Anche nella XVI legislatura, e sulla scia di sempre più eclatanti vicende di cronaca, il Parlamento ha affrontato il tema della lotta all corruzione tentando di individuare strumenti per prevenire un fenomeno che appare così esteso nel nostro Paese (si veda il Rapporto Greco del 2009 e, da ultimo, il Rapporto sulla corruzione presentato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo il 22 ottobre 2012) e per reprimere efficacemente gli autori degli illeciti.
Nel corso della XVI legislatura il Parlamento ha ratificato tre Convenzioni internazionali, una delle Nazioni Unite e due del Consiglio d'Europa, volte a reprimere il fenomeno della corruzione.
Il primo intervento del Parlamento in tema di lotta alla corruzione è stato infatti l'approvazione della legge 116/2009, di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite fatta a Merida nel 2003.
Pochi mesi dopo, il Senato ha avviato l'esame di un disegno di legge del Governo Berlusconi (AS. 2156) che affrontava il tema della lotta alla corruzione prevedendo un generale inasprimento delle pene per i delitti contro la pubblica amministrazione. Il complesso iter della legge "anticorruzione" influenzerà anche l'approvazione dei progetti di legge di ratifica di due convenzioni del Consiglio d'Europa, che il Parlamento deciderà di ratificare senza disposizioni di adeguamento interno, ritenendo che ogni ulteriore modifica al diritto penale sostanziale dovesse trovare sede nel progetto di legge anticorruzione, poi legge 190/2012.
Pertanto, con la legge 110/2012, il Parlamento ha ratificato la Convenzione penale di Strasburgo del 1999 sulla corruzione che impegna, in particolare, gli Stati a prevedere l'incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva tanto di funzionari nazionali quanto stranieri; di corruzione attiva e passiva nel settore privato; del cosiddetto traffico di influenze; dell'autoriciclaggio. Con la legge 112/2012 ha ratificato la Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo nel 1999 e diretta, in particolare, ad assicurare che negli Stati aderenti siano garantiti rimedi giudiziali efficaci in favore delle persone che hanno subito un danno risultante da un atto di corruzione.
Il disegno di legge A.S. 2156, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione è stato presentato dal Ministro della giustizia Alfano al Senato nel maggio 2010 (sul contenuto originario del disegno di legge si veda il Dossier del Servizio studi del Senato) ed approvato il 15 giugno 2011. Alla Camera l'A.C. 4434 - il cui contenuto è descritto nel Dossier del Servizio studi - è stato esaminato dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia che nelle sedute del 13 settembre e del 14 settembre 2011 hanno svolto sul tema un'indagine conoscitiva. Approdato in Assemblea nel maggio 2012, il provvedimento è stato ampiamente modificato rendendo necessario un nuovo passaggio al Senato (A.S. 2156-B). Anche le commissioni del Senato hanno svolto numerose audizioni, acquisendo ulteriori elementi conoscitivi; il 12 ottobre 2012 l'Assemblea del Senato ha approvato il testo con modifiche, rendendo necessario un ultimo esame alla Camera. In particolare, al Senato, a seguito dell’approvazione di un maxiemendamento del Governo, i primi 26 articoli del disegno di legge sono stati sostituiti e inglobati in un articolo unico.
La legge 190/2012, definitivamente approvata dalla Camera il 31 ottobre 2012, presenta un contenuto eterogeneo:
L'articolo 1 della legge individua l’autorità nazionale competente a coordinare l’attività di contrasto al fenomeno corruttivo nella pubblica amministrazione, nonché le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell’illegalità. In sintesi, il nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione a livello nazionale si fonda sulla collaborazione tra la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni.
In particolare, il comma 2 dell’articolo 1 individua, quale Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – CIVIT, così modificando la precedente distribuzione delle competenze in questa materia.
Per quanto concerne l’attuazione in Italia delle disposizioni sulle autorità nazionali anticorruzione, occorre infatti ricordare che, in un primo momento, con la legge n. 3/2003[1] (art. 1), era stato istituito l’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e degli altri illeciti nell’ambito della pubblica amministrazione. Successivamente, il D.L. n. 112 del 2008 (art. 68, co. 6 e 6-bis), ha soppresso la figura dell’Alto Commissario e trasferito le strutture e funzioni al “Ministro competente”, con facoltà per quest’ultimo di delegare un sottosegretario di Stato. In attuazione di tale disposizione, con D.P.C.M. 2 ottobre 2008 (art. 1) è stato attribuito al Dipartimento della funzione pubblica il compito di:
Il Dipartimento della funzione pubblica esercitava tali funzioni attraverso il Servizio Anticorruzione e trasparenza (SAeT) dello stesso Ministero. Confermando l’assetto di competenze successivo al D.L. 112, l’articolo 6 della legge 116/2009 di ratifica della Convenzione ONU ha designato quale autorità nazionale ai sensi dell'art. 6 della Convenzione il soggetto al quale sono state trasferite le funzioni dell'Alto Commissario, ai sensi dell'art. 68, comma 6-bis, del decreto-legge 112/2008.
Pertanto, con la legge 190 la Civit – a cui peraltro la normativa istitutiva già attribuisce il compito di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza nelle pa – si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che ha ricoperto tale veste sino a quel momento.
La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – Civit è stata istituita exarticolo 13 del decreto legislativo 150/2009 con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione delle amministrazioni; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. A tali attribuzioni si affianca il compito di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità dei dati inerenti al loro funzionamento. La Commissione esercita le proprie attribuzioni «in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia», in collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare, ai sensi del comma 8 dell’articolo 13 del d.lgs. 150, nell’ambito della Commissione è istituita la Sezione per l'integrità e la trasparenza delle amministrazioni, a cui sono assegnati, con delibera della Commissione, personale della struttura ed esperti di elevata professionalità ed esperienza sui temi della prevenzione e della lotta alla corruzione. La Sezione ha il compito di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza nelle amministrazioni pubbliche e sviluppare interventi a favore della cultura dell'integrità.
Le funzioni affidate alla Commissione in materia di lotta alla corruzione attengono prevalentemente al ruolo di rappresentanza istituzionale, specie nei rapporti con i competenti organismi internazionali, nonché di vigilanza e controllo sulle politiche di contrasto alla corruzione e sull’efficacia delle singole misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Più nel dettaglio, alla Commissione è affidato il compito di:
Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento (art. 1, co. 4). Infatti, il Dipartimento:
Le pubbliche amministrazioni centrali predispongono un piano di prevenzione della corruzione e adottano procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo la rotazione di funzionari e dirigenti in tali settori (co. 5). Il piano è adottato entro il 31 gennaio di ogni anno a proiezione triennale, dall’organo di indirizzo politico e viene trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica; la sua elaborazione non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione (co. 8). Anche gli enti locali predispongono il piano e, a tal fine, possono richiedere al prefetto il necessario supporto tecnico e informativo del prefetto (co. 6).
Per quanto riguarda contenuti ed obiettivi (co. 9), il piano è funzionale a:
Le pubbliche amministrazioni centrali e gli enti locali individuano un responsabile della prevenzione della corruzione. Nelle prime, questi è scelto di norma tra i dirigenti di ruolo di prima fascia in servizio, mentre negli enti locali coincide con il segretario, salva diversa motivazione (co. 7). Il responsabile (co. 8 e 10):
In tema di responsabilità sono individuate nuove fattispecie. In particolare, la mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure di selezione e formazione costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale (co. 8). Inoltre, il responsabile della prevenzione, in caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato risponde, per responsabilità dirigenziale e sul piano disciplinare, per danno erariale e danno all’immagine della p.a. salva la prova di aver predisposto il piano di prevenzione prima della commissione del fatto, di averne osservato le prescrizioni e di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano (co. 12). La sanzione disciplinare non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi. Il responsabile della prevenzione risponde per responsabilità dirigenziale e sul piano disciplinare, per omesso controllo, anche nell’ipotesi di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano da parte dei dipendenti dell’amministrazione, per i quali tali condotte costituiscono illecito disciplinare (co. 14).
I commi da 15 a 36 dell’articolo 1 della legge recano norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa. Si ribadisce, attraverso il richiamo al d.lgs. 150/2009, che la trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (co. 15). La trasparenza, si prevede, è assicurata attraverso la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi. Sono oggetto di pubblicazione anche i bilanci e i conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati. I criteri che devono essere seguiti nella pubblicazione sono: facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.
Le pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 16, assicurano i livelli essenziali di cui sopra con particolare riferimento ai procedimenti di:
Le informazioni pubblicate sono trasmesse in via telematica alla CIVIT (co. 27). Tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alla procedure ordinarie (co. 26). Con riferimento a tutti i procedimenti amministrativi, la legge (art. 1, co. 28) impone, inoltre, alle pubbliche amministrazioni di provvedere al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali anche al fine di evidenziare e risolvere eventuali anomalie. I risultati devono poter essere consultabili sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione.
Ulteriori misure volte ad assicurare la trasparenza amministrativa sono:
Per l’attuazione dei nuovi obblighi di pubblicità, il comma 31 demanda ad uno o più decreti interministeriali, da adottare sentita la Conferenza unificata. Specifiche prescrizioni sono stabilite dal comma 32 per la pubblicazione delle informazioni relative alla scelta del contraente, prevedendo obblighi in capo alle stazioni appaltanti e all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.
Il comma 33 stabilisce che la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni, costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198/2009e, dunque, presupposto per avviare la c.d. class action della pubblica amministrazione (su cui, si v. Decreto legislativo 198/2009 - Tutela collettiva nei confronti della P.A.). È, altresì, valutata ai sensi dell'art. 21, D.lgs. 165/2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
Per quanto riguarda, l’ambito di applicazione soggettivo, le regole sulla trasparenza introdotte dalla L. 190/2012 sono destinate alle amministrazioni pubbliche come individuate dall’art. 1, co. 2, D.lgs. 165/2001, agli enti pubblici nazionali e alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loto attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o dell’UE (co. 34).
Infine, il legislatore ha disposto una delega al Governo (co. 35 e 36), da attuare con un unico decreto legislativo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per il riordino della normativa in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazione da parte delle p.a., che, oltre alla ricognizione ed il coordinamento di tutte le disposizioni vigenti, preveda:
Lo schema di decreto legislativo è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 15 febbraio 2013.
I commi da 19 a 24 dell'articolo 1 della legge 190/2012 intervengono sul c.d. Codice degli appalti (d.lgs. 163/2006) per modificare la disciplina degli arbitrati. In particolare la riforma novella l'art. 241 del Codice - che, nell’ambito della Parte IV (Contenzioso) disciplina l’arbitrato, a cui possono essere deferite le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario - specificando che:
La legge sulla corruzione nella pubblica amministrazione introduce alcune modifiche alla La disciplina del procedimento amministrativo, recata dalla legge n. 241/1990 (legge proc.).
Innanzitutto (co. 37), si modifica l’articolo 1 della legge prevedendo che i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative debbano non solo seguire criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, ma anche assicurare nella propria attività livelli di garanzia non inferiori a quelli cui sono tenute le pubbliche amministrazioni.
Inoltre, l’articolo 1, co. 38, con una modifica all’art. 2, co. 1, della L. 241, prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di concludere il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata qualora ravvisino “la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”. La semplificazione consiste nel fatto che la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. In tal modo, s’intendono fornire gli strumenti per attuare correttamente l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, già sancito dall’articolo 2 della L. 241, nei casi in cui si riscontri l’assoluta mancanza dei presupposti per l’avvio della stessa istruttoria, al fine di realizzare un’ulteriore semplificazione ed accelerazione dell’attività amministrativa.
L’art. 1, co. 41, ha introdotto il nuovo articolo 6-bis della L. 241/1990, ai sensi del quale il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale hanno un dovere di astensione in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale. Non sono indicate le conseguenze della violazione di tale disposizione da parte del dipendente. La disposizione, che ha finalità di evitare l’insorgere di fenomeni di illegalità e di corruzione, pare esplicitazione del più generale dovere di imparzialità, sancito dall’articolo 97 della Carta costituzionale, nonché dalla stessa legge proc., in base al cui art. 1, l’attività amministrativa deve essere retta dal criterio di imparzialità.
Sempre al fine di garantire l’imparzialità e la massima trasparenza dell’attività amministrativa, il comma 47 dell’art. 1 aggiunge al comma 2 dell'articolo 11 della legge proc. la disposizione secondo la quale agli accordi sostitutivi o integrativi del provvedimento si applica la disciplina sulla motivazione di cui all’articolo 3. Pertanto, tali accordi devono essere motivati, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
Inoltre, senza modificare la legge 241, l’articolo 1, co. 48 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per introdurre una disciplina organica degli illeciti e delle sanzioni disciplinari correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi.
Infine, l’art 1, co. 62 della legge dispone in tema di danno all’immagine della pubblica amministrazione, inserendo due nuovi commi all’articolo 1 della legge 20/1994 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare si prevede: una presunzione fino a prova contraria relativa alla quantificazione del danno all’immagine della PA, derivante dalla commissione di un reato contro la stessa p.a. da parte del dipendente (il danno si presume essere pari al doppio del valore patrimoniale illecitamente percepito dal dipendente); la concessione del sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all’immagine in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale.
Alcune disposizioni della legge 190 incidono direttamente sulla disciplina dei dipendenti pubblici, introdotte in molti casi con lo strumento della novella al D.lgs. 165/2001. Le modifiche principali riguardano:
Infine, la legge 190 (all’art. 1, co. 49) contiene un’ulteriore delega al Governo avente un duplice oggetto. Da un lato, la modifica della disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle p.a. e negli enti privati che svolgono funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi per le p.a. o gestione di servizi pubblico. Dall’altro, la modifica della disciplina vigente in tema di incompatibilità tra incarichi dirigenziali e di vertice e lo svolgimento di incarichi elettivi o la titolarità di interessi privati che si possono porre in contrasto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche. Tra i criteri per l’esercizio della delega (co. 50) si segnala la necessità di prevedere la non conferibilità di incarichi dirigenziali:
L'articolo 1, commi da 52 a 58, della legge 190/2012 detta una serie di disposizioni volte a prevenire le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti di lavori. In particolare, la legge anticorruzione prevede l'istituzione presso ogni prefettura di c.d. white list, ovvero elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di opere non soggetti a infiltrazione mafiosa.
Già in precedenti occasioni nel corso della legislatura il parlamento aveva previsto l'istituzione di questi elenchi. Si ricordano, in particolare,
- l'art. 4 del decreto-legge 70/2011 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia) che per l’efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici ha, per primo, generalizzato l’istituzione di “white list” di imprese presso le Prefetture, prima previsto in singole leggi speciali (normative sulla ricostruzione in Abruzzo, sulle opere per l'EXPO 2015, sul piano carceri);
- l'art. 5-bis del decreto-legge 74/2012 (Terremoto Emilia) che prevede – per l’efficacia dei controlli antimafia sugli interventi di ricostruzione post-terremoto - che presso le prefetture delle province interessate agli interventi stessi siano istituite le cd. white list ovvero gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori considerati soggetti non a rischio di infiltrazione mafiosa, cui si rivolgono gli esecutori dei lavori di ricostruzione. Va sottolineato come il comma 1 dell’art. 5-bis del DL 74/2012 prevede – diversamente dall’art. 4 del D.L. 70/2011, per cui è facoltativo – il ricorso obbligatorio, per gli esecutori dei lavori di ricostruzione, ad una delle imprese inserite nella white list.
Si ricorda che l'art. 91, comma 7, del D.Lgs 159/2011 (Codice antimafia) affida ad un regolamento, da adottare con D.M. Interno, l'individuazione delle diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa per le quali, indipendentemente dal valore del contratto, è sempre obbligatoria l'acquisizione dell'informazione antimafia.
Analiticamente, la legge anticorruzione:
La riforma diventerà operativa a partire dal sessantesimo giorno successivo all'emanazione di un decreto attuativo del Presidente del consiglio dei ministri (comma 57).
L’articolo 1, co. 59, dispone in via generale in ordine all’ambito di applicazione delle disposizioni anticorruzione dei commi da 1 a 57 che investe tutte le amministrazioni pubbliche indicate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001. Contiene inoltre una clausola di adeguamento (co. 60) ad alcune disposizioni recate dalla legge per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, nonché per gli enti locali, gli enti pubblici e i soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.
In particolare, si stabilisce che i relativi adempimenti siano adottati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in sede di Conferenza unificata e riguardano:
La legge anticorruzione, all’articolo 1, co. 63-65, delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.lgs 267/2000 c.d. TUEL, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
Si tratta di riordinare ed armonizza la normativa vigente, disseminata in distinte fonti normative, secondo alcuni principi e criteri direttivi:
In chiusura della legislatura, la delega è stata attuata con il D.lgs. 235/2012, che completa il quadro delle novità intervenute in materia di Ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità parlamentari.
La legge anticorruzione vieta ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico (art. 1, comma 18), pena la decadenza dalla carica e la nullità degli atti compiuti.
Rispetto agli stessi soggetti, i commi da 66 a 74 dell'articolo 1 della legge prevedono l’obbligo del collocamento fuori ruolo per l’attribuzione degli incarichi apicali o semiapicali presso istituzioni, organi ed enti pubblici. La legge delega inoltre il Governo a individuare gli ulteriori incarichi per i quali il collocamento fuori ruolo è obbligatorio. In particolare, la legge 190/2012:
I commi da 75 a 83 dell'articolo 1 della legge 190/2012 apportano modifiche al codice penale e al codice di procedura penale con la sue disposizioni di attuazione, al codice civile e al decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa degli enti (d.lgs. 231/2001).
La legge 190/2012 (art. 1, comma 75) introduce numerose modifiche al codice penale; in primo luogo, aumenta le pene previste per i seguenti delitti contro la pubblica amministrazione:
Inoltre, la legge ridefinisce alcune fattispecie penali e ne introduce di nuove. Analiticamente:
Sull'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio nel testo dell'articolo 317 c.p. si è sviluppato un particolare dibattito nella seduta del 22 maggio 2012 delle Commissioni riunite alla Camera. Sul punto è intervenuto, in risposta ad alcune richieste di chiarimenti, il Ministro della giustizia Severino che ha evidenziato come la scelta di non prevedere più l'incaricato di pubblico servizio quale autore del reato trovi la propria giustificazione nella considerazione che questi non ha poteri tali da essere in grado di costringere il soggetto passivo del reato, mentre è in grado di indurlo indebitamente a dare o promettere delle utilità. Il Ministro ha proseguito osservando poi come, in sostanza, la nuova formulazione dei reati di concussione, corruzione per l'esercizio della funzione e induzione indebita a dare o promettere utilità tenga conto, per quanto attiene al soggetto attivo del reato, della diversa forza coercitiva del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio. L'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio ripristina sul punto il testo dell'articolo 317 del codice penale vigente anteriormente alla riforma effettuata con la legge n. 86 del 1990.
Ulteriori modifiche al codice penale hanno, soprattutto, natura di coordinamento essendo prevalentemente volte ad estendere l'ambito di applicazione di alcune disposizioni codicistiche mediante l'inserimento nelle medesime del rinvio alle nuove fattispecie incriminatrici. Da ultimoInfine, la legge
La legge 190/2012 (art. 1, comma 76) novella il codice civile sostituendo l'art. 2635 (prima rubricato Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità), e rubricandolo corruzione tra privati.
La disposizione prevede - al comma 1 - che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. Il comma 2 dispone l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma. Il successivo comma 3 prevede che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e secondo comma sia punito con le pene ivi previste. Il comma 4, infine, statuisce che le pene stabilite nei commi precedenti siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. 58/1998). Il delitto è procedibile a querela.
L'art. 1, comma 77 della legge anticorruzione coordina la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche (d.lgs 231/2001) con le novelle introdotte nel codice penale (v. sopra). In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati:
La legge anticorruzione interviene (art. 1, comma 78) anche sull'art. 308 del codice di procedura penale, in tema di durata massima delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare. Inserendo nella disposizione un ulteriore comma si prevede che, nel caso in cui si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314 (Peculato), 316 (Peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (Concussione), 318 (Corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (Corruzione in atti giudiziari), 319-quater, primo comma (Induzione indebita a dare o promettere utilità), e 320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, le misure interdittive perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione (in luogo dell'ordinario termine di due mesi). Si dispone, inoltre che, in ogni caso, qualora tali misure siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice possa disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione sia decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale.
La legge novella anche (art. 1, comma 79) l'art. 133 delle norme di attuazione del codice di rito, prevedendo che anche il decreto che - ai sensi dell'articolo 429 del predetto codice - dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all’articolo 319-quater del codice penale (Induzione indebita a dare o promettere utilità), sia comunicato alle amministrazioni o agli enti di appartenenza del dipendente pubblico.
Infine, la legge 190/2012