paese", ha introdotto disposizioni per la riqualificazione di aree urbane, con particolare riguardo a quelle degradate, attraverso un nuovo strumento operativo, il “Piano nazionale per le città” del quale vengono indicate le modalità operative (commi 1 – 6). Esso reca, altresì, disposizioni volte a consentire la rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata (commi 7-9). L'articolo 12-bis ha previsto, inoltre, l’istituzione del Comitato interministeriale per le politiche urbane(CIPU) al fine di coordinare le politiche urbane attuate dalle amministrazioni centrali interessate e di concertarle con le regioni e gli enti locali.
Ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 12 del D.L. 83/2012, i Comuni propongono ad uno specifico organismo, la Cabina di regia, ai fini della predisposizione del “Piano nazionale per le città” da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), proposte di contratti di valorizzazione urbana (vedi infra) costituite da un insieme coordinato di interventi per la valorizzazione di aree urbane degradate indicando una serie di elementi indicati nel comma 2 e, in particolare:
Si ricorda che il “Piano nazionale per le città” fa seguito al “Tavolo sul Piano per le città” avviato il 4 maggio 2012 dal Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, con cui sono state definite le modalità e la tempistica di attuazione degli interventi per il rilancio e la valorizzazione delle aree urbane del Paese. All’iniziativa hanno partecipato i vertici della Conferenza delle Regioni, dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili).
Il comma 1 ha disciplinato la composizione della Cabina di regia.
Viene previsto che ne facciano parte, oltre a due rappresentanti del MIT e della Conferenza delle Regioni ed un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero dell'interno, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lo sviluppo e la coesione economica, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, anche un rappresentante dell’Agenzia del demanio, della Cassa depositi e prestiti, dell’Anci, e, in veste di osservatori, un rappresentante del Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da Cassa Depositi e Prestiti Investimenti SGR e un rappresentante dei fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) costituita ai sensi dell’art. 33 del D.L. 98/2011.
Si ricorda che il principale soggetto impegnato nello sviluppo del social housing italiano è proprio la Cassa Depositi e Prestiti Investimenti Sgr (CDPI) che gestisce il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA). Quanto all'art. 33 del D.L. 98/2011, si ricorda che esso ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell'Economia, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione.
Con D.M. Infrastrutture del 3 agosto 2012è stata disposta l'istituzione della cabina di regia con 11 rappresentanti dei Ministeri, due delle regioni, 1 dell'Anci, 1 delegato di CdP e Agenzia del territorio con il compito, dopo l'istruttoria del MIT sui progetti, di assegnare i finanziamenti statali.
I commi 3 e 4 hanno definito quindi i compiti della Cabina di regia a cui viene sostanzialmente assegnato un ruolo di coordinamento e selezione dei programmi di riqualificazioneproposti dai Comuni, in base a valutazioni sugli effetti economici e sociali degli interventi stessi. In particolare i compiti previsti riguardano:
Viene quindi introdotto un nuovo strumento attuativo - il contratto di valorizzazione urbana - la cui sottoscrizione viene promossa dalla Cabina di regia, d’intesa con il comune interessato. Il Contratto è volto a regolamentare gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati interessati. prevedendo anche la revoca dei finanziamenti. Viene infine precisato che l’insieme dei Contratti di valorizzazione urbana costituisce il “Piano nazionale per le città”.
Per l‘attuazione degli interventi del Piano è stato istituito, ai sensi del comma 5, nello stato di previsione del MIT, un apposito “Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città” nel quale sono confluite le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ad alcuni programmi in materia di edilizia residenziale di competenza del MIT e che, secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, ammontano a circa 224 milioni di euro giacenti presso la Cassa depositi e prestiti.
In data 8 febbraio 2013 il MIT ha emanato il decreto dipartimentale n. 1105/2013, di approvazione della destinazione delle risorse del Fondo citato proposta dalla Cabina di regia. I progetti che hanno superato la selezione potranno usufruire, secondo quanto indicato in un comunicato del MIT, "di un cofinanziamento nazionale di 318 milioni di euro (224 dal Fondo Piano Città e 94 dal Piano Azione Coesione per le Zone Franche Urbane dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per le PMI), che attiveranno nell'immediato progetti e lavori pari a 4,4 miliardi di euro complessivi, tra fondi pubblici e privati".