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Temi dell'attività Parlamentare

La rete scolastica

 

Il quadro normativo vigente all'avvio della XVI legislatura

Gli articoli 137 e 138, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 112/1998 hanno, rispettivamente, confermato l’attribuzione allo Stato delle funzioni concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, e delegato alle regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione della medesima rete, sulla base dei piani provinciali.

Subito dopo, il D.P.R. 233/1998, recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, ha disposto, all’art. 2, che l’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, nonché di ricerca e progettazione educativa, è riconosciuta alle istituzioni scolastiche che raggiungono le dimensioni idonee a garantire l’equilibrio ottimale fra domanda di istruzione e organizzazione dell’offerta formativa, prevedendo, a tal fine, la definizione dei piani provinciali di dimensionamento.

In particolare, ha stabilito che, per acquisire o mantenere la personalità giuridica, gli istituti devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile per almeno un quinquennio, compresa fra 500 e 900 unità, con alcune deroghe (in particolare, nelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, gli indici di riferimento possono essere ridotti fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine o tipo). Per agevolare il conseguimento dell’autonomia, ha altresì previsto, per le scuole che non raggiungono gli indici di riferimento, l’unificazione orizzontale con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale, ovvero l’unificazione verticale in istituti comprensivi.

In base all’art. 3 del medesimo DPR - del quale poi è stata prevista l’abrogazione nei termini che si diranno - i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali preventivamente adottati dalle regioni. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento, sulla base dei piani provinciali.

Ai sensi dell’art. 4, infine, agli enti locali è attribuita la competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni scolastiche che abbiano ottenuto l’autonomia. Tale competenza è esercitata su proposta e, comunque, previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate.

Gli interventi normativi e le vicende che si sono sviluppati nella XVI legislatura

L’art. 64, co. 4, lett. f-bis) ed f-ter), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha previsto la definizione di criteri, tempi e modalità per l’azione di ridimensionamento della rete scolastica e la possibilità che lo Stato, le regioni e gli enti locali prevedano misure finalizzate a ridurre il disagio degli utenti nel caso di chiusura o accorpamento di istituti scolastici localizzati nei piccoli comuni.

Il piano programmatico conseguentemente presentato dal Governo (Atto n. 36), precisando che sarebbero stati individuati parametri e criteri per il dimensionamento e per l’individuazione dei punti di erogazione del servizio, che le regioni dovevano tenere presente nell’esercitare la loro competenza in materia di programmazione della rete scolastica, ha motivato l’intervento facendo riferimento allo scostamento che si è registrato, negli anni, fra numero di alunni previsto perché alla scuola potesse essere riconosciuta l’autonomia e numero di alunni effettivo.

Complessivamente, il piano stimava che una percentuale di istituzioni scolastiche compresa fra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20% non fosse legittimata a funzionare come istituzione autonoma. Quanto al numero degli alunni, evidenziava che, su poco più di 28.000 punti di erogazione del servizio, il 15% aveva meno di 50 alunni e un altro 21% aveva meno di 100 alunni.

Nel frattempo, l’art. 3 del D.L. 154/2008 (L. 189/2008) aveva previsto che i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche dovevano essere ultimati dalle regioni e dagli enti locali competenti entro il 30 novembre di ogni anno. In caso di inadempienza, disponeva l’attivazione del potere di diffida ad adottare gli atti necessari entro 15 giorni dalla scadenza del termine e, in caso di inutile decorso del termine, la nomina di un commissario ad acta, con addebito alle regioni e agli enti locali delle eventuali, relative, spese.

Durante l’esame parlamentare, tuttavia, l’art. 3 indicato è stato modificato, prevedendo che per l'a.s. 2009/2010 le regioni e gli enti locali dovevano assicurare il dimensionamento delle istituzioni scolastiche nel rispetto dei parametri fissati dall'art. 2 del D.P.R. 233/1998 e che per tale a.s. la consistenza numerica dei punti di erogazione dei servizi scolastici non doveva superare quella relativa all’a.s. 2008/2009.

Per gli a.s. 2010/2011 e 2011/2012, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, dovevano promuovere, entro il 15 giugno 2009, la stipula di un'intesa in sede di Conferenza unificata per disciplinare l'attività di dimensionamento della rete scolastica, con particolare riferimento ai punti di erogazione del servizio scolastico. In particolare, l’intesa doveva prevedere appositi protocolli d'intesa tra le regioni e gli uffici scolastici regionali.

A sua volta, l’art. 1 del D.P.R. n. 81/2009 - adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 -, ha disposto che alla definizione dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio scolastico si provvedesse con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, rimanendo ferma, fino alla data di entrata in vigore dello stesso, la normativa previgente. L'art. 24 dello stesso DPR ha quindi disposto l’abrogazione dell’art. 3 del D.P.R. 233/1998 con decorrenza dall'adozione del decreto interministeriale.

Il percorso in Conferenza unificata si è peraltro interrotto (come riferito dal Governo il 6 settembre 2011, in risposta all’interrogazione 4-11383) a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 200/2009, che ha confermato l’esclusiva competenza delle regioni in materia di determinazione della rete scolastica, disponendo l’illegittimità costituzionale delle disposizioni recate dalle lett. f-bis) ed f-ter) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008 e ribadendo che, dunque, tale materia non può formare oggetto di disciplina regolamentare da parte dello Stato.

In particolare, con riferimento alla lett. f-bis) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008, la Corte ha evidenziato che, alla luce del fatto che già la normativa antecedente alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, “è da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo”. “Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo perseguito dalla disposizione in esame, si deve constatare che la preordinazione dei criteri volti alla attuazione di tale dimensionamento ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale”. La Corte ha altresì rilevato che “non è senza significato che il comma 4-quater dello stesso art. 64, introdotto dall'art. 3, comma 1, del successivo decreto-legge n. 154 del 2008, come convertito nella legge n. 189 del 2008, abbia previsto – in sostanziale discontinuità con quanto contenuto nella disposizione censurata – che le Regioni e gli enti locali, «nell'ambito delle rispettive competenze (…) assicurano il dimensionamento delle istituzioni scolastiche»”.

Analoghe considerazioni la Corte ha svolto per la lettera f-ter) del co. 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008, rilevando che la stessa “opera una estensione allo Stato di una facoltà di esclusiva pertinenza delle Regioni, mediante l'attribuzione allo stesso di un compito che non gli compete, in quanto quello della chiusura o dell'accorpamento degli istituti scolastici nei piccoli Comuni costituisce un ambito di sicura competenza regionale proprio perché strettamente legato alle singole realtà locali, il cui apprezzamento è demandato agli organi regionali”.

Nel prosieguo, la Corte ha censurato ulteriori disposizioni ritenute attinenti al dimensionamento della rete scolastica.

In particolare, con sentenza n. 92/2011, ha annullato i co. 4 e 6 dell’art. 2 del D.P.R. 89/2009 – adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 – i quali disponevano, rispettivamente, con riferimento alla scuola dell’infanzia:

  • che l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene in collaborazione con gli enti territoriali, assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie al sistema scolastico nel suo complesso;
  • che le sezioni della scuola dell'infanzia con un numero di iscritti inferiore a quello previsto in via ordinaria, situate in comuni montani, piccole isole e piccoli comuni, appartenenti a comunità prive di strutture educative per la prima infanzia, possono accogliere piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i due e i tre anni, la cui consistenza è determinata nell'annuale decreto interministeriale sulla formazione dell'organico.

Al riguardo, la Corte ha evidenziato che non spettava allo Stato disciplinare l’istituzione di nuove scuole dell’infanzia e di nuove sezioni della scuola dell’infanzia, nonché la composizione di queste ultime.

In particolare, con riferimento al co. 4 dell’art. 2 del D.P.R. 89/2009, la Corte ha rilevato che “la istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni nelle scuole dell’infanzia già esistenti, attiene, in maniera diretta, al dimensionamento della rete scolastica sul territorio”, mentre, con riferimento al co. 6, ha rilevato che “Le misure previste dal comma in questione del suddetto regolamento sono chiaramente volte ad eliminare o ridurre il disagio dell’utenza del servizio scolastico” nelle realtà indicate. “È, dunque, del tutto ovvio che spetta alle Regioni, nell’esercizio della loro competenza legislativa concorrente in materia di istruzione pubblica, non disgiunta (è bene aggiungere) da rilevanti aspetti di competenza regionale, di carattere esclusivo, in tema di servizi sociali, l’adozione di misure volte alla riduzione del disagio di tali particolari utenti del servizio scolastico”.

Con sentenza 147/2012, la Corte ha poi sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, co. 4, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) che aveva disposto che, dall’a.s. 2011/2012, le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado fossero aggregate in istituti scolastici comprensivi, con conseguente soppressione delle corrispondenti istituzioni scolastiche autonome e che, per il conseguimento dell’autonomia scolastica, i citati istituti comprensivi dovessero avere un numero minimo di 1000 alunni, ridotti a 500 per le scuole collocate in piccole isole, comuni montani e aree geografiche con specifiche caratteristiche linguistiche.

In particolare, la Corte ha rilevato che “è indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti”. “Il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le Regioni non possono in alcun modo interloquire”.

Inoltre, la Corte ha evidenziato che “È indubbio che competa allo Stato la definizione dei requisiti che connotano l’autonomia scolastica, ma questi riguardano il grado della loro autonomia rispetto alle amministrazioni, statale e regionale, nonché le modalità che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e la rete scolastica, riservato alle Regioni nell’ambito della competenza concorrente”.

A seguito della sentenza 147/2012, la 7a Commissione del Senato il 10 luglio 2012 ha approvato la risoluzione Doc. VII-bis, n. 1, impegnando il Governo “a rispettare le specificità regionali, stabilendo parametri da considerare come media regionale; in particolare, si sottolinea la necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell'ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. Esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall'altro, sull'esigenza di contenimento della spesa pubblica, tenendo in debito conto anche le caratteristiche dei territori, al fine di permettere alle amministrazioni regionali di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali. Alla luce della normativa vigente, si suggerisce ad esempio un parametro medio regionale non superiore a 900 alunni”.

Alla Camera, invece, rispondendo all’interrogazione in Commissione 5-07243 il 4 luglio 2012, il Governo ha evidenziato che “tenuto conto delle argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 147 del 2012, la strada per la corretta attuazione della suddetta pronuncia può individuarsi nella costituzione di un tavolo di concertazione con la Conferenza unificata, nell'ambito del quale dovranno essere individuate le soluzioni più appropriate alla questione in argomento. A tal fine, il Ministero sta elaborando un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna regione e tale parametro dovrà rispondere a due criteri fondamentali: il numero di alunni di ciascuna regione ed il contenimento della spesa pubblica, già raccomandato in sede di accertato mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dall'articolo 64.

L'assegnazione di un contingente di dirigenti scolastici consentirà alla regione di definire la propria rete scolastica prescindendo da un numero fisso di alunni, minimo o massimo, per ciascuna istituzione scolastica e definendo il dimensionamento delle stesse a seconda delle esigenze legate alle varie realtà territoriali, con particolare riferimento alle scuole di montagna e delle piccole isole”.