Rimandando al tema web sulle liberalizzazioni nel sistema bancario per quanto attiene alla disciplina positiva dei mutui e, più in generale, sulle modifiche apportate in materia di contratti bancari nel corso del quinquennio, in questa sede preme ricordare gli interventi volti a garantire un adeguato livello di liquidità finanziaria nei confronti dei consumatori. Le misure recate hanno interessato soprattutto il comparto immobiliare, colpito duramente dalla crisi economico-finanziaria.
Il richiamato Bollettino economico della Banca d’Italia (gennaio 2013) evidenzia una recente, lieve flessione del costo del credito alle famiglie. Il tasso sui nuovi mutui si attesta al 3,5 per cento per le operazioni a tasso variabile (oltre i due terzi delle erogazioni complessive), rimanendo invece invariato nel breve periodo (al 4,8) per quelle a tasso fisso. Pur beneficiando dell’allentamento delle tensioni sui mercati finanziari, la riduzione dei tassi è frenata dalla percezione di un rischio di credito elevato da parte degli intermediari.
In una prima fase, il legislatore italiano è intervenuto al fine di consentire ai consumatori di rinegoziare i mutui a tasso variabile accesi per acquistare, costruire e ristrutturare l'abitazione principale (D.L. n. 93/2008 e 185/2008). Per i predetti mutui, in particolare, l'articolo 2 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 ha predeterminato ex lege la misura delle rate da corrispondere nel corso dell’anno 2009, applicando specifici parametri. Inoltre, la stessa norma ha disposto che la differenza tra gli importi a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo fosse corrisposta dallo Stato. Sono stati introdotti ulteriori vantaggi a favore del mutuatario, soprattutto per quanto attiene all’abbattimento degli onorari notarili e al divieto di applicazione di costi per le formalità concernenti le operazioni di portabilità.
L'articolo 8, comma 6 del D.L. 70/2011 ha consentito di rinegoziare i mutui a tasso variabile, fino al termine del 31 dicembre 2012. Tale agevolazione riguarda i finanziamenti di importo non superiore a 200 mila euro, a condizione che l’ISEE del mutuatario non fosse superiore a 35 mila euro e, salvo accordo tra le parti, non avesse avuto ritardi nel pagamento delle rate.
Con la legge di riforma del mercato del lavoro (articolo 3, commi 48 e 49 della legge n. 92 del 2012) si è provveduto a novellare la disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, istituito dalla legge finanziaria 2008 (articolo 2, ai commi da 475 a 480, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) e operativo dal 15 novembre 2010.
Scopo del Fondo è di consentire ai mutuatari, per i contratti di mutuo relativi all’acquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione, di chiedere in determinate ipotesi la sospensione del pagamento delle rate; il Fondo provvede altresì a sollevare il mutuatario da specifici costi (ad es. da quelli delle procedure bancarie). Per effetto della sospensione la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione stessa; al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti.
La dotazione iniziale del Fondo, ai sensi della citata legge finanziaria 2008, era di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente l’articolo 13, comma 20 del D.L. 201 del 2011 ha rifinanziato il Fondo con 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.
La richiamata legge n. 92 del 2012 ha esteso le misure di sospensione a carico del Fondo anche a ulteriori tipologie di mutui; ha precisato le condizioni alle quali non può essere richiesta la sospensione delle rate; ha codificato in norma primaria le condizioni alle quali si accede ai benefici della sospensione e dell’intervento del Fondo, precedentemente recate dalle sole disposizioni di attuazione.
Accanto alle iniziative di natura legislativa, si rammenta in questa sede l'Accordo per una misura straordinaria di sostegno alle famiglie in difficoltàa seguito della crisi, firmato per la prima volta il 18 dicembre 2009 dall'ABI e dalle Associazioni dei consumatori e successivamente prorogato nel tempo (da ultimo, fino a marzo 2013), che dispone la sospensione del rimborso delle rate di mutuo per almeno 12 mesi a specifiche condizioni. La misura riguarda in particolare i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, la costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale (anche cartolarizzati) e per i clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che hanno subito nel biennio 2009 e 2010 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione). Le banche aderenti all'iniziativa possono migliorare tali condizioni. In merito all’iniziativa, l’ABI ha reso noto che (dati di dicembre 2012) le banche hanno sospeso 84.995 mutui, pari a circa 9,8 miliardi di debito residuo, garantendo alle famiglie interessate una liquidità complessiva di 606 milioni di euro (media annua per famiglia di 7.130 euro).
Il peculiare tessuto del sistema imprenditoriale italiano - costituito prevalentemente da piccole e medie imprese - ha legato a doppio filo il sistema bancario al sistema produttivo. Quest’ultimo si avvale infatti delle istituzioni creditizie sia per quanto riguarda il finanziamento degli investimenti, sia per il funzionamento ordinario delle proprie strutture. Rimane invece relativamente marginale il ruolo dei mercati dei capitali, come peraltro sottolineato all’esito dell’indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, svolta dalla VI Commissione (Finanze) della Camera nel corso della XVI Legislatura.
Sul tema si ricorda altresì l'indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese con particolare riferimento agli strumenti di finanziamento, svolta dalla Commissione Finanze e tesoro del Senato.
La richiamata congiuntura economico-finanziaria, che ha condotto le istituzioni finanziarie e creditizie a diminuire l’offerta di credito alle imprese, ha posto il legislatore italiano innanzi alla necessità di intervenire – ancora una volta in via normativa e in via convenzionale – con lo scopo di approvvigionare di liquidità il tessuto produttivo del Paese.
Tra le misure legislative adottate a tal fine, si rammenta in questa sede il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese ad opera del D.L. n. 201/2011, che ne ha incrementato la dotazione di 400 milioni annui per il biennio 2012-2014. Con decreto del MEF del 26 marzo 2012 (pubblicato sulla G.U. del 24 aprile) sono state definite le modalità per l'incremento della dotazione del Fondo, mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle regioni e di altri enti ed organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.A.. Il decreto del 26 giugno (pubblicato sulla G.U. del 20 agosto) del ministro dello Sviluppo economico e dell'Economia e delle Finanze è intervenuto in rettifica dei parametri per la concessione della garanzia e della controgaranzia, a valere sul Fondo, aumentando la percentuale di copertura e azzerando la commissione per realtà che si trovano in particolari condizioni di difficoltà.
Tra le principali misure di natura convenzionale, si ricorda che nel febbraio del 2012 è stata sottoscritta l’intesa tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dello Sviluppo Economico, l’ABI e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese, denominata “Nuove misure per il credito alle PMI” volta alla sospensione dei pagamenti da parte di talune imprese e all’allungamento dei piani di finanziamento.
L’accesso alla misura è riservato alle imprese con adeguate prospettive economiche, prive di gravi anomalie nel rimborso dei debiti: rispetto al precedente intervento, i requisiti di ammissibilità appaiono più restrittivi, in particolare per le imprese che già presentino temporanee tensioni di liquidità. La predetta intesa ricalca quanto previsto dal cd. “Avviso comune”, varato sin dal 2009: esso prevedeva la sospensione per dodici mesi dei rimborsi della quota di capitale relativa ad alcune forme di debito delle piccole e medie imprese.
Nel solco dell’innesto di liquidità al sistema si collocano le norme che hanno ampliato le competenze della Cassa depositi e prestiti (per effetto del combinato disposto dell’articolo 22 del D.L. 185 del 2008 e dell’articolo 3, comma 4-bis del D.L. 5 del 2009) che ha di fatto consentito di utilizzare la provvista rinveniente dal risparmio postale anche allo scopo di concedere finanziamenti, rilasciare garanzie, assumere capitale di rischio o di debito anche a favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.
In particolare, le operazioni a favore delle piccole e medie imprese possono essere effettuate esclusivamente attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito, nonché attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione collettiva del risparmio il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della Cassa depositi e prestiti Spa.
Le convenzioni sottoscritte nel tempo tra l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e la Cdp hanno consentito all’Istituto di strutturare, attraverso apposite convenzioni, specifici plafond di risorse, finalizzati a favorire l’accesso al credito delle PMI. Inoltre, l'ABI e la Cassa depositi e prestiti hanno sottoscritto, il 1° marzo 2012, una nuova convenzione che disciplina le modalità con cui le banche potranno utilizzare il nuovo plafond di 10 miliardi di euro per il finanziamento delle piccole e medie imprese, messo a disposizione dalla stessa Cdp a seguito del sostanziale esaurimento del plafond di 8 miliardi attivato a fine 2009.
Si rammenta che il 20 giugno 2012 la Camera ha approvato la risoluzione 6-00110 che, tra l’altro, impegna il Governo ad aiutare il sistema creditizio tramite il rafforzamento dei sistemi di garanzia, cambiando l'approccio troppo prudente verso le piccole e medie imprese. In particolare si chiede che la seconda tranche di prestiti che la Banca centrale europea (si veda in merito il tema web sulla stabilita' del sistema creditizio ha messo a disposizione delle banche vada a sostegno delle imprese e delle famiglie e che siano adottate iniziative che agevolino con tassi d'interesse favorevoli l'accesso al credito.
In questa sede è opportuno fare cenno alle ulteriori, seguenti misure che, sebbene non attuate mediante i canali creditizi, sono state finalizzate al rifinanziamento delle imprese ed a favorire la provvista di liquidità:
Il decreto-legge "sviluppo" (D.L. 83 del 2012) ed il decreto "sviluppo-bis” (D.L.n. 179 del 2012) hanno introdotto disposizioni volte a consentire anche alle società non quotate di accedere alla raccolta del capitale di debito, soprattutto a causa della crisi economica che ha ridotto la capacità di fornire prestiti da parte delle banche. Con la riforma delle disposizioni civilistiche e fiscali relative alle cambiali finanziarie e ai titoli obbligazionari, dunque, anche alle società italiane non quotate è ora permesso ricorre all’emissione di strumenti di debito destinati ai mercati domestici ed internazionali. E' stato inoltre disciplinato il regime fiscale applicabile alle emissioni obbligazionarie effettuate nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 emesse dalle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità (project bond). L'Agenzia delle entrate con la circolare n. 4/E del 6 marzo 2013 ha indicato il regime fiscale e le modalità applicative riguardo ai nuovi strumenti di finanziamento per le PMI: cambiali finanziarie, titoli obbligazionari e project bond.
Si ricordano, da ultimo, le modifiche normative intervenute in materia di partenariato pubblico-privato per le quali si rinvia al tema Il Codice dei contratti pubblici, che hanno inciso in modo particolare sulla disciplina delle infrastrutture strategiche.
Per quanto concerne la finanza di progetto (project financing), l'art. 41, comma 5-bis, del D.L. 201/2011 ha disciplinato una specifica procedura che si applica alla lista delle infrastrutture inserite nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) qualora intendano ricorrervi i soggetti aggiudicatori. In relazione alla possibilità di presentare proposte, analogamente a quanto previsto per le procedure di finanza di progetto ordinarie, l’articolo 42 del decreto legge n. 1 del 2012 ha introdotto il diritto di prelazione per il proponente che apporta le eventuali modifiche intervenute in fase di approvazione del CIPE.
Nuove misure per agevolare il finanziamento delle opere da parte dei privati riguardano la cosiddetta defiscalizzazione introdotta dall'art. 18 della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012), modificata in più occasioni nel corso del 2012 e da ultimo dall'art. 33, comma 3, del D.L. 179/2012. In particolare, al fine di favorire la realizzazione di nuove infrastrutture, incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente, da realizzare con contratti di partenariato pubblico privato, possono essere previste, per le società di progetto nonché, a seconda delle diverse tipologie di contratto, per il soggetto interessato, ivi inclusi i soggetti concessionari, misure agevolative, che consistono nella possibilità di compensare l’ammontare dovuto a titolo di specifiche imposte, in via totale o parziale, con le somme da versare al concessionario a titolo di contributo pubblico a fondo perduto per la realizzazione dell’infrastruttura, mediante riduzione o azzeramento di quest’ultimo, in modo da assicurare la sostenibilità economica dell'operazione di partenariato pubblico privato tenuto conto delle condizioni di mercato.
L’art. 33, comma 1, del D.L. 179/2012, al fine di agevolare la realizzazione di nuove opere infrastrutturali, riconosce, in via sperimentale, ai soggetti titolari di contratti di PPP, ivi comprese le società di progetto, un credito di imposta a valere sull’IRES e sull’IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera stessa. Tali opere devono essere di importo superiore a 500 milioni di euro e realizzate mediante l’utilizzazione dei contratti di PPP. Devono, inoltre, essere approvate – in relazione alla progettazione definitiva - entro il 31 dicembre 2015, non devono usufruire di contributi pubblici a fondo perduto; ne deve essere, infine, accertata, in esito a una specifica procedura che coinvolge il CIPE, la non sostenibilità del piano economico finanziario (PEF).
Da ultimo,si segnala che è stata introdotta la possibilità per le imprese di assicurazione di utilizzare, a copertura delle riserve tecniche, anche attivi costituiti da investimenti nel settore delle infrastrutture (art. 42, commi 6 e 7, del D.L. 201 del 2011) e l'emissione di obbligazioni "di scopo”, vale a dire finalizzate al finanziamento di specifiche opere pubbliche, da parte degli enti locali (art. 54 del D.L. 1/2012).