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La condizione dei cristiani in Pakistan

 Secondo l’Osservatorio sulla libertà religiosa   curato dall’Associazione ACS - Aiuto alla Chiesa che Soffre, il già complesso quadro della libertà religiosa in Pakistan ha avuto nel 2011 il suo annus horribilis. I due omicidi di esponenti politici di primo piano, il governatore musulmano del Punjab Salman Taseer e il Ministro federale per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, per mano di estremisti islamici, sono strettamente legati al tema della libertà religiosa in quanto entrambi i leader sono caduti perché favorevoli ad abolire, o almeno modificare, la cosiddetta legge antiblasfemia.

La legge antiblasfemia (sezione 296, paragrafi B e C del Codice penale pakistano), introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq, punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e prevede la condanna a morte per chi insulta il Profeta; sin dalla sua entrata in vigore la legge viene strumentalizzata per risolvere controversie private e usata anche come mezzo di oppressione delle minoranze religiose. Secondo la Catholic Church’s National Commission for Justice and Peace (NCJP) pakistana, delle 993 persone incriminate ai sensi di tali norme nel periodo 1986-2010, 120 (12%) sono cristiani.

Sebbene la Costituzione pakistana stabilisca che la Repubblica islamica del Pakistan è ufficialmente un paese laico, la legge antiblasfemia e le Ordinanze Hudood, anch’esse in vigore, continuano ad affliggere le minoranze religiose.

Le Ordinanze Hudood sono norme di diritto penale basate sul Corano approvate nel 1979, sotto la giunta militare del generale Ziaul-Haq. Composte da quattro parti e destinate a regolare i temi della proprietà, dell'adulterio e delle proibizioni religiose, prevedono la flagellazione e la lapidazione per i comportamenti incompatibili con la legge islamica (adulterio, gioco d’azzardo, consumo di alcool).

 Il caso specifico che è costato la vita ai due leader pakistani è la vicenda (iniziata al 19 giugno 2009) di Asia Bibi, cittadina pakistana di religione cristiana della provincia del Punjab (Pakistan orientale), denunciata per blasfemia e condannata alla pena capitale dal Tribunale distrettuale di Nankana. La condanna a morte della prima donna pakistana in base alla legge sulla blasfemia ha suscitato la reazione immediata della comunità internazionale e della Santa Sede, attivatisi presso le autorità di Islamabad a favore sia di un approfondimento delle accuse mosse alla Bibi in vista del prosieguo dell’iter giudiziario, sia di una più stretta vigilanza contro l’abuso della legge sulla blasfemia finalizzato alla discriminazione delle minoranze cristiane. Tuttavia, sia l’ipotesi della concessione della grazia ad Asia Bibi (dall’inizio del 2011 in cella di isolamento nel carcere di  Sheikhpura, in Punjab, dopo che sulla sua testa era stata messa una taglia) sia i progetti di modifica o di abrogazione della legge antiblasfemia sono naufragati di fronte alla reazione dei movimenti religiosi islamici pachistani, propugnatori dell’esecuzione della sentenza capitale nei confronti di Asia Bibi e del tutto contrari ad ogni ipotesi di modifica della legge sulla blasfemia.

 La spirale di violenza ha avuto esito il 4 gennaio 2011 nell’omicidio, da parte di una guardia del corpo, del governatore del Punjab, Salman Taseer, musulmano, personalmente mobilitatosi a favore della grazia per la Bibi. Il 2 marzo 2011 i talibani pakistani hanno assassinato a Islamabad Shahbaz Bhatti ministro cristiano per le minoranze, a causa della sua campagna contro la legge antiblasfemia.   

Il dibattito sulla legge era giunto sino alla presentazione in Parlamento di un proposta di revisione della legge antiblasfemia firmata da Sherry Rehman, parlamentare del Pakistan People's Party, il partito di maggioranza, successivamente nominata ambasciatrice del Pakistan negli Stati Uniti. La proposta, presentata proprio sull’onda del caso di Asia Bibi, prevedeva, fra l’altro: cinque anni di carcere invece della pena di morte per i presunti blasfemi; pene severe per chi formula false accuse di blasfemia e per chi incita all’odio religioso; il passaggio dei procedimenti giudiziari per blasfemia alla competenza dell’Alta Corte; la necessità di prove e garanzie preventive all’arresto di un accusato. La sollevazione dei gruppi e dei partiti religiosi estremisti, culminata con l'accusa di blasfemia alla stessa Rehman, ha indotto al ritiraro del disegno di legge mettendo a tacere ogni il dibattito sul tema dopo gli assassini di Taseer e Bhatti.

La reazione del Governo ai due omicidi, sostanziatasi – come sostenuto da difensori dei diritti umani – in un atteggiamento più orientato a placare gli estremisti che a ritenerli responsabili, ha incoraggiato questi ultimi a porre in essere ulteriori azioni intimidatorie dando esito a un incremento dei casi di accusa per blasfemia.

Sulla difficile condizione delle minoranze religiose, sull'urgenza di tutela della libertà religiosa e sulla crescita dell'estremismo, le cifre e le analisi fornite da recenti rapporti di accreditati analisti locali sono concordi. Si tratta delle analisi condotte da Human Rights Commission of Pakistan (HRCP), una delle maggiori ONG del Paese (Perils of Faith, dicembre 2011); dalla Commissione Giustizia e Pace, espressione istituzionale della Chiesa cattolica (Human Rights Monitor 2011); dal Jinnah Institute, think-thank laico, già diretto dall’attuale ambasciatrice pakistana negli Stati Uniti, Sherry Rehman, di cui fanno parte intellettuali musulmani (A Question of Faith, 7 giugno 2011) .

 Uno studio condotto nel 2011 dalla United States Commission on International Religious Freedom – USCIRF, basato sull’esame del contenuto dei libri di testo e su interviste a studenti ed insegnanti  ha indicato nel sistema scolastico la radice del diffuso radicalismo islamico spiegando quindi perché la militanza è spesso sostenuta, tollerata e giustificata. Gli esiti della ricerca hanno infatti evidenziato che i membri delle minoranze religiose sono spesso dipinti come cittadini inferiori o di seconda categoria.

USCIRF (United States Commission on International Religious Freedom)  è una commissione indipendente e bipartisan dell’Amministrazione federale statunitense, i cui membri sono di nomina presidenziale, incaricata dell’esame delle violazioni della libertà religiosa a livello internazionale al fine di formulare raccomandazioni politiche per il Presidente, il Segretario di Stato e il Congresso. USCIRF pubblica ogni anno un rapporto che presenta una graduatoria dei paesi dove sono documentati abusi e limitazioni della libertà di religione; il livello di gravità assegnato a ciascun paese determina il tipo di azione che l’Amministrazione prenderà al riguardo. Nell’edizione 2012 il Pakistan si conferma CPC (Country of Particular Concern), il livello più severo di gravità, assegnato ai paesi il cui governo ha commesso o tollerato violazioni enormi, sistematiche e protratte della libertà religiosa. A gennaio 2013 la Corte Suprema del Pakistan ha approvato la richiesta di processare per blasfemia l’ambasciatrice pakistana negli USA Sherry Rehman, richiesta che era stata respinta da un tribunale di prima istanza del capoluogo provinciale del Punjab. La Rehman era stata denunciata nel febbraio 2010 dopo la sua partecipazione ad un programma televisivo da una persona che si era detta “sconvolta” dalla sua posizione riguardo alla “legge antiblasfemia”. Gli osservatori hanno giudicato la decisione della Corte Suprema pakistana un risultato importante per gli estremisti religiosi e per le loro affiliazioni politiche, ed un ulteriore elemento di dissuasione verso che si oppone agli effetti più arbitrari o severi di una legge che finisce per diventare strumento di oppressione contro le minoranze, ma anche contro musulmani moderati o modernisti. L’agenzia pontificia Fides ha rilevato che solo un anno fa l’Jinnah Insitute, allora diretto dalla Rehman, segnalava come il giudizio contro Asia Bibi fosse stato viziato da evidenti pressioni di estremisti islamici e motivato da vendetta personale.