Le difficoltà nel conseguimento degli obiettivi fissati dalla strategia annunciata a West Point e riconfermata a distanza di un anno (16 dicembre 2010) - ossia sottrarre l’iniziativa ai taleban, proteggere la popolazione e sostenere l’esecutivo nel miglioramento della governance – insieme a forti dubbi nell’opinione pubblica americana sui costi connessi ad un approccio dagli esiti incerti, hanno portato l'Amministrazione ad un ripensamento della questione.
L’avvio di una strategia di transizione che prevede il passaggio delle responsabilità di sicurezza alle forze armate e di polizia afghane, con l'obiettivo di giungere entro il 2014 al completo ritiro delle truppe di combattimento operanti nel quadro della missione ISAF è emerso dal Vertice Nato di Lisbona (19-20 novembre 2010).
Sull’interpretazione del termine temporale si è aperto nella comunità internazionale un dibattito dagli esiti potenzialmente pericolosi in quanto, da un'interpretazione del 2014 come scadenza rigida (come nel caso di Spagna e Canada) sarebbe derivato un atteggiamento attendista degli insurgents, pronti a un nuovo dispiegamento massiccio del loro potenziale dopo il ritiro degli assetti combat internazionali. Non a caso, il presidente Obama ha sottolineato da subito la determinazione a non abbandonare in nessun caso l’Afghanistan a se stesso dopo il 2014. Nella medesima direzione opera anche l’accordo di partenariato di lungo periodo tra Karzai e il Segretario generale della NATO, in base al quale il sostegno internazionale all'Afghanistan continuerà fino al raggiungimento della reale possibilità afgana di far fronte al possibile ritorno dei taleban. Barak Obama, inoltre, per rassicurare i paesi occidentali preoccupati dalle possibili operazioni sui territori nazionali di terroristi con basi in Afghanistan, ha assicurato il mantenimento in Afghanistan di una efficiente struttura di controterrorismo sino al perdurare della minaccia di Al Qaida. L’Italia ha preannunciato l'invio di 200 addestratori.