Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Comunicati Stampa

  • 15/02/2011

    “1861, il primo Parlamento dell'Italia unita” Apre Fini - Venerdì alle 11 diretta webtv

    Venerdì 18 febbraio, alle ore 11, presso la Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, si svolgerà il convegno "1861, il primo Parlamento dell'Italia unita". Aprirà i lavori il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Interverranno Carlo Scognamiglio Pasini, Ester Capuzzo, Carlo Ghisalberti, Lucio Villari. L'appuntamento sarà trasmesso in diretta sulla webtv (http://webtv.camera.it).

  • 11/02/2011

    Solidarietà Fini a Bersani

    Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha appreso con preoccupazione la notizia del grave atto intimidatorio rivolto contro il Segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani.

    Nell'esprimere la più profonda e sincera solidarietà al Segretario del PD, il Presidente della Camera condanna fermamente ogni tentativo di turbare la vita politica del Paese mediante la vile arma della minaccia e della violenza in ogni sua forma.

  • 04/02/2011

    Federalismo - comunicato stampa congiunto Senato della Repubblica - Camera dei deputati

    La legge prevede che la Commissione Bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale sia composta ad opera dei Presidenti dei due rami del Parlamento sulla base della designazione dei Gruppi, in modo da rispettare la proporzionalità tra i Gruppi stessi. A tali criteri si sono attenute le Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai fini della nomina dei componenti dell'organo. Qualora venga chiesto dai Gruppi interessati, per i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nulla osta ad effettuare una verifica della composizione dell'organo medesimo sulla base del dettato legislativo e dell'attuale consistenza numerica dei Gruppi parlamentari.
  • 03/02/2011

    Testo dell'intervento del Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, in occasione dell'incontro sull'idea di patria

    Incontro sull'idea di Patria

    Venerdì 4 febbraio, ore 17.00, sede romana della Casa editrice Laterza

    Desidero innanzi tutto ringraziare l'editore Giuseppe Laterza per l'invito a partecipare a questo interessante incontro con tanti e autorevoli esponenti della cultura italiana.
    L'idea di Patria è un tema di grande fascino e attualità. E non solo per l'ovvia considerazione che ci troviamo nel Centocinquantenario dell'unità nazionale.
    Al di là delle specificità della vita italiana, la nozione di Patria conosce oggi un robusto ritorno di interesse anche oltre i nostri confini. Se la Patria richiama infatti i sentimenti del radicamento, dell'appartenenza e dell'identità storica, tali sentimenti sembrano porsi in dialettica con il mondo liquido della globalizzazione e con le sue spinte alla mobilità, agli scambi culturali, alla mescolanza.
    Essere in dialettica non significa, necessariamente, essere in opposizione. Le distinzioni concettuali si presentano, nella concretezza dei processi sociali, in modo più sfumato e imprevedibile.
    Ad esempio, il sentirsi (e il volersi continuare a sentire) italiani può perfettamente coesistere con una più vasta identità europea. Anzi, per molti aspetti, il patriottismo nazionale rappresenta la condizione preliminare per un sincero patriottismo europeo.
    Né il patriottismo nazionale può essere considerato un ostacolo allo slancio cosmopolitico, come ci dimostrano i nostri soldati impegnati nelle missioni internazionali di pace: tanti ragazzi italiani con il Tricolore contribuiscono alla promozione dei valori universali della libertà e della dignità della persona nelle aree del mondo che soffrono per la violenza terrorista, integralista e nazionalista.
    Del resto, all'origine stessa dell'idea moderna di Patria, c'è il collegamento necessario con l'idea di Umanità. Così ad esempio Giuseppe Mazzini definiva il concetto di comunità nazionale: "Ciascuno di voi , forte degli affetti e dei mezzi di molti milioni di uomini parlanti la stessa lingua, dotati di tendenze uniformi, educati dalla stessa tradizione storica, potrà sperare di giovare coll'opera propria a tutta quanta l'Umanità".
    La Patria, almeno in Italia, non nasce né egoista né autoreferenziale.
    Nella complessità politica e sociale di questi anni, vi sono però momenti in cui le idee di Patria e di appartenenza storica sono prese a pretesto per legittimare sentimenti di paura e chiusura nei confronti della globalità e di grandi fenomeni ad essa connessi come le migrazioni o l'apertura delle frontiere economiche.
    Di qui lo sprigionarsi di pulsioni regressive in direzione della xenofobia o del protezionismo, con la nostalgia, più o meno espressa e più o meno consapevole, per il mondo chiuso dell'epoca pre-globalizzazione e per i suoi muri, per le sue frontiere, per le sue protezioni.
    Non c'è dubbio che la crisi economica di questi ultimi anni ha rinfocolato tali pulsioni, che trovano peraltro più generale alimento dalle criticità e dalle contraddizioni stesse della globalizzazione.
    Dietro questi fenomeni ci sono anche le insufficienze della politica occidentale nel governare i processi globali e nel definire regole e strumenti capaci di arginare la speculazione finanziaria e i suoi effetti negativi sull'economia reale.
    Inoltre incide una sorta di deficit di democrazia che si è prodotto, nella percezione di tanti cittadini europei, per effetto della distanza tra i luoghi sovranazionali della decisione e la vita quotidiana delle persone.
    Questo squilibrio, riferendoci in particolare all'Europa, è anche uno dei motivi che spiegano, in combinazione con le meno nobili motivazioni dell'egoismo nazionalistico e dell'eurofobia, il rallentamento registrato in anni recenti nella costruzione delle nuove istituzioni continentali. Non a caso, dopo la bocciatura, nel 2005, del Trattato Costituzionale per effetto dei referendum in Francia e Olanda, il successivo accordo di Lisbona ha conosciuto un processo di ratifica lungo e sofferto.
    Ciò detto, se sarebbe comunque esagerato scomodare il fantasma di un neo-nazionalismo montante, non vanno però sottovalutati i rischi di derive populiste e mai come in questo momento appare opportuno depurare l'idea di Patria da possibili contaminazioni regressive.
    Deve essere chiara, e chiaramente rilanciata nell'opinione comune, la distinzione fondamentale tra patriottismo e nazionalismo, tra la giusta valorizzazione dell'identità storica e l'esasperazione dell'appartenenza etnica.
    L'idea di Patria deve riaffermarsi come una grande riserva civile volta a rafforzare la coesione sociale e politica necessarie in questi tempi di sfide globali.
    In tale senso, una moderna ed evolutiva idea di Patria deve necessariamente completarsi con una moderna ed evolutiva idea di Nazione.
    Se la Patria è il luogo dei sentimenti, delle memorie e dei valori civili, la Nazione è a sua volta la grande comunità storica e politica che fissa i traguardi e le mete collettive richiedendo ai cittadini identificazione e partecipazione.
    Senza la Nazione, la Patria non avrebbe progetti da perseguire. Senza la Patria, la Nazione sarebbe a sua volta un'entità fredda, esangue e astratta.
    La dimostrazione di quanto possano essere sideralmente distanti da ogni tentazione razzista o da ogni immobilismo passatista le idee di Patria e di Nazione correttamente intese ce la offre questo passo di Ernest Renan: <L'uomo - dice lo scrittore francese - non è schiavo né della sua razza, né della sua lingua, né della sua religione, né del corso dei fiumi, né della direzione delle catene montagnose. Una grande aggregazione di uomini, sana di spirito e generosa di cuore, crea una coscienza morale che si chiama nazione. Fintanto che questa coscienza morale mette alla prova la sua forza attraverso i sacrifici richiesti dall'abdicazione dell'individuo a favore di una comunità, essa è legittima e ha diritto di esistere>.
    Venendo specificamente all'Italia e al Centocinquantenario della nascita dello Stato unitario, ritengo che questa grande ricorrenza debba essere vista come una preziosa occasione, non solo per rinsaldare la nostra memoria collettiva e per riflettere sul nostro passato comune, ma soprattutto per rilanciare il vincolo solidale che ci tiene uniti come Nazione.
    Per combattere i sentimenti involutivi, purtroppo oggi diffusi, della sfiducia e della divisione è necessario rilanciare i valori del patriottismo costituzionale e del patriottismo repubblicano.
    Rilanciare il patriottismo costituzionale significa ripartire dal vincolo politico fondamentale, quello che regge e legittima tutta l'organizzazione sociale e che presiede alla partecipazione dei cittadini. Non è un'obbedienza formale, perché è simbolo e sostanza al tempo stesso. E' riscoperta della storicità della politica, che non vuol dire il passato della politica, ma il cammino della politica.
    E' la storicità di valori che si sono affermati dopo una vicenda tragica e tormentata, dopo una dittatura, una guerra e poi una guerra civile, ma che rimandano anche all'Italia liberale e al Risorgimento.
    I princìpi fondamentali sanciti nella prima parte della Carta sono il distillato di un secolo di gigantesche trasformazioni, di culture e di ideali. Sono princìpi universali, perché affermano i diritti dell'uomo, ma sono anche nazionali, perché vivono hic et nunc in una comunità politica ( e storica) determinata.
    La Costituzione, oltre a essere la Legge fondamentale dello Stato, rappresenta una straordinaria fonte di regole civili, che può fare da alto riferimento per i cittadini nei momenti di smarrimento morale e ideale.
    Proprio in questi giorni, non certo esaltanti per il pubblico decoro della politica, è stato ad esempio richiamato l'articolo 54 della Carta, che stabilisce il dovere, per i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, di <adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge>.
    Il patriottismo repubblicano, che coincide ma non si esaurisce con il patriottismo costituzionale, richiede una rinnovata partecipazione democratica dei cittadini ricollegandosi a quella che è sicuramente una feconda tradizione politica italiana.
    A tale proposito, proprio il professor Viroli , che ha così brillantemente introdotto questo incontro insieme con il professor Banti, ha scritto in un suo importante saggio uscito qualche anno fa che la <rinascita del repubblicanesimo dovrebbe interessare noi italiani più degli altri, se non altro perché è proprio nelle libere repubbliche italiane che nasce, tra il Trecento e il Cinquecento, quel "repubblicanesimo classico" che è stato la fonte delle teorie e dei movimenti politici repubblicani fioriti nei secoli successivi nei Paesi Bassi, in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti. Anche se ce ne siamo dimenticati, il pensiero politico repubblicano è stato uno dei contributi più significativi che l'Italia ha dato alla modernità>.
    Non siamo, quindi, solo il Paese del "Franza o Spagna purché se magna", siamo anche, all'opposto, il Paese del repubblicanesimo e della passione politica.
    Molto dipende naturalmente dal tipo di offerta che viene dai partiti. Perché c'è una bella differenza tra il rivolgersi alla pancia delle fobie e dei vizi arcitaliani e il fare viceversa appello al cuore e alla ragione delle virtù repubblicane.
    Desidero ancora richiamarmi a Mazzini. <Dove non è Patria - scrisse l'Apostolo del Risorgimento - non è Patto comune al quale possiate richiamarvi: regna solo l'egoismo degli interessi, e chi ha predominio lo serba, dacché non v'è tutela comune a propria tutela>. E vale la pena anche ricordare che, sempre Mazzini, sottolinea che i <tristi governi non conoscono Patria> fuorché <la loro dinastia e l'egoismo di casta>.
    Per rilanciare il valore del patriottismo costituzionale e repubblicano, e per affermare un nuovo progetto italiano fondato su un rinnovato patto di cittadinanza, occorre naturalmente avere chiara la dimensione degli odierni problemi nazionali.
    Penso alla necessità di superare il perdurante divario tra Nord e Sud, di rafforzare il senso della legalità, di combattere la disaffezione verso la politica nutrita in una parte dell'opinione pubblica, di colmare i ritardi nella modernizzazione del sistema-Paese, di restituire la fiducia nel futuro alle giovani generazioni.
    Sono problemi di oggi, ma sono questioni che ci riportano, per molti aspetti, ai nodi irrisolti della nostra storia.
    E' un discorso che rimanda alla complessità, ma anche alla ricchezza, della civiltà italiana. Nel senso che, nei momenti di crisi o di sfiducia collettiva, gli italiani tendono a trovare più facile identificazione nella nozione etnica e culturale di Paese piuttosto che in quella civile e politica di Patria e di Nazione.
    E restringendo l'osservazione agli ultimi vent'anni di vita italiana, possiamo forse trovare una motivazione dell'odierno malessere nella delusione prodotta dai troppi treni per la modernizzazione e per il rinnovamento perduti dalla politica: pensiamo alle mancate riforme istituzionali o all'assenza di incisivi interventi nel sistema sociale ed economico.
    Così oggi, all'alba del nuovo decennio, vediamo farsi largo sulla scena pubblica una inedita e preoccupante pulsione al rancore, sia di tipo territoriale sia di tipo sociale sia di tipo politico.
    Questa onesta fotografia dello stato odierno del Paese non deve però in alcun modo condurre al pessimismo e alla sfiducia.
    Perché l'Italia rimane un Paese ricco di straordinarie risorse umane, morali e culturali, come si evince dalle tantissime manifestazioni di impegno civile e di vitalità economica che fanno da contraltare alle tendenze regressive.
    Sale comunque, anche se in modo spesso caotico e contradditorio, la domanda di rinnovamento unita a una insopprimibile voglia di futuro.
    Il problema è ridare fiducia a un'Italia vitale ma frammentata attraverso l'affermazione un nuovo e unificante discorso pubblico.
    Spetta alle forze sociali, culturali e politiche proporre un rinnovato Patto tra italiani.
    Alla politica, in particolare, spetta anche il compito di riattivare le risorse della speranza.

    Il mio auspicio è che il 150° anniversario dell'unità nazionale offra l'occasione e la spinta per una collettiva riassunzione di responsabilità.

  • 01/02/2011

    Fini riceve Ministro Commercio e Industria India

    Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha ricevuto oggi a Montecitorio il Ministro del Commercio e Industria dell'India, Anand Sharma.