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dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

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Temi dell'attività Parlamentare

Algeria - Scheda paese

Il quadro istituzionale

La Repubblica popolare democratica di Algeria è, dal punto di vista della forma di governo, un sistema presidenziale. Il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dai cittadini con un mandato di cinque anni. A seguito della revisione costituzionale della fine del 2008, è stata soppressa la previsione di un limite di due mandati presidenziali ed attualmente il Capo dello Stato può essere rieletto per un numero indeterminato di mandati. Spetta a lui la nomina del Primo Ministro che presiede il Consiglio dei Ministri.

Il Parlamento è bicamerale. L’Assemblea popolare nazionale è composta da 462 membri, eletti a suffragio universale diretto con sistema proporzionale. Una decreto presidenziale del 7 febbraio 2012 ha ampliato il numero di seggi, che prima erano 389. Il Consiglio della Nazione è composto di 144 membri, eletti per due terzi in modo indiretto dai componenti delle assemblee locali e per un terzo nominati dal Presidente della Repubblica.

 

La situazione politica interna

Capo dello Stato, dal 1999, è Abdelaziz Bouteflika (n. 1937).

La prima elezione di Bouteflika ha segnato la fine di un lungo periodo di guerra civile iniziata nel gennaio 1992 allorché l’Esercito annullò il risultato delle elezioni vinte dal Fronte islamico di salvezza (FIS) nel dicembre 1991 e dichiarò uno stato di emergenza durato fino al 2011. Bouteflika è stato rieletto una seconda volta nel 2004, e dopo aver emendato la costituzione nel 2008 per rimuovere il limite di due mandati presidenziali, anche una terza volta nel 2009.

L’elezione del 2009, vinta da Bouteflika con il 90,24% dei consensi è stata però boicottata da importanti partiti di opposizione come il Fronte delle Forze socialiste, il Rassemblement per la Cultura e la Democrazia e il Partito islamista Nahdha, che hanno giudicato non sussistenti le condizioni per un voto corretto e trasparente. 

A partire dal gennaio 2011 l’Algeria è stata scossa dalle proteste della “Primavera araba”. Un aumento dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità e un incremento della disoccupazione hanno portato a rivolte in tutte le zone del Paese. Migliaia di studenti sono scesi in piazza per manifestare contro il malfunzionamento dell’Università. Nel mese di gennaio diciotto persone hanno tentato di immolarsi dandosi fuoco. La risposta del governo è stata un immediato abbassamento del prezzo dello zucchero e dell’olio da cucina, ma ciò non è bastato ad impedire ai partiti del­l’opposizione di sinistra di spostare le proteste in un contesto politico più ampio.

Il 21 gennaio 2011 i rappresentanti del Fronte delle Forze socialiste, del Partito della Libertà e della Giustizia, del Movimento Socialdemocratico, della Lega algerina per i Diritti Umani e del Raggrup­pamento per la Cultura e la Democrazia si sono incontrati ad Algeri ed hanno dato vita al Coordinamento nazionale per il Cambiamento e la Democrazia.

Di fronte a questa forte opposizione il Presidente Bouteflika è stato costretto, il 3 febbraio, ad annunciare la revoca dello stato di emergenza in tutta l’Algeria fatta eccezione per la capitale. Pochi giorni dopo i partiti d’opposizione hanno radunato migliaia di manifestanti nelle piazze per chiedere le dimissioni del Presidente. L’Esecutivo da parte sua ha risposto promettendo riforme istituzionali ed economiche che i partiti della sinistra hanno però giudicato insufficienti.

Le elezioni politiche del maggio 2012 sono state fortemente influenzate dagli avvenimenti dell’an­no precedente. La coalizione di governo composta dal Fronte di liberazione nazionale (FLN) del Presidente Bouteflika e dal Raggruppamento demo­cratico nazionale (RND) del Primo Ministro Ahmed Ouyahia hanno dovuto fronteggiare la sfida lanciata dai partiti di sinistra e da quelli islamico-moderati che pochi giorni prima delle elezioni hanno abbandonato il Governo (avevano quattro ministri) per passare all’opposizione.

A differenza degli altri Paesi del Maghreb investiti dall’ondata di rivolta, in Algeria le forze islamiche non sono riuscite ad ottenere la maggioranza, neppure quella relativa (come è invece accaduto in Marocco). Il blocco islamico, la Coalizione Verde Algerina, è diventato la terza forza politica del Paese con 49 seggi. Il Fronte delle Forze Socialiste, che aveva animato le proteste del 2011, si è piazzato quarto con 27 seggi. La vittoria è invece andata alla coalizione di governo. Il FLN e il RND hanno conquistato rispettivamente 208 e 68 seggi, circa il 60% del totale.

Primo Ministro dal settembre 2012 è Abdelmalek Sellal (n.1948), scelto dal Presidente Bouteflika quattro mesi dopo le elezioni parlamentari. Il nuovo capo dell’esecutivo non appartiene a nessun partito politico ma è ritenuto molto vicino al FLN e ha già ricoperto varie cariche: ambasciatore in Ungheria, Ministro dell’Interno, della Gioventù, dei Lavori pubblici, e dei Trasporti.

A parere di alcuni analisti internazionali, il risultato di queste elezioni e la vittoria della coalizione formata da FLN e RND sembrano aver decretato che l’Algeria è passata immune attraverso i rivolgimenti della “Primavera Araba”. Le forze vicine al presidente Bouteflika sono rimaste al potere e il FIS che vinse le elezioni del 1991 (poi annullate dall’intervento dell’Esercito) continua ad essere bandito dall’agone politico.

Tuttavia, il Presidente non ha potuto ignorare i grossi problemi sociali da cui sono scaturite le proteste del 2011. In particolare si continuano a registrare un’alta disoccupazione giovanile, una distribuzio­ne diseguale dei proventi della vendita degli idrocarburi, costi molto elevati del cibo e degli affitti. Di fronte a questa situazione esplosiva il FNL è stato costretto a promettere durante la campagna elettorale che ha preceduto le ultime elezioni parlamentari una serie di interventi: 156 miliardi di dollari di investimenti in progetti infrastrutturali per il biennio 2012 – 2014, tra cui case e ferrovie; un aumento del finanziamento ai giovani disoccupati affinché possano intraprendere una propria attività; prestiti pubblici per un valore di 23 miliardi di dollari.

Si calcola che il Governo abbia cercato di dare una risposta al malcontento popolare aumentando la spesa pubblica del 50% nel corso degli ultimi due anni.

 

Le risorse energetiche

L’Algeria è un Paese che ricava la maggior parte delle sue risorse economiche dalla produzione di gas e petrolio. La vendita degli idrocarburi corrisponde al 60% delle entrate del bilancio nazionale e al 30% del PIL. Circa il 60% della forza lavoro algerina è impiegata in questo settore.

L’Algeria oltre ad essere un membro dell’ONU e dell’Unione Africana fa anche parte dell’OPEC (l’organizzazione che riunisce i Paesi esportatori di petrolio).

Attualmente l’Algeria fornisce all’Italia il 35% del gas necessario al Paese principalmente attraverso un gasdotto che passa attraverso la Tunisia e sotto il Mediterraneo. E’ in atto un progetto per la realizzazione di un nuovo gasdotto che dovrebbe unire Koudiet Draouche (sulla costa algerina) a Piombino passando per la Sardegna.

Del consorzio che si occupa della realizzazione del progetto fanno parte la Sonatrach (una società algerina), l’Edison, l’Enel produzione, la Sfirs (la finanziaria della Regione Sardegna) e il gruppo HERA. Il 2 dicembre 2012 la Sonatrach, che controlla il 41,6% del consorzio, ha fatto sapere che la decisone finale sulla realizzazione dell’opera sarà posticipata al 30 maggio 2013.

 

Rispetto delle libertà politiche e civili

L’Algeria è definita dal Democracy Index 2011 e dll’Economist Intelligence Unit “regime autoritario” . Per quel che concerne il rispetto delle libertà politiche e civili, si segnala che la creazione dei partiti è subordinata all’autorizzazione del Ministero dell’Interno. Esistono comunque più partiti riconosciuti. Inoltre, anche i mezzi di comunicazione di massa appaiono sotto il controllo del governo, mente esiste una stampa indipendente, pure sottoposta a pressioni da parte delle autorità governative (anche se in misura minore di quanto avvenuto nel corso della guerra civile degli anni Novanta). In particolare, per quanto concerne Internet, il numero degli utenti algerini è cresciuto più di venti volte in otto anni, passando dai 150.000 del 2000 a circa 3 milioni e mezzo nel 2008

 

Indicatori internazionali sul paese:

• Libertà politiche e civili: Stato “non ibero” (Freedom House 2012); “regime autoritario”” (130 su 167; Economist Intelligence Unit 2011)

• Indice della libertà di stampa: 122 su 179 (Reporters sans frontières 2011 – 2012)

• Libertà di Internet: nessuna evidenza di filtraggio dei siti (OpenNet Initiative 2009)

• Libertà religiosa: disposizioni legali assai restrittive per quanto concerne l’esercizio di attività di culto non islamiche (ACS 2012); gruppi religiosi non islamici incontrano serie difficoltà nel processo di registrazione richiesto dal governo (USA 2011).

• Corruzione percepita: 112 su 182 (Transparency International 2011)

• Libertà economica: Stato “prevalentemente non libero” (140 su 179; Heritage Foundation 2012)

• Gap nelle differenze di genere: 120 su 135 (World Economic Forum 2012)

• PIL 2013: +3,38% (International Monetary Fund, ottobre 2012)

(Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del Paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; la condizione della libertà religiosa secondo il rapporto annuale di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla Heritage Foundation; la misura delle differenze di genere secondo il Global Gender Gap Index pubblicato dal World Economic Forum (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore uguaglianza); le stime sulla crescita del PIL secondo il World Economic Outlook Database pubblicato nell’ottobre 2012 dal Fondo Monetario Internazionale).