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La situazione dei cristiani, le violazioni dei diritti umani e il quadro dei profughi e rifugiati in Siria

La situazione dei cristiani in Siria

La degenerazione del quadro siriano ha indotto il Pontefice Benedetto XVI ad intervenire due volte in poco più di un mese con appelli in nome della ricerca di una soluzione pacifica al conflitto in Siria e del silenzio delle armi.

Dopo che il 21 giugno, ricevendo in udienza i partecipanti della Riunione delle Opere in aiuto delle Chiese orientali (ROACO), il Santo Padre aveva chiesto - come riferito dagli organi di stampa - che non fosse ”risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera regione”, il 29 luglio Benedetto XVI ha nuovamente fatto sentire la sua voce.

Il Papa ha affermato di seguire “con apprensione i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi”. Nel chiedere che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l’aiuto solidale” ai profughi e nel rinnovare il suo “pressante appello, perché si ponga fine ad ogni violenza e spargimento di sangue” Benedetto XVI ha auspicato che “non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto”.

Le preoccupazioni della Santa Sede - viene rilevato - sono correlate al destino della presidenza di Assad, il cui regime ha sino ad ora ottemperato alle disposizioni costituzionali ed alle leggi che proteggono la libertà religiosa, sebbene con talune restrizioni all’esercizio di tale diritto; ma il Vaticano è preoccupato, altresì, dell’affluire in Siria di mercenari che hanno combattuto in Iraq e in Libia, particolarmente temuti dalla comunità cristiana siriana che ora teme la crescita dell’islamismo più radicale, come anche della situazione degli sfollati che dalla Siria si spostano in Giordania e in Libano con rischi di destabilizzazione dell’intera regione.

Il Vaticano, per cui l’esito più temibile della crisi siriana sarebbe l’implosione in una guerra civile dagli esiti disastrosi per la popolazione e per la stabilità dell’area, spera in una soluzione negoziata che abbia per protagonista a fianco degli Stati Uniti anche l’Europa.

Nel riportare la notizia dell’amplissima diffusione data al messaggio del Pontefice del 29 luglio dai media locali siriani, l’agenzia Asianews ha dato ampio rilievo all’affermazione del nunzio apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari, il quale ha sottolineato che “la via politica indicata dal Papa è l'unica soluzione. La comunità internazionale deve ritornare su questa strada e fare pressioni su ribelli e regime. Un sincero compromesso politico vale molto di più di un conflitto portato avanti senza alcun senso e criteri”.

Un esplicito riferimento alla guerra civile è stato fatto anche, con riguardo in particolare alla situazione della città di Aleppo, da padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews in un’intervista pubblicata il 2 agosto, nella quale egli ha affermato che “di fatto c’è uno scontro armato, tra ribelli e l’esercito di Assad. La gente sta cercando di fuggire, da Aleppo come da Homs. E chi rimane ha molte difficoltà perché mancano ormai i beni di prima necessità: acqua e pane. Moltissimi sono fuggiti e hanno davanti a loro un futuro davvero tragico perché in Libano, Turchia e Giordania, dove si recano i siriani, non ci sono campi profughi”.

Padre Cervellera, inoltre, ha evidenziato che la dimensione internazionale del conflitto determinata dalla posizione della Siria che “si trova in un dedalo di alleanze e intrecci molto pericolosi” ne fa sfuggire il controllo ai protagonisti in loco e diventa un problema anche per la Chiesa, che si trova in una posizione difficile: “da una parte – afferma il direttore di Asianewsla Chiesa non può appoggiare Assad, anche se il dittatore siriano ha garantito una certa libertà di culto e religiosa per le minoranze e la mancanza di violenze per tanti anni, ma non ha garantito i diritti umani per la popolazione; dall’altra parte ha il timore di schierarsi con i ribelli perché tra essi vi sono fondamentalisti e gruppi legati ai fratelli musulmani e ad Al Queda che mettono una grande ipoteca sulla libertà religiosa del paese”.

L’agenzia Fides ha riferito (31 luglio) che mentre ad Aleppo proseguono i combattimenti tra le forze governative e gli insorti, le comunità cristiane della città siriana hanno deciso di costituire un comitato di coordinamento per fornire assistenza umanitaria alle persone i difficoltà ed ai profughi che, secondo fonti locali contattate da Fides, è formato da 11 rappresentanti delle 11 comunità cristiane della città. Scopo dell’organismo è quello di trovare il modo di garantire una certa sicurezza nei quartieri abitati dai cristiani affinché costoro non abbandonino le loro abitazioni, come invece è accaduto ad Homs, dove le case abbandonate dai civili in fuga sono state usate come capisaldi dai combattenti provocando, di conseguenza, la strage nei quartieri cristiani della città.

L’appello a “fermare tutte le azioni ostili, provenienti da ogni parte” è stato lanciato, il 27 luglio, a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano, in Siria e all’estero, dal Patriarca Ignazio IV di Antiochia, Primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente, che risiede a Damasco.

Anche Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo Metropolita di Aleppo per i Greco-cattolici (melkiti), ha invitato (26 luglio) l’occidente “se vuole rendere un buon servizio alla popolazione siriana” a sostenere e fare pressione per il dialogo fra le parti. Come riportato da Fides il metropolita di Aleppo ha affermato che “fra i cristiani siriani circola la paura di perdere quanto hanno ottenuto negli ultimi 70 anni: una cultura non confessionale, un pluralismo che è un bene molto prezioso. Vogliamo vivere – ha proseguito Jeanbart - nel nostro paese, con pieni diritti e doveri. Abbiamo timore che, se verrà un governo fondamentalista o una teocrazia islamica, perderemo la libertà di testimoniare la nostra fede, la libertà religiosa e la libertà di espressione, indispensabile per essere cittadini di una nazione che garantisce i diritti di tutti”.

Come riportato dall’agenzia Fides il 23 agosto la sede dell’Arcivescovo Metropolita Jeanbart, è stata violata e saccheggiata durante scontri fra miliziani e truppe lealiste. L’Arcivescovo, il suo Vicario e alcuni religiosi se ne erano allontanati poche ore prima. Secondo fonti dell’agenzia nella comunità cattolica locale, i responsabili “sono gruppi non identificati, che intendono alimentare una guerra confessionale e coinvolgere la popolazione siriana in conflitti settari”. Nei giorni successivi, quando i militari hanno ripreso il controllo della situazione, iI Vicario di Mons. Jeanbart (nel frattempo fuggito in Libano) ha potuto fare ritorno presso l’episcopio. Danni si sono avuti anche all’episcopio cattolico maronita e nel museo cristiano bizantino “Maarrat Nahman”.

In un’intervista rilasciata il 28 agosto 2012 ad Asianews il nunzio apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari, ha affermato che “la Siria sta scivolando nell'inferno e quando si scende in tal modo, non si può pensare di poter vedere la luce”. Con riferimento alle varie posizioni presenti in seno alla comunità internazionale, il nunzio ha sottolineato che l’interpretazione del conflitto siriano è piena di contraddizioni, sia da parte siriana sia internazionale. “All’inizio – ha affermato mons. Zenari - tutta la comunità internazionale aveva letto le rivolte in Siria come un altro capitolo della Primavera araba, come qualcosa di simile a quanto avvenuto in Tunisia, Egitto, o Libia. Invece la Siria è qualcosa di unico e si sta giocando col fuoco, in un conflitto complesso, con tante componenti delicate. E c'è il timore che le conseguenze divengano tragiche e inimmaginabili”. Rispondendo alla domanda se il conflitto abbia per obiettivo i cristiani, il nunzio apostolico ha affermato che “la comunità cristiana qui soffre quello che soffrono tutti quanti. Anzi, devo dire che in qualche caso, qua e là, ci si accorge che alcune violenze - bollate con troppa facilità come "confessionali" - hanno poi radici in odi familiari e ingiustizie passate”; inoltre si ha notizia di “migliaia e migliaia di casi in cui proprio a chi è cristiano viene salvata la vita”.

Il 4 settembre il patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorio III Laham con una lettera aperta all’agenzia Fides ha lanciato un appello per “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria”. Auspicando uno sforzo di pace condiviso da “tutte le Chiese sorelle in tutto il mondo cattolico, ortodosso e protestante”, il patriarca chiede ai leader spirituali di unire la loro voce a quella della Chiesa siriana in tale campagna. Ai fedeli cristiani siriani “si chiede “pazienza” e di non lasciare il paese” mentre a tutti i cittadini siriani è rivolta la preghiera a cercare “una strada diversa dalla violenza”.

Il quadro dei diritti umani e i rifugiati

Il 16 agosto 2012 la Independent international commission of inquiry on the Syrian Arab Republic ha rilasciato un rapporto relativo al quadro dei diritti umani in Siria nel periodo 15 febbraio-20 luglio.

Il documento si basa su numerose interviste alla popolazione siriana e ai rifugiati all’estero; l’estrema difficoltà incontrata nel raccogliere le informazioni, tuttavia, ha limitato - si legge nel report - la possibilità di adempiere compiutamente al mandato.

Dal testo si evince che gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse nell’ambito di una vera e propria politica di Stato, come evidenziato dal fatto che si è trattato di operazioni su larga scala condotte con modalità analoghe in aree differenti del paese, nell’ambito delle quali la complessità e l’integrazione degli apparati militari e di sicurezza sono sintomatici del coinvolgimento ai massimi livelli delle forze armate, delle forze di sicurezza e del governo. In particolare, appartenenti a Shabbiha sono stati identificati come autori di molti dei reati descritti nel report. Sebbene anche i gruppi armati anti governativi siano indicati come responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, i due commissari, evidenziano che “la maggior parte dei massacri è opera del governo Assad”.

A giudizio degli autori del rapportola soluzione migliore è quella negoziale, fondata su un dialogo inclusivo e significativo fra tutte le parti, capace di sostenere una transizione politica che rifletta le legittime aspirazioni di tutti i segmenti della società siriana, comprese le minoranze etniche e religiose.

L’inasprimento delle violenze registrato nel corso dell’estate 2012 ha causato una vera e propria impennata dei numero dei rifugiati siriani nei paesi dell’area.

Secondo i dati pubblicati dall’agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) la moltitudine dei cittadini siriani rifugiati all’estero è quasi raddoppiata da luglio, passando da circa 100mila individui a oltre 191mila registrati a inizio settembre.

La Turchia, che accoglie la quota maggiore di tali soggetti, vede nei propri campi profughi oltre 80mila persone, 44mila delle quali giunte dalla fine di luglio; le autorità di Ankara hanno sollecitato l’UNHCR a cercare soluzioni sul territorio siriano, ritenendo di non poter accogliere più di 100mila persone.

In Giordania i rifugiati registrati dalla autorità sono oltre 47mila; ad essi si aggiungono circa 30mila soggetti in attesa di registrazione. Le autorità di Amman stimano, tuttavia, che dal marzo 2011 185mila siriani siano entrati in territorio giordano.

In Libano sono presenti oltre 45mila siriani registrati, mentre circa 17mila attendono la registrazione.

Oltre 18mila rifugiati sono registrati in Iraq.

Secondo notizie diffuse sempre dall’UNHCR il 4 settembre, 103.416 persone hanno lasciato la Siria in agosto in cerca di asilo nei paesi circostanti. Si tratta del più alto totale mensile registrato sino ad oggi, che porta il numero totale di profughi siriani registrati o in attesa di registrazione a oltre 235.300.