Come negli anni precedenti, anche nella XVI legislatura lo strumento prioritario cui il legislatore ha affidato il compito di stabilire obiettivi e vincoli della gestione finanziaria di regioni ed enti locali, ai fini della determinazione della misura del concorso dei medesimi al rispetto degli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, è stato il patto di stabilità interno.
Le regole del patto di stabilità interno sono formulate in sede di manovra di finanza pubblica e inquadrate quali princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica nell’ambito del quadro del titolo V della Costituzione.
Nel corso della legislatura, nonostante le successive riscritture della disciplina applicativa, l’impostazione del patto di stabilità interno si è mantenuta incentrata, per gli enti locali, sul controllo dei saldi finanziari e, per le Regioni, sul principio del contenimento delle spese finali, secondo quella che era stata la tendenza della legislatura precedente.
Vale ricordare che la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni non si applica alla spesa sanitaria corrente, spesa che costituisce circa il 75 per cento della spesa corrente delle Regioni a statuto ordinario. La spesa sanitaria corrente tuttavia è sottoposta ad un apposito monitoraggio, a limiti e vincoli specifici la cui violazione determina responsabilità e sanzioni per la regione inadempiente.
Per gli enti locali, il vincolo al miglioramento dei saldi è risultato funzionale all’impegno di riconoscere agli enti territoriali una maggiore autonomia tributaria, responsabilizzandoli nella gestione finanziaria anche in relazione ai vincoli finanziari derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, contenuti nel Patto di stabilità e crescita.
Rispetto alla disciplina adottata all’inizio della legislatura con il D.L. n. 112/2008, le regole del patto hanno subito, nel corso della legislatura, un processo di graduale aggiustamento e di sostanziale consolidamento, volto soprattutto a superare, pur confermando l’impianto generale, le criticità connesse ai meccanismi di definizione degli obiettivi finanziari del patto di stabilità interno e alla diversa distruzione del peso complessivo dei vincoli fra gli enti territoriali, anche sulla base del concetto di virtuosità.
Le regole del patto di stabilità interno sono funzionali al conseguimento degli obiettivi finanziari fissati per le regioni e gli enti locali quale concorso al raggiungimento dei più generali obiettivi di finanza pubblica assunti dal nostro Paese in sede europea, con l’adesione al Patto europeo di stabilita' e crescita.
L’obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ha assunto, di recente, valenza costituzionale con la nuova formulazione dell’articolo 119 della Costituzione - operata dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 volta ad introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale - il quale, oltre a specificare che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni), è assicurata nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, prevede al contempo che tali enti sono tenuti a concorrere ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Nel dare attuazione all'articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione, come riformulati dall’articolo 4 della legge costituzionale n. 1 del 2012, la legge 24 dicembre 2012, n. 243, reca al capo IV le disposizioni per assicurare l'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e il concorso dei medesimi enti anche alla sostenibilità del debito pubblico.
Per quanto concerne la misura del concorso alla finanza pubblica, gli obiettivi finanziari per le autonomie territoriali derivanti dal patto di stabilità interno sono stati fissati, all’inizio della XVI legislatura, dall’articolo 77 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 per il triennio 2009-2011, in aggiunta a quelli già disposti dalla normativa introdotta nelle legislature precedenti.
Nuovi obiettivi finanziari sono stati successivamente fissati dall’articolo 14, comma 1, del D.L. n. 78/2010, per il 2012 e per gli anni successivi, poi successivamente integrati dai decreti-legge approvati nel corso dell’estate 2011 (D.L. n. 98/2011 e D.L. n. 138/2011) i quali – nell’ambito della manovra di stabilizzazione dei conti pubblici 2012-2014 – hanno imposto alle autonomie territoriali, a partire dal 2012, un ulteriore concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.
Per ridurre gli effetti dell’inasprimento della manovra a carico degli territoriali, è stata disposta per l’anno 2012 (dall’articolo 1, comma 12, del D.L. n. 138/2011) una riduzione dell’importo complessivo della manovra attraverso l’utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla norma, introdotta nel 2008, che ha aumentato il carico fiscale sulle imprese del settore petrolifero ed energetico (c.d. “Robin Tax”). Le riduzioni in questione, per una somma complessiva di 1.800 milioni di euro, sono state operate dall’articolo 30, comma 1, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012). Ulteriori riduzioni per l’anno 2012 sono state inoltre disposte in favore degli enti territoriali più virtuosi ai sensi dell’articolo 20, comma 3, del D.L. n. 98/2011, nell’importo complessivo di 200 milioni, di cui 180 milioni ripartiti tra regioni, province e comuni. L’importo residuo di 20 milioni è stato destinato, in funzione premiale, agli enti territoriali che hanno avviato nel 2012 la sperimentazione dell'armonizzazione dei bilanci e dei sistemi contabili, di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. La misura premiale in favore degli enti che partecipano alla sperimentazione è stata ribadita anche nell’anno 2013, per ulteriori 20 milioni, dall’articolo 1, comma 429, della legge di stabilità per il 2013.
Ai fini del consolidamento dei conti pubblici, ulteriori misure finanziarie a carico degli enti territoriali sono state poi introdotte con il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, e, più di recente, con il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, nell’ambito delle disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica (c.d. spending review 2) e con la legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228).
A partire dal D.L. n. 112/2008, dunque, il contributo finanziario richiesto agli enti territoriali negli anni 2009-2016, in termini di indebitamento netto, è stato via via incrementato nella misura di seguito indicata nella tabella, nella quale sono riportati distintamente gli effetti derivanti dalle misure di riduzione delle risorse attribuite alle amministrazioni locali e quelli derivanti da disposizioni miranti ad inasprire gli obiettivi di bilancio delle diverse amministrazioni ad invarianza di risorse loro attribuite.
(dati in mln di euro)
La disciplina del patto di stabilità interno per le regioni, continua ad essere basata sul controllo della spesa finale, introdotto nel 2002. Fino all'esercizio 2010, a ciascuna regione è stato richiesto, per ciascun esercizio finanziario, di ridurre di una determinata percentuale il complesso delle spese finali (articolo 77-ter del D.L.112/2008 per gli esercizi 2009 e 2010). A partire dal 2011, (prima con la L. 220/2010, articolo 1, commi da 125 a 150, e poi con la L. 138/2011, art. 32) il risparmio richiesto alle regioni è sempre calcolato sul complesso delle spese finali (da questo esercizio distinte in termini di competenza e di cassa) ma deve essere tale da coprire il taglio di risorse effettuato nell'ambito delle manovre finanziarie di risanamento dei conti pubblici.
Da ultimo la legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012, art. 1, commi 448-472), modifica le regole del patto di stabilità per le regioni e le province autonome al fine di inserire in questa disciplina la nuova modalità di calcolo delle spese finali sottoposte al vincolo del patto, definita competenza eurocompatibile, nonché di adeguare la normativa al risparmio richiesto alle regioni e alle province autonome dal D.L. 95/2012, ulteriormente incrementato dalla stessa legge di stabilità per il 2013 (art. 1, commi 117-118). A decorrere dall'esercizio 2013, il complesso delle spese considerate in termini di competenza eurocompatibile è costituito da:
Dal complesso delle spese, calcolato come sopra descritto, sono escluse determinate tipologie, esattamente elencate dalla legge (L. 183/2011, art. 32, comma 4), considerate 'obbligatorie'. Le spese per il finanziamento del servizio sanitario nazionale sono escluse ma sono sottoposte ad una specifica disciplina di contenimento concernente il controllo della spesa sanitaria. In altri casi si tratta di spese che vanno a finanziare funzioni che la legge ha attribuito alle regioni come, ad esempio, le spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario o, da ultimo, le spese inerenti il finanziamento delle scuole non statali attraverso il contributo concesso dallo Stato. Sono escluse anche le spese per la concessione di crediti e le spese per interventi cofinanziati dall’Unione europea, per la sola parte di finanziamento europeo.
Per la disciplina specifica concernente la determinazione del complesso del risparmio da realizzare; le modalità di ripartizione tra le regioni; l'elenco completo delle spese escluse dal patto si rinvia alla scheda di approfondimento Il patto di stabilita' per le regioni a statuto ordinario.
Per le regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano la disciplina del patto di stabilità si discosta dalla disciplina 'ordinaria' per la necessità della definizione di una intesa tra ciascun ente e il Ministero dell'economia e delle finanze per determinare la misura e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi del patto di stabilità. Al pari degli altri enti territoriali, infatti, esse sono assoggettate agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dalla legge che determina altresì, la misura complessiva del risparmio da realizzare. Tuttavia, in ragione della particolare autonomia di cui esse godono, sancita da norme di rango costituzionale, la legge prevede che l'obiettivo specifico di ciascun ente venga concordato ogni anno con il Ministero. Le regioni a statuto speciale che esercitano in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale, vale a dire quelle che provvedono alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio (Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Province autonome di Trento e di Bolzano) sono altresì competenti per la definizione della disciplina del patto di stabilità per gli enti locali dei rispettivi territori; qualora la regione non provveda, si applicano le regole generali.
Un'altra differenza rilevante riguarda la regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Per esse, la disciplina generale del patto di stabilità, a decorrere dal 2010, è contenuta nell'articolo 79 del D.P.R. 670/1972 (statuto della regione) come modificato dalla legge finanziaria per il 2010 (L. 191/2009) che ai commi 106-125 dell'articolo 2 ha revisionato l'ordinamento finanziario della regione autonoma al fine di recepire i principi del federalismo fiscale. La disciplina 'statutaria' stabilisce che gli obiettivi di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese.
Anche per la regione Friuli-Venezia Giulia, le norme emanate ai fini dell'attuazione dei principi del federalismo fiscale (L. 220/2010, legge di stabilità per il 2011, art. 1, commi 149-157) dispongono, tra l'altro, in merito al patto di stabilità interno (commi 154 e 155), riferito al "sistema integrato regionale" comprensivo oltre che della regione di tutti gli enti e organismi finanziati direttamente dalla regione stessa. Le norme non modificano la base sulla quale deve essere costruito l'accordo annuale, che continua ad essere il complesso delle spese, valutate prendendo a riferimento le corrispondenti spese considerate nell'accordo per l'esercizio precedente.
Per la disciplina specifica concernente la determinazione del complesso del risparmio da realizzare; le modalità di raggiungimento dell'accordo, nonché la normativa applicabile in caso di mancato accordo, si rinvia alla scheda di approfondimento Il patto di stabilita' per le regioni a statuto speciale e le province autonome.
Il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012).
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, negli anni dal 2009 al 2012 sono stati assoggettati alle regole del patto le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
A partire dal 2013 è prevista l’estensione dei vincoli del patto ad una platea più ampia di enti, quali:
Si segnala, infine, che devono considerarsi assoggettate al patto anche le società cosiddette «in house» affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali, a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, ai sensi dell’articolo 18, comma 2-bis, del D.L. n. 112 del 2008. Tuttavia, le regole di assoggettamento di tali enti al patto devono ancora essere individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, al momento non ancora adottato.
Dal 2014, saranno assoggettate alle regole del patto anche le unioni di comuni formate dagli enti con popolazione inferiore a 1.000 abitanti (in applicazione dell’articolo 16, comma 1, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138), secondo le regole previste per i comuni aventi corrispondente popolazione.
L’obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario - calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l’eccezione di alcune voci - espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).
Nel corso della legislatura i meccanismi di calcolo degli obiettivi di saldo sono stati via via rivisti: mentre nella prima parte della legislatura, il saldo obiettivo di ciascun ente è stato rapportato al saldo finanziario raggiunto dall’ente medesimo in un esercizio precedente, a partire dal 2011, con la legge n. 220/2010, gli obiettivi del patto sono stati ancorati alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio, criterio che ha reso ancor più stringenti ed impegnativi gli obiettivi da raggiungere.
In particolare, per gli anni dal 2013 al 2016, il saldo obiettivo viene determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2007-2009 - così come desunta dai certificati di conto consuntivo - determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Gli obiettivi così ottenuti sono però rettificati per neutralizzare il taglio dei trasferimenti erariali determinato dal comma 2 dell’articolo 14 del D.L. 78/2010.
Con riferimento al computo del saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità, si evidenzia che, sia per evitare che i vincoli del patto potessero rallentare gli impegni e i pagamenti per interventi considerati prioritari e strategici, sia per correggere eventuali effetti anomali che potrebbero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa, sono state previste alcune specifiche esclusioni di voci di entrata e di spesa, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto.
I saldi obiettivo così calcolati sono dichiaratamente “transitori”, nelle more dell’applicazione del nuovo meccanismo di ripartizione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni sulla base delle classi di virtuosità, introdotto a partire dal 2012 dall'articolo 20 del D.L. n. 98/2011, che, come più avanti si illustra, comporta effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. In particolare:
Va, infine, considerato, che il valore definitivo del saldo-obiettivo di ciascun ente locale potrà essere ulteriormente rideterminato nel corso dell’anno qualora l’ente benefici di misure di flessibilita' del patto di stabilità interno (i c.d. Patti di solidarietà fra enti territoriali), le quali, si ricorda, sono state introdotte nell’ordinamento a partire dal 2009 al fine di rendere più sostenibili gli obiettivi individuali degli enti soggetti ai vincoli al patto di stabilità e, al contempo, allentare la compressione sulle spese di investimento degli enti locali, che si è venuta a determinare a causa dei meccanismi di calcolo dei saldi obiettivi in termini di competenza mista e del blocco della leva fiscale imposto alle amministrazioni territoriali dal 2008, che ha, di fatto, annullato la possibilità di intervento sulle entrate ai fini del raggiungimento dei saldi-obiettivo.
In merito, si segnala che il potere delle regioni e degli enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, è stato ripristinato, dall’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012, a decorrere dall'anno di imposta 2012.
Per una analisi più dettagliata delle regole del patto, si rinvia alla scheda di approfondimento sulla disciplina del patto di stabilita' per gli enti locali per il 2013.
La principale innovazione introdotta nel corso della XVI legislatura è rappresentata dall’introduzione di un meccanismo di riparto dell’ammontare del concorso alla manovra tra i singoli enti basato su criteri di virtuosità.
Il meccanismo - introdotto a decorrere dall’anno 2012 dall’articolo 20, comma 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 - prevede che gli obiettivi del patto di stabilità interno siano attribuiti ai singoli enti in base alla loro virtuosità, misurata operando una valutazione ponderata di alcuni specifici parametri: 1) rispetto del patto di stabilità interno; 2) autonomia finanziaria; 3) equilibrio di parte corrente; 4) rapporto tra riscossioni e accertamenti delle entrate di parte corrente. Per tali parametri, il comma 428 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 ha introdotto un correttivo, finalizzato a considerare anche la realtà socio-economica dei singoli enti locali, mediante la valutazione dei due seguenti indicatori: valore delle rendite catastali e numero di occupati.
Ulteriori parametri di valutazione della virtuosità dell’ente, oltre i quattro citati, anch'essi previsti dal D.L. 98/2011 saranno applicabili a partire dall’anno 2014. Tali parametri sono: - la prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard; - l’incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente; - il tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali; - il rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni, ovvero effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione fiscale e operazioni di dismissioni di partecipazioni societarie.
Per l’applicazione del meccanismo della virtuosità, si prevede la ripartizione degli enti sottoposti al patto di stabilità in due classi, con appositi decreti del Ministro dell’interno per gli enti locali e del Ministro dell’economia per le regioni. La suddivisione degli enti nelle due classi è funzionale alla ripartizione, tra i singoli enti appartenenti ad un determinato comparto e fermo restando l’obiettivo complessivo del comparto, degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti.
L’onere connesso al minor contributo che viene richiesto agli enti virtuosi è, pertanto, sostenuto interamente dagli enti non virtuosi, i cui obiettivi saranno conseguentemente rideterminati. Di conseguenza, mentre gli enti virtuosi beneficeranno di un miglioramento dei propri obiettivi del patto di stabilità, per gli enti non virtuosi è invece prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento del proprio obiettivo finanziario.
Tale meccanismo di redistribuzione degli obiettivi finanziari sulla base dei criteri di virtuosità si configura come aggiuntivo rispetto al sistema di premialità, disciplinato ai sensi del comma 122 dell'articolo 1 della legge n. 220/2010 come riformulato dall’articolo 7, comma 5, del D.Lgs. n. 149/2011, che prevede il beneficio di una riduzione degli obiettivi imposti agli enti locali rispettosi del patto, commisurata agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione operata a valere sui fondi degli enti locali, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno.
La disciplina del patto di stabilità comprende termini e modalità di monitoraggio dei risultati conseguiti dagli enti, ai fini della certificazione dei risultati. Tutti gli enti sono, pertanto, tenuti a trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze - con cadenza trimestrale per le regioni, semestrale per gli enti locali - le informazioni relative agli andamenti della gestione. Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi, gli enti hanno l’obbligo di inviare al Ministero dell'economia la certificazione del risultato finanziario raggiunto entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento. La mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento del patto ed è sanzionata al pari del mancato rispetto dell’obietto di risparmio.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno comporta l’applicazione di una serie di misure sanzionatorie.
Il sistema sanzionatorio è stato completamente ridefinito all’inizio della legislatura, con il D.L. n. 112/2008 rispetto alle misure correttive che erano state introdotte negli anni 2007-2008 dalle relative leggi finanziarie (legge n. 196/2007 e legge n. 244/2007), basate su un meccanismo di automatismo fiscale.
Negli anni successivi, l’impianto sanzionatorio introdotto con l’articolo 77-bis del D.L. n. 112/2008 è stato sostanzialmente confermato, con alcuni inasprimenti, e da ultimo ribadito dall’articolo 7 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, che, nell’ambito delle misure attuative della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale, reca la disciplina dei meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni.
In particolare, per gli enti che non rispettano gli obiettivi del patto di stabilità è previsto:
Nel corso dell’anno 2011, con il D.L. n. 98/2011, è stato inoltre introdotto un meccanismo sanzionatorio diretto a scoraggiare l’adozione di mezzi elusivi per addivenire ad un rispetto solo formale del patto ed è stato previsto che qualora il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto venga accertato in un secondo momento le sanzioni previste dalla normativa vigente si applichino comunque nell’esercizio successivo. In funzione 'antielusiva', è previsto: