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Temi dell'attività Parlamentare

Omofobia

Durante la XVI legislatura per ben tre volte la Commissione giustizia della Camera ha avviato l'esame di proposte di legge di iniziativa parlamentare volte a contrastare le discriminazioni fondate su motivi di omofobia e transfobia. Nei primi due casi è stata l'Assemblea ad approvare pregiudiziali di costituzionalità che hanno bloccato il successivo iter dei provvedimenti; nell'ultimo caso è stata la stessa Commissione giustizia ad approvare un emendamento interamente soppressivo del testo sottopostole.

Il contrasto all'omofobia e alla transfobia a livello europeo

Provvedimenti mirati alla specifica tutela di omosessuali e transessuali si rintracciano nell’ambito degli interventi attuati a livello europeo per prevenire ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

In particolare, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea afferma, all’articolo 10, che «nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale». Il divieto di discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale trova un ulteriore riferimento normativo nell’articolo 19.

La disposizione prevede che «il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale». Peraltro, in deroga alla disposizione precedente, il paragrafo 2 dell’art. 19 aggiunge che «il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono adottare i principi di base delle misure di incentivazione dell'Unione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1».

Per quanto concerne specificamente il tema dell’omofobia, si ricorda che il 18 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'omofobia in Europa con la quale, condannando ogni forma di omofobia, ha chiesto agli Stati membri di contrastare tali fenomeni e alla Commissione europea di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori. Con la successiva Risoluzione del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa il Parlamento europeo è tornato a chiedere alla Commissione di garantire che la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale in tutti i settori sia vietata completando il pacchetto legislativo contro la discriminazione basato sull'articolo 13 del trattato CE, «senza il quale lesbiche, gay, bisessuali e altre persone che si trovano a far fronte a discriminazioni multiple continuano ad essere a rischio di discriminazione».

La lotta contro l’omofobia costituisce inoltre una delle priorità del Programma 2010-2014 per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (programma di Stoccolma), adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2009. Il Programma sottolinea in particolare che “poiché la diversità è una fonte di ricchezza per l'Unione, l'Unione e gli Stati membri devono garantire un ambiente sicuro in cui le differenze siano rispettate e i più vulnerabili siano tutelati. Occorre continuare a lottare con determinazione contro le discriminazioni, il razzismo, l'antisemitismo, la xenofobia e l'omofobia”.

Il tema della discriminazione dei transessuali è stato specificamente affrontato a livello europeo qualche anno addietro. In particolare, già con la Risoluzione sulla discriminazione dei transessuali del 12 settembre 1989, il Parlamento europeo invitava, da una parte, il Consiglio d’Europa a emanare una convenzione per la tutela dei transessuali e, dall’altra, la Commissione e il Consiglio a precisare che le direttive comunitarie sull’equiparazione di uomini e donne sul posto di lavoro vietano anche la discriminazione dei transessuali. Pochi giorni dopo al Parlamento europeo faceva eco l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che, attraverso la Raccomandazione 1117 (1989) sulla condizione dei transessuali, invitava gli Stati membri a proibire ogni forma di discriminazione dei transessuali in base all’art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Il dibattito alla Camera

Il contrasto alle discriminazioni fondate su motivi di omofobia e transfobia è stato oggetto di un lungo e contrastato iter parlamentare.

La tentata modifica delle aggravanti comuni

All’inizio della XVI legislatura la Commissione Giustizia della Camera ha avviato l’esame di due proposte di legge (AA.C. 1658 e 1882) volte a fornire una tutela contro ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale del singolo o sulla sua identità di genere. Entrambe le proposte novellavano la legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo, integrando le ipotesi di discriminazione penalmente sanzionate dall’articolo 3. A seguito di un ampio dibattito svoltosi in Commissione, il testo risultante dall’esame in sede referente (AC 1658-1882-A) non interveniva sulla legge del 1975, ma introduceva nell’art. 61 del codice penale una nuova circostanza aggravante dei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, consistente nell'avere commesso il fatto per finalità inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa.

La Commissione Affari costituzionali in sede consultiva aveva formulato sul testo un parere favorevole a condizione che fosse adeguatamente definita la nozione di "orientamento sessuale", anche al fine di garantire il rispetto del principio costituzionale di determinatezza della fattispecie penale.

Tale testo è stato respinto dall’Assemblea, a seguito dell’approvazione di una questione pregiudiziale presentata dal gruppo dell’UDC per motivi di costituzionalità (seduta del 13 ottobre 2009). In particolare, in tale strumento procedurale si evidenziava, da un lato, la violazione dell’articolo 3 Cost., che sancisce il principio di uguaglianza, posto che chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court; dall’altro, l’indeterminatezza dell’espressione “orientamento sessuale” per violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali di cui all’art. 25 Cost.

Il tema è stato nuovamente posto all’attenzione della Camera con l’esame in Commissione giustizia di due nuove proposte di legge dell'opposizione: l’A.C. 2802 (Soro) cui è stata abbinata la proposta C. 2807 (Di Pietro). La proposta dell’On. Soro è stata anche inserita, in quota opposizione, nel calendario dell’Assemblea per il mese di maggio 2011. In prossimità dell’esame delle proposta in Assemblea, la Commissione giustizia ha però respinto una proposta di testo unificato presentato dalla relatrice, on. Concia (seduta del 18 maggio 2011).

Il testo unificato proposto dalla relatrice constava di due articoli. L’articolo 1 novellava il codice penale, inserendovi:

  • l’art. 599-bis (Circostanza aggravante); la disposizione prevedeva un aumento di pena quando i delitti contro la vita e l'incolumità individuale e contro l'onore fossero commessi in ragione della omosessualità o transessualità della persona offesa;
  • l’art. 615-sexies (Disposizione comune); la disposizione prevedeva un aumento di pena quando i delitti contro la personalità individuale, contro la libertà personale, contro la libertà morale e contro l'inviolabilità del domicilio fossero commessi in ragione della omosessualità o transessualità della persona offesa.

L’articolo 2, rubricato Lavoro di pubblica utilità, prevedeva che in caso di reati aggravati in base alle disposizioni precedenti la sospensione condizionale della pena potesse essere subordinata alla prestazione di attività non retribuita in favore di enti o associazioni che hanno lo scopo di tutelare le persone omosessuali o transessuali contro le discriminazioni.

La rappresentante in Commissione del Partito Democratico ha allora chiesto la revoca dell’abbinamento della proposta C. 2807 (Di Pietro), insistendo dunque per un voto sulla proposta originaria dell’On. Soro (C. 2802). Le proposta di legge A.C. 2802, analogamente al testo unificato esaminato nel 2009, era volta ad introdurre una tutela contro le discriminazioni fondate sull’omofobia e la transfobia novellando l’art. 61 c.p. e dunque introducendo una nuova circostanza aggravante che ricorre quando l’autore del delitto ha commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia (articolo 1). La proposta conteneva però un’esplicita indicazione di tali motivi, che venivano così qualificati: motivi di odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale della vittima del reato verso persone dello stesso sesso, verso persone del sesso opposto o verso persone di entrambi i sessi.

Anche in questo caso, l'Assemblea nella seduta del 26 luglio 2011 ha approvato le questioni pregiudizialità proposte, inerenti di nuovo la tassatività dei reati (art. 25 della Costituzione), sotto il profilo dell'indeterminatezza della condotta, e il principio di uguaglianza.

La tentata modifica della legge Reale e della legge Mancino

Il tema del contrasto all'omofobia non è stato tuttavia abbandonato dal Parlamento: la Commissione Giustizia della Camera ha infatti nuovamente avviato l'esame della proposta di legge A.C. 2807 (Di Pietro e altri) – che è potuta tornare all’esame della Commissione in sede referente perché disabbinata dall’A.C. 2802 prima del voto della Commissione - e della proposta di legge C. 4631 (Concia e altri). Entrambe le proposte intendevano contrastare i delitti commessi per finalità di discriminazione degli omosessuali o transessuali attraverso la novella di due disposizioni vigenti:

- la legge 654/1975 (c.d. Legge Reale), di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, che all'articolo 3 sanziona le condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione. Analiticamente, l’articolo 3 punisce:

  • chiunque diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro);
  • chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni);
  • chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 6 mesi a 4 anni);
  • chiunque promuove o dirige organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 1 a 6 anni).

- il decreto-legge 122/1993 (c.d. Legge Mancino) che ha provveduto ad inasprire le pene per i delitti previsti dalla legge del 1975 e ha introdotto (articolo 1) sanzioni accessorie in caso di condanna (dall’obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all’obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale). Il D.L. n. 122/1993, inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all’articolo 3 della legge 654/1975, all’articolo 2 ha previsto sanzioni penali per:

  • chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull’odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all’art. 3 della legge n. 654/1975 (art. 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro;
  • chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (art. 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).

Infine, il decreto-legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato - ad eccezione di quelli per i quali è previsto l’ergastolo - commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654/75, la pena viene aumentata fino alla metà.

La Commissione - nella seduta del 24 ottobre 2012 - ha adottato come testo base l'A.C. 2807 che interviene su tutte le fattispecie previste dalla legge del 1975 aggiungendo alle attuali forme di discriminazione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi), la discriminazione fondata sull’omofobia o sulla transfobia conseguentemente novellando anche il decreto-legge 122/1993. Nella seduta del 7 novembre 2012, peraltro, la Commissione ha approvato un emendamento soppressivo dell'articolo 1 delle proposta, con conseguente caducazione degli articoli seguenti. La contrarietà della Commissione al testo della proposta nella sua complessità ha determinato un cambio di relatore e il mandato a riferire all'Assemblea in senso contrario sulla proposta di legge C. 2807. L'Assemblea non ha esaminato il provvedimento.

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