In base alle statistiche demografiche relative al 2010 (dati Eurostat), gli stranieri residenti nei 27 Stati membri dell'UE sarebbero 32,4 milioni (6,5% della popolazione totale), 12,3 milioni dei quali cittadini UE-27 residenti in un altro Stato membro e 20,1 milioni cittadini di paesi non UE-27 (4% della popolazione totale).
Il Trattato di Lisbona ha fornito una base giuridica esplicita per agevolare le politiche di integrazione. L’articolo 79, par 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, pur escludendo qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, riconosce al Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura ordinaria, la facoltà di stabilire misure volte ad incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri al fine di favorire l’integrazione dei cittadini di paesi terziregolarmente soggiornanti nel territorio.
Per cittadini di paesi terzi si intendono i migranti provenienti da paesi esterni all'Unione e che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro. Fanno parte di questo gruppo sia i nati in un paese non dell'Unione, sia i nati nell'Unione che però non hanno la cittadinanza di uno Stato membro.
La strategia Europa 2020 e il programma di Stoccolma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014, riconoscono tutte le potenzialità dell'immigrazione ai fini di un'economia sostenibile e competitiva e individuano come chiaro obiettivo politico la reale integrazione degli immigrati regolari, sostenuta dal rispetto e dalla promozione dei diritti umani. L'Analisi annuale della crescita 2011 (COM(2011)11, allegato 2, relazione macroeconomica) passa in rassegna gli interventi necessari affinché l'Unione possa progredire verso il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, sottolinea la necessità di riforme urgenti per migliorare le competenze di cittadini nazionali e immigrati e creare incentivi al lavoro.
In tale quadro il 20 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Agenda europea per l'integrazione” (COM(2011)455) nella quale, tenendo conto delle esperienza già acquisita a livello di Unione e Stati membri, individua le sfide che l'integrazione pone all'Europa e propone raccomandazioni e ambiti di intervento.
La Commissione sottolinea la sussistenza dei seguenti ostacoli ad una efficace integrazione: i livelli occupazionali tuttora bassi della forza lavoro immigrata, soprattutto femminile; la crescente disoccupazione e gli alti tassi di forza lavoro immigrata sovra qualificata; il rischio crescente di esclusione sociale; le disparità in termini di rendimento scolastico; l'apprensione pubblica per la scarsa integrazione.
Per far fronte a tali sfide irrisolte, la Commissione raccomanda azioni in tre settori chiave: l'integrazione tramite la partecipazione; più azione a livello locale; coinvolgimento dei paesi di origine.
In particolare la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di:
La Commissione si impegnerà a sua volta a favorire lo scambio delle pratiche e il coordinamento delle politiche del lavoro, dell'istruzione e sociali e a provvedere a un uso migliore degli strumenti finanziari di cui dispone l'Unione per sostenere la partecipazione degli immigrati.
Un'altra componente correlata è quella del ricongiungimento familiare. In tale contesto, nel novembre 2011 è stata lanciata una discussione pubblica sul ricongiungimento familiare (Libro verde sul diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che vivono nell'Unione europea, riguardante i modi per sviluppare questo tipo di migrazione senza perdere di vista l'obiettivo della direttiva 2003/86/CE e in particolare tutelando il diritto fondamentale alla vita familiare. Sulla base dei contributi ricevuti, la Commissione deciderà le prossime iniziative.
Anche la Rete europea sulle migrazioni - REM ha intrapreso uno studio sull'abuso del diritto al ricongiungimento familiare tramite matrimoni fittizi e false dichiarazioni di paternità o maternità.
Per quanto riguarda il coinvolgimento dei paesi di origine, la Commissione europea ritiene che essi dovrebbero impegnarsi in tre ambiti specifici:
Prima della partenza, i paesi d'origine possono venire incontro ai migranti informandoli, ad esempio, sui visti necessari o sui permessi di soggiorno e offrendo loro corsi di lingua o formazioni professionali che ne sviluppino le competenze. Nei prossimi mesi la Commissione lancerà un portale europeo dell’immigrazione dove chi intende immigrare nell'Unione troverà informazioni su come presentare la domanda.
Le rimesse e il trasferimento di competenze, innovazione e conoscenze possono incentivare investimenti sostenibili nei paesi d'origine favorendone lo sviluppo. Promuovendo una strategia più dinamica a favore dell'imprenditoria transnazionale si otterrà di agevolare gli imprenditori attivi tanto negli Stati membri che nei paesi partner..
E’ necessario definire un quadro di diritti per incentivare la migrazione temporanea e circolare, che garantisca uno status giuridico chiaro e faciliti la mobilità. I partenariati per la mobilità con i paesi terzi potrebbero diventare l'ambito in cui promuovere iniziative di integrazione negli Stati membri intese a beneficio anche dei paesi d'origine.