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DL 10/2010 - Competenza della Corte di assise

Il decreto-legge 10/2010, convertito con voto unanime, ha esteso la competenza per materia delle Corti d'assise, mantenendo però ai tribunali, anche per i procedimenti in corso, la competenza per i delitti di associazione di tipo mafioso, anche nelle ipotesi aggravate. Senza questo intervento normativo le fattispecie aggravate sarebbero ricadute nella competenza della Corte d'assise, in forza della legge 251/2005, come affermato ad inizio 2010 dalla Cassazione (sentenza n. 4964 del 2010).

Contenuto del provvedimento

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.C. 3322) attribuiva al provvedimento la finalità di superare il rischio concreto che dibattimenti importanti e complessi potessero essere annullati a seguito della sopravvenuta competenza della Corte d´assise.

Per impedire questa conseguenza il decreto-legge 10/2010 novella l’articolo 5 del codice di procedura penale, in materia di competenza per materia della Corte d’assise e incide, conseguentemente, sulla competenza residuale del tribunale (art. 6 c.p.p.).

L’articolo 5 c.p.p., nel testo antecedente all’entrata in vigore del decreto-legge, attribuiva aIla competenza di tale giudice:

  • i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e i delitti previsti dall'articolo 630, primo comma, del codice penale (sequestro di persona a scopo di estorsione) e dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (t.u. stupefacenti);
  • i delitti consumati previsti dagli articoli 579 (Omicidio del consenziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio), 584 (Omicidio preterintenzionale) del codice penale;
  • ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586 (Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto), 588 (Rissa) e 593 (Omissione di soccorso) del codice penale;
  • delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione (la legge n. 645 del 1952 reca sanzioni sulla riorganizzazione del partito fascista), dalla legge n. 962 del 1967 (sulla prevenzione e repressione del delitto di genocidio) e nel titolo I del libro II del codice penale (delitti contro la personalità dello Stato), sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.

La competenza per materia del tribunale è individuata in via residuale: in base all’articolo 6 c.p.p. il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise o del giudice di pace (la cui competenza per materia è definita dall’articolo 4 del d.lgs. n. 274 del 2000).

A seguito dell'emanazione del decreto-legge è stata esclusa la competenza della Corte d’assise - da cui conseguentemente deriva la competenza del tribunale:

  • per i delitti, comunque aggravati, di associazioni di tipo mafioso anche straniere (anche se dall’applicazione di circostanze aggravanti deriva la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 24 anni);
  • per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (punito con la reclusione da 25 a 30 anni).

    Il decreto-legge ha invece attribuito alla competenza della Corte d’assise i seguenti ulteriori delitti consumati o tentati:

    • associazione a delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (Tratta di persone) e 602 (Acquisto e alienazione di schiavi), nonché all’articolo 12, comma 3-bis, del testo unico immigrazione (ipotesi aggravate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) (articolo 416, sesto comma, c.p.);
    • riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), Tratta di persone (Art. 601 c.p.) e Acquisto e alienazione di schiavi (Art. 602 c.p.);
    • delitti con finalità di terrorismo sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.

    L’articolo 1, comma 2, e l’articolo 2 del decreto-legge 10/2010 dettano due disposizioni transitorie, la prima di portata generale, la seconda specificamente riferita ai procedimenti in corso relativi al delitto di associazioni di tipo mafioso anche straniere disponendo:

    • l’applicabilità dei nuovi criteri di ripartizione della competenza tra tribunale e corte d’appello anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge (13 febbraio 2010) limitatamente ai casi in cui, alla data del 30 giugno 2010, non sia stata esercitata l’azione penale;
    • la competenza del tribunale per i  procedimenti in corso relativi ai delitti, comunque aggravati, di cui all’articolo 416-bis c.p., anche nell’ipotesi in cui sia stata già esercitata l’azione penale, salvo che, prima del 13 febbraio 2010, sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla corte d’assise.

    La relazione illustrativa giustifica tale ultima disposizione in relazione al rischio concreto dell’annullamento di dibattimenti importanti e complessi incardinati presso i tribunali nonché della scadenza di termini di custodia cautelare a seguito della sentenza n. 4964 dell’8 febbraio 2010. Con tale sentenza, la Corte di Cassazione, risolvendo un conflitto negativo di competenza fra un tribunale e una corte di assise, ha affermato che l’aggravamento dei limiti edittali di pena operato dalla legge 251/2005 in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis c.p. ha determinato un diverso riparto di competenza tra Tribunale e Corte d´Assise. In particolare, l’aumento di pena per l’ipotesi aggravata di associazione armata nei confronti di promotori, direttori ed organizzatori di cui all’art. 416-bis, comma quarto, c.p., fissata dall´art. 1 della legge 251/2005, nella reclusione da dieci a ventiquattro anni, determina la sopravvenuta competenza della Corte d’assise, qualora la consumazione del reato associativo (che ha carattere permanente) si sia protratta oltre la data di entrata in vigore della legge 251/2005. La Cassazione ha aggiunto che le ipotesi (anche aggravate) di partecipazione all’associazione rimangono di competenza del tribunale, ma sussistendo una connessione tra procedimenti a carico di dei partecipi di rango primario e quelli nei confronti di partecipi di rango secondario, in base all’articolo 15 c.p.p., viene attratto nella competenza della Corte d’assise anche il procedimento per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa necessariamente connesso.

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